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d’azione sia prima di tutto un “adattamento” culturale. La società della conoscenza richiede
una circolazione delle informazioni e, le amministrazioni se vogliono rinnovare il valore
dell’interesse generale devono riuscire ad ascoltare i bisogni manifestati dai cittadini, ma
soprattutto devono essere in grado di offrire all’individuo gli strumenti necessari per una sua
piena realizzazione. La pressione istituzionale concretizza quest’obiettivo attraverso leggi che
consentono di offrire al cittadino tutti quegli elementi che lo rendono in grado di gestire tutto ciò
che lo riguarda, ovvero la consapevolezza che può venire dalla conoscenza delle proprie
possibilità. Per questo motivo all’interno di un capitolo sarà affrontato il tema delle leggi che
hanno sostenuto la circolazione delle informazioni, processo che culmina con la legge 150/2000,
fondamentale per un effettivo rinnovo della rappresentazione all’esterno della PA. La
circolazione delle informazioni migliora non solo la condizione del personale interno, coinvolto
nella condivisione delle responsabilità, ma consente un effettivo avvicinamento del cittadino allo
Stato.
La comunicazione può essere rapportata all’evoluzione dei bisogni che un’organizzazione
sviluppa nel corso del tempo, se oltre a rappresentare un veicolo per le informazioni diviene anche
un momento d’interpretazione della realtà, il suo valore allora cresce in modo esponenziale.
L’elemento di cui tenere conto per un rinnovo effettivo dell’apparato statale può essere
rappresentato dalla somma delle richieste dei cittadini che gli URP accolgono ed elaborano, ma
occorre recuperare la conoscenza di ciò che si è raggiunto per capire meglio le richieste e, gli URP
offrono un’importante occasione per analizzare la variabilità e il cambiamento nelle richieste
della società, per riaffermare l’interesse generale che è qualcosa di più della richiesta di
trasparenza nell’iter di una procedura amministrativa. Le riflessioni conclusive del lavoro
presentano una situazione che richiede ancora molti interventi, in particolare si richiedono nuove
professionalità e un cambiamento culturale in chi governa le nostre istituzioni, ma anche
numerose riflessioni su quali siano gli elementi per ottenere un rapporto continuo e trasformare
spunti di riflessione in interventi mirati all’interesse comune.
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Capitolo 1 Le relazioni e i bisogni comunicativi nelle organizzazioni
1.1 La struttura sociale organizzativa nelle prospettive modernista,
simbolico-interpretativa e postmoderna
La teoria delle organizzazioni costituisce un campo d’indagine multiforme ed
eterogeneo poiché molte sono le discipline da cui trae spunto. I teorici
dell’organizzazione spiegano la diversità delle teorie dell’organizzazione in base
alla complessità dell’organizzazione stessa. Le organizzazioni sono state studiate
da molti teorici, in particolare per gli scopi della nostra ricerca ci riferiamo alla
prospettiva della teorica dell’organizzazione M. J. Hatch.
Nella prospettiva di M. J. Hatch le organizzazioni possono essere
concettualizzate come tecnologie, strutture sociali, cultura e strutture fisiche che
si compenetrano le une alle altre all’interno di un certo ambiente. Il modello
teorico dell’organizzazione nell’impostazione della Hatch mostra la tecnologia, la
struttura sociale, la cultura e la struttura fisica come cerchi connessi fra loro,
circondati e penetrati dall’ambiente che esse stesse contribuiscono a costituire.
Nella teoria organizzativa, la struttura sociale si riferisce alle relazioni fra elementi
sociali come persone, posizioni e le unità organizzative cui appartengono. Nella
teoria classica delle organizzazioni e nelle prime teorie moderniste, le relazioni alla
base della struttura sociale di un’organizzazione erano concepite come qualcosa
di statico, il cambiamento poteva avvenire solo nel caso in cui il management
decideva di ridisegnare la struttura organizzativa.
La teoria dei sistemi aperti portò nuove idee come la crescita e lo sviluppo
organico, che ispirarono modelli evolutivi dello sviluppo e del cambiamento delle
strutture sociali organizzative. Visioni ancora più dinamiche della struttura sociale
sono state introdotte dalla prospettiva simbolico-interpretativa e da quella
postmoderna che introdussero l’idea di nuove forme organizzative come le
strutture di network e le organizzazioni virtuali.
