5La delocalizzazione del made in Italy appare attualmente come
una possibile modalità organizzativa per riuscire ad essere competitivi
sui mercati mondiali, sebbene non vi sia una forma organizzativa
ottimale che sia valida per le diverse imprese.
Storicamente, come si avrà modo di vedere nel secondo capitolo
del presente lavoro, la delocalizzazione e l’internazionalizzazione, in
Italia, si è sviluppata in un periodo temporale successivo rispetto agli
altri paesi industrializzati; inoltre, vi sono state difficoltà in tal senso
dovute alla generale ridotta dimensione delle imprese nazionali, che
sono delle PMI in misura maggiore che in altri paesi, e ai settori in cui
operano. In ogni caso, attualmente, sembra emerge che siamo di fronte
non ad un ricorso alla delocalizzazione internazionale di tipo generico,
quanto invece ad una precisa riorganizzazione del processo
produttivo. A tale proposito, l’impresa decide di trasferire all’estero
uno o più moduli, una o più fasi della sua attività e stabilisce anche
come la lavorazione debba essere fatta.
Come caso pratico, nel terzo capitolo, si è scelta la
delocalizzazione attuata da Benetton, che è venuta sempre più
estendendosi a partire dall’inizio del nuovo millennio. La
localizzazione produttiva e l’internazionalizzazione di Benetton sono
ormai estremamente sviluppate. A tale riguardo il numero di attività
mantenute nella penisola è venuto drasticamente riducendosi nel corso
degli ultimo decennio; si è parimenti registrata una perdita
occupazionale nel nostro paese, soprattutto nel tradizionale distretto
travisano.
6Benetton non si è limitato a delocalizzare i propri impianti ma
ha altresì ‘costretto’ alla delocalizzazione numerosi imprenditori
veneti. Questi ultimi, fornitori della Benetton ancora prima che il
processo di delocalizzazione si avviasse, sono stati sollecitati dal
management del Gruppo a trasferire la propria attività per poter
continuare un rapporto di lavoro che altrimenti si sarebbe interrotto.
Si può dunque forse parlare, paradossalmente, di una
‘delocalizzazione dei distretti italiani’ all’estero?
Il problema appare di fondamentale importanza sotto diversi
aspetti. In primo luogo, quante delle passate conoscenze e capacità del
distretto di Treviso, del territorio, sono andate perse? O sono venute
anch’esse trasferendosi? Sarebbe possibile, attualmente, la nascita di
una realtà come quella di Benetton che, insieme ad altre cause, traeva
comunque alimento anche dalle culture e conoscenze locali, dal know
how del cluster e dai knowledge spillover propri del territorio?
Infine, appare innegabile, da un lato, la perdita di posti di lavoro
nel Belpaese in conseguenza della delocalizzazione delle imprese.
Resta da vedere, in ultimo, se questo elemento sia da considerarsi
esclusivamente negativo; si potrebbe, infatti, anche pensare la
delocalizzazione e l’internazionalizzazione semplicemente come le
sole strategie possibili per mantenere posizioni di leadership e di
vantaggio competitivo nei mercati.
7CAPITOLO PRIMO
VERSO L’INTERNAZIONALIZZAZIONE: STORIA ED EFFETTI SOCIALI
I.1 Premessa
In questi ultimi anni il tema della globalizzazione ha occupato
una posizione centrale all’interno del dibattito economico sociale e
politico, e spesso l’opinione pubblica tende a confonderla con
l’internazionalizzazione, la quale invece riguarda più da vicino la
crescita di imprese sui mercati esteri.
Quindi prima ancora di analizzare i processi che inducono le
imprese ad internazionalizzare, è necessario chiarire come la
globalizzazione abbia un significato più ampio e generale
correttamente concepita come una modalità di vivere, di produrre e di
rappresentarsi che relaziona ogni soggetto con la dimensione
planetaria assunta del mondo contemporaneo1.
