migrante si sposta all estero, perchØ in patria ha scarse prospettive di lavoro e di
carriera, se rimanesse avrebbe poco o niente da fare. In una prospettiva piø ampia,
il brain drain dai paesi poveri verso i paesi ric chi pu compromettere le
possibilit di sviluppo locale, ma potrebbe anche c ontribuire allo sviluppo del
paese d origine qualora i migranti potessero un giorno rientrare nella madrepatria
forti dell esperienza acquisita e trovarvi un lavoro adatto alle loro capacit e
aspirazioni. L emigrazione dunque, impoverisce il paese da cui origina perchØ lo
priva di forza-lavoro valide, spesso giovani e talvolta dotate di alta qualificazione.
Allora quali saranno le politiche/strumenti idonee di intervento, e quale ruolo
possono ricoprire i migranti nello sviluppo socio economico del loro paese? Forte
di queste interrogativi e riflessioni, ho scelto durante lo stage a Kaolack- Senegal,
presso la CONFESEN di sottoporre un questionario a due target group: i primi,
sono i giovani del posto; l’obiettivo era di indagare l’occupazione, il reddito,
l accesso ai servizi finanziari e la propensione ad emigrare. Il secondo target, sono
alcuni migranti, che sono tornati in patria per investire nello sviluppo socio
economico, creando piccole e medie imprese, grazie al sostentamento di enti
locali (Confesercenti di Padova) e organizzazioni internazionali come l OIM
(Organizzazione Internazionale Migranti). Di recente, la relazione tra i migranti,
le loro diversificate attivit transnazionali e le loro societ di provenienza, Ł
diventata un tema rilevante sia nell agenda delle politiche migratorie nazionali dei
paesi di emigrazione e di immigrazione, sia in quella dei grandi organismi
internazionali e delle realt politiche regionali c ome l Unione Europea.1
Il connubio tra migrazione e sviluppo Ł oggi realt ; infatti, i governi e le
istituzioni internazionali hanno deciso di affrontare la questione migratoria,
mediante l attuazione di politiche di cooperazione volte a fungere da supporto allo
sviluppo dei paesi meno avanzati e, allo stesso tempo, a facilitare l inserimento e
l integrazione dei migranti nei paesi di accoglienza. Inoltre, la conoscenza
1
Si veda Commission of the European Union, Migration and Development: Some concrete Orientations,
Communication from the Commission to the Council, the European Parliament, the European and Social
Committee and the Committee of the Regions, COM(September 2005).
approfondita della cultura e del contesto socio-economico del proprio paese pu
fare del migrante un canale di scambio privilegiato di conoscenze, circolazione
delle competenze acquisite, promozione di attivit commerciali e investimenti e
allo, stesso tempo, un agente per lo sviluppo socio economico del paese d origine.
Con questa tesi, ci proponiamo di dimostrare come i migranti possano essere una
risorsa in piø per lo sviluppo economico, qualora si adoperassero gli strumenti
idonei di intervento sia nei contesti di origine che nei contesti di accoglienza. Ci
focalizzeremo sulle migrazioni che interessano gran parte dei paesi del Africa
Subsahariana.
Nel Primo capitolo getteremo uno sguardo d insieme sulla situazione socio
economica e finanziaria della regione a partire dalla sua inclusione nel sistema
mondiale fino alla situazione economica attuale. In questo capitolo si analizzer
anche il fattore povert come motivo d emigrazione e le problematiche e sfide che
attendono il continente qualora non si intervenisse con le politiche adeguate.
Nel Secondo capitolo, si prenderanno in considerazione le politiche migratorie
vigenti nella maggiore parte dei paesi in via dell Africa subsahariana, dove
originano maggiormente i flussi e, le vie clandestine utilizzate per raggiungere
l Europa in, particolare l Italia. La mobilit inte rnazionale delle risorse umane,
soprattutto dei lavoratori qualificati, rappresenta una sfida per le classi dirigenti
dei PVS: piø gente istruita emigra, piø forte Ł il segnale che localmente le cose
non vanno bene e, se la situazione non cambia, piø difficile si far il percorso
dello sviluppo, piø arduo sar invertire in seguito la tendenza all emigrazione.
