Il sistema cautelare per gli imputati minorenni
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Sommario: I. Principi fondamentali del d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448
e tendenze nella normativa sovranazionale. − II. Caratteri del
sistema cautelare minorile. − III. I presupposti – IV. La
determinazione della pena ai fini dell’applicazione delle misure
cautelari minorili.
I. Principi fondamentali del d.p.r. 22 settembre 1988, n.
448 e tendenze nella normativa sovranazionale
Originariamente disciplinato dalla legge istitutiva dei
Tribunali per i minorenni del 1934
1
, il processo penale
minorile venne profondamente riformato dal d.p.r. 448/1988,
un provvedimento legislativo autonomo intenzionato ad
evidenziare, nei suoi molteplici aspetti innovativi, la
peculiarità della condizione dell’imputato minorenne e,
dunque, la necessità di una specifica normativa caratterizzata
dal coinvolgimento di strutturati servizi e risorse tendenti ad
un effettivo recupero del minore.
La tematica delle misure cautelari applicabili ai minori
si presenta indubbiamente assai complessa e particolarmente
delicata in quanto, oltre ai problemi che normalmente si
riscontrano in ordine alla limitazione della libertà personale
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R.D.L. n. 1404 del 20 luglio 1934.
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tutelata dall’art. 13 della Costituzione in riferimento ad
imputati maggiorenni, nel processo minorile bisogna tener
conto, da un lato, della particolare condizione del soggetto,
diversificato per la fisiologica fragilità propria dell’età;
dall’altro, dell’esigenza di non causare pregiudizievoli
sospensioni dei processi formativi della personalità in atto.
Infatti il processo penale di per sé costituisce già un
forte trauma per il minore, in particolar modo se si tratta del
primo contatto con la macchina giudiziaria, e l’applicazione
di una misura cautelare non può che incidere negativamente
sulla sua personalità, nonché sulla percezione e sul suo
rapporto con la società.
Anche da un semplice sguardo alla Relazione di
accompagnamento al d.p.r. 448 del 1988
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possiamo
accorgerci dell’esistenza di una pluralità di principi-guida
della riforma, aventi come minimo comune denominatore il
costante richiamo del legislatore alle esigenze educative dei
minori, esplicitato già nell’art. 1 comma 1 d.p.r. 448/1988, in
cui è stabilito che nel procedimento a carico di minorenni si
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Relazione al Testo definitivo delle disposizioni sul processo penale a carico di
imputati minorenni, in Gazzetta Ufficiale, 24 ottobre 1988, Suppl. ord. n. 2, Serie
generale n. 250, 217.
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osservano le disposizioni del presente decreto e, per quanto
da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale.
Tali norme debbono essere ‹‹applicate in modo
adeguato alla personalità e alle esigenze educative del
minorenne
3
››.
Intorno a questa chiave interpretativa ruotano una serie
di garanzie che il nuovo impianto procedurale cerca di
assicurare, quali, ad esempio, la tassatività delle misure
cautelari minorili, i massimi edittali di pena previsti, sotto i
quali non è consentita alcuna restrizione de libertate,
l’intervento dei servizi sociali nell’esecuzione dei
provvedimenti emessi nei confronti dei minori e l’esigenza di
non interrompere i processi educativi in atto.
A queste sono da aggiungere la titolarità da parte
dell’imputato minore degli stessi diritti previsti per l’imputato
adulto e la comprensibilità del processo, sia per quanto
attiene il linguaggio utilizzato, sia per ciò che riguarda i riti,
di modo che il minore non subisca pressioni negative e sia
3
Sul punto DI NUOVO-GRASSO, Diritto e procedura penale minorile. Profili
giuridici, psicologici e sociali, Giuffrè, 2005, 155, fa espresso riferimento all’art. 3
della legge delega che imponeva al governo di piegare i princìpi generali del nuovo
processo penale alle modificazione ed integrazioni imposte dalle particolari condizioni
psicologiche del minore, dalla sua maturità e dalle esigenze della sua educazione.
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stimolato ad un confronto con la società e le sue regole che
contribuisca alla sua responsabilizzazione.
Se è vero che una delle principali cause della
delinquenza minorile è il sempre meno penetrante controllo
sociale
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che demotiva il giovane ad adeguarsi alle regole
comuni, allora l’intervento penale dovrà tendere alla ricerca
delle giuste motivazioni idonee al suo reinserimento nella
società, sforzandosi di abbattere ogni ponte con il suo disagio
personale precedente e considerando che l’uso della coazione
produce spesso degli effetti collaterali sulla sua personalità in
evoluzione.
Sul fronte internazionale numerose riflessioni e
dibattiti hanno portato all’emanazione di vari documenti
orientati a tracciare un compiuto programma di politica
criminale sulla base del quale costruire un modello di
giustizia minorile improntato ai bisogni del minore.
Si tratta in particolare delle “Regole di Pechino” delle
Nazioni Unite del 1985 e della Raccomandazione n. 20/87 del
Consiglio d’Europa che si affiancano alla Convenzione
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PALOMBA, Il sistema del processo penale minorile, Giuffrè, 2002, 279.
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europea dei diritti umani
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e ad altre convenzioni riguardanti
settori specifici
6
.
