sulla prevenzione piuttosto che sulla repressione degli effetti ambientali
delle attività industriali era più vantaggiosa dal punto di vista economico,
organizzativo, gestionale e di rapporto con l’esterno.
Alcuni settori industriali hanno intrapreso questa strada prima di altri,
presentando un impatto più significativo sull’ambiente ed essendo fatti
oggetto di pressioni maggiori: l’industria chimica e l’industria petrolifera, i
grandi impianti di produzione e di energia.
L’impresa da me considerata, la Ciba Specialty Chemicals, ha recepito
completamente l’importanza nell’adozione di tali politiche, dimostrando
notevoli benefici non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal
punto di vista operativo e organizzativo.
CAP. 1. EVOLUZIONE DELLA POLITICA
AMBIENTALE COMUNITARIA
1.1 - LE ORIGINI DELL’AZIONE COMUNITARIA IN
CAMPO AMBIENTALE (1957-1972)
Solo dalla metà degli anni Settanta, la Comunità Europea ha condotto,
un’ampia azione in materia di tutela dell’ambiente.
L’atto istitutivo della Comunità Economica Europea, il Trattato di Roma
del 25 marzo 1957, ha come obiettivo principale quello di armonizzare la
legislazione degli Stati membri per abolire gli ostacoli al libero commercio
e creare così un mercato comune nel quale bene, servizi, persone e capitali
possano circolare liberamente.
Il trattato non fa esplicito riferimento al termine “ambiente” o ad alcuna
azione comune nel campo della tutela dell’ambiente, ma ciò è
comprensibile se si pensa che l’idea di politica ambientale non esiste
ancora negli anni ’50.
Negli anni sessanta si assiste al rapido sviluppo economico dei paesi
industrializzati, caratterizzato da nuovi modi di produzione e di consumo,
ed appare chiaro che l’obiettivo di uno sviluppo continuo e sostenibile non
può più prescindere dal problema ambientale cioè dal binomio
inquinamento agricolo-industriale, da un lato, e crescita economica limitata
per la scarsità di risorse naturali, dall’altro.
In questo periodo e fino agli inizi degli anni settanta, la Comunità
Economica Europea adotta, in campo ambientale, nove direttive ed un
regolamento riguardanti i combustibili, le sostanze pericolose, il rumore, le
emissioni da autoveicoli e, più in generale, il settore agricolo. Tuttavia non
si può dire che vi sia una vera e propria azione mirata alla tutela
dell’ambiente tanto che l’azione comunitaria in tale settore è definita
“incidentale”: i vincoli ambientali vengono imposti soltanto quando
favoriscono l’obiettivo del completamento del mercato interno. Tale
situazione è giustificata se si pensa che la maggiore parte dell’opinione
CAPITOLO 1
pubblica e numerosi uomini politici non percepivano la necessità di azioni
particolari in campo ambientale: il degrado dell’ambiente non era
sicuramente ai livelli attuali né era disponibile una sufficiente
informazione scientifica in materia.
Nei primi anni settanta, alcuni fattori, a livello internazionale ed europeo,
mutano sensibilmente la situazione.
A livello internazionale la questione dei limiti ecologici alla crescita
economica ha la sua massima espressione nel rapporto del Club di Roma I
limiti alla Crescita del 1971 e nella Conferenza Intergovernativa
sull’Ambiente Umano tenutasi a Stoccolma nel 1972, dove, per la prima
volta, vengono messi in relazione il concetto di ambiente e quello di
sviluppo economico.
Negli Stati Uniti si costituisce l’Environmental Protection Agency (EPA) e
vengono emanate le prime normative federali di settore, ovvero il Clean
Air Act e il Clean Water Act. Inoltre, alcune organizzazioni ambientaliste
mobilitano l’opinione pubblica americana su diverse questioni ambientali.
In Europa il movimento ambientalista guadagna consenso in Germania e in
Francia soprattutto ad opera di alcuni imminenti personaggi. In Germania
l’ambiente riceve addirittura priorità politica e in Francia, primo caso in
Europa, viene istituito un Ministero dell’ambiente.
Sempre in Europa assumono notevole importanza i timori di svantaggi
competitivi in campo commerciale dovuti agli standard ambientali più
restrittivi applicati dalla Germania e dall’Olanda. Si esercitano pressioni
politiche sulle organizzazioni istituzionali comunitarie da parte delle
lobbies industriali tedesche e danesi affinché vengano adottati standard
uniformi a livello europeo.