È quindi un fenomeno di omogeneizzazione degli stili di vita e
dei gusti dei consumatori (si parla a tale proposito di consumatore
universale), un processo di cambiamento dovuto all'eccezionale
sviluppo tecnologico e in particolare a quello dei sistemi di
comunicazione. Con tale termine si tende a spiegare e a descrivere
tutti i cambiamenti che negli ultimi decenni si sono avuti nella società,
1 Vedi Esposito G. F. (a cura di), La Globalizzazione dei piccoli. Fattori di competizione
e promozione dell’internazionalizzazione per le PMI, Franco Angeli, Milano, 2003,
pag.15.
8ma attualmente molti studiosi ne danno una connotazione soprattutto
economica, ossia l’affermarsi di un unico mercato mondiale per la
manodopera, i capitali, i beni ed i servizi, quindi la tendenza
dell’economia ad assumere una dimensione mondiale.
Stando a questa affermazione si potrebbe pensare che ovunque
all’interno di questo unico mercato globale sia i salari per lo stesso
lavoro, sia i tassi di interesse, sia i prezzi di un prodotto e servizio,
dovrebbero essere uguali, ma in realtà la globalizzazione è considerata
come un’accelerazione dei processi in corso nell’economia nazionale
ed internazionale per l’unificazione dei mercati mondiali.
Dedotta la sua generalità, si può dire che
l’internazionalizzazione si discosta da questa definizione, in quanto
identifica l’apertura di un Paese e della sua economia all’interazione
con l’Estero. Possono essere individuati tre diversi tipi di
internazionalizzazione:
- L’internazionalizzazione dell’economia riferita all’interazione
tra sistemi economici nazionali, come la possibilità di muovere
capitali tra Paesi diversi2;
- L’internazionalizzazione del settore, che avviene nell’istante
in cui il fenomeno riguarda l’insieme delle imprese di un determinato
settore, assumendo tale fenomeno una visione collettiva che induce
l’impresa, seppur non interessata ad internazionalizzare, a seguire la
tendenza collettiva del proprio settore;
2
“I movimenti finanziari globali ammontano a cifre dell’ordine dei 1500 miliardi di
dollari al giorno, di cui il 90% attiene a speculazioni e non è collegato ad alcun
commercio reale”. H. Henderson, La vera ricchezza delle nazioni, Cross Roads, Maggio
1998, a cura di Aiesec.
9- L’internazionalizzazione dell’impresa si ha nel momento in
cui, una determinata impresa svolge operazioni di gestione all’estero.
Operazioni che consentono all’impresa internazionale di distinguersi
da quella globale.
Per rendere ancor più chiaro il concetto, quanto detto prima è
rilevabile a livello microeconomico, dal fatto che l’impresa globale
opera su scala mondiale muovendosi su tutti i Paesi-mercato del
mondo, mentre l’impresa internazionale opera su di un numero
limitato di nazioni, le cui attività non si esauriscono ai soli scambi
commerciali, ma attraverso la costruzione di sistemi di relazione sul
territorio stesso. Con questo non voglio far credere che esista una
definizione che valga sempre e comunque, in quanto
l’internazionalizzazione è un fenomeno complesso, il cui significato è
mutevole ed in continua evoluzione nel corso del tempo. In effetti lo
si deduce dal fatto che ogni singola impresa può manifestare
l’evoluzione internazionale ognuna in maniera diversa e con modalità
spesso diverse da caso a caso pur appartenendo allo stesso settore
industriale, denotando quindi l’assenza di un percorso unico e
generale.
Nel passato l’internazionalizzazione era una via seguita quasi
esclusivamente dalle imprese maggiori dei paesi industrializzati, le
uniche in grado di realizzare una presenza diretta sui grandi mercati,
superando ostacoli e barriere. Oggi, il nuovo scenario economico
globale, caratterizzato da mercati sempre più integrati, dalla riduzione
di costi di trasporto, di comunicazione e di altri supporti per recarsi
all’estero, dalla presenza di nuove imprese multinazionali e da
10
barriere (economiche ed istituzionali) ormai poco vincolanti, ha
spinto molte imprese ad adottare strategie di internazionalizzazione
come unico percorso possibile alla loro sopravvivenza. Come molti
autori sostengono, internazionalizzare non è più una scelta, bensì una
necessità.