Vedremmo poi, le politiche migratorie dell Italia dall unit fino alle recenti
misure approvate dal governo in carica, in fatto di immigrazione.
Il Terzo capitolo andr ad indagare statisticamente i migranti afric ani in Italia:
quanti sono, cosa fanno e le attivit economiche c he occupano molti una volta in
Italia. Fenomeno quasi nuovo nello scenario migratorio Ł l imprenditoria un
avventura impegnativa che si affronta con coraggio, lo stesso che sta all origine
della decisione di emigrare. La volont di affermar si in questo caso Ł fortissima,
anche se talvolta viene frenato da ostacoli legislativi, burocratici, finanziari e
ambientali. Saranno poi, esaminate i flussi di denaro originati dai migranti; le
rimesse appunto, per poi vedere come il sistema bancario risponde alle loro
esigenze.
Nel Quarto capitolo, si vedr l iniziativa dell OIM, nel quadro della sua politica
di valorizzazione dell immigrazione. Questo tipo di iniziativa fortemente
caratterizzata dal principio partecipativo bottom up , ha saputo condizionare e
rivoluzionare il punto di vista sul fenomeno della migrazione, perchØ piuttosto che
basarsi su misure restrittive di controllo dei flussi, assolutamente inefficienti, Ł
parso conveniente riconoscere come la migrazione possa essere diretta e
organizzata in modo da portare beneficio ai paesi di destinazione, ai paesi di
origine e agli stessi migranti e a ridurre gli effetti negativi della migrazione in
termini di condizionamento delle politiche e di fuga di cervelli. Si porteranno
come esempio le attivit della CONFESEN e della GHA NACOOP, che
rappresentano i pilastri dell iniziativa imprenditoriale dei migranti.
Il Quinto capitolo, risponder sugli strumenti, a mio avviso centrali se si vogliono
promuovere lo sviluppo nei paesi in di origine e nel valorizzare i immigrati come
agenti di sviluppo. Questi strumenti scaturiscono dai risultati del questionario nel
primo allegato.
E in conclusione, cercheremo di capire cosa significa considerare i migranti come
risorsa di sviluppo economico.
In allegato presenteremo i risultati del questionario e l iniziativa imprenditoriale
elaborato durante il tirocinio in Senegal: l attivit di allevamento di pulcini ancora
in corso mira anche a creare opportunit lavorative per i giovani del luogo che in
assenza di occupazione non trovano che il sogno dell emigrazione.
1CAPITOLO 1
LA SITUAZIONE SOCIO ECONOMICA NEL AFRICA SUBSAHARIANA
Africa Subsahariana Ł un territorio vasto e complesso che raggruppa aree e
regioni con situazioni economiche e sociali molto diverse fra di loro. La
densit della popolazione all interno dei paesi Ł d iseguale, cosi come il livello di
sviluppo umano2.
In questa area la popolazione vive in misura maggiore in ambito rurale,
soprattutto in Burkina Faso, in Niger e in Mali, mentre una percentuale piø alta di
popolazione urbana si trova in Nigeria, Benin, Ghana, Senegal e Costa d Avorio.
Gli individui attivi rappresentano circa il 45% della popolazione totale (di cui il
40% donne) e sono impiegati soprattutto nel settore primario e nel settore
informale.3
La regione Ł oggi considerata tra le piø povere al mondo, ma non Ł sempre stato
cos . Durante il Medioevo le pianure oggi aride e sabbiose del Sahel e del Sahara
meridionale videro la nascita di alcuni degli imperi piø ricchi del pianeta (impero
del Mali, impero Songhai, impero del Ghana) che furono centri di cultura e
conoscenza di fama mondiale e di grande prosperit .