CAPITOLO 1
1.2 - PRIMO, SECONDO, E TERZO PROGRAMMA
D’AZIONE (1973-1985)
1.2.1 - Il Primo Programma d’Azione a favore dell’Ambiente
Il primo sostanziale cambiamento d’ottica nell’azione comunitaria in
campo ambientale è immediatamente successivo alla Conferenza
Intergovernativa di Stoccolma sull’Ambiente Umano del 1972. Con il
Summit dei capi di stato dei paesi membri a Parigi nell’ottobre del 1972 si
afferma che l’espansione economica non è un fine a sé stante ma va
perseguita in quanto produce un miglioramento nello standard di vita e si
decide da quel momento di includere tra le priorità i valori intangibili e la
protezione dell’ambiente. In quella sede le istituzioni comunitarie sono
invitate a sviluppare un Programma d’Azione a favore dell’Ambiente entro
il luglio del 1973.
Nel novembre del 1973 si approva un Primo programma d’Azione in
materia di tutela ambientale riferito al periodo 1973-1976.
Tale programma definisce per la prima volta gli obiettivi e i principi base
della politica ambientale comunitaria ed identifica le azioni da
intraprendere nei diversi settori, distinte in:
• azioni di riduzione e prevenzione dell’inquinamento;
• azioni di miglioramento della qualità dell’ambiente;
• azioni da intraprendere nell’ambito delle organizzazioni internazionali;
Al di là dell’obiettivo generale (il miglioramento della qualità della vita),
del primo programma va sottolineato:
• il riconoscimento del principio “chi inquina paga”, salvo eccezioni in
casi speciali e periodi transitori;
• il riconoscimento della limitata capacità di assimilazione dell’ambiente e
della presenza di un equilibrio ecologico;
• la strategia di prevenzione, di riduzione e, fin dove possibile, di
eliminazione dell’inquinamento attraverso l’introduzione di nuove
CAPITOLO 1
tecnologie secondo l’approccio del minimo costo per la Comunità e in
base alla compatibilità con lo sviluppo economico e sociale;
• la constatazione che in ogni diversa categoria di inquinamento è
necessario stabilire il livello di azione appropriato ed individuare la zona
geografica sulla quale agire;
• l’esigenza di armonizzare, all’interno della Comunità, i programmi
nazionali nel campo dell’ambiente senza ostacolare il progresso
all’interno di ciascun Stato membro e senza frenare la realizzazione del
Mercato comune;
• il riconoscimento della necessità di evitare quelle attività che possono
causare danni ad altri Stati secondo quanto previsto dalla dichiarazione
di Stoccolma del 1972;
• il riconoscimento che, essendo la protezione dell’ambiente un problema
di tutti gli attori sociali, la pubblica opinione deve essere informata della
sua importanza.
1.2.2 - Il Secondo Programma d’Azione a favore dell’Ambiente
Durante l’attuazione del primo programma d’Azione si verificano diversi
disastri ambientali tra i quali Flixborough nel 1974 e Seveso nel 1976, che
favoriscono un rafforzamento della politica ambientale. D’altra parte però,
a causa della crisi petrolifera dei primi anni settanta, si registra un
rallentamento nei piani di attuazione della politica ambientale.
Nel 1977, in tale contesto contrastante, si adotta un Secondo programma
d’Azione a favore dell’Ambiente, riferito al periodo 1977-1981.
Il Secondo Programma d’Azione mira a completare le iniziative del primo
e allo stesso tempo promuove le strategie di prevenzione e di gestione non
dannosa delle risorse naturali, dell’ambiente e dello spazio territoriale.
Particolare enfasi viene data alle misure contro l’inquinamento delle acque
e dell’aria.
L’approvazione del Secondo Programma d’Azione ha coinciso con la
pubblicazione del primo Stato dell’Ambiente della Comunità Europea che
contiene anche una rassegna delle misure intraprese fino alla fine del 1976.
CAPITOLO 1
1.2.3 - Il Terzo Programma d’Azione a favore dell’Ambiente
Con il Terzo Programma d’azione, nel 1983, si compie un notevole passo
in avanti perché il problema ambientale comincia ad essere affrontato
seguendo strategie che investono globalmente tutte le attività economiche.
I comportamenti delle imprese riguardo alle questioni ambientali
cominciano a mutare. In primo luogo, si assiste ad una crescita
nell’adozione di nuove tecnologie meno inquinanti e, in secondo luogo,
aumentano le funzioni e le responsabilità manageriali in materia
d’ambiente.
