2In particolare, le giovani generazioni rischiano di venir
irretite in un mondo di parvenze, secondo cui il reale è dato solo
da un esterno accadere.
L’ORALITA’ DEL VEDERE
E’ molto probabile che le immagini socialmente proposte
vengano come “bevute”, assorbite in una suzione visiva senza
soluzione di continuità. La psicoanalisi considera l’oralità un
orientamento del carattere.
Il fondatore della caratterologia psicodinamica fu Sigmund
Freud, il quale, nel suo breve saggio “Carattere ed erotismo
anale” (1908) studiò i diversi tipi di carattere orale, anale, fallico
e genitale.
Secondo Erich Fromm (1973), gli istinti dell’uomo sono
talmente indeboliti che non riescono più a regolarne la condotta.
Il loro posto è preso dal carattere, inteso come “seconda natura”
(Fromm, 1973). Se il soggetto è in grado di ottenere da sé i beni
materiali, si parla di orientamento “produttivo”. Si parla, invece,
di orientamento “non produttivo” quello con il quale l’individuo
non trova in sé stesso la forza per procurarsi i beni che gli
necessitano. Fromm (op. cit.) traccia il quadro psicodinamico di
cinque orientamenti di carattere non produttivo: ricettivo,
sfruttatore, tesaurizzante, mercantile, necrofilo. Tali orientamenti
del carattere corrispondono a “tipi ideali” che possono
mescolarsi concretamente in vario modo in una data persona.
3L’orientamento ricettivo, secondo Fromm, corrisponde a
quello orale di Freud. Si sviluppa nelle persone che sentono
esterna a loro l’origine di ogni bene e si apprestano a ricevere
passivamente quello che l’ambiente offre (Fromm, 1973). Le
odierne suggestioni sociali favoriscono il tradursi del ricevere nel
consumare. Ma il consumo va ben oltre i bisogni del corpo, che
sono limitati, mentre illimitata è la possibilità di incamerare
attraverso una bocca simbolica, estesa alla pelle, agli occhi, alle
orecchie e alle correlative emozioni.
Rappresentarsi l’essere umano come una bocca, ci porta a
prendere in considerazione le sue attitudini conscie e inconscie
alla metafora e a simbolizzare. Secondo Groddeck (1922),
l’uomo è vissuto mediante una coazione a simbolizzare. Infatti,
questo autore indica nel suo testo corrispondenze simboliche in
riferimento a sintomi, organi del corpo umano, funzioni
fisiologiche, pensieri, azioni e comportamenti.
Groddeck (1923) vede i contenuti psichici tradursi in via
diretta o indiretta in aspetti del corpo o in accadimenti che lo
riguardano.
UNA CONDIZIONE LEGATA ALL’IMMAGINE DEL
CORPO: L’ANORESSIA
I disturbi del comportamento alimentare come l’anoressia
nervosa, sono considerati tra i più importanti disordini
psicologici che insorgono in adolescenti e giovani donne. Il loro
crescente incremento sia in Europa che in altri paesi
4industrializzati e la gravità dei sintomi e degli effetti di tale
condotta alimentare ne hanno fatto oggi la terza patologia
cronica più grave in psichiatria.
Il termine anoressia deriva dal termine greco “orexis” che
significa brama, desiderio, passione. Tale patologia si può
intendere, infatti, da un punto di vista psicoanalitico, come uno
stato di violenta e persistente emozione erotica in contrasto con
le esigenze della ragione, con la realizzazione della sessualità e
la concretezza di un corpo sessuato, che impone il graduale, ma
per certi versi, brusco passaggio dalla sessualità perversa e
polimorfa infantile alla sessualità adulta. Tale patologia colpisce
in prevalenza il mondo femminile, con un rapporto di 9:1, e l’età
del disturbo è di solito compresa tra i 12 e i 25 anni (anche se
negli ultimi tempi sono stati diagnosticati casi oltre i 20-30 anni).
