approccio argomentativo a favore dell'istituzione di un diritto di
immigrazione che potremmo chiamare “argomento fondato sul bisogno”.
2
Questo tipo di approccio fa derivare il diritto di un individuo di passare il
confine di una nazione dalla differenza tra la sua condizione economica e il
tenore di vita medio della nazione, postulando una sorta di giustizia
distributiva globale, ovvero il diritto di ogni cittadino della parte più
sfortunata mondo (sia in termini di p.i.l., sia sopratutto in termini di
implementazione di diritti sociali) a godere delle condizioni di vita della
parte più agiata e quindi il dovere dei governi delle nazioni che
compongono quest'ultima di distribuire il più equamente possibile le
ricchezze che possiedono in abbondanza, accogliendo di conseguenza tutti
gli indigenti che chiedono di partecipare ai meccanismi di giustizia
distributiva che essi hanno istituito per i propri cittadini.
Questa linea argomentativa è problematica su più livelli.
Per prima cosa, essa, assumendo che ognuno abbia diritto a usufruire dei
beni e dei servizi offerti da uno stato, presuppone che venga meno uno dei
significati principali del concetto di cittadinanza, ovvero la distinzione tra
coloro che sono appartenenti alla comunità politica e coloro che non lo
sono.
3
Un diritto di immigrazione così inteso quindi entra apertamente in
conflitto con il diritto di ogni stato di redistribuire la propria ricchezza ai
propri cittadini, in quanto prodotto della collaborazione degli stessi,
nell'esercizio del diritto individuale di libera associazione. Proporre di
distribuire universalmente tale ricchezza creata all'interno di una comunità
dei confini ben precisi significa non tenere conto della sua origine.
2 Si veda: V. Ottonelli, “Diritto di Immigrazione e Libertà di Movimento”, in Filosofia e
Questioni Pubbliche, VIII, 2003, pp. 95-130 per la formulazione di questa definizione e
per una bibliografia su questo tipo di trattazione.
3 Ivi, p. 99.
5
Possiamo definire questa tesi “tesi delle specificità dei beni di
cittadinanza”.
4
Ovviamente questa linea argomentativa non è esente da possibili
obiezioni;
5
d'altro canto però l'universalismo totale e incondizionato su cui
si regge l'argomento fondato sul bisogno, che nega che gli stati possano
riconoscere ai propri cittadini diritti particolari in aggiunta a quelli
fondamentali riconosciuti a tutti gli uomini, non gode certo di un diffuso
consenso.
6
Un altro motivo per cui l'argomento in esame non sarebbe un valido
fondamento per un diritto è il fatto che esso presuppone un dovere di
assistenza nei confronti dei più bisognosi basato su considerazioni
eticamente controverse che dovrebbero essere lasciate fuori da un discorso
di questo tipo, in quanto un diritto umano, aspirando a essere condiviso il
più largamente possibile, deve essere fondato su tesi morali largamente
condivise.
Oltre a questo problema, fondare un diritto sulle necessità di natura
economica dei destinatari è controproducente in quanto ne risulterebbe un
diritto condizionato, valido solo in certe situazioni peraltro difficilmente
definibili.
La categoria del rifugiato economico, infatti, è una categoria pseudo -
antropologica che si basa su una generalizzazione induttiva indebita di
un'immagine dell'immigrato basata su un punto di vista parziale e carico di
contenuto emotivo (peraltro non privo di connotati razzisti), altro elemento
che andrebbe tenuto fuori da un discorso che aspira ad avere un carattere il
4 J. Buchanan, “A Two-Country Parable”, in W.F. Schwartz, a cura di, Justice in
Immigration, Cambridge University Press, Cambridge, 1995, pp. 63 – 66.
5 A esempio Habermas obbietta sulla legittimità della pratica degli stati di conferire
privilegi ai propri cittadini e, contemporaneamente, determinare i criteri di inclusione
della comunità politica. J.Habermas, “Citizenship and National Identity: Some
Reflections on the Future of Europe”, in Praxis International, 12, 1992, pp. 1-19.
6 Ottonelli, “Diritto di Immigrazione e Libertà di Movimento”, op. cit., p. 101.
6
più possibile scientifico.
Mi sto riferendo all'immagine, molto diffusa, dell'immigrato totalmente
privo di risorse materiali e culturali, bloccato in uno stato di perenne
minorità (una mera bocca da sfamare, possiamo dire).
7
Per tutti questi motivi che ho brevemente elencato, cercare di fondare un
diritto di immigrazione su un bisogno economico pare essere una strada in
salita.
Una linea argomentativa molto meno problematica, in quanto rimane
all'interno del campo concettuale dei diritti umani senza pericolose
divagazioni, può essere quella che parte dall'analisi della libertà di
movimento come diritto umano fondamentale e deriva
dall'implementazione di quest'ultima il diritto di spostarsi liberamente
attraverso le frontiere.