I cardini di tale programma sono:
• il riconoscimento della necessità di integrare la politica ambientale nelle
altre politiche settoriali;
• la maggiore enfasi sulla natura preventiva della politica ambientale al
fine di utilizzare le risorse naturali nella maniera più oculata possibile
(ad esempio l’introduzione della procedura di valutazione d’impatto
ambientale o VIA);
• l’individuazione di aree prioritarie d’azione (inquinamento atmosferico,
specialmente quello derivante da NO
x
e SO
2
; inquinamento delle falde
acquifere e del mare; protezione ambientale nel Mediterraneo;
inquinamento da rumore, in particolare quello derivante dall’uso dei
mezzi di trasporto; inquinamento transfrontaliero; sostanze pericolose;
rifiuti tossici e cooperazione con paesi di industrializzazione).
1.2.4. - La base legale delle disposizioni adottate nei Programmi d
‘Azione fino all‘approvazione dell ‘Atto Unico Europeo
Gli articoli del trattato di Roma in base ai quali sono state adottate la
maggiore parte delle disposizioni legislative in materia ambientale nel
corso dei primi tre programmi d ‘azione sono l ‘art. 100 e l ‘art. 235,
relativi, rispettivamente, alla necessità di un ravvicinamento delle varie
legislazioni nazionali, per evitare di falsare la concorrenza e alle possibilità
di adottare misure appropriate per il raggiungimento di uno degli scopi
della Comunità anche se non espressamente previsto dal Trattato .
Il riferimento a tali articoli è derivato dall’interpretazione allargata degli
art. 2 e 36 del Trattato con i quali, rispettivamente si afferma la necessità di
CAPITOLO 1
“un ‘ espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un
miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e una più stretta
relazione tra gli Stati membri” e si giustifica la restrizione alle esportazioni
o alle importazioni o ai beni in transito in caso fosse necessario proteggere
la salute e la vita degli esseri umani, degli animali e delle piante.
Si è pertanto ritenuto che l’obiettivo dei padri fondatori della Comunità
andasse oltre il completamento di un mercato comune.
Sono identificabili vantaggi e svantaggi di un tale modello di politica
ambientale. Il vantaggio è che in assenza di rigidi principi costitutivi, che
possono diventare presto obsoleti, è possibile aggiornare velocemente la
politica a situazioni emergenti. Lo svantaggio è determinato dal fatto che la
protezione ambientale rimane sempre subordinata agli obiettivi economici
della Comunità.
Un’altra caratteristica della politica ambientale durante l’attuazione dei
primi tre programmi d’azione è l’uso prevalente di direttive, essendo la
base giuridica principale l’art.100.
Nel campo degli strumenti di attuazione va inoltre sottolineato come si sia
fatto quasi esclusivo riferimento a disposizioni legislative comportanti
divieti ed obblighi e a standard ambientali o di emissione.
Una politica ambientale di tipo ”command and control” è, d’altra parte,
una via imprescindibile quando la percezione ambientale degli attori
sociali è bassa e quando è necessario costruire un quadro organico di
regolamentazione nell’uso delle risorse ambientali.
CAPITOLO 1
1.3 - L’ATTO UNICO EUROPEO (1986)
Nel 1986, con l’Atto Unico Europeo, volto a realizzare parziali modifiche
del trattato istitutivo, la tutela ambientale è inserita a pieno titolo tra le
competenze comunitarie (titolo VII : art.130 R,art.130S,art.130T). In tale
ambito è stata prevista l’elaborazione e l’attuazione di un’azione della
Comunità a favore dell’ambiente, in quanto il completamento del libero
mercato entro la fine del 1992, conducendo ad una crescita economica
accelerata nella Comunità, lasciava prevedere un deterioramento ancor più
marcato dell’ambiente.
In particolare l’art.130R specifica gli obiettivi e le linee guida della
politica ambientale comunitaria e dà forza di legge al principio di
prevenzione, al principio “chi inquina paga” e a quello di rettifica alla
fonte dell’inquinamento.
In particolare l’art.130R specifica gli obiettivi e le linee guida della
politica ambientale comunitaria e dà la forza di legge al principio di
prevenzione, al principio “chi inquina paga” e a quello di rettifica alla
fonte di inquinamento.