Tutte queste carte, pur differenti per provenienza,
hanno come comune denominatore la considerazione della
fragilità dell’imputato minorenne e conseguentemente l’idea
che il suo trattamento da parte della giustizia deve essere
provvisto di un livello di garanzie quantomeno uguale a
quelle riservate agli adulti e adeguato alla sua speciale
condizione psico-fisica.
E a questo proposito, in ambito cautelare viene
affermato il principio in base al quale la custodia cautelare in
carcere deve costituire un provvedimento di extrema ratio
oltre ad avere la durata più breve possibile
7
.
Con l’esposizione di queste linee guida, gli organismi
internazionali mirano a sollecitare i legislatori dei vari Stati
membri ad attuare e favorire istituti di diversion e
5
Trattato internazionale elaborato dal Consiglio d’Europa per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Roma il 4 novembre 1950 ed
entrato in vigore in Italia il 3 settembre 1953.
6
Tra le altre, Convezione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989) e
Direttive di Riyadh per la prevenzione della delinquenza minorile (14 dicembre 1990).
7
Articolo 5 comma 1, Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
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mediazione
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, ossia misure sostitutive alla risposta
sanzionatoria tradizionalmente intesa.
Una normativa sovranazionale che, pertanto, stimola
ogni singolo Stato a creare una legislazione minorile come
una sorta di ‹‹ mondo a sé ››
9
. Ma nonostante la presenza di
precise linee guida a livello sovranazionale a tutela della
libertà personale dell’adolescente, la nostra legislazione,
come pure molte altre, non ha ancora saputo liberarsi della
“carcerazione preventiva”, da tutti unanimemente considerata
il “male necessario” del processo penale
10
.
A rendere ancor più delicato il tema nel contesto del
sistema di giustizia per i minori è la considerazione che per
l’imputato il processo è già una punizione
11
di per sé e la
detenzione a fini cautelari contribuisce ad aggravare
maggiormente l’impatto sulla fragile personalità del
8
Forme di ricomposizione del conflitto che consentono al minorenne di fuoriuscire dal
circuito giudiziario, ben visibili anche in Raccomandazione 19/99 del Consilio
d’Europa.
9
‹‹ La legislazione minorile è un mondo a sé nel quale i singoli istituti possono
plasmarsi e modellarsi secondo le proprie esclusive esigenze ››. Così BETTIOL,
Diritto penale, Cedam, 1982, 431.
10
Concezione che può essere fatta risalire a CARRARA, Immoralità del carcere
preventivo (1872), in ID., Programma del corso di diritto criminale. Del giudizio
criminale con una selezione degli opuscoli di diritto criminale, Il Mulino, 2004, 401 e
ss.
11
CARNELUTTI, Lezioni sul processo penale, vol. I, Edizioni dell’Ateneo, 1946,
34-35.
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minorenne. Inoltre, partendo dal presupposto che la
caratterizzazione del sistema minorile punta ad evitare fin
dove possibile il ricorso alla sanzione detentiva, sembra
paradossale consentire l’applicazione della misura più grave
anche nei confronti del minore e per di più in una fase del
processo dove non vi è un accertamento della responsabilità,
con possibili pesanti ripercussioni sul soggetto in vinculis, nel
caso in cui egli risulti successivamente innocente
12
.
Anche la Convenzione europea dei diritti umani riserva
un intero articolo alla protezione del diritto alla libertà
personale e l’art. 5 comma 1 lettera d C.e.d.u. è
completamente destinato all’imputato minorenne e prevede la
‹‹ detenzione regolare di un minore (…) al fine di tradurlo
dinanzi all’autorità competente ››, oltre ad annoverare tra le
eccezioni consentite alla libertà personale anche la reclusione
a fini educativi, scelta difficilmente giustificabile sotto ogni
12
Non può non rilevarsi il palese contrasto tra la detenzione ante iudicium e il
principio sancito a livello costituzionale riguardante la presunzione d’innocenza,
contraddizione che se è risolvibile sul piano strettamente normativo tramite la
previsione legislativa che autorizza la carcerazione preventiva, rimane un ostacolo
difficilmente superabile dal punto di vista logico.
Il sistema cautelare per gli imputati minorenni
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profilo
13
, specialmente tenendo conto che quegli intenti sono
tipici della fase esecutiva della pena e non delle misure
cautelari
14
.
Infatti, appare difficilmente difendibile la scelta del
legislatore minorile di “piegare” istituti processuali a fini che
non li contraddistinguono, come accade per le misure
cautelari utilizzate a fini educativi; non fosse altro per il fatto
che una simile scelta si pone in contrasto con il principio
della identità di garanzie che dovrebbe esserci tra imputato
minorenne e imputato adulto, con evidenti dubbi di
legittimità costituzionale sotto il profilo della disparità di
trattamento.
II. Caratteri del sistema cautelare minorile
La disciplina legislativa attinente alle misure limitative
la libertà personale del minore risulta variegata e originata da
diverse fonti normative.
13
GIOSTRA, Punti fermi in tema di giusto processo penale minorile, in Giur.it.,
2004, 694, definisce questa scelta come ‹‹ un caso emblematico della propensione
correzionalistica a cui talvolta vengono flessi gli istituti del processo minorile››.
14
GIOSTRA, sub. art. 1, in Il processo penale minorile. Commento al d.p.r.
448/1988, a cura di G.Giostra, Giuffrè, 2001, 13-14.