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livelli:
y Socio-economico
y Culturale
y Individuale o familiare
Nella mia realtà ho voluto realizzare un tipo di intervento di utilità
sociale e impegno civile che si inserisce nell’ottica della prevenzione
del disagio psico-sociale-giovanile: la nascita di un gruppo di Auto-
mutuo-aiuto composto da adolescenti d’età compresa tra i 12 e i 18
anni a cui ho dato il nome “Una carezza nell’anima”.
In molti contesti locali si comincia ad esigere e riconoscere la
necessità di comunità sane e ben organizzate per migliorare la qualità
della vita di chi ne fa parte. Da qui nasce l’idea del lavoro di comunità
come processo tramite cui si aiutano le persone a migliorare i loro
contesti di appartenenza attraverso iniziative collettive. Si può notare
l’importanza oggi del community work
4
, ma non solo lavorare con la
comunità ma soprattutto per la comunità entrando in rapporto di
collaborazione con i decisori politici e con le organizzazioni che
operano sul territorio nell’ottica del lavoro di rete e dell’empowerment
della comunità stessa. È all’interno del lavoro per la comunità che si
inserisce la prospettiva dell’Auto-aiuto o meglio la comunità che si
aiuta da sé, utilizzando la metodologia del Modello Sistemico
Relazionale
5
che si sta proponendo negli ultimi venti anni come
4
Approfondimento testo in: A. Twelvetrees, “Il lavoro sociale di comunità.Come costruire
progetti partecipati”, Erickson, Trento 2006
5
Approfondimento testo in: M. T. Zini, S. Miodini, “Il gruppo come uno strumento di intervento
nel sociale”, Carocci, Roma, 1999
3
riferimento teorico specifico per il Servizio Sociale. Questo approccio
riconosce l’individuo come sistema aperto sottolineando l’importanza
del contesto di appartenenza nello sviluppo delle condizioni di
disagio.
L’originalità dell’idea progettuale risiede nella nascita del gruppo di
Auto-Mutuo-Aiuto in un ambito psico-socio-pedagogico
fondamentale come prevenzione e promozione del benessere
individuale e collettivo, avente in breve i seguenti obiettivi:
y Aumentare il grado di autonomia e responsabilità nella relazione
tra pari;
y Sviluppare collaborazione e solidarietà tra i partecipanti
arricchendoli di esperienze e di apprendimenti relazionali;
y Considerare l’utente come prima risorsa iniziale di sé stesso.
Attraverso il gruppo di Auto-mutuo-aiuto si vogliono offrire agli
adolescenti occasioni di aggregazione, maggiori opportunità di
inserimento sociale e prospettive per il futuro.
Uno strumento fino ad oggi poco utilizzato è appunto il gruppo di
Auto-mutuo-aiuto, scrivono Zini e Miodini: “è il gruppo in cui gli
utenti si auto-gestiscono, gruppo in cui la relazione stessa tra le
persone è una risorsa in grado di offrire aiuto”
6
.
6
Ibidem p. 83
4
Oggi questa modalità sta recuperando spazio e riconoscimento
soprattutto nei contesti della solidarietà e del sostegno reciproco tra
soggetti in difficoltà. Il gruppo di Auto-mutuo-aiuto favorisce il
mantenimento del benessere sociale
7
, il quale costituisce la
dimensione qualitativa della sopravvivenza.
Fondamentali sono quindi gli argomenti trattati per la formazione dei
giovani e per dare loro supporto emotivo, affettivo, ma anche
informativo e culturale.
I temi che vengono affrontati nei relativi laboratori previsti
riguardano: il disagio emotivo, il rapporto genitorialità-figli, i disturbi
alimentari, l’educazione alla sessualità.
Innovative sono soprattutto le metodologie pedagogiche utilizzate
come: l’ascolto attivo, la peer education, il circle time, l’educatore di
strada.