I teorici dell’organizzazione sostengono che le organizzazioni si formano dove
esistono compiti troppo grandi perché i singoli individui possano svolgerli da soli.
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Rispetto agli individui le organizzazioni, avrebbero il vantaggio di mettere insieme
talenti e capacità diverse, in questo modo si possono ottenere obiettivi che non
potrebbero essere raggiunti altrimenti. Naturalmente l’organizzazione può
perdere i suoi vantaggi se gli sforzi non sono bene integrati (M.J.Hatch, 2008).
Il concetto di differenziazione usato dai teorici modernisti dell’organizzazione è
simile a quello usato in biologia, dove la differenziazione è il processo attraverso
il quale le varie funzioni si distinguono tra di loro. Analogamente si può notare la
differenziazione delle attività di un’organizzazione. I vari reparti traggono materie
prime dal sistema, le trasformano in prodotti, le trasferiscono al cliente
incrementando le entrate dell’impresa. Via via che la differenziazione aumenta
all’interno dell’organizzazione, diventa sempre più difficile per gli impiegati
svolgere le proprie attività specifiche coordinandole nello stesso tempo con
quelle degli altri membri organizzativi. La difficoltà di comunicazione e
coordinamento aumenta con la crescita di differenziazione spingendo verso
l’integrazione. Un modo per gestire le pressioni verso l’integrazione è cercare di
creare un gruppo composto solo da manager. Ciò tuttavia comporta un’ulteriore
differenziazione delle attività organizzative e un’integrazione ancora maggiore se
l’organizzazione seguitasse a crescere, creando così un ciclo di differenziazione e
di integrazione. La capacità di integrare può portare alla realizzazione degli scopi
desiderati che potrebbero venire alterati in situazioni di caos.
Sembra naturale pensare all’organizzazione come a una gerarchia. La gerarchia è
una caratteristica comune a molte organizzazioni moderne. Weber pensava che la
gerarchia rispecchiasse la distribuzione di autorità tra le diverse posizioni
dell’organizzazione. L’autorità conferisce determinati diritti a coloro che
occupano una certa posizione, compreso il diritto di dare ordini e quello di punire
e di premiare. Diritti chiamati poteri posizionali perché associati alla posizione e
non a chi la occupa. L’autorità dà il potere di influenzare i propri subordinati.
Questa influenza è esercitata attraverso la comunicazione dall’alto verso il basso.
La gerarchia definisce anche le relazioni formali di comunicazione dal basso verso
l’alto, attraverso canali costruiti appositamente per far arrivare le informazioni ai
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manager. Quando all’interno di un’organizzazione le posizioni sono subordinate
l’una all’altra, l’autorità e la comunicazione verticale, insieme, consentono agli
individui che si trovano ai vertici dell’organizzazione di dirigere, controllare,
stimolare il rendimento dei loro subordinati attraverso la raccolta d’informazioni
(M.J.Hatch, 2008).
In passato molti manager credevano che ogni membro dell’organizzazione
dovesse rispondere soltanto a un superiore, in modo che ciascuno fosse collegato
da un percorso gerarchico al proprio capo. Oggi sono molto più frequenti i
rapporti di subordinazione duale, e si sta riconoscendo sempre più il ruolo che i
contatti laterali (non gerarchici) giocano nell’integrazione delle diverse attività
organizzative (M.J.Hatch, 2008). Se la gerarchia specifica la distribuzione
dell’autorità, la divisione del lavoro rappresenta la distribuzione delle
responsabilità. Normalmente le attività lavorative sono viste come parte della
tecnologia, mentre il modo in cui tali attività sono suddivise e assegnate ai diversi
membri dell’organizzazione è un elemento della struttura sociale chiamato
divisione del lavoro. Oltre a definire i compiti e assegnarli a individui diversi, la
divisione del lavoro serve anche a raggruppare i compiti in unità organizzative
come reparti o divisioni.
