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psicologici presenti nei comportamenti di ciascun individuo. Le principali professioni
di consulenza emergenti nei contesti organizzativi sono: il mentoring, il counseling o
coaching.
Qui approfondiremo solo una delle tecniche sopraelencate, il coaching pratica
formativa di recente diffusione e centrata sulla persona. Il coaching consiste in una
tecnica che facilita, aiuta, supporta, una persona o un gruppo ad acquisire una
maggiore consapevolezza di sé, mediante l’intervento di una persona esterna (nella
maggior parte dei casi). Il processo di coaching si basa su una relazione tra due
soggetti: il professionista (coach) ed il cliente (coachee) ed è finalizzato al
raggiungimento di obiettivi che possono essere personali, professionale o relazionali.
Vignali (2006) nell’introduzione del suo libro afferma in modo chiaro che un’azienda
che vuole essere innovativa è quella che si fonda sulle persone, che valorizza
l’intelligenza e la volontà di ciascun individuo. Questo significa che una buona
azienda non si basa solo sulla sua struttura organizzativa, ma presta attenzione
anche alle relazioni interpersonali, alla valorizzazione dell’intelligenza di ciascun
collaboratore e rispetto per la volontà e per le esigenze di ciascun individuo.
Questa attenzione da riservare alle risorse umane è di fondamentale importanza e
richiede maggiore sensibilità ai nostri giorni. Scoprire l’uomo, le sue forze e le sue
debolezze, per cercare di dare maggior senso e coerenza alle nostre azioni non è
un’impresa facile, ma sono i principi fondamentali su cui San Benedetto ha fatto
perno e sono anche i punti fondamentali propri di un’attività di coaching.
L’uomo quindi è sia oggetto che soggetto della propria crescita personale e
professionale. Il coaching permette di migliorarsi e di accrescere, nel contesto di
lavoro, la capacità di comprensione, confronto e comunicazione.
È importante, e questo è ciò che si sta tentando di fare introducendo il
coaching,investire sulle risorse umane pur non essendo questa la scelta più comoda
e tanto meno la più breve. L’uomo è energia e potenzialità, ma può essere anche
sconforto e demotivazione, occorre riuscire ad esaltare gli aspetti positivi limitando
quelli negativi.
Attraverso il coaching, le aziende possono fare del singolo il reale punto di forza e
presupposto su cui costruire il proprio futuro.
Lo scopo di questo lavoro è quello di illustrare una realtà che ormai esiste e resiste
da 1500 anni individuandone i principali punti di forza che le hanno permesso di
sopravvivere a lungo e individuare delle possibili analogie e differenze con la realtà
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organizzativa moderna. Sulla base di questa prima fase introduttiva si cercherà di
approfondire lo strumento del coaching come pratica formativa e di dimostrarne
l’efficacia nel raggiungimento degli obiettivi non solo a livello individuale, ma anche a
livello organizzativo.
Per poter approfondire l’argomento mi sono dedicata ad una ricerca bibliografica
seguita dalla stesura di uno schema che ho utilizzato per l’elaborazione dei dati. In
seguito ho fatto ulteriori ricerche bibliografiche di tipo storico per quanto riguarda
l’approfondimento sulle comunità benedettine; mi sono servita di manuali di
economia e letteratura psicosociologica per quanto riguarda gli approfondimenti
legati alla realtà organizzativa moderna; ed infine letteratura specifica sul coaching
sia italiana che internazionale.
La tesi si articola in sette capitoli, il primo capitolo “L’origine della Regola e
dell’organizzazione benedettina” espone le origini delle comunità benedettine e le
difficoltà proprie dell’epoca, confrontate con la realtà moderna.
Il secondo capitolo “Conoscere e guidare sé stessi per guidare gli altri”, in esso si
cerca di focalizzare l’attenzione su come una persona che riveste un ruolo di
responsabilità e di guida debba agire, in questa parte viene riconosciuta la centralità
dell’individuo e la necessità, anche al giorno d’oggi di non sottovalutare le emozioni
che ciascun individuo prova. Inoltre tutti coloro che si pongono come capi degli altri
devono conoscere profondamente se stessi per poter riuscire ad essere di aiuto ai
propri collaboratori e quindi riuscire a tirare fuori i punti di forza di ognuno di essi.
Il terzo capitolo “Anologie e differenze tra le organizzazioni moderne e le comunità
benedettine”, esso ha una funzione di ponte, di collegamento tra quanto emerge nei
primi due capitoli e quanto viene approfondito in seguito. Qui si fa una sintesi di tutti i
principi chiave propri della realtà benedettina individuando le analogie con le
organizzazioni moderne e in seguito tutti gli elementi che le differenziano, ponendo le
basi introduttive del quarto capitolo.