Ma ciò che mi ha spinto alla progettazione di questo iter sono
soprattutto le motivazioni, che risiedono nella particolare situazione
socio-economica della regione Calabria. In alcune zone della Piana
di Gioia Tauro (RC) nella quale si inserisce il comune di
Cinquefrondi, sede dell’area progettuale, si riscontrano stati di
considerevole deprivazione e abbandono sulla formazione dei giovani,
per mancanza di infrastrutture ma anche per l’assenza, nell’80 % dei
comuni del comprensorio territoriale, dei servizi sociali. Inoltre la
Piana di Gioia Tauro è afflitta da forme di economia criminale, da
emigrazione giovanile che impoverisce ulteriormente il tessuto sociale
e culturale. Prendendo visione della “Bozza del Piano regionale degli
7
Approfondimento testo in: F. Folghereiter, “Operatori sociali e lavoro di rete”, Erickson,
Trento,1990
5
interventi e dei servizi sociali da attuare nel triennio 2007-2009,”
8
in
conseguenza della legge n. 328 del 2000, “legge quadro per la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”,
prendendo atto anche del Piano Nazionale degli interventi e dei servizi
sociali 2001-2003 che prevede il rafforzamento dei diritti dei minori e
del Piano Territoriale per l’infanzia e l’adolescenza regolato dalla
legge regionale del 2004 n.28 , il Piano di Zona prevede la messa in
opera di:
y Luoghi di ascolto gestiti da operatori esperti
y Gruppi appartamento
y Gruppi di auto-mutuo-aiuto
Perciò la regione attraverso la Carta dei servizi, quest’ultima
rifacendosi alla legge n. 328 del 2000 e alla legge regionale n. 23 del
2003 prevede che ogni comune debba adottare una propria carta dei
servizi sociali dove dovranno essere realizzate le seguenti attività:
y Azioni di promozione dell’associazionismo sociale
y Promozione dei servizi di prossimità e di auto-mutuo-aiuto
Per esprimere la progettualità dell’iter bisogna costituirsi in
8
N. De Gaetano, “Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali e indirizzi per la definizione
dei piani di zona”, Bozza giugno 2007
6
associazione di promozione sociale e la regione offre cosi la
possibilità di partecipare all’appalto -concorso, inoltre la regione come
specificato nel Piano di Zona istituirà nell’arco del triennio 2007-2009
degli albi regionali di soggetti autorizzati all’esercizio dei servizi
socio-assistenziali.
Il progetto dunque è nato dalla necessità di una sinergia tra i servizi
sociali, il mondo della scuola, la comunità di appartenenza, per
promuovere un’azione di rete rivolta alla prevenzione del disagio
psico-sociale giovanile.
Pertanto considero qui opportuno illustrare il percorso progettuale che
si articola in quattro fasi:
- L’esplorazione e l’approfondimento del disagio psico-sociale
giovanile e le diverse risposte degli adulti, per capire attraverso quale
modalità educativa gli adulti si rapportano al mondo giovanile;
- L’analisi del contesto territoriale e la progettazione partecipata,
attraverso il Piano di Zona, che rappresenta lo strumento principale
per tale progettazione in quanto racchiude in sé le strategie per
migliorare l’organizzazione della comunità locale e favorire lo
scambio relazionale;
-La descrizione dell’idea progettuale, ossia la descrizione delle risorse
umane, le motivazioni a base della proposta, le caratteristiche del
servizio che si intende realizzare, le attività ed azioni attraverso le
7
quali si svolge il progetto.
-Una breve indagine sulla qualità della vita vista dai giovani, con la
somministrazione del questionario a risposte chiuse che ha coinvolto i
ragazzi/e dai 12 ai 21 anni sia della scuola Media Via Mammola di
Cinquefrondi sede dell’idea progettuale, sia del Liceo Scienze Sociali
“L. Marafioti” di Polistena e l’Istituto Tecnico-Industriale Statale di
Polistena. L’ obiettivo è quello di capire quali sono i problemi che i
giovani sentono maggiormente sulla propria pelle, la solitudine e il
senso di smarrimento, la mancanza e l’allontanamento delle figure
genitoriali ed educative, la scarsa attenzione e la svalorizzazione dei
bisogni adolescenziali.
8
CAPITOLO 1
IL DISAGIO PSICO-SOCIALE GIOVANILE E LE RISPOSTE
DEGLI ADULTI.
L’universo adolescenziale è oggi oggetto di numerose ricerche e
contributi. Analizzando il termine dal punto di vista etimologico la
parola adolescenza deriva dal latino ''adolescere''
9
che significa
crescere, ma contiene in sé anche il termine dolore. Infatti crescere è
un processo lungo e faticoso che si snoda attraverso processi psichici.