Si tratterebbe, secondo alcuni autori (Bemporad JR,
Hoffman, Herzog DB, 1989), di un’alterazione del rapporto con
il proprio corpo, un’alterazione che riguarda in modo profondo
l’esperienza stessa dell’avere un corpo e non solo la sua
immagine “estetica” o sessuale, come dimostrano i casi di
anoressia in giovani congenitamente cieche, quelli in età
prepubere e nella prima e primissima infanzia (op. cit.). A
proposito di queste precocissime forme di anoressia, Irene
Chatoor ha parlato di fallimento nello sviluppo dell’integrazione
somatopsichica per cui il comportamento alimentare del bambino
viene ad essere dettato dai bisogni emotivi invece che dalle
sensazioni fisiologiche della fame e della sazietà.
5Con riferimento a De Santillana, il quale ha riscoperto
nella mitologia la necessità di fermare la realtà affinché l’atto
magico si possa compiere, nell’anoressica, la magia si compie
fermando il corpo e con esso la realtà (De Santillana e Deschend,
1969).
6I CAPITOLO
- STORIA DELL’ANORESSIA –
1 SI PUÒ PARLARE DI UNA “PREISTORIA”
DELL’ANORESSIA?
L’anoressia nervosa viene di solito considerata un disturbo
relativamente recente, essendo descritto quasi simultaneamente
da Gull (1873) e Lasegue (1973) nell’ultima parte del 19° sec.
In ogni caso, numerosi lavori apparsi negli ultimi decenni (
Skrabanck, 1983, Brumberg, 1988, Vandereycken, e Van
Deth,1994, Bemporad, 1996) provano l’esistenza di anoressia già
molti secoli addietro.
Tali comportamenti alimentari sembrano variare in
relazione ai differenti periodi storici, suggerendo che determinate
combinazioni di fattori sociali ed economici possono aver
facilitato o inibito l’espressione di psicopatologia attraverso il
comportamento anoressico, così come recenti studi antropologici
hanno mostrato differenze nella percentuale di anoressiche in
relazione a differenti culture (Di Nicola 1990, Dolan, 1991).
Può essere interessante sapere che, nelle culture
occidentali, gli episodi di anoressia non compaiono fino
all’epoca Ellenica. Non esistono documenti sull’anoressia della
Grecia classica, sebbene si riportino episodi non rari di
sovralimentazione o appetito vorace (Ziolko,1996). Molti di
questi primi “anoressici” furono eremiti che avevano deciso di
7rinunciare al mondo materiale come aspetto di un più generale
ascetismo, cresciuto sull’onda del declino di stati-città
indipendenti, che vennero assorbite in grandi imperi.
Fu in questo periodo che le religioni orientali
influenzarono gli europei attraverso l’uso dello gnosticismo che
proclamava, non solo una particolare cognizione di Dio, ma
soprattutto una dicotomia tra spirito e corpo (Jonas, 1958). Il
corpo, come parte del mondo materiale, viene considerato
diabolico, mentre l’anima, che è imprigionata nel corpo, viene
considerata sacra.
Questo disprezzo del corpo non si limitò solo agli uomini
reclusi, gli eremiti, ma parve essere stato adottato dalle danarose
donne Romane.
Con la caduta dell’Impero Romano, sembrò
verificarsi anche un declino dell’astensione alimentare auto-
imposta. Durante “l’età buia”, la vita quotidiana sembrò volgere
al suo livello biologico di base, con un accento sulla capacità
procreativa femminile, mentre la popolazione dovette combattere
contro carestie e armate di saccheggiatori (Brown, 1988).
Le città scomparvero e con esse l’enfasi sulla cultura che
aveva guidato, durante questi secoli, le classi sociali più ricche.
In questo periodo vennero riportati solo tre casi di anoressia: due
erano giovani donne che si credeva fossero possedute da Satana,
mentre la terza era una principessa che iniziò a digiunare quando
il padre la promise in sposa ad un re saraceno di Sicilia (Lacey,
1982).
8In contrasto con la relativa rarità di casi di digiuno durante
“l’età oscura” del Medioevo, il comportamento anoressico
sembrò essere stato recepito in proporzioni epidemiche durante il
Rinascimento, in particolare nell’Europa meridionale, dove i
centri urbani crescevano e si arricchivano. Nel suo libro, “La
Santa Anoressia”, Bell (1985) cita 261 casi di digiuno femminile
per ragioni religiose tra il 1206 e il 1934. In aggiunta al digiuno
(spesso mortale) queste “sante” anoressiche castigavano il loro
corpo, rifiutavano il matrimonio e si rifugiavano presso ordini
religiosi.