Il termine divisione del lavoro può essere frainteso perché porta a credere che
soltanto gli impiegati ne siano soggetti. Nella maggior parte delle organizzazioni,
il lavoro dei manager viene anch’esso suddiviso e ormai il termine è usato in
senso generale per indicare la suddivisione delle attività organizzative con
riferimento a qualunque compito ai vari livelli della gerarchia.
Nonostante la gerarchia dell’autorità contribuisca fortemente a integrare
l’organizzazione, da sola non basta a integrare tutte le attività soggette alla
divisione del lavoro, in particolare quando l’organizzazione cresce e diventa più
complessa, oppure deve gestire alti livelli d’incertezza o d’interdipendenza. Di
conseguenza è necessario adottare dei meccanismi aggiuntivi per colmare la
distanza tra il livello di coordinamento fornito dalla gerarchia e quello richiesto
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dalla divisione del lavoro. Regole e procedure, piani di lavoro e canali di
comunicazione laterale sono fra i meccanismi più comuni.
Regole e procedure contribuiscono ad assicurare che le attività desiderate siano
svolte in un modo accettabile specificando il modo in cui dovrebbero essere
prese le decisioni e dovrebbero svolgersi i processi.
I piani (o programmi) di lavoro precisano il periodo di tempo entro il quale
dovrebbero svolgersi l’attività. Possono anche essere usati per comunicare
l’assegnazione di determinati compiti a singoli individui. Quando le attività di
diverse persone devono essere svolte in sequenza i programmi, sono l’elemento
chiave del coordinamento.
La comunicazione laterale si traduce nella creazione di ruoli di “liaison” o di
collegamento, comitati, task-force, squadre di progettazione e squadre di
management.
Tra gli anni cinquanta e sessanta, agli inizi della teoria modernista i ricercatori
erano presi a misurare i vari aspetti della struttura sociale delle organizzazioni,
nella speranza di scoprire il modo migliore di organizzare. Volevano trovare il
modo di assicurare alti livelli di rendimento organizzativo esaminando le relazioni
statistiche fra le caratteristiche della struttura e il suo rendimento. Ricerche
empiriche rivelarono che ciò che funziona per un’organizzazione può anche non
funzionare per un’altra. Questi risultati portarono alla teoria delle contingenze la
qual sostiene che il livello di correlazione fra due variabili ad esempio struttura e
rendimento dipende da altri aspetti organizzativi come tecnologia e l’ambiente
(M.J.Hatch, 2008).
La struttura sociale è stata misurata da una grande varietà di variabili. Fra le
variabili classiche tre appaiono sistematicamente nella teoria delle contingenze: la
complessità, la centralizzazione e la formalizzazione. Tutte tre riflettono una
visione modernista e pertanto la loro analisi aiuta a capire meglio questa
prospettiva tuttora in voga. La complessità strutturale può essere vista come una
risposta alla percezione della complessità ambientale, oppure come risultato della
differenziazione del nucleo tecnico originario. La complessità si riferisce sia alla
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differenziazione orizzontale che si misura contando il numero delle diverse unità
che compongono l’organizzazione, sia a quella verticale misurata invece in base al
numero dei livelli organizzativi, dalla posizione più alta a quella più bassa. Gli
studi sulla complessità hanno evidenziato la relazione fra complessità e
comunicazione, nel senso che più complessa è l’organizzazione (in riferimento
alla sua differenziazione sia orizzontale che verticale) tanto maggiore è il suo
bisogno di comunicazione. Tuttavia, la complessità è anche associata alle
difficoltà di comunicazione, come l’incapacità di mandare o ricevere
informazioni, la distorsione di messaggi e la perdita del controllo d’informazioni
da parte dei manager.
La centralizzazione fa parte del livello organizzativo in cui sono prese le decisioni.
In un’organizzazione centralizzata le decisioni finali sono prese esclusivamente ai
livelli più alti. Ne consegue che tende a esserci una partecipazione minima da
parte dei membri che appartengono ai livelli inferiori. In un’organizzazione
decentralizzata, invece, le decisioni sono prese da coloro che sono coinvolti
direttamente in una situazione, e si basano sulla partecipazione diffusa dei
membri dell’organizzazione ai processi decisionali.
