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di un intervento coordinato, e in qualche maniera corale, di tutti gli attori
coinvolti, non tanto e comunque non esclusivamente per dei motivi di principio o
di eticità, ma piuttosto per la sua influenza innegabile sulla efficienza ed efficacia
dei risultati del progetto in discussione.
Ciò è stato sviluppato all‟interno di nuovi approcci partecipativi nati negli ultimi
anni in risposta alla crisi generalizzata della pianificazione tradizionale di tipo
top-down nonché all‟esigenza, sentita sia nel contesto europeo che internazionale,
della adozione dei principi di sostenibilità e dell‟integrazione tra diversi strumenti.
In questo contesto, l‟esigenza di disporre di nuovi strumenti che permettano di
dipanare l‟intricata matassa degli effetti e delle situazioni che potrebbero
caratterizzare la situazione futura diventa cruciale, soprattutto in processi che
vedano coinvolti l‟attore pubblico come responsabile del processo. Ciò per
permettere, da un lato, una effettiva facilitazione dell‟atto pianificatorio, che tenda
verso meccanismi di presa di decisione più informati, strutturati in modo migliore,
capaci di elaborare in maniera appropriata l‟informazione e quindi in definitiva
più efficaci ed efficienti, e, dall‟altro, per rendere l‟intero processo realmente
esplicito e trasparente in tutte le sue fasi, così da tendere verso una sua effettiva
democratizzazione.
In definitiva il presente lavoro di Tesi di Laurea intende offrire un contributo,
seppur modesto, relativamente a tali importanti tematiche, trattando nel primo
capitolo il tema della pianificazione in via generale, inquadrando concettualmente
la questione e fornendo una generica focalizzazione dell‟attuale situazione italiana
in ambito sociale, economico, privato e non. La trattazione prosegue quindi
contestualizzando la pianificazione con riferimento alle aziende pubbliche e
descrivendo le principali tendenze nei processi decisionali riguardanti sia la sfera
pubblica che quella privata.
Il secondo capitolo si apre sviluppando una breve analisi sul sistema socio-
economico di riferimento, al fine di esplicitare i motivi e le modalità con cui la
programmazione agisce in tali sistemi. La trattazione prosegue dunque riportando
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alcune tra le principali ragioni concettuali che hanno spinto la nostra
organizzazione sociale, ma non solo, a sviluppare forme di programmazione
economica. Il capitolo prosegue dedicando un paragrafo alla storia della
programmazione in ambito italiano e successivamente analizzando l‟applicazione
della pianificazione alle aziende ed ai territori.
La trattazione teorica ripercorre rapidamente nel capitolo terzo le fondamentali
sequenze storiche relative al concetto, alla nascita ed all‟evoluzione del Welfare
State. Le politiche sociali rappresentano una delle modalità essenziali in cui lo
Stato si relaziona al singolo ed ai gruppi di individui. Il lavoro da me svolto, tende
a mettere in risalto i punti salienti che caratterizzano il welfare state tra cui le
ragioni che ne stanno alle fondamenta, il rapporto tra i cittadini stessi, gli
interventi specifici ad opera dei governanti a favore della comunità, ecc..
Il capitolo prosegue analizzando quelli che sono stati i caratteri principali che
hanno portato i modelli europei all‟adozione di processi di pianificazione relativi
ai servizi sociali. Viene dunque fornita una fotografia dei principali modelli di
welfare in ambito Europeo nonché successivamente in ambito nazionale. I sistemi
europei di protezione sociale presentano infatti caratteristiche diverse, che
riflettono i legami esistenti tra le modalità di sviluppo degli istituti e le esperienze
storiche, politiche ed economiche dei singoli paesi o delle singole aree territoriali.
Come è noto, la moderna civiltà ha vissuto nuovi traguardi e nuove conquiste che
hanno ridisegnato gli orizzonti dell'uomo indirizzando, per il soddisfacimento
sempre più completo dei suoi bisogni e delle sue aspettative, la meta della ricerca
verso una migliore e più consona realtà di vita.
