Introduzione
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ξ Ottimizzare la gestione della variazione dei prezzi lavorando a stretto contatto con il sourcIng, il
customer service, il procurement e la rete globale Gexpro;
ξ Migliorare il database globale e dinamico dei costi.
L’approccio utilizzato è di tipo “Lean Six Sigma”, la cui componente fondamentale è il ciclo DMAIC. Tale
metodologia comprende cinque parti:
1. Define: definizione dei processi;
2. Measure: mappatura dei cicli di lavoro;
3. Analyze: analisi delle problematiche;
4. Improve: miglioramento del sistema;
5. Control: controllo delle performance.
Lo scopo della presente tesi, come già accennato è quello di migliorare i flussi di lavoro attualmente esistenti in
modo da progettare un processo di gestione dei prezzi e dei fornitori snello e robusto.
Nella fase di definizione del ciclo è stato definito l’ambito di applicazione del progetto Six-Sigma, ovvero
l’ottimizzazione del processo di quotazione delle parti tramite riduzione delle complessità e dei costi associati
alla gestione del database globale e dinamico dei prezzi. Sono state quindi definite le caratteristiche del
processo quali l’ambito della ricerca, le CTQ (Critical to quality), il saving atteso e i vincoli.
Nella fase di misurazione è stata effettuata una mappatura che ha permesso di valutare quali fossero i settori
dove era necessario intervenire. Sono stati individuati all’interno della società due principali processi:
ξ P2P (Purchase to pay);
ξ O2C (Order to cash).
All’interno del P2P sono presenti due sub-processi:
ξ PV (Price Variance);
ξ PV (Price Validation).
Per ciascuno di essi è stato realizzato un work-flow che illustra in modo esauriente il funzionamento del ciclo.
Nella fase di analisi sono state studiate le varie logiche di assegnazione dei costi e della selezione dei fornitori,
al fine di determinare le criticità del sistema. Da tale analisi è emerso che, alcune delle criticità sulle quali
intervenire, erano il processo di gestione dei fornitori e della variazione dei prezzi.
Il presente lavoro si articola pertanto nelle seguenti sezioni:
Nel primo capitolo introdurremo i concetti principali utili per lo sviluppo del progetto: la resistenza al
cambiamento, l’innovazione e il Six Sigma. Tali concetti saranno utilizzati per individuare le criticità
presenti all’interno del sistema e fare in modo che l’azienda possa avere degli strumenti metodici
adeguati per affrontare con chiarezza e in tempo utile le difficoltà;
Introduzione
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Il secondo capitolo è focalizzato sull’individuazione dei flussi produttivi di Gexpro, allo scopo di
analizzare le attività che generano valore e isolare gli sprechi;
Nel terzo e quarto capitolo verrà effettuata un’analisi della criticità tramite la creazione di un archivio di
dati storici. Ciò permetterà di individuare le strategie più opportune per portare il progetto nei parametri
di tempi, costi e qualità pianificati.
Nel quinto capitolo saranno proposte delle soluzioni di miglioramento approfondibili in scenari e sviluppi
futuri, con particolare riguardo alle problematiche legate alla quotazione dei prodotti e alla selezione dei
fornitori.
