3
Accingendosi a studiare l’opera di Keats difatti, non può che
risultare sorprendente constatare che le principali poesie ritraggono
almeno un personaggio di donna, presente non solo come carattere,
ma frequentemente ritratto come elemento dominante e cruciale ai fini
del gioco narrativo. Essa assume nell’immaginario del poeta
un’importanza notevole, rivelandosi come figura fondamentale tanto
nell’opera che, attraverso una lettura autobiografica, nella vita
dell’autore.
L’obiettivo di questa ricerca è di offrire un’interpretazione della
costante presenza dell’elemento femminile, partendo dall’assunto che
essa rappresenti una musa verso la quale il poeta si rivolge per
conseguire non solo una semplice ispirazione, ma un’intimità tale da
garantirgli la propria identità.
Secondo Marlon B. Ross, “one of Romanticism’s definitive
characterisic is the self-conscious search for poetic identity (…) the self
can be established only in relation to other things on which it depends
for its self-definition”
2
. La ricerca dell’identità poetica in un elemento
esterno al proprio io, quale caratteristica precipua del Romanticismo,
si rivela senz’altro anche come tratto distintivo dell’eroe keatsiano, che
2
Marlon B. Ross, “Romantic Quest and Conquest. Troping Masculine Power in the Crisis of Poetic
Identity”, in Romanticism and Feminism, (ed. by Anne Mellor), Bloomington: Indiana University Press,
1988, p. 29.
4
raggiunge l’apice della propria tensione emotiva nel momento
dell’incontro con la donna. Egli si presenta puntualmente come
personaggio consumato dal desiderio e dall’ambizione, consapevole
del potenziale posseduto dai personaggi femminili incontrati, verso i
quali continuamente tende in cerca di favore, sovente di salvezza. La
donna diviene conseguentemente un’ideale verso cui aspirare, poiché
depositaria della imagination romantica, fondamentale ai fini di un
impulso creativo e veicolo prioritario per la consacrazione del poeta.
Indubbiamente gli eroi delle liriche, spesso identificabili con
l’artista in cerca della propria vena, intrecciano la loro identità con
quella dell’autore stesso che, anche alla luce delle numerose
testimonianze epistolari esistenti, lascia intuire un’evidente
corrispondenza fra sé e i suoi protagonisti. Parallelamente appare
probabile che anche le figure femminili presenti abbiano un riscontro
con reali presenze nella vita del poeta: tuttavia esse appaiono non
tanto come individui effettivi, ma come universali icone di riferimento,
come “anchors for the male poets’ own pursuit for masculine self
possession”
3
.
La donna diviene l’elemento prioritario verso il quale l’entità
libera, fluida e inconsistente quale è il poeta - colui che “has no
3
Ibidem, p. 29.
5
Identity (…) continually informing and filling some other Body”
4
- si
rivolgerà per trarre ispirazione.
L’assimilazione dell’elemeto femminile come forza generatrice
indispensabile, come entità imprescindibile dalla creazione artistica,
diviene pertanto fondamentale nell’opera dell’autore. Egli non solo
evidenzia la corrispondenza fra la creazione poetica e la donna
identificando l’atto creativo con la gravidanza
5
, ma elegge il
personaggio femminile a indiscussa padrona del destino dell’eroe,
poeta perennemente consumato dal desiderio di raggiungerla.
Gli esiti del contatto con l’elemento femminile mutano in base
all’atteggiamento della musa che può essere benevola e assurgere
quindi a mezzo di preservazione del poeta; in altri casi al contrario,
non accordando al maschile ciò che è richiesto, essa diventa un
ostacolo o addirittura, negli esiti più tragici, un elemento distruttivo.
Emblematiche sono a tale proposito Endymion e The Fall of Hyperion
nelle quali l’eroe, attraverso il contatto con figure mitiche e rassicuranti
non solo perviene ad una dimensione ideale in cui ogni conflitto è
placato, ma raggiunge soprattutto la tanto agognata immortalità.
Oppure La Belle Dame sans Merci, dove al contrario la comunione con la
4
Hyder E. Rollins, The Letters of John Keats: 1814-1821, Cambridge, (Mass.): Harvard University Press,
1958, 2 vols, I. 387.
5
Si vedano a tale proposito le lettere del 14 Febbraio 1819 (II. 66) e del dicembre 1819 (II. 236).