Trascinate dalle necessità evolutive, la Sanità ed i Servizi Sociali (intesi nel loro
senso più ampio), ed in particolare quelli italiani, sono entrati nel suddetto
processo evolutivo e con gradualità ed impegno hanno ridisegnato la mappa delle
prestazioni, dei servizi, dell'organizzazione, della professionalità per trasformare
la farraginosa e burocratica attività del passato in una più rispondente alle nuove
odierne esigenze. Tale sforzo, al fine di trovare una compiuta realizzazione, non
ha potuto prescindere dall‟adottare le collaudate procedure che già
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contraddistinguevano le grandi aziende di produzione private, ed in special modo i
relativi principi gestionali ed organizzativi. L‟azienda, forma organizzata di
svolgimento di un‟attività che impiega beni economici, è infatti lo “strumento”
attraverso cui la società persegue le finalità, economiche (nelle imprese costituite
per accrescere il profitto) e non economiche (come nel caso delle aziende
sanitarie), dei suoi diversi organismi, ed è al contempo “patrimonio” della stessa
società, perché tramite l'aumento della produttività, le consente di soddisfare una
maggiore quantità di bisogni.
Partendo da tale premessa, nel quarto capitolo si darà per assodata la nuova
impostazione che le Aziende Unità Sanitarie Locali hanno dovuto assumere per
adeguarsi al contestuale momento evolutivo. In particolare nel capitolo quarto si
analizzerà la programmazione socio-sanitaria, enfatizzando il processo di
concertazione (e dunque di costruzione) dello strumento principe per la
pianificazione degli interventi sociali e socio-assistenziali: il Piano di Zona.
Saranno infine analizzate le condizioni di contesto che ne caratterizzano la forma
e l‟attuazione.
La trattazione teorica viene conclusa presentando un contributo di
categorizzazione e di definizione del possibile ruolo dell‟ambiente e delle
istituzioni nei processi di pianificazione nonché nelle motivazioni stesse che
spingono le organizzazioni a pianificare e programmare.
Il momento centrale del presente lavoro consiste infatti nella descrizione e
successivamente nell‟applicazione, in campo di pianificazione sociale, del metodo
di analisi organizzativa sviluppato in ambito sociologico dai Neo-istituzionalisti
organizzativi. La scuola neoistituzionalista rappresenta una delle più importanti
correnti sociologiche contemporanee. Pur non rinnegando il proprio legame con il
pensiero istituzionalista di Selznick (la società non può essere considerata un
semplice aggregato di soggetti e organizzazioni che agiscono sulla base di criteri
di razionalità, seppur limitata, per massimizzare le proprie utilità; occorre spostare
la riflessione dalle scelte definite in maniera autonoma dal singolo individuo o
dalla singola organizzazione al contesto istituzionale in cui gli uni e le altre
operano) il neoistituzionalismo afferma che il tema centrale dell‟analisi
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organizzativa non è più dato dalle pressioni esercitate dall‟ambiente esterno
sull‟organizzazione e dai cambiamenti che tale pressione determina sugli scopi
originari di quest‟ultima, bensì dal processo di azione-retroazione che si
determina tra organizzazioni (azioni) e istituzioni (norme) e che fa si che
organizzazioni dello stesso tipo siano molto più simili tra loro.
Oggetto principale di indagine non sono più le singole organizzazioni ma
popolazioni organizzative, l‟insieme di unità, soggetti, organizzazioni che operano
in un determinato contesto istituzionale. Le istituzioni diventano il punto vero su
cui puntare l‟interesse, dato che le strategie e i criteri di giudizio delle
organizzazioni sono largamente imputabili alle pressioni alla conformità esercitate
dal contesto istituzionale, ai condizionamenti di ordine materiale e simbolico che
le istituzioni compiono sui comportamenti umani e su quelli delle organizzazioni.