Capitolo 1 La cultura della qualità
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1 - La cultura della qualità
1.1 – Introduzione
I fattori strategici di successo sono in continuo cambiamento e oggi, accanto agli elementi “tradizionali”
come ad esempio la capacità di innovare, emergono nuovi valori di business come la qualità, il servizio e
l’efficienza. L’accresciuta competitività produce una forte instabilità dell’ambiente cui le imprese devono
saper reagire prontamente, aggiornando continuamente le strategie aziendali e rispondendo alle
proposte del mercato. Esse devono tendere all’eccellenza e un modo per raggiungere tale risultato è
perseguire l’obiettivo della qualità totale. Secondo Juran, uno dei “padri” della qualità, “la qualità totale
costituisce una delle prerogative più importanti per l’esistenza stessa dell'azienda”. La novità concettuale
sta nel fatto che Juran sposta il punto di vista della qualità da visioni esclusivamente tecniche o
metodologiche pertinenti al prodotto o servizio, a una visione focalizzata sull’uomo che utilizzerà tale
prodotto o servizio. In Giappone, l'approccio alla qualità è stato ampliato divenendo un vero e proprio
modello aziendale. Secondo Ishikawa, statistico giapponese del controllo qualitativo, la qualità “è lo
sforzo di tutta l'azienda nel progettare, sviluppare, produrre, ispezionare, vendere e consegnare prodotti
che soddisfino i clienti nel momento dell'acquisto e per lungo tempo dopo l'acquisto”. Da questa visione
si vede come il concetto di qualità tende ad allargarsi a tutta l’azienda, non più solo al prodotto o
servizio. La qualità è cioè il prodotto dello sforzo di tutti, dal vertice alla base, e questa è la sola via per
l'eccellenza. L’approccio giapponese arricchisce di significati nuovi il concetto tradizionale di qualità,
ponendo il cliente come fulcro su cui ruota tutta l'azienda. Quest’ultimo pretende un risultato globale
(prezzo, consegna, servizio, sicurezza, morale, attenzione all'ambiente, ecc.), perciò non si possono
trascurare alcuni aspetti rispetto ad altri, perché questi sono tutti intimamente legati nella percezione del
cliente. Questa visione impone un'estensione della qualità in tutte le direzioni, superando il significato
d’idoneità all'uso e di conformità alle specifiche per assumere un significato di soddisfazione del cliente.
La qualità assume una dimensione più umana, il rispetto degli “standard” non vale nulla se il cliente è
insoddisfatto.
Il primo capitolo di questo lavoro è pertanto centrato sulla qualità, le innovazioni necessarie per poterla
ottenere e la resistenza al cambiamento che molto spesso è purtroppo presente. Analizzando il
panorama attuale, la qualità vera è oggi frutto della corretta integrazione di una lunga serie di micro e
macro processi inseriti in una lunga catena cliente-fornitore. In questa complessa sequenza, il rigoroso
controllo della qualità in tutte le fasi di produzione è ancora più essenziale e strategico per garantire la
conformità del prodotto finale. Se per un processo che si svolge all’interno di un unico sito di produzione
è pensabile poter rimediare a eventuali non conformità con interventi correttivi di rapida e non troppo
onerosa realizzazione, su semilavorati realizzati da aziende dislocate in siti produttivi distanti tra di loro
un intervento correttivo diventerà molto più complesso e coinvolgerà anche i rapporti
economici/contrattuali tra le varie aziende, con inevitabili ripercussioni sui tempi e sui costi.
Non essendoci un’unica struttura interna aziendale di controllo qualità, sarà anche molto più complesso
individuare in quale anello della lunga catena cliente-fornitore si è generata la condizione che ha poi
portato a manifestare in tutt’altro momento del processo la non conformità. Da queste riflessioni emerge
Capitolo 1 La cultura della qualità
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chiara la necessità di dotarsi di validi strumenti gestionali che, armonizzandosi tra di loro, riescano a
tenere efficacemente sotto controllo tutta la complessità dei processi. Ma questo deve essere possibile
sia per la grande e media azienda, che può disporre di risorse e competenze specifiche da destinare a
questo scopo, sia per la piccola azienda dove nella medesima persona si accentrano competenze e
responsabilità proprie di più strutture.
Tutte queste realtà produttive devono essere in grado di far parte di un sistema gestionale comune, che
si muova secondo principi semplici ed elementari condivisi da tutti. Questo fattore non può che essere la
conoscenza dei principi e delle regole alla base dei sistemi di gestione per la qualità. Non tutte le
aziende inserite nella lunga catena cliente-fornitore debbano necessariamente avere un sistema qualità
certificato, ma le regole essenziali devono essere ben note e consolidate nella mente di chi opera.
Meglio sarebbe se questa cultura della qualità fosse conosciuta anche dal cliente finale, ma proprio per
garantire a quest’ultimo la qualità del prodotto è necessario che, in tutti gli anelli intermedi, ci sia la
cultura della qualità. Per un corretto rapporto cliente-fornitore è bene quindi che non sia solo il fornitore
ad avere un sistema di gestione per la qualità, ma anche il cliente deve necessariamente avere
conoscenza e cultura adeguata per instaurare correttamente i rapporti commerciali e contrattuali con il
suo venditore.