Il quarto capitolo, “ Sviluppo delle organizzazioni e logiche formative di riferimento:
dalla prima industrializzazione ad oggi” in esso viene illustrata l’evoluzione dei
processi formativi dalla prima industrializzazione, basati solo sulla trasmissione di
tecnica, ad oggi, realtà in cui i processi formativi hanno come scopo principale la
costruzione di senso. Non basta più trasmettere competenze tecniche, occorre
prestare attenzione anche alle motivazioni, le emozioni, le aspettative e i valori di
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ciascun individuo. Per questo motivo oggi si stanno diffondendo pratiche formative
individuali, come il coaching che vene approfondito nei capitoli successivi.
Il quinto capitolo, “Che cos’è il coaching: origini, definizioni e differenza tra coaching,
psicoterapia, counseling e mentoring”, qui si cerca di fare un percorso a partire dalle
origine storiche e professionali del coaching, da qui si passa ad una descrizione di
che cosa consiste questa pratica formativa con l’aiuto delle numerose definizioni
esistenti, per poi concludere il capitolo tracciando delle analogie e differenze con
altre pratiche formative e terapeutiche che pongono al centro l’individuo.
Il sesto capitolo, “ Chi è il coach e quali sono le principali modalità di intervento”, qui
si cerca di tracciare una descrizione del ruolo del coach individuando le tre tipologie:
coah esterno, coach interno e il manager coach; successivamente vengono
approfonditi tutte le possibili aree di intervento del coaching: executive, career,
corporate coaching che vengono svolti per lo più one-to-one e il team coaching.
Infine al termine del capitolo si spiega come si strutturano questi interventi
specificando i modelli più noti.
Infine, il settimo capitolo “ Risultati e motivi del successo del coaching” in esso si è
fatta un’analisi di tutte le ricerche empiriche esistenti sul coaching utili a dimostrare
l’efficacia di questa pratica e grazie a queste ricerche è stato possibile tracciare tutti i
motivi di successo del coaching.
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1. L’origine della Regola e dell’organizzazione benedettina
Molti corsi di formazione oggi sono ispirati alla “Regola” di San Benedetto. Il suo
metodo viene spesso usato per la preparazione psicologica individuale e per
l’organizzazione interna di un’azienda. E’ possibile trarre dalla regola insegnamenti
che valgono per tutti: per coloro che sono responsabili dell’amministrazione del
personale di un’impresa, per chi si occupa della gestione delle risorse umane e per
chiunque opera in un’azienda, a qualunque livello.
Léo Mulin uno dei principali studiosi del monachesimo affermò che i monaci
benedettini segnarono l’origine di un movimento economico e sociale.
L’esperienza di Montecassino e la “Regola” divennero un punto di riferimento per
molte comunità sorte successivamente in tutta Europa.
E’ ai monaci benedettini, abili architetti, studiosi e uomini di scienza, che dobbiamo la
realizzazione di bonifiche o l’invenzione di strumenti e metodi di lavoro che hanno
reso possibile lo sviluppo di arti e mestieri quali l’orologeria e la moderna enologia.
Il lavoro, secondo il punto di vista dei monaci, non è visto come strumento per
produrre ricchezze, ma come attività al servizio dell’individuo e della sua crescita
personale.
Furono due i principali motivi che favorirono questo sviluppo e diffusione del
monachesimo:
1. L’istruzione dei monaci, superiore al resto della popolazione;
2. La dinamicità dell’esperienza monastica, le continue fondazioni di nuovi
monasteri e le peregrinazioni dei monaci, permettendo in questo modo uno
scambio di esperienze.
La “Regola” di San Benedetto a distanza di secoli dalla sua pubblicazione, può
essere, ancora oggi, fonte di sorpresa e creare numerose sollecitazioni.
Sicuramente, il cuore della tradizione benedettina resta la sfera religiosa e il suo
principale obiettivo rimane la crescita spirituale delle persone residenti nel
monastero, ma non si limita a questo. Nella cultura benedettina emerge anche un
aspetto importante che è più legato all’uomo, a qualsiasi uomo. E’ all’uomo che San
Benedetto ha parlato per secoli, ai suoi problemi, al suo cuore e alle sue aspettative.
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Quando San Benedetto si rivolge ai monaci non esclude nessuno, poiché ognuno di
loro è parte integrante della comunità e vi contribuisce in maniera personale e
determinante.
Allo stesso modo avviene nelle aziende nelle quali i manager sono consapevoli del
fatto che il risultato finale è frutto dell’apporto e dell’intelligenza di tutti coloro che
partecipano all’impresa.