6
donna si rivela fatale poiché l’eroe, interpretando erroneamente la
natura dell’elemento femminile, si abbandona fiduciosamente ad essa
e perde la propria identità.
Ma il corpus poetico keatsiano contempla anche soluzioni
diverse, in cui l’epilogo non è necessariamente estremizzato come nei
casi sopra citati: molte liriche difatti ritraggono personaggi più docili,
con un potere più blando sul destino dell’eroe. Si tratta dei poemi in
cui il poeta decide di ritrarre la donna non ideale, ma reale, concreta:
in questo caso essa rivestirà sì una funzione meno decisiva sul destino
maschile, ma apparirà pur sempre come fondamentale punto di
riferimento per un eroe che comunque dipende da essa.
La stessa dipendenza sarà riproposta anche nelle più celebri e
studiate liriche del poeta, le odi, in cui sarà percepibile la presenza
femminile anche in elementi apparentemente asessuati – si pensi
all’urna greca, per esempio – assunti come simbolico tramite fra il
mondo terrestre e il mondo divino.
Significativamente, qualsiasi natura esse abbiano, le donne
keatsiane esistono in virtù dell’interazione con la controparte maschile,
ed è partendo da tale considerazione che l’excursus fra le opere
poetiche realizzato in questo studio, ha tentato una lettura mirata e
specifica. Pur non ignorando i risultati critici classici e consolidati, si è
7
cercato soprattutto nella proposta testuale dell’autore la fonte primaria
di osservazione e di analisi, non indugiando a reperire nell’epistolario
keatsiano un prezioso supporto alle teorie espresse in forma poetica.
La dovizia di attestazioni del poeta in merito all’argomento
trattato, il copioso apparato critico esistente, unitamente ad un’attenta
e profonda analisi degli stessi, costituiscono pertanto il metodo critico
che è stato seguito per un’indagine indubbiamente complessa e
impegnativa, ma oltremodo interessante e, spero, persuasiva.
8
CAPITOLO I
La donna mortale
Le fanciulle del 1817
Sin dalla primissima produzione poetica keatsiana, l’elemento
femminile sembra rivestire un ruolo tutt’altro che marginale, anche se
ancora in fase embrionale e con caratteristiche del tutto avulse rispetto
alle donne presenti nelle opere successive.
La prima raccolta poetica, pubblicata a Londra nel 1817,
presenta infatti una serie di liriche in cui è rintracciabile una tipologia
di donna dagli aspetti peculiari e distintivi. Si tratta frequentemente di
figure ritratte in un ambiente naturale rigoglioso e fiorente, di cui esse
fanno spontaneamente parte e in cui si muovono con leggiadria e
naturalezza. Come parti integranti di una natura serena e
incontaminata, le prime donne ritratte da Keats, rivelano una bellezza
inconsueta:
9
Nymph of the downward smile, and sidelong glance,
In what diviner moments of the day
Art thou most lovely? (…)
(...) when starting away,
With careless robe, to meet the morning ray,
Thou spar’st the flowers in thy mazy dance?
Haply ‘tis when thy ruby lips part sweetly,
And so remain, because thou listenest.
1
Molto spesso si tratta di ancelle verginali, piene di grazia e
femminilità, che alla bellezza associano un atteggiamento riservato,
come nel caso della ninfa del sonetto sopra citato, il cui sguardo è
schivo e il sorriso sfuggente. Inoltre esse sono abitualmente colte non
nella loro interezza, ma attraverso un procedimento di sineddoche, in
elementi propri del loro aspetto, come uno sguardo, un rossore, una
movenza:
How she would start, and blush, thus to be caught
Playing in all her innocence of thought.
O let me lead her gently o’er the brook,
Watch her half-smiling lips, and downward look;
O let me for one moment touch her wrist;
Let me one moment to her breathing list;
And as she leaves me may she often turn
Her fair eyes looking through her locks aubùrn.
2
1
“To G. A. W.” (vv. 1-3 e 6-10), in John Keats. The Complete Poems, (ed. by John Barnard), London:
Penguin, 1988, p. 95. Ogni ulteriore riferimento alle liriche keatsiane sarà da considerarsi tratto dalla
presente edizione. Il lavoro curato da John Barnard si basa prevalentemente sull’autorevole edizione
ad opera di H. W. Garrod, The Poetical Works of John Keats, comparsa ad Oxford nel 1939.