Questo naturalmente vale anche quando il cliente e il fornitore sono due strutture interne alla medesima
azienda. La gestione della qualità non deve essere, come purtroppo avviene di frequente, una
responsabilità della sola struttura di “controllo” o di “assicurazione qualità”, ma deve permeare le
strutture aziendali a tutti i livelli.
E’ indispensabile quindi che la vera cultura della qualità si diffonda capillarmente in tutte le attività
(manifatturiere, amministrative, gestionali, di formazione o di controllo di gestione ecc), perché in un
mondo così complesso ogni nostra azione è correlata a quella degli altri.
1.2 – Tipi e scopi della qualità
Esistano diversi tipi di qualità:
ξ Qualità attesa: è la qualità che fa riferimento agli standard qualitativi che il cliente ritiene adeguati. Ci si
aspetta di riceverla quale prestazione minima del prodotto/servizio. Le esigenze legate alla qualità
attesa possono essere espresse o meno (in questo caso si definiscono implicite). Le organizzazioni
devono essere molto brave nella fase di rilevazione della qualità attesa, perché è sulle necessità e sui
desideri del cliente che dovranno progettare la qualità che vogliono erogare.
ξ Qualità progettata: è la qualità che l’organizzazione si propone di raggiungere, cercando di tradurre le
esigenze del cliente in requisiti da soddisfare. Per progettare la qualità occorre darsi degli obiettivi di
performance e svilupparli al meglio nelle fasi del processo di progettazione/produzione o in quelle di
erogazione del servizio. Il divario tra ciò che si attende il cliente (la qualità attesa) e ciò che
l’organizzazione progetta di fornirgli (la qualità progettata) è un gap che può essere definito come gap di
comprensione. Questa mancanza di comprensione crea inevitabilmente grossi problemi che si
ripercuotono sul prodotto/servizio a valle.
Capitolo 1 La cultura della qualità
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ξ Qualità erogata: è la qualità associata a un prodotto/servizio al termine del processo produttivo o di
erogazione del servizio. Fa riferimento ai livelli qualitativi che sono stati realmente raggiunti e che
possono differire da quelli progettati. Il divario tra ciò che l’organizzazione ritiene che il cliente debba
ricevere (la qualità progettata) e ciò che l’organizzazione realmente fornisce (la qualità erogata), è un
gap definibile come gap di realizzazione.
ξ Qualità percepita: è la qualità che il cliente riscontra nel prodotto/servizio che gli viene fornito e che
esprime il suo grado di soddisfazione. Questa qualità si rivolge alla sfera dell’irrazionale, al mondo delle
sensazioni e dell’emotività del cliente, ed è una fase molto importante perché può fidelizzarlo o meno.
E’ necessario che l’organizzazione si attivi per conoscere il giudizio della clientela (tramite interviste
telefoniche, con l'invio di questionari per rilevare la soddisfazione, ecc.); il divario tra la qualità
effettivamente fornita dall’organizzazione e la percezione che di essa ha il cliente può essere definito
come gap di comunicazione.
ξ Qualità paragonata: è la qualità che il cliente confronta riferendosi a esperienze precedenti, al mercato
e soprattutto alla concorrenza.
Riguardo agli obiettivi perseguibili, possiamo affermare che l’applicazione della qualità persegue numerosi scopi
all’interno di un’organizzazione. Tra i principali ricordiamo:
ξ Dare evidenza della capacità di fornire, in modo continuo, prodotti e servizi corrispondenti ai requisiti e
affidabili;
ξ Sottolineare l’impegno dell’organizzazione nella ricerca continua del miglioramento;
ξ Fornire disciplina e organizzare meglio il lavoro. I controlli periodici portano necessariamente a un
controllo del proprio sistema di gestione e aiutano a far lavorare sempre nel modo migliore possibile;
ξ Essere di supporto nella standardizzazione e nell’ottimizzazione dei processi, migliorandone efficacia
ed efficienza e aumentandone la ripetitività;
ξ Supportare lo sviluppo delle risorse umane, incoraggiando tutto il personale a compiere in maniera
continua un processo di autovalutazione;
ξ Far diminuire il numero delle non conformità e dei costi interni, dovuti agli scarti o alle rilavorazioni e al
numero di controlli/ispezioni;
ξ Rendere disponibili i documenti che spiegano come svolgere al meglio le diverse attività, rendendo
meno frequenti eventuali cadute qualitative;
ξ Documentare le conoscenze aziendali, diventando così una risorsa anche per il “training” dei nuovi
assunti;
ξ Instaurare un maggiore senso di orgoglio nei confronti dei prodotti/servizi dell’organizzazione e un
senso di soddisfazione derivante da un lavoro ben fatto;
ξ Aiutare l’organizzazione a compiere una valutazione razionale e oggettiva del proprio parco fornitori;
ξ Aumentare la soddisfazione dei clienti, contribuendo ad allentare le visite di controllo;
ξ Utilizzare la certificazione come trampolino di lancio per iniziare il viaggio verso la qualità totale.