2
Human Development Index (HDI), Questo indicatore di sviluppo macro-economico Ł stato utilizzato
dall UNDP a partire dagli anni 90. Il suo valore v iene identificato nella media dei seguenti fattori: la
speranza di vita alla nascita, il livello d istruzione e il reddito, rappresentato dal prodotto interno lordo pro
capite.
3
Francesca Lulli, Microfinanza, Economia Popolare e Associazionismo in Africa Occidentale. Ed. Riuniti
2008.pp.19-26.
L
2Quando questi imperi crollarono, indeboliti dall avidit dei regnanti e dalle
conquiste straniere, la regione cadde sotto l influenza dell Islam e degli invasori
coloniali europei che seguirono le orme degli esploratori, dei mercanti di schiavi,
allettati dalla prospettiva di accaparrarsi le presunte ricchezze del paese. Da allora
l Africa Subsahariana, i cui moderni confini nazionali riflettono in misura minima
la suddivisione dei suoi numerosi gruppi etnici e linguistici, ha conosciuto un
declino da cui fatica a riprendersi.4
L arrivo degli europei nel XV secolo, ha costituito certamente una svolta
fondamentale nella storia della regione, causando rilevanti trasformazioni di tipo
socio economico, politico, religioso e culturale ma anche nella composizione della
popolazione. Con il commercio degli schiavi, l Africa Subsahariana ha
partecipato, con un contributo umano fondamentale, alla definizione del quadro
demografico, culturale ed economico delle Americhe in generale. Si calcola che
nei tre secoli di tratta, abbiano lasciato il continente africano piø di 20 milioni di
persone.5
La dispersione attraverso la tratta degli schiavi rappresenta una delle piø grandi
migrazioni della storia umana. Gli effetti economici sul continente africano furono
devastanti.
Infatti, fra il Quattrocento e Cinquecento, l Africa viene rapidamente inserita nel
nuovo grande sistema del economia mondiale in costruzione, dominato dai paesi
dell Europa occidentale: Inghilterra, Francia, Portogallo, Spagna. Lo scambio ha
luogo su basi triangolari, mediante navi che viaggiano sempre a pieno carico: gli
schiavi vengono acquistati di solito pagandone il controvalore ai venditori e
mediatori locali in beni manufatti acquistati in Europa in particolare armi da
fuoco, polvere da sparo, tessuti, utensili, ma anche metalli ferrosi, merci
voluttuarie come alcool, tabacco e pietre semipreziose che vengono poi immessi
nel mercato africano, quindi esaurito il carico d i mercanzie e riempite le stive di
uomini e donne, questi sono rivenduti nelle Americhe, specialmente come
4
Basil Davidson, La Civilt Africana, ed. Einuadi, To rino 1996.
5
Giampaolo Calchi Novati, Pierluigi Valsecchi, Africa la Stotia ritrovata, ed. Carocci, Roma 2005 pp.99-110.
3manodopera per l agricoltura di piantagione, e il ricavato della transazione Ł
reimpiegato nell acquisto delle materie prime prodotte appunto da
quest agricoltura, come il cotone, poi venduto alle manifatture europee, o lo
zucchero di canna, portato sul mercato europeo.
Gli sviluppi dell economia in Europa e nella stessa Africa, ridurranno nel tempo
la domanda e provocheranno comunque un conseguente calo nell entit delle
esportazioni di schiavi dall Africa e quindi del graduale spegnimento della tratta
negriera, interagendo con un movimento abolizionista su basi umanitarie ormai
maturo in molti paesi europei. Fra i primi paesi ad abolire il commercio degli
schiavi, nei primi anni novanta del settecento, ricordiamo la Danimarca e la
Francia rivoluzionaria, che tuttavia riapr la tratta nell epoca napoleonica, e quindi
l Inghilterra nel 1807, gli Stati Uniti nel 1808, l Olanda nel 1814, seguita dalla
Svezia nel 1815 e dal Portogallo nel 1830.