2
I stood tip-toe upon a little hill, vv. 99-106.
10
Emerge da tale rappresentazione una figura femminile teorica,
“una pura e semplice astrazione, un’immagine letteraria”
3
, le cui
peculiarità fisiche sono ben specificate, ma la cui identità di persona è
del tutto elusa.
A differenza dei componimenti più tardi in cui la presenza di un
eroe si rivela determinante ai fini della dinamica fra uomo e donna, in
questa prima fase poetica il personaggio maschile non compare affatto
come elemento del gioco narrativo, ma si limita ad adempiere alla
funzione di mero osservatore in contemplazione di una bellezza
inusuale. La donna sembra divenire conseguentemente un elemento
“who plays, like nature itself the role of object to the poet’s
voyeurism”
4
; essa è un oggetto, non un soggetto, e come parte
dell’ambiente che la circonda, è suscettibile ai cambiamenti del mondo
naturale. Essenzialmente è una figura completamente passiva,
totalmente antitetica rispetto alle discendenti che figureranno nei
componimenti successivi, in cui l’uomo sarà completamente
assoggettato al loro volere. Keats stesso era consapevole di ritrarre
figure eccessivamente inerti come testimonia una lettera dell’agosto
1820 all’amico Charles Brown:
3
Agostino Lombardo, Ritratto di Enobardo. Saggi sulla letteratura inglese, Pisa: Nistri-Lischi, 1971, p. 160.
4
Karla Alwes, Imagination Transformed. The Evolution of the Female Character in Keats’s Poetry,
Carbondale: Southern Illinois University Press, 1993, p. 113.
11
The sale of my book is very slow (...) One of the causes
of the unpopularity (...) is the offence the ladies take at me.
On thinking that matter over, I am certain that I have said
nothing in a spirit to displease any woman I would care to
please: but still there is a tendency to class women in my
books with roses and sweetmeats, - they never see
themselves dominant.
5
Quelle del 1817 sono effettivamente le uniche liriche keatsiane a non
essere letteralmente dominate da personggi femminili:
indicativamente ogni ancella raffigurata non possiede un nome in
quanto semplice elemento numerico del mondo naturale, mentre le
successive eroine saranno connotate da appellativi estremamenti
evocativi – si pensi ad esempio a Lamia o “la belle dame sans mercie”.
Il conflitto tra maschile e femminile caratteristico della poesia
successiva, sembra pertanto non sussistere nell’ideologia di un poeta
che, al momento, senz’altro fugge la possibilità dell’esistenza di una
donna compiuta.
5
Hyder E. Rollins, The Letters of John Keats: 1814-1821, Cambridge, (Mass.): Harvard University Press,
1958, 2 vols., (II. 327). Successivi riferimenti all’epistolario keatsiano verranno indicati direttamente a
fianco o sotto la citazione.
Per quanto riguarda la fruizione dell’opera keatsiana da parte di un pubblico prettamente femminile,
interessanti riflessioni sono offerte dal saggio di Margaret Homans che sottolinea soprattutto il
rapporto conflittuale vissuto dal poeta coi propri lettori; in Margaret Homans, “Keats Reading
Women, Women Reading Keats”, in Studies in Romanticism, 29 (1990), pp. 341-370. A tale proposito
risulta emblematica l’affermazione del poeta comparsa nella lettera del 23 agosto 1819 all’amico ed
editore John Taylor: “I feel every confidence that if I choose I may be a popular writer; that I will never
be; but for all that I will get a livelihood – I equally dislike the favour of the public with the love of a
woman – they are both a cloying treacle to the wings of independence. I shall ever consider them [the
public] as debtors to me for verses, not myself to them for admiration – which I can do without.”, (II.
144).
12
La sensualità, elemento distintivo e precipuo delle donne
keatsiane “mature”, è in questa prima produzione poetica totalmente
assente e, parallelamente, l’esperienza erotica che risulterà
determinante per l’eroe keatsiano accostatosi al femminile in cerca di
ispirazione poetica, è ovviamente elusa. Morris Dickstein nota a tale
proposito che “erotic activity in Keats’ early poems often shades off
into harmless and innocent play, such as biting the white shoulders of
the nymphs”
6
. Il contatto fisico ha conseguentemente uno spazio
davvero marginale proprio perchè il femminile non è ancora
completamente una persona, ma un’idealizzazione quasi asessuata.