Capitolo 1 La cultura della qualità
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1.3 - I costi della non qualità
Il XXI secolo si sta configurando sempre più come un periodo di forte concorrenzialità a livello globale e di
grandi turbolenze politico-finanziarie. Fatto espressivo è che, perfino l’azienda automobilistica giapponese
Toyota, celebre per la “lean production” e per controlli della qualità assai elevati, ha annunciato la sua prima
perdita operativa in settanta anni di storia, dovuta principalmente al crollo delle vendite sul mercato americano.
In un tale sistema di elevata competizione è essenziale arrivare per primi o, in ogni caso, essere pronti a
fronteggiare la sfida dell'innovazione. Ottenere prodotti/servizi migliori comporta notevoli sforzi organizzativi e
un mix strategico di risorse umane, materiali, innovazioni tecnologiche e mezzi finanziari. Allo stesso modo, la
strategia primaria di un’azienda dovrà essere la crescita dei propri dipendenti, talora attraverso l’abbattimento di
quelle barriere di anzianità gerarchica che s’instaurano di consueto all’interno della stessa. Diviene, di fatto,
sempre più importante in termini di permanenza sul mercato perseguire l’eccellenza in tutti i processi aziendali,
altresì diviene fondamentale anticipare i problemi e creare dei sistemi adeguati a gestirli. Perseguire
l’eccellenza, tuttavia, significa accettare l’idea che un sistema di gestione per la qualità (SGQ) sia condizione
necessaria ma non sufficiente. Occorre combinare le azioni di miglioramento dei processi con l’innovazione dei
prodotti/servizi, sfruttando al meglio le soluzioni tecnologiche e manageriali emergenti e confrontandosi
costantemente con i propri competitori. E’ fondamentale inoltre il governo dei processi, sia interni sia esterni. La
qualità deve essere vista come investimento, come un qualcosa cioè che permetta di far risparmiare risorse alle
aziende. Molte organizzazioni credono, erroneamente, che la loro realtà sia diversa dalle altre e che la qualità
non possa quindi essere applicata. Ma questa è una valutazione errata, in realtà le norme ISO sono state
pensate appositamente per adattarsi a tutte le realtà organizzative, qualsiasi sia il settore di appartenenza
(aziende manifatturiere e di servizi, scuole, aziende ospedaliere, enti pubblici ecc). Il “Top management” di
un’azienda o di un ente dovrà tener conto, nella redazione dei piani d’impresa prospettici (divenuti ormai
strumenti essenziali e richiesti dagli istituti di credito e dai mercati finanziari), di cosa potrebbe accadere nel
caso si decidesse di tagliare i costi della qualità.
Tale termine in realtà è artificioso, perché la qualità fa risparmiare del denaro e non rappresenta quindi un costo
vero e proprio. Si dovrebbe piuttosto fare riferimento ai costi della non qualità, vale a dire a quei costi addizionali
derivanti dal non fare prodotti/servizi/processi nella maniera corretta. Un’organizzazione deve conoscere nel
dettaglio tutti i processi in essa presenti (interni ed esterni), facendo per ognuno di essi un’analisi dei costi legati
alle inefficienze (realizzando, altresì, una lista delle priorità e un’allocazione ottimale delle risorse per lo sviluppo
del progetto di miglioramento), così da poter avere uno spaccato chiaro e sintetico di quali debbano essere gli
interventi chiave nello sviluppo delle azioni di miglioramento.