Seppur, frammentate tra di loro, molti Stati Africani del XIX Secolo tentarono di
completare la ristrutturazione del proprio inserimento nel sistema mondiale
attraverso processi di modernizzazione accesso a nuove tecnologie e a nuovi
metodi di accumulo di risorse che investirono principalmente il settore militare e
le aree produttive come l industria estrattiva e in certi casi l agricoltura di
piantagione. In altri casi si avvia sulla strada di tentavi piø ambiziosi di
trasformazione culturale, favorendo ad esempio il cambiamento religioso e la
diffusione di forme di alfabetizzazione e istruzione.
Nonostante l ormai avvenuta inserimento del continente nel sistema mondiale
dell economia capitalistica, negli anni ottanta dell ottocento, l interesse europeo
passa da una focalizzazione su un rapporto bilaterale con le societ africane,
ispirato al reciproco interesse economico - commerciale, a un atteggiamento di
intervento, volto a gestire direttamente spazi sempre piø vasti dell ambito politico
fino alla costruzione in tutta l Africa di domini territoriali (le colonie) attraverso i
4quali venne attuata un espropriazione completa della sovranit dei popoli
africani.6
Il colonialismo fu un epopea che ha impegnato tutta la societ europea,
l economia, l esercito e le chiese. Alla base della spinta imperiale dell Europa
c era la capacit di sviluppare le periferie 7 agevolando il progresso economico
europeo e la rinnovata rivalit tra le potenze euro pei, in primis la Francia e la
Gran Bretagna.
Il cardine dell accaparramento delle terre africane Ł costituito dal congresso di
Berlino del 1885, che si apr il 15 novembre 1884 e si chiuse il 26 febbraio
1885,al quale presero parte la Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Belgio,
Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Austria- Ungheria, Danimarca, Svezia, Russia,
Turchia, Stati Uniti.
La conquista comportava, almeno in via di principio, il controllo fisico del
territorio procedendo di consueto dalla costa verso l interno. I possedimenti isolati
venivano unificati invadendo i territori adiacenti, in certi casi con l annessione di
parti di Stati Africani, in altri con scambi e accordi fra potenze coloniali, in altri
ancora aggirando o avvolgendo le enclave tenute da altre potenze europee.
Non sempre, per l occupazione fu indolore, in molt i casi fu il prodotto di
trattative e compromessi, ma in molte situazioni furono necessarie vere e proprie
guerre8.
Il dominio Coloniale ha rappresentato una parentesi temporale tutto sommato
breve (1885 1957), seppur molte ricostruzioni sto riche sottolineano gli effetti di
portata epocale dell esperienza coloniale rispetto al passato prossimo. Sul se,
quanto e come il dominio europeo avesse giovato alle societ africane, una
risposta univoca Ł pressochØ impossibile, al di l delle ovvie e consuete
6
Ibidem.
7
Fieldhouse D.K, L et dell imperialismo, 1830- 191 4, Laterza, Roma
8
Ovunque possibile gli Africani difesero l indipendenza e l autorit costituita. Alcuni popoli African i presero
le armi contro il colonialismo pur in assenza di Stati precostituiti. Guerre coloniali furono combattute dalla
Gran Bretagna nel Asante, nel Sudan, e nel Benin. La Francia fu duramente impegnata nella regione guineana
contro Samori TourŁ, e contro al- Hajj Oumar Tall nel Macina mentre l esercito italiano si apprestava alla
battaglia decisiva in Etiopia.
5constatazioni circa quanto la colonizzazione abbia dato all Africa in termini di
infrastrutture, tecnologie, formazione, innovazione culturale ecc,.. cui si
oppongono osservazioni ben piø cogenti su quale caro prezzo le societ africane
abbiano pagato per queste acquisizioni in termini di costi umani giganteschi,
sudditanza, umiliazione, negazione culturale9.
Dopo comunque una fase di post-indipendenza, segnata da programmi ambiziosi
d investimento, con un relativo aumento del debito, i paesi dell Africa
Subsahariana hanno subito una profonda crisi dalla quale faticano a riprendersi.