Un problema molto importante è però messo in luce dal brano di Carens:
permettere o meno il libero passaggio attraverso i confini non è una
questione puramente di teoria e pratica politica; le conseguenze che
derivano dalle decisioni che vengono prese in materia non influiscono
esclusivamente sui rapporti tra stati o su questioni di politica interna, ma
decidono, molto concretamente, del grado di violenza che viene esercitato
su i più sfortunati tra coloro che vorrebbero attraversare tali confini, come
testimonia la storia di ogni paese di immigrazione.
Lo scopo di questo elaborato è fornire una giustificazione del diritto
umano fondamentale di entrare in qualunque territorio senza essere impedito
nel proprio movimento dai funzionari dello stato che ne presiede al
controllo, ricavando tale diritto come conseguenza della libertà di
movimento.
7 Per una trattazione sociologica esauriente della percezione dell'immigrato si veda: A.
Dal Lago, Non Persone. L’Esclusione dei Migranti in una Società Globale, Feltrinelli,
Milano, 1999.
7
Per fare ciò, analizzerò gli argomenti di chi vede in tale libertà una
priorità fondamentale dell'uomo e di chi invece la considera subordinata ad
altri diritti.
Per venire a capo di questa contraddizione, esporrò una teoria dei diritti
umani, quella di Nickel, che gode di un diffuso consenso, integrandone ed
approfondendone alcuni punti con le argomentazioni offerte da Henry Shue
e Jack Donnelly.
Successivamente, sulla base di questa teoria, dimostrerò la necessità per
un insieme funzionale di diritti umani di comprendere il diritto alla libertà di
movimento internazionale e il diritto all'immigrazione, verificando il primo
tramite lo schema giustificativo nickeliano e ricavando il secondo dal diritto
di emigrazione riconosciuto dalla Dichiarazione Universale.
Infine tratterò un problema molto grave ed attuale e strettamente
collegato alla questione dei diritti di cui tratta questo elaborato, ovvero
quello della coercizione attuata dagli stati nel controllo dei confini.
Come vedremo, tali atti di coercizione non sollevano esclusivamente
problemi di natura etica ma anche di teoria politica e democratica.
8
Primo capitolo: il dibattito sulla libertà di movimento.
I. Shue e l'importanza di muoversi liberamente.
Visto che al giorno d'oggi tendenzialmente nessuno argomenta in favore
della schiavitù o dell'apartheid, l'idea che la libertà di muoversi senza
costrizioni fisiche o di spostarsi liberamente su un territorio sia un diritto
inalienabile dell'essere umano è difficilmente messa in discussione.
La controversia su tale libertà, semmai, verte sulla priorità che essa deve
avere su altre libertà analoghe; ci si chiede se debba essere considerata alla
stregua dei diritti umani più importanti e quindi siano necessari urgenti
sforzi per difenderla laddove essa sia anche minimamente violata, oppure se
la sua implementazione sia subordinata a quella di altre libertà e di altri
diritti (più avanti tratterò la questione della teoria dei diritti umani
utilizzando una terminologia più precisa; per adesso si prendano formule
vaghe come “minimamente violata” in un'accezione puramente intuitiva e di
senso comune).
Henry Shue appartiene sicuramente al primo gruppo di autori:
[...] La libertà di movimento è l'assenza di vincoli arbitrari su parti
del proprio corpo, come corde, catene e camice di forza sui propri arti,
e l'assenza di vincoli arbitrari sul movimento del proprio corpo da un
posto ad un altro, come l'imprigionamento, l'arresto domiciliare e le
leggi di passaggio (come in Sud Africa), perlomeno entro confini
regionali.
8
8 H. Shue, Basic Rights: Subsistence, Affluence and the U.S. Foreign Policy, Princeton
University Press, Princeton, 1996, p. 78.
9
La libertà di movimento è quindi per Shue semplicemente la libertà da
impedimenti fisici arbitrari (precisazione necessaria in quanto sospendere
questa e altre libertà in caso, ad esempio, di incarcerazione dopo un giusto
processo non si considera una violazione): oltre al valore che intuitivamente
questa libertà possiede di per sé, l'autore la considera un diritto
fondamentale (“basic right”) in quanto condizione necessaria all'esercizio di
ogni altro diritto:
Essere privati della libertà di movimento fisico significa essere
privati dell'indipendenza essenziale a quel tipo di autodifesa
necessaria in quanto parte di ogni adeguata istituzione per
l'adempimento del dovere di proteggere. Nel caso in cui uno non sia in
posizione di avanzare richieste (in quanto privato della libertà di
movimento) o nel caso in cui uno non abbia a disposizione canali
attraverso cui veicolarle (in quanto privato della libertà di
partecipazione), uno non può efficacemente rendere note – o, cosa più
importante, organizzare una difesa contro – fallimenti
nell'adempimento dei doveri di evitare, di proteggere, di aiutare.
Pertanto, la libertà di movimento fisico, come la libertà di
partecipazione economica e politica, è un diritto fondamentale, in
quanto il godimento di essa è parte integrale del godimento di
qualunque altro diritto.