Molte furono santificate per la loro capacità di comunicare
con Cristo (come Caterina da Siena) e celebravano la propria
devozione aiutando gli ammalati e i poveri a spese della propria
salute e apparenza fisica. Il loro modo di vivere contrastava con
l’ideale femminile più tipico del Rinascimento: un eterea ed
elegantemente abbigliata signora che veniva educata per servire
il suo consorte.
Alcune forme di “sacra anoressia” continuarono dopo il
Rinascimento. Tuttavia, ancora una volta, questa forma di
comportamento diminuì notevolmente non appena la più
mondana società della Riforma modificò i valori europei. Una
spiegazione possibile per tale relativa scomparsa della “santa
anoressia” potrebbe risiedere in un’alterazione
dell’atteggiamento della Chiesa.(Bemporad, 1996).
Nell’attesa di ristabilire la propria autorità, la Chiesa
sosteneva che la laicità comunicherebbe con Cristo soltanto
9attraverso l’intermediazione di un uomo ordinato prete, così che
una giovane ragazza, che volesse comunicare con Cristo,
potrebbe aspettarsi sia una visita dell’Inquisizione, sia un invito
alla santità. In ogni modo, i secoli che seguirono il Rinascimento
furono caratterizzati da un’alterazione della percezione del ruolo
sociale della donna.
Le donne vennero ancora una volta valorizzate per le loro
qualità biologiche piuttosto che per quelle estetiche, nel
momento in cui, l’elevato livello di civilizzazione dell’Europa
meridionale venne offuscato da un puritanesimo pervasivo.
(Bemporad, op. cit.).
La storia dell’anoressia dall’epoca vittoriana ai giorni
nostri è nota. Numerosi casi declinarono durante le guerre
mondiali e la depressione economica, per riemergere con
allarmante frequenza sul finire degli anni ’60. Russell (1985)
rilevò dei mutamenti nei disturbi del comportamento alimentare,
evidenziando un incremento dell’ incidenza negli ultimi decenni,
della bulimia come frequente manifestazione, e probabilmente,
con una motivazione differente: la paura di diventare grassi
piuttosto che una difesa contro la sessualità o contro la vita
adulta.
In sintesi, nella storia dell’anoressia, si possono
distinguere due grandi periodi: uno religioso e uno laico.
A qualunque categoria appartengano i digiunatori, il loro
digiuno viene percepito, in questo primo periodo, come un
comportamento dotato di significato e di scopo.
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Alla categoria religiosa, infatti, appartengono tre
interessanti tipologie:
ξ Digiuno come purificazione, come ascesi mistica;
ξ Digiuno come ascesi, ma anche come atto superbo
di orgoglio e di sfida verso la Chiesa e Dio;
ξ Digiuno demoniaco: conseguenza di possessione da
parte di Satana.
Questo periodo della storia dell’anoressia si chiude
definitivamente verso la fine del XIX secolo. Ha inizio, a questo
punto, il secondo periodo che si contraddistingue per la
medicalizzazione del comportamento anoressico. L’anoressia
viene concettualizzata come una malattia: una malattia della
mente oppure del corpo, ma in ogni caso subdola e pericolosa
che richiede drastici trattamenti (Recalcati, 2004).
Il passaggio dal primo al secondo periodo non è brusco: è
un processo graduale che inizia già nel XII secolo, con alcuni
importanti anticipatori (in particolare l’inglese Richard Morton
che nel 1689 descrisse, sotto il nome di atrofia o consunzione
nervosa, una sindrome che prefigura l’attuale anoressia). In
seguito, altri due autori, uno francese e uno inglese, ai quali gli
storici attribuiscono il merito di aver fornito la prima corretta
descrizione dell’anoressia sono: William Gull (1816 – 1890) e
Ernest Charles Lasegue (1816 – 1883).(Recalcati, 2004).