A partire dalla fine degli anni 70, un crescente numero di paesi africani ha
iniziato a conoscere la stagnazione delle loro economie. La crisi si Ł manifestata a
tutti i livelli ed in tutti i campi; la produzione pro capite industriale ed agricola Ł
entrata in un periodo di continuo declino. I proventi dell esportazione sono
diminuiti e cosi Ł stato per il volume delle importazioni. C Ł stata una notevole
riduzione del consumo medio di beni e servizi, gli investimenti pubblici e privati
sono diminuiti precipitosamente, salari e stipendi reali sono calati
improvvisamente per la maggior parte delle categorie di lavoratori. I tassi di
disoccupazione urbana sono cresciuti a livello record. Il volume pro capite e la
qualit di servizi sociali vitali, quali salute, ed ucazione, alloggio ed acqua, sono
peggiorati nella maggior parte dei paesi. Le infrastrutture fisiche come strade,
linee elettriche, comunicazioni e costruzioni si sono progressivamente deteriorate
per mancanza di manutenzione.
La grande maggioranza della popolazione Ł ricorsa ad una variet di strategie per
contrastare gli effetti della crisi economica. Una tipica risposta alla crisi Ł stata lo
svolgimento di attivit multiple da parte di molte famiglie nelle aree rurali e
urbane. Famiglie facenti parte dei gruppi di reddito basso, medio ed elevato, in
una variet di settori ed occupazioni, hanno cercat o di proteggere i propri standard
di vita tramite la diversificazione delle attivit . La forma piø comune di strategia
di sopravvivenza nelle aree urbane consisteva nell intraprendere attivit nel
9
Giampaolo Calchi Novati, Pierluigi Valsecchi, Africa la Stotia ritrovata, cap. 7 politica, societ ed economia
nell epoca coloniale ed. Carocci, Roma 2005 pp.230.
6settore informale, settore che tuttora domina gran parte delle economie nel Africa
Subsahariana.
Nuove istituzioni, quali gruppi ed organizzazioni di auto-assistenza a livello di
villaggi o di citt , si sono creati per far fronte al degrado economico e sociale
creato dalla crisi. I meccanismi tradizionali di reddito e di salvaguardia del
benessere e della sicurezza sociale attraverso le famiglie allargate e le associazioni
etniche, sono stati utilizzati intensamente.
Altre risposte alla crisi sono state meno edificanti; come l uso di mezzi e strutture
pubblici per realizzare guadagni privati, l aumento della corruzione, il ricorso a
mercati paralleli, il contrabbando ed i traffici illeciti, l aumento della criminalit
organizzata, furti e rapine, prostituzione e lavoro infantile.10
La Banca Mondiale11 e un gran numero di esperti hanno rinvenuto le cause della
crisi africana del 70 nelle inappropriate politiche economiche e nell eccessivo
intervento dello Stato nell economia. Sotto accusa sono state certe politiche, quali
la pesante tassazione del settore agricolo, la protezione dell industria, i controlli
all importazione ed all esportazione, la regolament azione, da parte dello stato, dei
mercati, dei prezzi e delle licenze per il commercio estero e la propriet pubblica
di imprese produttive.
In realt , pur riconoscendo l importanza delle poli tiche nazionali nel determinare
l andamento dell economia, la pianificazione e la r egolamentazione
dell economia da parte dello Stato non sono stati prerogative dei paesi africani.
Storicamente la maggior parte dei paesi sviluppati ha raggiunto
l industrializzazione attraverso il protezionismo e gli stati hanno giocato un ruolo
importante nello stimolare e gestire la crescita economica. Questo Ł anche il caso
di molti newly industrilize conuntries (NIC) dell Est e Sud Est Asiatico.
In via di principio, non c era quindi nulla di sbagliato nella pianificazione e
gestione pubblica dell economia e nella promozione dell industrializzazione in
10
Dharam Ghai, lo sviluppo dei paesi Africani: bilancio e prospettive, in Crisi , Aggiustamento e Sviluppo,
ed. FrancoAngeli 1993. Pp.33-48.
11
www.worldbank.org