Nell’Atto Unico viene anche confermato che i requisiti della politica
ambientale devono essere tenuti in considerazione nella formulazione delle
politiche comunitarie e vengono individuati quattro fattori base che la
comunità deve considerare nell’adozione delle proprie politiche:
• dati scientifici disponibili;
• coordinamento ambientale nelle varie regioni della Comunità;
• analisi costi/benefici;
• sviluppo sociale ed economico della Comunità e sviluppo equilibrato
delle sue regioni.
Tra i principi sanciti con l’Atto Unico, quattro sono quelli con una
particolare valenza rispetto alla politica ambientale:
• l’affermazione del principio di sussidiarietà, (art.130Rc.4) per cui la
Comunità Europea interviene nell’affrontare determinati problemi solo
CAPITOLO 1
se tali problemi non possono essere meglio risolti a livello di singolo
Stato membro;
• la possibilità da parte del consiglio, di deliberare a maggioranza
qualificata e di adottare qualsiasi tipo di misura (non solo la direttiva)
per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative degli stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione
e il funzionamento del mercato interno, e quindi anche per fini
ambientali (art. 100c.1);
• il riconoscimento dell’esigenza di armonizzare la legislazione
ambientale puntando ad un alto livello di protezione dell’ambiente
(art.1000Ac.3) ;
• la possibilità per gli stati membri di applicare standard ambientali più
restrittivi rispetto a quelli fissati a livello comunitario, disposto che essi
non siano mezzi di discriminazioni o di restrizione camuffata al libero
commercio tra gli stati (art.100Ac.4).
I principi affermati o riaffermati nell’ atto Unico Europeo sono stati in
parte modificati dal trattato istitutivo dell’Unione Europea conosciuto
come Trattato di Maastricht.
CAPITOLO 1
1.4 - IL QUARTO PROGRAMMA D’AZIONE E IL
RAPPORTO BRUNDTLAND (1987-1991)
1.4.1 - Il quarto programma d’azione
Nel 1987 è stato adottato un Quarto Programma d’azione a favore
dell’Ambiente con riferimento al periodo 1987-1992. In esso, fra i diversi
temi trattati (prevenzione dell’inquinamento, miglioramento nella gestione
delle risorse ed attività internazionali ), viene evidenziata la necessità di:
• standard sufficientemente restrittivi (in accordo con l’obiettivo del
completamento del mercato interno );
• attribuire maggiore importanza al controllo e l’attuazione, da parte degli
Stati membri, delle direttive comunitarie in campo ambientale;
• una progressiva attuazione della politica informativa ed educativa nel
campo dell’ambiente;
• fare uso di strumenti economici quali tasse, imposte, sussidi, aiuti statali,
depositi con cauzione e responsabilità per danno ambientale al fine di
attuare il principio “chi inquina paga”.
Con il Quarto Programma d’Azione inoltre:
• da una situazione in cui si utilizzavano standard e disposizioni
normative si passa a favorire strumenti che agiscono tramite il mercato.
Del resto l’obiettivo fondamentale del periodo che va dall’approvazione
dell’Atto Unico al 1992 è il completamento del mercato interno;
• le organizzazioni istituzionali comunitarie cominciano a percepire che è
necessario agire anche attraverso un rafforzamento dell’informazione e
dell’educazione in campo ambientale.
CAPITOLO 1
1.4.2 - Il Rapporto Brundtland
L’adozione del Quarto Programma d’azione coincide con la pubblicazione
del rapporto Brundtland (dal nome del primo ministro norvegese che
ricevette nel 1982 l’incarico dall’Assemblea delle Nazioni Unite di
elaborare strategie ambientali a lungo termine) della Commissione
Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo dal titolo Il Futuro di Noi Tutti. In
tale rapporto:
1) viene evidenziato che ambiente e sviluppo interagiscono : se lo
sviluppo causa il degrado dell’ambiente è altrettanto vero che
l’ambiente degradato frena a sua volta il processo di sviluppo, così
come la stessa mancanza di sviluppo provoca danni ambientali;
2) per la prima volta a livello mondiale viene definito il concetto di
sviluppo sostenibile inteso come uno sviluppo che soddisfa le
esigenze attuali, senza compromettere, per le generazioni future, la
possibilità di soddisfare le proprie esigenze”. Più in generale per
sviluppo sostenibile si intende un processo nel quale “lo
sfruttamento delle risorse, l’andamento degli investimenti,
l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i mutamenti istituzionali
sono in reciproca armonia ed incrementano il potenziale attuale e
futuro di soddisfazione dei bisogni e delle aspirazioni umane”;
3) si individuano varie questioni private al degrado ambientale:
• l’eccessivo ricorso a risorse naturali non rinnovabili;
• la mancanza di omogeneità e coordinazione nelle politiche
ambientali dei vari paesi;
• l’aumento del divario economico tra Nord e Sud del mondo;
• il generale peggioramento dei problemi ambientali a livello
globale (cambiamento climatico, “buco” nell’ozono
stratosferico, biodiversità, deforestazione), internazionale
(piogge acide, trasporto di rifiuti tossici, gestione delle risorse
transfrontaliere), nazionale e locale (desertificazione,
inquinamento atmosferico nei centri urbani, impoverimento e
CAPITOLO 1
inquinamento delle risorse idriche, deterioramento delle zone
costiere, gestione dei rifiuti ).