Gli studi sulla centralizzazione mostrano che il livello di comunicazione, di
coinvolgimento e di soddisfazione dei membri è maggiore nelle imprese
decentralizzate, ma il controllo e il coordinamento sono più facili da ottenere
nelle imprese centralizzate a causa della relativa efficienza del sistema di
comunicazione rispetto alle strutture decentralizzate.
La formalizzazione definisce fino a che punto regole, regolamenti, politiche e
procedure esplicite governano le attività organizzative. Si tratta di politiche scritte,
descrizioni di mansioni, manuali di procedura, organigrammi, sistemi di
management, sistemi tecnici e liste ufficiali di regole e regolamenti.
La mancanza di formalizzazione generalmente è chiamata informalità. Alcuni
studi hanno rilevato che la formalizzazione tende a scoraggiare l’innovazione e a
ridurre la comunicazione all’interno delle organizzazioni. Esiste un interessante
rapporto fra le dimensioni strutturali della complessità, della formalizzazione e
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della centralizzazione e le forme meccanicistiche, organicistiche e burocratiche
dell’organizzazione.
Le forme meccanicistiche dell’organizzazione si basano su alti livelli di
complessità formalizzazione e centralizzazione. Nelle organizzazioni meccaniciste
il lavoro è suddiviso in compiti altamente specializzati; i lavoratori hanno poca
libertà nello svolgimento dei propri compiti, le regole e le procedure vengono
attentamente definite per cui si ha un’elevata formalizzazione; inoltre c’è una
ristretta partecipazione ai processi decisionali e dunque un’elevata
centralizzazione. Le forme organicistiche sono l’opposto di quelle
meccanicistiche, sono caratterizzate da meno specializzazione nell’orientamento
del lavoro (cosa che rispecchia una minore complessità strutturale), maggiore
libertà nello svolgimento delle loro funzioni (minore formalizzazione); inoltre
molti processi decisionali si svolgono ai livelli inferiori della gerarchia
(decentralizzazione), quindi mentre le organizzazioni meccaniciste sono
complesse, formali e centralizzate, quelle organicistiche sono relativamente
semplici, informali e decentralizzate (M.J.Hatch, 2008).
Spesso si è portati a pensare che i termini “ meccanicistico” e “burocratico” sia
due facce della stessa medaglia. Tuttavia le burocrazie hanno una caratteristica
che le distingue dalle organizzazioni meccanicistiche: esse sono decentralizzate
mentre quest’ultime sono centralizzate (Perrow, 1986). In una burocrazia, le
decisioni sono prese ai livelli inferiori dell’organizzazione, ma esistono procedure
e regole precise che impediscono l’esercizio di un’eccessiva discrezione da parte
degli impiegati, nel prendere questo tipo di decisioni. Pertanto come nelle
organizzazioni meccanicistiche, la burocrazia rimane altamente controllata pur
essendo decentralizzata.
Ci sono molte situazioni, però, in cui la forma burocratica si rivela inappropriata,
le piccole organizzazioni ad esempio non ne hanno bisogno, le loro dimensioni
rendono facile e naturale la supervisione diretta e la centralizzazione dei processi
decisionali. Anche la presenza di tecnologie non-routinizzate e di ambienti
instabili compromette l’efficacia dell’organizzazione burocratica. La burocrazia
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non è fatta per adattarsi a continui cambiamenti, ogniqualvolta sia indispensabile
una certa flessibilità nell’ambiente lavorativo, la forma burocratica non conviene.