A questo punto è opportuna una precisazione: i costi legati alla qualità possono essere classificati in costi per la
qualità e costi della non qualità.
I primi possono essere definiti come quegli investimenti finalizzati a produrre il bene, servizio o processo nel
modo qualitativamente ottimale, come ad esempio i costi concernenti:
ξ Progettazione e implementazione di un SGQ;
ξ Interventi sul design del prodotto;
ξ Formazione del personale;
ξ Pianificazione della qualità;
Capitolo 1 La cultura della qualità
21
ξ Controllo delle specifiche di prodotto/servizio;
ξ Pianificazione di una nuova commessa per la tracciabilità del prodotto,
ξ Valutazione della capacità dei processi;
ξ Accertamento del grado di conformità alle specifiche o ai requisiti (costi per controlli in accettazione, di
analisi dei dati, relativi alle verifiche dei prodotti e dei processi produttivi, etc.).
I costi della non qualità, al contrario, possono essere definiti come quei costi addizionali derivanti dal non fare le
cose nel modo giusto la prima volta, e aumentano esponenzialmente al passare del tempo. Tali costi sono
classificati in:
ξ Costi per imperfezioni rilevate internamente: sono causati dalle non conformità alle specifiche rilevate
all’interno dell’organizzazione e generano difetti che vanno eliminati prima della consegna del
bene/erogazione del servizio al cliente. Possibili esempi sono i costi per scarti, costi legati alle
rilavorazioni e alla confusione di ruoli e responsabilità, dovuti alla sovrapposizione dei ruoli, legati alla
nuova emissione di documenti, di settaggio e nuovi test, legati al maggiore impiego di materiali rispetto
alla norma e all’ispezione dei materiali ecc.
ξ Costi per imperfezioni rilevate esternamente: sono i costi rilevati dopo la consegna del prodotto o
erogazione del servizio al cliente. Come esempio è possibile citare i costi per la restituzione di prodotti
difettosi, di nuovo trasporto e sostituzione dei prodotti, associati alla gestione dei reclami, legati alla
perdita d’immagine del marchio e conseguente perdita di mercato, costi legati al pagamento in ritardo
ecc.
Ciò nonostante non tutti i costi della non qualità sono in prima analisi chiari ed evidenti. E’ essenziale, in realtà,
“mappare“ tutti i processi interni ed esterni all’organizzazione, misurare l’efficacia “As is” e “To be” dei processi,
analizzare le informazioni ottenute e predisporre un sistema di controllo sistematico dei processi. Ecco che
possiamo porre in essere le seguenti similitudini: i costi della non qualità possono essere divisi in costi evidenti
e occulti (o sommersi), non misurabili se non con un sistema organizzato di controllo dei processi applicato e
conosciuto a tutti i livelli dell’organizzazione (dal”Top management” alle linee di prodotto/servizio). I costi
evidenti sono abitualmente misurati e sono, a scopo esemplificativo, i costi legati agli scarti, al declassamento
dei prodotti, alle rilavorazioni e riparazioni, alle garanzie ecc. I costi occulti sono al contrario di più difficile
individuazione: un esempio sono i costi relativi a ordini persi, tempo d’ingegnerizzazione, aumento del
magazzino, problemi di consegna ecc.
In estrema sintesi, soltanto grazie all’introduzione di un sistema di gestione e controllo dei processi adeguato e
diffuso a tutti i livelli dell’organizzazione, nella sua accezione più completa, si è in grado di individuare, misurare
e ridurre tutti i costi di un’organizzazione ed essere in grado di fronteggiare la sfida globale della competizione.
Capitolo 1 La cultura della qualità
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1.4 - La resistenza al cambiamento e l’innovazione
1.4.1 – Introduzione
La società odierna è dominata sempre più da cambiamenti continui, legati sia al rapido sviluppo di nuove
tecnologie che alle modifiche degli scenari di mercato, dovuti alla continua evoluzione delle richieste dei clienti e
della creazione di normative e vincoli legislativi legati alla sicurezza. A fronte di ciò, è decisivo possedere la
capacità di cambiamento per consentire il mantenimento della competitività e dell’utilità delle organizzazioni che
operano nei vari mercati di prodotti e/o servizi. Certo è più facile, ma anche meno appassionante, dare per
assodate le proprie convinzioni senza fare la fatica di rimetterle in gioco, ma questo porta inesorabilmente a
ridurre l’originalità del contributo di ognuno. La flessibilità, intesa come capacità di rimettere continuamente in
gioco se stessi e il proprio modo di operare, è invece una delle poche attività che contraddistinguono
originalmente l’uomo e che lo fanno progredire sia come individuo sia come organizzazione, e quindi come
società.