Sono Mayer e Rowan (1977),con un articolo con cui propongono il concetto di
isomorfismo come chiave per comprendere le ragioni per le quali organizzazioni
che operano nell‟ambito dello stesso contesto istituzionale sono spinte ad
assumere scelte molto simili tra loro ad avviare la stagione del pensiero
neoistituzionalista. L‟idea è che per essere considerati efficienti, massimizzare
legittimità, risorse, capacità di sopravvivenza, le organizzazioni devono rispettare
criteri di razionalità stabiliti dal contesto istituzionale. Che i processi di
isomorfismo non sono determinati soltanto dalla tendenza ad uniformarsi
all‟ambiente esterno ma anche dall‟azione dell‟ambiente che spinge alla nascita di
nuove organizzazioni coerenti con i miti razionali (regole istituzionalizzate,
norme, cerimoniali di procedure) da esso stesso prodotti. Che a un nuovo mito che
si consolida corrispondono nuove organizzazioni che nascono per rispondere ai
bisogni che esso produce e alimenta. Che la strada migliore per gestire il conflitto
tra i criteri di razionalità interni e le spinte dell‟ambiente è quella di sviluppare
due strutture parallele, una formale, coerente con i miti e i cerimoniali, l‟altra
informale, coerente con l‟obiettivo dell‟efficienza interna.
A Powell e di Maggio si deve invece il concetto di campo organizzativo, ripreso
ed analizzato nel paragrafo 5.2.
E‟ facendo riferimento a quanto appena trattato che ho inteso inserire nella parte
finale della mia tesi l‟analisi del processo di pianificazione dei servi sociali e
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socio-sanitari dell‟Azienda ULSS n. 14 .
Il caso scelto, argomentato nel sesto capitolo, riguarda appunto l‟Azienda ULSS
n. 14 di Sottomarina, in quanto nel corso dei miei studi ho avuto la possibilità di
lavorare presso tale istituzione per conto di Cà Foscari Formazione e Ricerca.
Nello specifico essendo incaricato di impostare il sistema di monitoraggio e
valutazione del Piano di zona, e ricoprendo di fatto il ruolo di responsabile
dell‟Ufficio di Piano, ho potuto apprendere e analizzare l‟organizzazione
dell‟Azienda con particolare riferimento ai processi costitutivi, di coordinamento
e gestione nonché di implementazione del processo di pianificazione dei servizi
sociali e socio-assistenziali del territorio. Sulla scia dell‟analisi critica trattata nel
quinto capitolo ho cercato di applicare la teoria neoistituzionalista allo specifico
processo di Piano di Zona coordinato dall‟AULSS in parola.
Nelle Conclusioni di questa Tesi si proporrà una sintesi degli aspetti centrali del
presente lavoro, con alcuni commenti e considerazioni finali.
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CAPITOLO I
LA PROGRAMAZIONE
1.1 La programmazione: concetto e ruolo
Il problema della pianificazione si pone, in termini generali, quando devono
essere prese delle decisioni relativamente all‟assetto futuro di un contesto fisico o
socio-economico, in condizioni di incertezza, per fini che possono in qualche
modo riferirsi al concetto di interesse collettivo, in un quadro istituzionale, in
presenza di soggetti diversi, che possono agire, nel perseguimento dei propri
obiettivi, secondo modelli di cooperazione o di conflittualità.
Ogni soggetto, nel suo agire, esplica anche involontariamente attività
programmatoria; anche l‟individuo singolo compie tale attività quando decide ad
esempio di spendere (e come spendere) i propri redditi correnti o futuri, ovvero di
risparmiare, nonché gli obiettivi che si prefigge di raggiungere.
La pianificazione riguarda quindi metodi e strumenti orientati ad affrontare
problemi presenti da sempre nell‟attività dell‟uomo, strettamente connessi al
senso e alla struttura della organizzazione politico-sociale ed a quella economica.
Sono coinvolte questioni relative alla conoscenza, alla definizione della
razionalità, in particolare della razionalità sociale, (connessa all‟interesse
collettivo, anziché a quello individuale, Friedmann, 1993), ai modelli ed agli
strumenti della pianificazione, alla capacità di attuazione e controllo delle scelte.
La pianificazione può essere definita come il processo di applicazione
dell‟insieme di strumenti per il governo dei problemi complessi, ed il piano ne
rappresenta solitamente il prodotto.
In tale senso la pianificazione va intesa come un processo decisionale che presenta
aspetti strettamente connessi alle questioni più ampie relative al governo della
società.