Caratteri dell’impresa multinazionale
Configurazione Etnocentrica Policentrica Geocentrica Eterarchica Transnazionale
Basi per la strategia
internazionale
Sfruttamento di
vantaggi “firm
specific” costituiti
nel paese d’origine
Ricerca di
economie di
scala, vantaggi
finanziari
Sfruttamento
della
“multinazionalità
” come fonte di
vantaggio
Sfruttamento di
capacità specifiche
di unità
organizzative in
diversi paesi
Rete integrata di unità
geograficamente
disperse fonte di più
vantaggi internazionali
Importanza del
business estero
Marginale Sostanziale/
dominante
Dominante Dominante Dominante
Modalità di
espansione
Impianto graduale
di nuove consociate
Acquisizione
d’impresa
market driven
Rapida, diretta,
guidata dalla
competizione
Sviluppo di nuovi
gangli del sistema
non-gerarchico
Inserimento di nuove
unità nella rete
integrata
Ruolo strategico
della consociata
Implementa la
strategia locale;
autonomia medio-
bassa; potere e
decision making
concentrati presso
la casamadre
Formula e
implementa la
strategia locale;
elevata
autonomia;
autorità e
decision making
decentrati
localmente
Implementa e si
adatta alla
strategia globale;
autonomia
medio-bassa:
focus sulla
collaborazione
casamadre/
consociate
Può
contemporaneament
e coordinare attività
globali in un campo
(prodotto) ed essere
agente periferico in
altri campi di
attività
Differenziato e
variabile nel tempo e
per attività; le
consociate possono
essere leader
strategici, contributori,
esecutori
Stile di controllo Guidato dalla
casamadre
utilizzando standard
nel paese di origine
Basato
sull’analisi dei
risultati e
determinato
localmente
Normativo e
coercitivo,
attraverso
standard che
siano universali
Normativo ma non
coercitivo/burocrati
co: controllo su
base culturale
Basato
congiuntamente su
centralizzazione,
formalizzazione e
socializzazione
Flusso di
comunicazione
Volume elevato di
ordini, comandi,
consigli alle
consociate
Ridotto tra il
quartier generale
e le consociate
Elevato tra le
consociate ed in
entrambi i sensi
con la casamadre
L’informazione
sull’intera rete
contenuta in
ciascuna unità
organizzativa
Assume rilevanza
critica: flessibilità nei
collegamenti
centro/periferia
Identificazione Nazionalità del
proprietario
Nazionalità del
paese ospitante
Internazionale Prevalentemente
nell’impresa
Locale e globale
Reclutamento
management
Manager del paese
d’origine ed elevata
rotazione
Manager locali e
piccola rotazione
Manager del
paese di origine,
locali, paesi
terzi, elevata
rotazione
“Nocciolo duro”
che ruota e
comprende diverse
culture nazionali
Politica di assunzione
internazionale
orientata alla ricerca di
talenti
Fonte: S. Guercini, Il processo di sviluppo dell’internazionalità, Firenze, 2000, p.
34.
11
I.2 L’internazionalizzazione: brevi cenni storici.
Fin dall’antichità si hanno notizie di scambi e commerci
internazionali delle civiltà del Mediterraneo, ma in realtà
l’internazionalizzazione è un tema attuale, che ha assunto specie negli
ultimi 50 anni una maggiore rilevanza e si è manifestata in varie
forme.
Fu tra il XV e il XVII secolo che si svilupparono quelle che
potrebbero essere definite come le Compagnie Coloniali dei Paesi
dell’Europa Occidentale, una specie di odierna impresa
Multinazionale. La ricchezza ed il potere dell’oligarchia capitalistica
olandese del XVII secolo, si basavano, in effetti, più sul controllo
delle reti mondiali della finanza che di quelle commerciali; ciò
significa che essa era meno vulnerabile alla creazione di rotte
commerciali alternative, e fu in grado di trovare nella speculazione
finanziaria un nuovo e redditizio settore di investimento.