Da un punto di vista personale, la capacità di cambiamento è certamente legata alla curiosità con cui il singolo
affronta la realtà che si trova di fronte, e quindi per prima cosa il proprio lavoro. L’apertura operativa rispetto alle
novità è la conseguenza di un atteggiamento positivo rispetto al proprio impegno quotidiano. Chi costruisce e
accetta il rischio, lo fa perché ha un’attesa positiva verso il futuro, tale approccio solitamente riguarda una
persona ma genera di fatto tutta una serie di spunti, suggerimenti e attenzioni sempre nuove anche al livello
delle organizzazioni. Nessuna struttura, metodo, o procedura può sostituire tale caratteristica originale. Il ruolo
principale del metodo o degli strumenti più evoluti di approccio al cambiamento continuo è quello di catalizzare
le capacità dei singoli, ordinarle e rendere ogni iniziativa intrapresa ragionevole.
Si potrebbe sinteticamente dire che l’approccio al miglioramento vive sia di curiosità sia di dubbio: curiosità
come sguardo aperto e attento alle cose e dubbio come approccio critico (nel senso scientifico del termine)
rispetto a ciò che si propone come novità.
L’atteggiamento di opposizione al cambiamento si sviluppa in vari modi: disaccordo sull’esistenza di un
problema, sul modo con cui risolverlo, sugli effetti negativi che il cambiamento porterà o sui problemi legati alle
risorse necessarie per implementare una soluzione.
Come già accennato, tali opposizioni non sono da considerare come aspetti negativi ma fanno parte di quello
spirito critico e non ideologico che è il secondo fattore che concorre allo sviluppo di un vero miglioramento. Se
da un lato, infatti, c’è bisogno di una certa libertà creativa, dall’altro c’è anche bisogno di valutare e verificare nel
modo più oggettivo possibile i vantaggi e gli svantaggi che ogni proposta di cambiamento porta con sé. Il vero
problema è che l’aspetto creativo e quello pragmatico sono spesso vissuti nelle organizzazioni come
contrapposti, così che lo “status quo” sembra doversi difendere con fermezza dalle nuove idee. L’aspetto
creativo sembra agire con frustrazione a causa dei numerosi vincoli che una specifica realtà e tradizione
aziendale impongono.
Dal mio punto di vista è proprio questo il vero problema da affrontare: l’esperienza ci insegna che la vera
creatività si sviluppa sempre dentro un ordine. Da questo punto di vista appare evidente come i vincoli, le regole
e la tradizione non limitano la creatività ma al contrario sono il punto di partenza da cui può nascere e
svilupparsi ogni miglioramento e ogni attività innovativa.
Capitolo 1 La cultura della qualità
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Terminando si può affermare che l’origine vera dell’apertura al cambiamento è un qualcosa che parte
dall’individuo, ma ha bisogno di un approccio critico in modo da portare avanti nello sviluppo solo le innovazioni
e le proposte di cui si riesce a dimostrare la validità e ragionevolezza.
1.4.2 – Come vincere la resistenza al cambiamento
Il cambiamento è un fenomeno ricorrente nella nostra esperienza, sia personale sia di vita aziendale.
Ciononostante cerchiamo spesso di opporgli resistenza perché cambiare è faticoso e interrompe i ritmi e gli
equilibri che fanno parte delle nostre abitudini. Le indicazioni di seguito fornite configurano un processo ideale,
applicabile a tutti i progetti di cambiamenti indipendentemente dalla loro portata e dalle dimensioni aziendali.