“Pianificare significa agire in modo orientato al fine, un agire che si sottopone e
viene confrontato con i criteri del successo. Questa esigenza deve essere
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considerata come l‟elemento centrale della pianificazione” (Tenbruck, 1971)
Nel saggio “Oggettività della conoscenza scientifico sociale e sociale politica”
(1904) Max Weber così procede: quando l‟attore intende raggiungere uno scopo
deve:
Determinare le possibilità che possiede con i mezzi di cui dispone
Conoscere le conseguenze non volute
Porre in relazione: valore del fine e conseguenze non volute
Ponderare i costi (tempo ed energia) da sostenere
Raffrontare il fine voluto con gli altri fini; urgenze e priorità nel
sistema dei fini
Afferma inoltre che la piramide dei fini non è unica ma che le piramidi variano
con i punti di vista.
Il piano può assumere rilevanza giuridica se il suo autore è tenuto a presentarlo ad
una pubblica autorità nel caso che chieda di ottenere un ausilio pubblico come
accade ad esempio per i piani urbanistici e territoriali. Nel governo pubblico
dell‟economia, il piano è lo strumento che consente di attuare un provvedimento
amministrativo con cui si consente o meno al privato di ottenere ausili pubblici.
Pianificazione o piano divengono attività e atti di interesse giuridico solo quando
vi è una norma giuridica che se ne occupi.
Le programmazioni e in particolare i piani, hanno acquisito progressivamente una
maggiore rilevanza giuridica. L‟espansione più significativa della dottrina si è
avuta nei piani delle figure soggettive pubbliche. Per il soggetto pubblico la
pianificazione ha da sempre costituito una delle tecniche fondamentali di azione.
In ordinamenti statali fissati sul principio democratico, la fissazione di obiettivi e
risorse, cioè l‟attività di pianificazione è sempre esistita.
Se logicamente il piano è il prodotto della pianificazione, esso a partire dagli anni
‟30 del secolo scorso fa riferimento anche a processi definiti programmazioni e
programmi i loro prodotti. Gli economisti degli anni trenta hanno lungamente
discusso sulle differenze possibili tra piano e programma. Per programma si
intende più spesso una modalità di governo e razionalizzazione dell‟attività dei
pubblici poteri. Nel governo dell‟economia invero, il piano rappresenta l‟insieme
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coordinato degli strumenti di direzione dell‟economia i quali esprimono
l‟indirizzo del Governo, il quale nel suo agire deve misurarsi con i numerosi
soggetti componenti la società civile.
La normativa attuale frutto anche dei dibattiti di quegli anni, non consente di
trarre una differenziazione nozionistica tra i due vocaboli.
Negli anni trenta del secolo scorso e successivi, vi fu una fervida discussione nei
paesi ad economia di mercato incentrata sulla necessità od opportunità di adottare
programmazioni economiche generali.
Dopo la crisi del 1929, la diffusione della teoria Keynesiana ha fornito una base
solida agli economisti che sostenevano come l‟esigenza di perseguire determinati
obiettivi, i quali non potevano essere raggiunti solo attraverso l‟evoluzione
spontanea del sistema economico, presupponeva l‟adozione di programmazioni
economiche.
Teoricamente, costituisce esempio di pianificazione “perfetta” il Bilancio dello
Stato: esso è composto da un oggetto limitato (la spesa dello Stato), e gli obiettivi
non sono stabiliti nella sede della definizione ma derivati: sono quelli stabiliti, con
altri procedimenti, in parte costituzionali in parte amministrativi, negli atti di
determinazione dell‟indirizzo politico economico, e nelle deliberazioni di
attuazioni già esistenti comportanti spesa.
Sembra evidente come siano state proprio le pianificazioni o programmazioni
economiche ad aver segnato un salto di qualità nell‟esperienza dei pubblici poteri
del nostro tempo.
Nei paesi in cui vige il regime concorrenziale la programmazione è intesa a
correggere le possibili deviazioni derivate dal funzionamento spontaneo
dell‟economia, e ad orientarla verso gli obiettivi previsti. In tali paesi, qualora
l‟evoluzione economica presenti connotazioni che il sistema consideri
insoddisfacenti, si ritiene opportuna una correzione di rotta del processo di
sviluppo del sistema economico globale con l‟intento di mutare, attraverso la
programmazione economica, il corso che l‟economia percorrerebbe ove se ne
affidasse la conduzione alle forze spontanee del mercato. Il fine è quindi quello di
far evolvere il sistema economico, nel corso di un periodo di tempo prestabilito,
verso obiettivi socialmente desiderati.