La donna pertanto è raccontata in tonalità inequivocabilmente
minore rispetto alle potenti e complete eroine degli anni successivi,
tuttavia, nella sua passività adempie ad una funzione precisa: è pur
sempre una musa alla quale il poeta in cerca di ispirazione si rivolge.
I conflitti di varia natura che emergeranno nella poesia più
matura – la dicotomia fra un mondo reale ed uno ideale, la difficoltà di
accettare una condizione terrena di caducità – non compaiono affatto
in questo primo periodo poetico, e anche l’interazione con l’elemento
femminile, che nelle liriche future si farà estremamente problematico,
si risolve adesso in maniera decisamente semplice. Il poeta, che come
6
Morris Dickstein, Keats and his Poetry: a Study in Development, Chicago, London: University of
Chicago Press, 1974, p. 38.
13
si è detto compare soltanto come voce narrativa e non come
personaggio, si rivolge ad una musa solidale ed amica e quasi sempre
ne incontra il favore:
O Maker of sweet poets, dear delight
Of this fair world, and all its gentle livers;
Spangler of clouds, halo of crystal rivers,
Mingler with leaves, and dew and tumbling streams
(...)
Thee must I praise above all other glories
That smile us on to tell delightful stories.
For what has made the sage or poet write
But the fair paradise of Nature’s light?
7
Il poeta sottolinea ancora una volta la cifra naturale della musa,
l’appartenenza al mondo di “clouds”, “rivers”, “leaves”. Essa ha la
capacità di donare al poeta l’ispirazione di cui ha bisogno ma è privata
della connotazione divina: è una figura mortale che oltre ad offrire
un’ispirazione temporanea non garantisce al poeta la trascendenza che
tanto sarà agognata nelle liriche successive. Benchè privata della
dimensione ultraterrena, quella del primo Keats è un’ispiratrice nella
7
I stood tip-toe upon a little hill (vv. 116-19 e 123-26).
14
più classica accezione del termine: essa è la “custode della creatività”
8
,
un’amica docile e pacata, preziosa consigliera e dispensatrice di idee
9
.
Da questo punto di vista Keats si affianca pienamente alla
tradizione letteraria classica che annovera Omero, Dante, ma anche
Tasso e Foscolo fra gli epigoni che nelle loro opere invocano l’aiuto di
colei che “per precisa convenzione letteraria dà la voce al poeta”
10
.
“Read me a lesson, Muse, and speak it loud” invoca il poeta in
un sonetto del 1818
11
; la richiesta, esplicita e chiara, sembra non
lasciare spazio ad alcun tipo di conflittualità fra il richiedente e la
musa: l’armonia e l’equilibrio che coronano il contesto terrestre in cui
ci si muove non aprono il dibattito a nessuna dicotomia.
L’identificazione dell’ispirazione poetica con l’elemento
femminile è particolarmente evidente in Sleep and Poetry, poemetto che
la critica ha unanimamente considerato come fra i più significativi
della raccolta del 1817
12
:
8
Elisabetta Rasy, Le donne e la letteratura. Scrittrici eroine e ispirartici nel mondo delle lettere. Roma:
Editori Riuniti, 1984, p. 83.
9
Generate da Zeus e Mnemosine, le muse erano le divinità che simboleggiavano presso i Greci la
bellezza, le arti, la musica, la letteratura e più avanti anche la storia, la filosofia e l’astronomia. Il loro
nome deriva da “memoria” poiché nei tempi antichi i poeti non avendo la possibilità di leggere testi
scritti, consultavano la loro memoria per trarvi ispirazione.
10
Elisabetta Rasy, Le donne e la letteratura. Scrittrici eroine e ispiratrici nel mondo delle lettere, cit., p. 82.
11
Read me a lesson, Muse, and speak it loud, comparsa per la prima volta nella raccolta del 1848.
12
Il motivo del rapporto fra sleep e poetry alla base del componimento, nasce dall’interpretazione del
sonno come stato ideale per introdurre l’individuo alle visioni di una dimensione atemporale, luogo
ideale in cui l’esperienza immaginativa, e quindi poetica, trova la massima espressione.