L’ascesa dell’Olanda ad una supremazia mondiale derivò in
gran parte dal trasformare Amsterdam non solo nel magazzino
centrale del commercio mondiale, ma anche nel principale mercato
monetario e dei capitali dell’Europa. E’ qui, infatti, che fu creata la
prima Borsa valori in seduta permanente.
Queste disponevano di filiali dislocate in tutte le aree
colonizzate e per mezzo dei loro investimenti diretti oltre a rafforzare
le attività nel loro Paese di origine, avevano lo scopo di promuovere la
colonizzazione delle terre di frontiera.
Il potere olandese venne messo in seria difficoltà con il
successo del mercantilismo francese e di quello inglese, imponendo
12
seri limiti alla loro crescita, commerciale e dimensionale,
conducendola verso il declino.
E’ con la Prima Rivoluzione Industriale che si afferma il
processo d’internazionalizzazione delle imprese, che vede acquisire
dal Regno Unito, grazie alla sua vasta e complessa organizzazione
commerciale, la leadership economica mondiale, anche se con forme
diverse, in quanto gli imprenditori inglesi, migravano con tutti i loro
capitali ed i loro skills. Ma possono essere considerati dei veri e propri
Investimenti Diretti Esteri (IDE) in quanto fatti con lo scopo di
sfruttare i vantaggi acquisiti nella loro madrepatria per mezzo delle
innovazioni tecnologiche ed organizzative emerse con la Rivoluzione
Industriale. Con la diffusione della meccanizzazione nell’industria
tessile e delle altre innovazioni introdotte sul finire del XVIII secolo,
l’impero commerciale britannico offrì lo sbocco ai nuovi prodotti, e
assicurò per questa via l’entrata di un flusso considerevole di capitali a
Londra, che presto divenne il nuovo centro finanziario mondiale.
Nasce così una prima forma di impresa multinazionale il cui
termine, come sostenuto da Dunning, nella sua accezione più generale,
qualifica quell’impresa che risulta impegnata in investimenti diretti
all’estero, e che in più di un paese ne possiede o ne controlla l’attività.
La crescita è stata favorita dalla creazione delle linee ferroviarie e
dalle reti telegrafiche, spostando così lo sviluppo delle stesse da
multiregionale a multinazionale.
Successivamente al periodo di crisi, sia in termini di commercio
che in termini di investimento, compreso tra le due guerre mondiali, le
imprese ritrovano la possibilità, intravedendo solidi vantaggi
13
competitivi, di trasferire o estendere la propria struttura oltre i confini
nazionali e continentali.
Si sviluppa così un diverso tipo di impresa, che non ha più
interesse a reperire materie prime per il settore manifatturiero in
madrepatria, ma desidera vendere i propri prodotti altrove (definite
anche run-away industries), sfruttando la loro tecnologia produttiva o
le loro tecniche commerciali nettamente più efficienti dell’impresa del
passato. E’ la fase che Dunning (1981) ha definito il “periodo d’oro”
delle multinazionali3.
Questa nuova impresa, non ha più il timore di operare in un
ambiente non familiare e non ricerca mercati ricchi per vendere i
propri prodotti, ma è alla ricerca di zone in cui i costi industriali siano
convenienti per la propria produzione, in particolare è alla ricerca di
bassi costi del lavoro. In questo periodo, e fino agli anni ’70, la
multinazionalizzazione delle imprese americane si pone come l’”one
best way” per operare sui mercati internazionali, un nuovo
meccanismo organizzativo basato sulla parcellizzazione del lavoro e la
standardizzazione dei processi produttivi, facendosi espressione di
efficienza, modernizzazione ed evoluzione e portatrice di un disegno
di unificazione a scala mondiale del mercato.