9
Nel caso in cui tale libertà non fosse riconosciuta, infatti, l'oggetto di
molti altri diritti potrebbe essere comunque accessibile, ma la sua fruizione
sarebbe una mera concessione e non esisterebbe la possibilità di difendersi
9 Ivi, p. 81.
10
da un'eventuale privazione. Si pensi ad esempio alla situazione di un
carcerato (indipendentemente dal fatto che la sua incarcerazione sia giusta o
arbitraria) che voglia dipingere quadri o comporre musica, esercitando il
proprio diritto di libera espressione: l'accesso ai materiali di cui avrà
bisogno dipenderà dall'arbitrio dei responsabili della prigione, non potendo
procurarseli di persona.
Questa definizione determina con chiarezza l'importanza della libertà di
movimento per il godimento di condizioni di vita minimamente decenti.
Il suo carattere estremamente generale, però, se da un lato ha il pregio di
una grande intuitività, dall'altro lascia indeterminati, volutamente, casi
limite che necessiterebbero di una trattazione approfondita, come il
problema della leva militare obbligatoria o, più interessante ai fini di questo
scritto, il problema del diritto di immigrazione.
Scrive infatti Shue:
Il problema è il diritto di emigrazione e il relativamente trascurato
ma necessariamente collegato diritto di immigrazione. Io,
semplicemente, non ricercherò qui la risposta a domande circa lo
status di queste ulteriori libertà, ma guarderò brevemente al caso più
semplice: la libertà di movimento entro l'area generale in cui uno si
trova già a vivere.
10
Shue probabilmente ha deciso di tenere fuori la questione della libertà di
movimento tra stati e del diritto di immigrazione per non allontanarsi
eccessivamente dal focus della sua argomentazione, ma noi possiamo
chiederci se dal suo punto di vista il riconoscimento di tale libertà sarebbe
legittimo.
10 Ivi, p. 79.
11
Shue dà questa definizione di diritto:
Un diritto morale fornisce le basi razionali per la richiesta
giustificata di garantire socialmente il godimento effettivo di una
sostanza contro minacce standard.
11
Con “sostanza” si intende quella che dà il nome al diritto (esempio: la
sostanza del diritto di voto è il voto) e con “minacce standard” si intendono
quelle minacce al godimento di tale diritto che sono più facilmente
prevedibili e che si verificano con maggiore frequenza.
I diritti fondamentali sono associati a minacce standard comuni a tutti i
diritti generalmente riconosciuti: ad esempio, essere costretti a stare in casa
per un rischio concreto di aggressioni non è solo una minaccia standard per
il diritto alla sicurezza, ma anche per ogni diritto politico (se non posso
uscire di casa non potrò votare, banalmente).
In altri termini, i diritti fondamentali per Shue sono quelli la cui
soddisfazione è condizione per quella di ogni altro diritto.
In questo senso il valore strumentale della liberà di movimento delle
persone sulla faccia della terra è sostenuto da Roger Nett già nel 1971:
12
secondo l'autore, infatti, i diritti umani non possono essere riconosciuti
singolarmente, ma costituiscono dei “set funzionali di diritti”,
13
che
corrispondono alla protezione di esigenze tra esse collegate.
Scrive infatti Nett:
Se il set di diritti non è funzionalmente completo, cosa c'è bisogno
11 Ivi, p. 13.
12 R. Nett, “The Civil Rights We Are Not Ready for: The Right of Free Movement of
People on the Face of Earth”, in Ethics, Vol. 81 N. 3, 1971, pp. 212 – 227.
13 Ivi, p. 217.
12
di aggiungere ai diritti che riconosciamo ora allo scopo di costituire un
set funzionante?
14
Secondo Nett, in futuro, il diritto al libero movimento delle persone sulla
faccia della terra sarà riconosciuto come risposta unanimemente condivisa a
questa domanda anche se oggi è considerato controverso o difficilmente
implementabile, esattamente come in passato è stato il caso del diritto alla
libertà di religione, di parola o del diritto di voto.
[...] Le strutture delle aspettative e delle opportunità (o risorse)
sono cambiate, e, come abbiamo appena notato, potrebbe essere
irrilevante avere la possibilità di parlare liberamente circa la propria
fame o la mancanza di altre risorse, qualora i mezzi per correggerla
non siano disponibili. Cambiare solo una delle variabili chiave, dando
la possibilità di spostarsi alle persone che desiderino farlo, sarebbe
una soluzione molto efficace per la funzionalità del set di diritti.
15
Più recentemente, anche Pecoud e Guchteneire sostengono in termini
analoghi il valore strumentale della libertà di movimento nei confronti
dell'implementazione degli altri diritti fondamentali:
Elaborare un diritto alla mobilità non consiste nell'aggiungere un
diritto in più ad una lunga lista di diritti; piuttosto, consiste
nell'alimentare il rispetto per i diritti umani esistenti.
[...] In un mondo di globalizzazione economica e madornali
diseguaglianze socioeconomiche, i diritti umani alla libera scelta di
14 Ivi, p. 218.
15 Ibidem.
13