Mi è venuto in mente un passo di un romanzo per me significativo
durante la mia crescita, si tratta del libro Due di due di Andrea de
Carlo, lo scrittore descrive con abilità e scioltezza le sensazioni di due
amici che si ritrovano per narrarsi e rielaborare i vissuti adolescenziali
attraverso la costruzione di una nuova identità come narrazione. De
Carlo scrive: ''...era un periodo in cui una cosa succedeva e subito
dopo era evaporata; come se non ci fosse mai stata...quello che mi
viene in mente sono stati di sonnolenza, attesa e mancanza di ritmo,
riflessioni circolari, immagini frammentarie, discorsi imprecisi,
sguardi a distanza, incontri rimandati. A volte cercavo di capire cosa
avrei voluto una volta uscito da questo stadio indefinito, ma non
arrivavo mai ad una conclusione attendibile. A volte mi guardavo
nello specchio del bagno e cercavo di intuirlo dall'evoluzione dei miei
lineamenti...lasciavo passare il tempo più che altro e mi sembrava che
passasse con una lentezza incredibile...È stato un processo lento, nella
9
G. Devoto, G. Oli, “Dizionario della lingua italiana”, Le Monnier, Firenze, 1995
9
chimica lenta di quel periodo, quando tutto si trasformava in modo
difficile da percepire… ”
10
Appare chiaro come l’adolescenza inizialmente possa essere
considerata un vero e proprio momento di crisi, repentine
trasformazioni, incertezze sul domani, confusione su ciò che accade.
Basta pensare alla fretta di rendersi autonomi di alcuni adolescenti, le
forme di conflittualità con i genitori, i problemi relazionali con l’altro
diverso da sé.
L’adolescenza è caratterizzata perciò da momenti di fragilità, disagio,
in quanto l’adolescente oscilla tra il desiderio di autonomia da una
parte e il bisogno di protezione dall’altro, il rifiuto del passato
infantile e nello stesso tempo la paura di proiettarsi avanti. Scrive
Kohut (1971): “la idealizzazione dei genitori e il venir meno della
fiducia assoluta che il figlio poneva in loro, e dunque l’impossibilità di
guardare il mondo con i loro occhi, a tale perdita di per sé già
lacerante si aggiunge la perdita dell’immagine del sé infantile…si
tratta di operazioni psichiche complesse che portano con sé un
profondo dolore mentale.”
11
Hall (1904) fu il primo a studiare il significato del periodo
adolescenziale definendolo “strom and stress”
12
. Questo periodo di
agitazione emotiva era dovuto per lo più ai mutamenti biologici che
riguardano il ragazzo. Egli la considerò come una vera ri-nascita in cui
si sviluppano specifiche facoltà. Ma sappiamo anche che non sono
solo i mutamenti fisici determinanti ma anche i fattori sociali sono
10
Approfondimento testo in : A. De Carlo, “Due di due”, Mondadori, Milano, 1996
11
H. Kohut, “Narcisismo e analisi del sé”, Boringhieri, Torino, 1971 in M. Maggiolini, E. Riva,
“Adolescenti trasgressivi”, Franco Angeli, Milano, 2003, p. 20
10
determinanti nell’adolescente che è in cerca di una nuova identità. Per
superare questo momento di crisi è necessario che le esperienze
passate abbiano consolidato la “fiducia di base”
13
. La conquista della
fiducia di base è uno dei compiti psicosociali, descritti da Erikson, che
permettono all'adolescente di cercare un compromesso tra i propri
desideri e le richieste sociali.
Lewin (1972) considerava l'adolescenza come una fase di
ampliamento dello “spazio vitale individuale”
14
. Questa sarebbe
caratterizzata dal passaggio da un sistema relazionale protetto ad uno
più articolato e complesso in cui aumentano le possibilità di
apprendimento di nuovi ruoli sociali.
Ma alcune domande mi sorgono con intensità ..che spazio dà la nostra
società e gli adulti, siano essi genitori, insegnati, educatori .. ai
giovani? Che posto occupano nel nostro immaginario collettivo?
Il difficile rapporto dell’adolescente con la realtà di oggi che offre
pochi punti di riferimento sociali, politici, culturali e pedagogici,
mette in luce un disagio esistenziale che può assumere connotazioni
estreme e devianti. L’impatto con la realtà degli adulti investita
principalmente di valori consumistici e materiali può provocare in
molti casi una reazione involutiva di paura, di angoscia, di solitudine
nell’adolescente che lungo il suo percorso di emancipazione può
nutrire una profonda sfiducia verso il mondo degli adulti.
Il termine “devianza” non è oggettivo cioè non può essere utilizzato in
maniera assolutistica.
12
S. G. Hall, “Adolescence”, Appleton, New York, 1904
13
E. H. Erikson (1968), “Gioventù e crisi d’identità”, tr. it Armando, Roma, 1974
14
K. Lewin, “Need, force and valence in psychological field”, London, 1972