Non sempre si renderà necessario adottare tutti gli accorgimenti elencati: saranno il buon senso e l’esperienza
a suggerire quelli opportuni. Un’indicazione generale per il “manager” consiste nel combinare cambiamenti
importanti, che richiedono tempo, con altri i cui risultati si possano vedere rapidamente, tenendo sempre alta la
tensione del personale verso l’obiettivo finale. I principali fattori che concorrono a far superare la resistenza al
cambiamento sono tre:
1. Il coinvolgimento del personale;
2. La comunicazione;
3. Il project management.
Analizziamo separatamente i tre aspetti sopra elencati:
1. Il coinvolgimento del personale
I progetti sono gestiti dalle persone, che, secondo il loro livello di coinvolgimento, determinano il successo o
l’insuccesso di qualsiasi iniziativa. Di frequente però si tende a dimenticare o non tenere nella giusta
considerazione questo elemento. Mentre le organizzazioni sono solitamente molto attente a verificare che i
propri piani di sviluppo siano in sintonia con la realtà tecnologica e finanziaria, spesso sottostimano l’importanza
di adeguare la scelta e lo sviluppo delle risorse umane alle strategie.
Per fare in modo che il personale non ostacoli il raggiungimento degli obiettivi prefissati, ma anzi lo faciliti,
occorre poterlo gestire in primo luogo scegliendo le persone giuste.
È dunque necessario valutare attentamente attitudini, personalità e potenziale delle persone chiavi, chiarendo
cosa ci si aspetta da chi deve svolgere un determinato ruolo, se le sue caratteristiche lo rendono idoneo a
soddisfare le attese e attraverso quali accorgimenti si debba gestire. Per farlo esistono sul mercato alcune
metodologie, dotate di solidi fondamenti scientifici e supportate da strumenti informatici, che consentono di
compiere queste valutazioni con precisione e con soddisfazione degli interessati. Il fatto che l’azienda dimostri
di dedicare tempo e risorse alla valutazione condivisa delle caratteristiche personali dei singoli, è di per se un
importante fattore di motivazione in progetti di riorganizzazione organizzativa.
Anche le persone giuste però, per sentirsi coinvolte, devono essere informate sugli obiettivi da raggiungere, sui
loro livelli di autonomia, con chi devono interagire, in che modo e sull’andamento del progetto.
Capitolo 1 La cultura della qualità
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2. La comunicazione
La comunicazione avviene attraverso le parole e i comportamenti, che non devono mai essere in contraddizione
o disattesi. Occorre comunicare tutte le volte che avviene o sta per avvenire un cambiamento significativo e
quando si devono dare aggiornamenti su un progetto a suo tempo illustrato.
Per essere efficace, la comunicazione va fatta non appena si è assunta una decisione o è accaduto un fatto. In
particolare quando si tratta di cambiamenti, il personale ha sempre curiosità e domande alle quali sarebbe bene
dare risposta: è per questo che alla comunicazione scritta, che è impersonale e non consente l’interattività, è da
preferire l’interazione orale.
La soluzione migliore è effettuare uno o più incontri nei quali la direzione illustra la situazione e le prospettive,
seguiti da periodici aggiornamenti. Se lo stile aziendale non prevede riunioni di questo tipo, almeno dei
tempestivi comunicati scritti si rendono necessari. È molto importante anche stabilire a chi comunicare: di solito
è sufficiente coinvolgere i primi due livelli dalla struttura, ma si dovrebbe instaurare in azienda la consuetudine
di tenere incontri di questo tipo ai diversi livelli in modo che tutti siano informati e coinvolti. Secondo la
complessità e articolazione dell’organigramma, sarà cura dei responsabili informare i propri collaboratori.
3. Il project management
Il primo passo da fare quando si realizza un progetto è determinare il ruolo dei singoli assegnando obiettivi
chiari, condivisi e, tutte le volte in cui è possibile, misurabili.
A questo riguardo, se è compatibile con le politiche aziendali, sarebbe opportuno inserire questi obiettivi in un
progetto di MBO (Management by objectives), che fornisce un chiaro elemento di motivazione di tipo
economico.
Diventa particolarmente indicativa la figura del capo progetto, di cui occorre ufficializzare la nomina, i compiti e
le deleghe; il suo ruolo è di garantire l’attuazione di tutte le iniziative per gestire il cambiamento e predisporre i
report per monitorare i passi verso il risultato finale.
Fondamentale a questo riguardo è il controllo dell’avanzamento e la predisposizione di eventuali azioni
correttive in collaborazione con la direzione.