Secondo Anselm Grunn, un monaco benedettino, il metodo proposto da San
Benedetto, pur essendo vecchio di 1500 anni, è molto attuale ed “in grado di trovare
risposte a importanti interrogativi del nostro tempo”.
Perché quindi prestare tanta attenzione al passato e cercare di trovare delle soluzioni
nel presente? Perché la maggior parte delle nostre aziende sta attraversando un
momento estremamente negativo, ed è necessario quindi cercare di ridare ad esse
slancio e vitalità.
Il periodo storico nel quale San Benedetto si propose di costruire una nuova realtà in
cui le abbazie si incaricavano di far fronte alle difficoltà economiche e morali, era
caratterizzato da un forte disordine.
L’attuale momento storico non è paragonabile alla situazione italiana del V-VI secolo,
però oggi ci troviamo di fronte a nuovi problemi e nuove difficoltà da non
sottovalutare, quali: la difficile integrazione degli immigrati, la situazione politica
internazionale, il terrorismo e la concorrenza emergente, ad esempio la Cina. Ci
troviamo di fronte ad una situazione di cambiamento. Il contesto e l’epoca in cui
viviamo sono caratterizzati da turbolenza, competitività, rapida transitorietà di
soluzioni, ponendo i manager di fronte a sfide continue e sempre più impegnative. La
complessità del mondo in cui le organizzazioni operano cresce continuamente. I
confini delle organizzazioni nell’era post-industriale sono sempre più elastici ed
incerti. Con questa labilità di confini si diffonde anche una idea di azienda intesa
come “ente organizzatore di creazione di valore” (Normann R., Ridisegnrare
l’impresa, pag 26). La catena di valore non è più lineare, ma da origine a complesse
reti economiche. La globalizzazione e l’avvento delle nuove tecnologie, inoltre, hanno
permesso di accentuare questi aspetti. Siamo di fronte ad una situazione di
cambiamento.
Il cambiamento, definito in termini psico-sociali consiste in un “passaggio da uno
stato X, definito da un tempo t,verso uno stato X
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a un tempo t
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, dove X e X
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possono
rappresentare un essere umano o un ambiente sociale che, dopo un ‘cambiamento’
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divenendo un’altra cosa rimanendo se stessa” (Jacques Rhéme, Cambiamento, in
Dizionario di psicosociologia, pag. 57). Ciò significa che una persona, un gruppo o un
organizzazione sono cambiate, ma rimangono comunque le stesse. Il cambiamento
è una costante della vita lavorativa. I cambiamenti propri della nostra realtà sono
numerosi e coinvolgono aspetti diversi della vita lavorativa.
Uno dei cambiamenti principali riguarda gli spazi e i tempi di lavoro mutati,
soprattutto grazie all’introduzione dell’Information Technology. A seguire i
cambiamenti strutturali, mentre in passato si puntava alla solidità e alla capacità di
pianificare e governare il futuro, oggi si punta sulla leggerezza, l’immateriale, sulla
velocità, si può parlare quindi di modernità “Liquida” (Baumann Z., Modernità liquida).
Le imprese post-industriali sono quindi caratterizzate da: outsourcing, delayering e
decostruction. È cambiata anche la focalizzazione geografica, numerose aziende
oggi si trovano a dover gestire il personale anche a livello internazionale, ci sono
responsabili che devono riuscire ad interfacciarsi con culture nazionali differenti.
Infine, viviamo in una società multietnica per cui è in corso un cambiamento della
forza lavoro, oltre, infatti, all’inserimento delle donne è necessario far fronte
all’inserimento e l’integrazione degli immigrati.
Tutto ciò, però, può generare incertezza, smarrimento e confusione, a volte anche
timore provocando in ogni persona, gruppo o organizzazione una sensazione di
stallo ed immobilismo.
Furono proprio queste sensazioni d’insicurezza, di confusione e di cambiamento,
propri del suo tempo, a spingere San Benedetto a fare qualcosa, di re-inventare un
nuovo modo di essere comunità.
Queste somiglianze tra passato e presente, possono essere utili per cercare di
individuare soluzioni valide per avviare un cambiamento e condurlo verso mete
adeguate e raggiungibili.
Rispetto all’Italia del VI - VII secolo, oggi sono rilevabili numerose differenze, ma la
storia insegna che alcuni accadimenti, anche se poco chiari, sono segnale ed
espressione di qualcosa che ha origini lontane. L’Italia di quel tempo era allo sbando
e incapace di reagire ed uscire dalla crisi. San Benedetto si trova a vivere in questa
situazione. Egli dopo un lungo periodo di conversione “Silenziosa”, decide di
trasferirsi a Subiaco e vivere in una condizione di assoluto eremitaggio; qui decide di
ripararsi e abitare in una grotta a strapiombo sul fiume Aniene, oggi chiamato il
“Sacro Speco”. Trascorre una vita di silenzi, stento e solitudine quasi assoluta; una
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scelta difficile e straordinaria, al limite della sopportazione umana, ma che, allo
stesso tempo, permette al santo di conoscere a fondo sé stesso, un’esperienza che
permette una conoscenza più profonda della persona. Dopo tre anni San Benedetto
decide di lasciare la grotta per via di alcuni accadimenti casuali: un monaco ed alcuni
viandanti scoprono la sua presenza nella grotta e da quel momento si diffuse la voce
e numerose persone andavano in visita.