La recente professionalizzazione del management sia nei settori pubblici sia in
quelli privati, attraverso programmi di specializzazione ha provocato interessanti
tensioni all’interno di alcune grandi burocrazie, quando nuovi impiegati
professionisti apportano il proprio contributo professionale alle organizzazioni, le
caratteristiche della burocrazia si scontrano con la loro professionalità e in alcuni
casi si è costretti ad adottare metodi più flessibili di gestione burocratica. Per
comprendere la burocrazia dobbiamo anzitutto capire perché emergono le
caratteristiche burocratiche, in particolare dobbiamo considerare i modelli
dinamici della struttura sociale. La prospettiva dinamica mostra la burocrazia non
solo come un tipo di struttura sociale, ma anche come una delle fasi di sviluppo
che l’organizzazione attraversa. Nella categoria dei modelli statici possono essere
inseriti gli approcci classici e molti approcci modernisti alla struttura sociale, tali
approcci danno l’impressione che la struttura sociale rimanga più o meno
costante per un considerevole lasso di tempo, si concentrano sulla definizione
delle caratteristiche essenziali di fenomeni stabili e cercano di isolare le condizioni
cruciali per determinare la loro comparsa e il loro successo. I modelli dinamici
invece si basano sui cambiamenti organizzativi che si verificano nel tempo e con
il cambiare delle circostanze, generalmente sono di due tipi. C’è un approccio
storico (spesso evolutivo) che spiega come l’organizzazione si sia sviluppata nel
tempo e ci sono modelli dinamici interessati a scoprire le dinamiche dei
cambiamenti che si verificano quotidianamente nelle organizzazioni. I modelli
storici o evolutivi tendono a rimanere entro i confini dell’approccio modernista,
mentre gli approcci che si interessano dei cambiamenti quotidiani sono tipici della
prospettiva simbolico-interpretativa.
L’analisi di una struttura sociale generalmente inizia con l'individuare i criteri di
differenziazione delle attività lavorative e mette in evidenza quanto è difficile
integrare le unità e vari membri dell’organizzazione. I teorici dell’organizzazione e
i manager utilizzano molte volte organigrammi per avere un’idea generale della
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struttura sociale in poco tempo. Gli organigrammi danno una rappresentazione
della gerarchia dell’autorità dell’organizzazione e una visione d’insieme della sua
divisione del lavoro. Per essere un utile elemento descrittivo o analitico,
l’organigramma deve riferirsi alla sua struttura attuale e non alla storia di relazioni
strutturali passate, o riflettere semplicemente i desideri e le aspettative degli
stakeholders. L’organigramma non dà molte informazioni riguardo i meccanismi
di coordinamento, le relazioni informali o la distribuzione di potere al di là della
gerarchia formale dell’autorità. Questi aspetti possono essere rilevati solo con
l’aiuto dell’osservazione diretta e delle interviste. Idealmente, la funzione della
struttura sociale sarebbe quella di indirizzare l’attenzione degli impiegati verso i
diversi compiti di cui sono responsabili, in modo da facilitare l’integrazione di
tutte le attività dell’organizzazione (M.J.Hatch, 2008). Questo però non accade,
ogni struttura sociale al suo interno ha conflitti e contraddizioni che dipendono
dall’impossibilità pratica di integrare precisamente un’organizzazione
differenziata. Tuttavia i conflitti e le contraddizioni non dovrebbero essere visti
come qualcosa di negativo, perché sono caratteristiche organizzative che
consentono a una struttura sociale imperfetta di funzionare comunque.
Organizzazioni estremamente piccole e altamente organiche spesso sembrano
non avere struttura o comunque una struttura irrilevante, ma la struttura è
definita dalle relazioni per tanto anche le organizzazioni più semplici hanno
strutture sociale. La struttura semplice si basa su relazioni flessibili con poca
complessità che deriva da una differenziazione limitata.
Di solito la struttura semplice rappresenta lo stadio iniziale dal quale partono
quasi tutte le organizzazioni, poiché è facile da gestire e non comporta alcun
rischio di incomprensione al suo interno. Non può essere rappresentata con un
organigramma proprio per la sua essenzialità.
Nel momento in cui la complessità di un’organizzazione aumenta a tal punto che
una struttura di tipo semplice non è più sufficiente a gestirne i compiti,
un’azienda adotta una struttura di tipo funzionale, chiamata così perché
raggruppa attività che sono simili sul piano della funzione lavorativa. In genere,
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questa struttura dà ai top manager un forte potere di controllo sugli operati degli
altri membri dell’organizzazione, in quanto essi hanno una visione generale e
molto efficace di tutte le aree di attività e dei relativi compiti assegnati. Essa è
dunque utile a ogni livello organizzativo perché fornisce precise informazioni
sulle funzioni di ogni settore aziendale. Nell’organigramma sono riportate le
funzioni principali di un’organizzazione in genere, quali: la produzione, le
vendite, gli acquisti l’ingegneria e la contabilità.