Un utile accorgimento per tenere alta la motivazione è il pianificare traguardi intermedi, di cui "celebrare" il
raggiungimento, consolidando poi i risultati ottenuti.
1.5 - La pianificazione della qualità
La prima parte di questo paragrafo è dedicata alla comprensione del concetto di pianificazione della qualità per
il “Six Sigma”. Tale concetto è dominato dalla variabilità dei processi e dei prodotti: poiché questa riduce la
capacità e l’affidabilità’ dei processi, va riconosciuta e quindi combattuta. E’ necessario pertanto risalire alle
cause della variabilità, che in alcuni casi sono decisioni non corrette prese a livello direzionale, e quindi
pianificare delle attività atte a ridurre l’impatto della variabilità nei propri processi produttivi.
La seconda parte del paragrafo è invece dedicata al “Lean Thinking”, un modo di pensare che ha mosso gran
parte del lavoro e che tende ad accrescere la flessibilità dell'impresa attraverso un ripensamento dell'intero
flusso di creazione del valore, dalla progettazione fino alla gestione degli ordini.
Capitolo 1 La cultura della qualità
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1.5.1 – Concetto di “Six Sigma”
Le aziende di oggi operano in un ambiente di concorrenza esasperata, caratterizzata da un continuo
conquistare e perdere quote di mercato. Spesso la perdita di quote e di performance è imputabile alle difficoltà
cicliche del mercato e alle mutate condizioni esterne derivanti dai processi di globalizzazione. La sfida consiste
nel riconoscere che in molti casi, organizzandosi opportunamente, si potrebbero affrontare i problemi in modo
diverso, ottenendo risultati interessanti anziché insuccessi.
Nel tempo sono stati definiti svariati approcci di tipo globale (assicurazione qualità, “Total Quality Management”,
ecc.) per fare in modo che tutta l’azienda possa avere una struttura e degli strumenti metodici adeguati per
evidenziare con chiarezza e in tempo utile le difficoltà, affrontarle nel modo giusto e risultare così in vantaggio
rispetto alla concorrenza.
Tali concetti sono dominati dalla variabilità dei processi e dei prodotti. L’output di qualsiasi processo è, infatti,
soggetto a una variabilità di tipo naturale e operazionale che deve essere mantenuta all’interno di un “range”
deciso dai progettisti o dai clienti che stabiliscano le specifiche contrattuali. Compito degli uomini che gestiscono
il processo è di mantenerlo in una condizione di variabilità naturale, ovvero una condizione nella quale ogni
causa di variazione è di tipo statistico e non legata a fattori speciali. E’ necessario pertanto risalire alle cause
della variabilità, che in alcuni casi sono decisioni non corrette prese a livello direzionale, e quindi pianificare
delle attività atte a ridurne l’impatto nei processi produttivi.
L’implementazione di un buon sistema di qualità ISO9000 non è assolutamente il massimo che un’azienda può
aspirare ad avere, ma può servire come primo gradino per modelli più evoluti. Con tale termine intendiamo dire
avere modelli più remunerativi ed efficienti nel raggiungere l’obiettivo della soddisfazione del cliente e del
mercato, permettendo principalmente di ottenere queste caratteristiche:
ξ Prodotti più affidabili;
ξ Rapida innovazione della gamma di prodotti;
ξ Nuove tecnologie;
ξ Costi più bassi di prodotto;
ξ Maggiore organizzazione aziendale;
ξ Migliore servizio.
Il più evoluto approccio a oggi esistente è il sei sigma che, adottato inizialmente da aziende di grande spessore
mondiale (GE, Motorola, Toyota ecc.), si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo. Esso rappresenta la
strategia più aggiornata e completa e ingloba in sé praticamente tutti i principi e le metodologie degli approcci
precedenti, avvalendosi non solo di un sistema coerente di strumenti metodologici, ma anche di una struttura
organizzativa appropriata. Concettualmente il sei sigma trova i suoi presupposti nell’approccio del ciclo PDCA
(Plan, Do, Check, Act) di Deming, e cerca di coniugare la tendenza europea al miglioramento tramite
cambiamenti sistematici (breakthrough), con l’approccio giapponese al miglioramento continuo perseguito
attraverso “piccoli passi”.