Durante il periodo della stesura finale del rapporto Bruntland si
verificarono due eventi di rilevante impatto ambientale: l’incidente della
Centrale Nucleare di Chernobyl che, per la loro forte eco, contribuirono
all’attenzione che il mondo diede alla parole della relazione. Le prese di
posizione, i pronunciamenti internazionali si sono quindi succeduti negli
ultimi anni sia con discorsi di politica (Thatcher, Gorbaciov, Bush) sia col
crescente interesse dedicato al problema dai “media”.
Nel 1991 è stato presentato in sessanta capitali del mondo Caring for the
Earth - A strategy for sustainable living, predisposto da tre grandi
organizzazioni internazionali: la World Conservation Union, l’United
Nation Environment Programme (UNEP) e il World Wide Fund for Nature
(WWF).
Viene ribadito in tale documento che l’umanità dovrà vivere entro la
capacità di carico (carrying capacity) della Terra senza rinunciare ai
benefici della moderna tecnologia, ma definendo dei limiti per
quest’ultima. Vengono di fatto indicati alcuni principi di riferimento quali
il Polluter Pays Principle (l’inquinatore paga) e l’User Pays Principle
(l’utilizzatore paga).
Il nodo però è rappresentato dalla disparità di situazione in cui si trovano i
paesi ricchi e i paesi in via di sviluppo e dalla difficile ricerca di una
mediazione essenzialmente politica che soddisfi entrambi.
Sinteticamente i primi quattro programmi ambientali adottati dalla
Comunità hanno definito gli obiettivi, i principi e le priorità da realizzare
per la tutela dell’ambiente. L’azione comunitaria, sulla base di tali
programmi, si è in è in effetti concretizzata in oltre 200 disposizioni tra
direttive, regolamenti, decisioni e raccomandazioni. Tali disposizioni
costituiscono anche oggi la base delle legislazioni nazionali degli Stati
membri.
CAPITOLO 1
1.5 - IL TRATTATO DI MAASTRICHT E LA
CONFERENZA DI RIO DE JANEIRO (1992)
1.5.1 - Il Trattato di Maastricht
Nel giugno 1990 sull’onda dei problemi evidenziati dal rapporto
Brundtland il Consiglio della Comunità Europea, ha chiesto l’elaborazione
di un nuovo Programma d’Azione a favore dell’ambiente, il Quinto,
orientato ai principi dello sviluppo sostenibile e a un’azione preventiva e
precauzionale, nonché basato sulla responsabilità comune.
Tali indicazioni sono state recepite in via preliminare, nel nuovo trattato
sull’ Unione Europea, firmato da tutti gli Stati membri il 7 febbraio a
Maastricht. Il trattato contiene diverse disposizioni che conferiscono
all’ambiente, disciplinato al titolo XVI, pieno riconoscimento come settore
prioritario nelle politiche dell’Unione Europea.
Con Maastricht, si passa, in tema ambientale, da una fase programmatica
ad una attuativa. Agli obiettivi già previsti nell’Atto Unico Europeo e
cioè :
• salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità ambientale;
• protezione della salute umana;
• utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
si aggiunge
• la promozione di misure destinate a risolvere i problemi ambientali a
livello regionale, internazionale e mondiale.
Fin dal preambolo si sottolinea la necessità di promuovere il progresso
sociale ed economico in vista del completamento del mercato interno e di
una rafforzata coesione e protezione ambientale.
All’art.2 si pone come obiettivo prioritario uno sviluppo armonioso e
bilanciato delle attività economiche e la protezione di una crescita
sostenibile non inflazionistica e rispettosa dell’ambiente
All’art.3 si afferma che le attività dell’Unione Europea devono includere
una politica nella sfera dell’ambiente.