Quando c’è un sovraccarico di responsabilità all’interno di un’organizzazione che
ha una struttura di tipo funzionale, si arriva ad adottare una forma multi-
divisionale. La struttura multi-divisionale può essere descritta e rappresentata
come un insieme di strutture funzionali distinte, ognuna delle quali è collegata
direttamente con la direzione generale. La forma multi-divisionale raggruppa
settori, funzioni e persone in base a tre diversi criteri di somiglianza: per funzione
o per prodotto; per tipologia di clientela; per locazione geografica. Il vantaggio
delle strutture multi - divisionali su quelle funzionali risiede nelle sue dimensioni:
essendo più grandi, riescono a gestire meglio il rapporto con l’ambiente
circostante, quindi sono più determinate in termini di competitività.
La struttura a matrice nasce dalla coniugazione delle parti migliori della struttura
funzionale e di quella multi-divisionale: l’efficienza e la flessibilità. Non ci sono
distinzioni tra le diverse aree in base al prodotto, al tipo di cliente o all’area
geografica. Si può pensare a essa come a due tipi di strutture combinate, una che
presenta delle funzioni e l’altra i progetti organizzativi, ciascuna delle quali è
gestita da un diverso team di manager che ne è responsabile. Inoltre qui ci sono
due tipi di manager: il primo è quello funzionale, che ha il compito di assegnare i
progetti a determinati specialisti, di sostenerli nel mantenimento di elevate
capacità tecniche e di controllare la loro professionalità. Il secondo tipo di
manager è quello di progetto, che coordina la parte più specifica del lavoro, quella
che riguarda i bilanci, i tempi e i modi di attuazione di un piano di lavoro. Proprio
per l’esistenza di queste due differenti linee di autorità, alle quali i membri
dell’organizzazione sono soggetti, c’è difficoltà nel gestire senza contrasti le
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domande che provengono dai diversi manager. Nonostante questo problema, la
struttura a matrice sembra la più vantaggiosa tra le altre tipologie di struttura, in
quanto coniuga egregiamente flessibilità, prontezza ed efficienza.
Le strutture esaminate finora rappresentano tipi puri o ideali, ma non sempre le
organizzazioni si conformano a questi modelli.
Le strutture ibride sono una combinazione di strutture diverse: possono essere il
risultato di cambiamenti organizzativi non programmati oppure, possono essere
disegnate in modo da cogliere i vantaggi dell’una o dell’altra forma. Le forme
ibride possono creare confusione perché i fondamenti stessi delle relazioni
strutturali cambiano quando ci si sposta da una parte della struttura all’altra.
Inoltre, esse conferiscono all’organizzazione molta flessibilità, in altre parole la
libertà di adottare la struttura più appropriata ai bisogni delle diverse sottounità.
Molti teorici organizzativi sono convinti che i cambiamenti in atto condurranno
al network come forma organizzativa, più flessibile al cambiamento, con pochi
livelli di gerarchia formale e confini poco rigidi tra funzioni e unità, sensibile
all’ambiente e pronta a rispondere alle sue esigenze, preoccupata di tutti coloro
che hanno interessi nell’azienda: lavoratori, comunità, clienti, fornitori e azionisti
e nel complesso è caratterizzata da relazioni interne e esterne, come joint ventures
consorzi e collaborazioni (M. J. Hatch, 2008).
La struttura organizzativa del network è relativamente recente, essa sfida le
definizioni moderniste di organizzazione. L’organizzazione di network si
sostituisce ai flussi di comunicazione verticale delle organizzazioni, trasformando
le relazioni di controllo in relazioni laterali o orizzontali. Di conseguenza i legami
formali che tengono insieme le diverse unità di organizzazione sono sostituiti da
una sorta di collaborazione o partnership tra molteplici organizzazioni. La
tendenza al costituirsi del network è legata ai rapidi cambiamenti tecnologici di
un’organizzazione, alla minore durata di vita del ciclo dei prodotti, e ai mercati
frammentati e specializzati.