Questo primato spettava alle multinazionali Usa, ma negli anni
‘80 si assiste ad un cambiamento nel commercio americano prima ed
internazionale poi.
3 Vedi Grandinetti R., Rullani E., Impresa transnazionale ed economia globale, La Nuova
Italia Scientifica, Roma, 1996, pag.88.
14
La maggior parte delle imprese americane, leader nel settore
industriale, vengono via via acquisite da imprese estere, soprattutto
giapponesi ed inglesi. In particolare, gli IDE nell’economia americana
crescono tre volte più degli investimenti diretti delle imprese
americane nel resto del mondo. Quanto accade in quegli anni è frutto
di un mutamento nel contesto internazionale, che ha la radice nella
globalizzazione dell’economia. Tutto ciò si pensa sia accaduto per via
della nascita di una nuova impresa, che abbandona la produzione
manufatturiera fondata sui principi del fordismo (ispirano l’espansione
oltre confine della produzione industriale, rendendo protagonista
l’impresa multinazionale4). Proprio questo cambiamento di rotta
spiega infatti il deficit crescente della bilancia commerciale ed il boom
economico degli anni ’90 dell’economia americana.
Quindi si tratta di imprese a dimensione ormai internazionale
con strutture leggere e bassi IDE e con una nuova organizzazione
diversa da quella piramidale tipica della Multinazionale classica.
Per concludere questo breve excursus storico dell’impresa
internazionale e del contesto economico in cui essa opera, si arriva ai
giorni nostri, ed esattamente agli anni ’90, in cui seppur con modalità
diverse da quanto accaduto con le imprese americane e la sua
economia, gli investimenti finanziari e gli IDE vengono attratti da
un’altra area dell’economia globale: la Cina.
4 L’impresa che dissemina cicli produttivi e filiali nel mondo. Ad attraversare le frontiere
non sono solo le merci, ma le persone e i comandi. Si connotano come “multinazionali”
le imprese che effettuano investimenti diretti all’estero o controllano, attraverso linee
proprietarie, attività in più Paesi esteri per dedicarsi allo sviluppo ed alla specializzazione
di nuove attività centrate sulle tecnologie avanzate.
15
I.3 Concetti e forme di internazionalizzazione.
Il concetto di processo d’ internazionalizzazione di impresa si
applica a tutti i percorsi di crescita che le imprese attuano sui mercati
esteri ritenuti proficui.
Questo processo, che determina un ampliamento di tali confini,
può essere sostitutiva (nel caso in cui i prodotti locali non siano più
competitivi in termini di costi) o semplicemente aggiuntiva (nel caso
in cui sia individuato un legame tecnologico-produttivo e/o
commerciale distributivo) rispetto alle produzioni locali.
Nel tempo questa definizione ha assunto un significato sempre
più ampio, pertanto con questa terminologia “si allude non solo allo
svolgimento di attività all’estero e alla connessa presenza di imprese
estere nel proprio ambiente, ma anche ad una tendenziale attenuazione
delle differenze a livello internazionale di modalità e metodologie
operative, di caratteristiche dei prodotti, di regolamentazioni e di
comportamenti”5.
Storicamente il primo e più semplice strumento con cui le
imprese si sono internazionalizzate è costituito dalle esportazioni. Si
parla, in tal senso, di forma mercantile dell’internazionalizzazione che
ha reso transnazionali gli scambi di merci (macchine, materiali,
componenti, prodotti finiti).
Ma l’internazionalizzazione non è la semplice attività di
esportazione, né tanto meno quel tipo di esportazione che si limita a
consegnare in mano ad importatori esteri il prodotto finale affinché lo
collochino presso i punti vendita locali con la loro organizzazione e
sotto il loro controllo (detta esportazione indiretta la cui strategia è
caratterizzata dal fatto che l’impresa non adotta alcuna politica di
5 Vedi Usai G. e Velo D. (1990), Le imprese e il mercato unico europeo, Pirola Editore,
Milano , p.7