A quei tempi tutti coloro che manifestavano una saggezza “ritenuta fuori dal comune”
erano persone molto apprezzate, così, in breve tempo, il “Sacro Speco” termina di
essere un luogo di solitudine.
San Benedetto capisce che gli anni trascorsi in solitudine sono terminati, che non è
più tempo di vivere in una grotta, ma si sente pronto a diventare una presenza
costruttiva nella società ed indicare una strada nuova a chiunque ne senta
l’esigenza.
Alcuni monaci di una comunità vicina a Subiaco gli propongono di diventare abate,
ed egli, nonostante la consapevolezza che non era ciò che desiderava, accetta ed
inizia questa nuova avventura.
Si racconta che in quella comunità, qualcuno avesse tentato di avvelenare San
Benedetto e che in seguito a questo evento il Santo avesse deciso di abbandonare
la comunità insieme ad alcuni monaci fidati. Insieme a loro decide di riorganizzare
altre piccole comunità in una zona vicino a Subiaco.
San Benedetto si limita a dare alcune direttive, e a guidare da lontano le comunità. Il
lavoro dei monaci inizia ad essere più organizzato, ma non è ancora il passo
decisivo. Dopo alcuni anni a causa dell’invidia di alcuni monaci il Santo è costretto ad
abbandonare questa vita per una nuova. Per far ciò ha bisogno di:
Luogo;
Persone;
Spirito nuovo.
La situazione italiana piuttosto grave crea un clima poco favorevole per le scelte
occasionali. La popolazione è allo sbando e la Chiesa è alle prese con degli scismi.
Viste queste difficoltà San Benedetto decide di trasferirsi, con alcuni seguaci, da
Subiaco a Montecassino, ritenuto luogo ideale per costruire l’abbazia, per due motivi:
È un luogo appartato e difficile da raggiungere;
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Intorno a Montecassino ci sono sia lo spazio per costruire l’edificio, sia i terreni
per coltivare affinché la comunità possa diventare in breve tempo
autosufficiente dal punto di vista economico.
San Benedetto vede i monasteri quali elementi fondamentali per la crescita umana e
spirituale della persona che vi risiede.
È dall’idea della forza insita in una comunità unita e coesa, e del lavoro inteso come
momento edificante dell’uomo, che si può partire per comprendere il messaggio che
il pensiero di San Benedetto e la sua opera possono trasmettere alle nostre aziende.
Egli si occupa personalmente della costruzione dell’abbazia di Montecassino, poiché
la sua comunità e l’edificio dovevano nascere su fondamenta sane e robuste per
fronteggiare la situazione di confusine generale e perseguire la meta stabilita.
La fondazione dell’abbazia di Montecassino e la stesura della Regola avvengono
contemporaneamente.
Alla sua morte, San Benedetto, lascia una comunità forte e fiorente, che in pochi anni
ha saputo dare concretezza e visibilità ad un progetto quasi irreale per quei tempi.
L’abbazia di Montecassino riuscì a godere del prestigio e dell’eredità di San
Benedetto fino al 598 anno della prima distruzione a causa degli eserciti Longobardi,
a questa ne seguirono altre, ma la comunità, a volte d’impulso a volte con difficoltà, è
sempre riemersa.
A cosa serve allora fare questo piccolo percorso storico? A prendere spunto, per
cercare di affrontare i problemi e le difficoltà proprie delle imprese moderne che
stanno attraversando un periodo di forte cambiamento che riguarda numerosi aspetti
interni ed esterni alla vita organizzativa. Con questo approfondimento, però, il mio
intento è quello di soffermarmi sugli aspetti interni ad un’azienda, in particolare alla
risorsa più importante, l’uomo. L’uomo che in questi momenti di difficoltà dovrebbe
essere in grado di gestire il cambiamento, ma in realtà si ratta di una persona
estremamente confusa e disorientata; è una persona che spesso trova grosse
difficoltà a trovare idee, motivazioni ed agire nel modo più adeguato per portare
maggior beneficio a sé stesso e risultati all’azienda.
Il Santo ci suggerisce di partire dall’uomo, ma di tenere presente anche le differenti
realtà aziendali.