6
Il cervello, a sua volta, è sede del pensiero e, nello specifico, di una modalità di pensiero
prettamente musicale definita da Edwin Gordon con un neologismo ‘Audiation’
3
: la capacità di
sentire e comprendere internamente la musica. Il cervello, in questa prospettiva, è base delle abilità
percettive a loro volta poggianti sulle funzioni e facoltà dell’orecchio.
La capacità di percezione uditiva si può sviluppare costantemente sino a 9 /10 anni di età. Dopo si
può rafforzare e mantenere efficiente. Lo stesso si può dire per lo sviluppo del pensiero musicale
che, a sua volta, si avvale e necessita di un corretto, se non particolare, sviluppo della percezione
uditiva. Di certo, le abilità tecniche e percettive non sono due campi separati ma un unico campo
che, come tutto ciò che riguarda il corpo umano, è in continuo adattamento e modificazione plastica
a seconda dell’esperienza o della pratica. Ciò che facciamo, e come lo facciamo, forma noi stessi, ci
modifica dal punto di vista strutturale. Questa plastica duttilità giustifica e spiega l’apprendimento e
la conseguente acquisizione di strategie per favorirlo.
L’apprendimento, a sua volta, è neurofisiologicamente possibile solo attraverso una componente ed
una dimensione pratica, un vero ‘fare e saper fare’. Le strategie messe in atto in questo senso
riguardano le abilità percettive.
Illustrare le funzioni dell’orecchio in relazione al corpo e alle cosiddette abilità tecnico-esecutive ci
consentirà di capire come in realtà il ruolo di questo organo sia duplice: quello di raccogliere
informazioni dall’esterno e quello di rendere concretamente possibile lo sviluppo di quelle abilità
che un tempo sono state considerate al di fuori del dominio dell’orecchio stesso. Verrà poi definito
cosa si intende per ‘modalità di pensiero’ musicale (Audiation) con particolare attenzione alle
abilità percettive che di essa sono una manifestazione, per poi analizzare le motivazioni e la
sperimentazione portata avanti nell’attività di Tirocinio Partecipativo.
1.2 L’orecchio
L’orecchio è un organo di straordinaria complessità le cui funzioni vanno oltre l’‘udire’.
Esse possono riassumersi in:
1) Percezione ed analisi dei suoni senza distorsione.
2) Prima distinzione e spazializzazione degli acuti e dei gravi ossia captazione della fonte sonora e
sua localizzazione nello spazio.
3) Filtro selettivo nei confronti di suoni che si vogliono ascoltare rispetto a quelli che si vogliono
evitare.
4) Capacità di mantenere equilibrio e verticalità, base per una corretta postura; di regolare i muscoli
e coordinarli.
3
Edwin Gordon, opere citate
7
5) Regolare, stimolare e mantenere l’equilibrio neurovegetativo.
6) Controllare ritmo e cadenze migliorandone l’esecuzione.
7) Sviluppare l’autocontrollo vocale e corporeo.
8) Favorire il controllo delle abilità musicali, espressive, posturali, mnemoniche e di
apprendimento.
1.3 Come sentiamo: cenni di anatomia e fisiologia del sentire
La musica, come ogni altro stimolo, viene rilevata dall’apparato acustico. L’udito è una attività
sensopercettiva che viene garantita da un organo di senso periferico, le orecchie, e un sistema di
conduzione e di elaborazione centrale. Le orecchie sono organo dell’udito e dell’equilibrio. Il
meccanismo è generato dalla variazione di pressione provocata dall’onda sonora.
La parte esterna dell’orecchio è costituita da padiglione, condotto uditivo e timpano. Essa ha
funzione di raccolta delle onde sonore che andranno a mettere in vibrazione la membrana
timpanica. La parte media è chiamata orecchio interno ed è una sorta di apparecchio di ricezione e
trasmissione del segnale uditivo dall’orecchio esterno a quello interno. Quando sentiamo, il suono
passa per il timpano che si allenta e si stende per adattarsi alla impedenza acustica.
La membrana infatti trasmette le vibrazioni attraverso tre ossicini, martello, incudine e staffa.
Questi a loro volta trasmettono le onde sonore al vero e proprio organo dell’udito che è la coclea,
situata nell’orecchio interno. Martello, incudine e staffa assolvono tre compiti fondamentali:
trasmettere le vibrazioni, amplificare, ammortizzare gli sbalzi sonori per mezzo di un sistema di
muscoli che agiscono per via riflessa. Grazie ai muscoli di martello e staffa la pressione iniziale
viene amplificata. Il muscolo del martello assicura la funzione selettiva del timpano, quello della
staffa le regolazioni dell’orecchio interno per la rilevazione delle sequenze ritmiche a livello del
vestibolo e di quelle frequenziali a livello della coclea. Se i due muscoli non operano
sinergicamente ed uno prevale sull’altro, si possono creare delle disarmonie funzionali. Se prevale
l’azione della staffa, che è un estensore, si determina un affievolimento dei liquidi endolinfatici con
relativo assorbimento delle frequenze più acute, non più percepite, a vantaggio dei suoni gravi. La
disarmonia si evidenzia a livello sia di emissione vocale che corporeo. Se prevale con una eccessiva
tensione il martello, al contrario, si incide sui suoni gravi che, strettamente correlati al corpo,
potranno determinare una difficoltà nell’integrazione della percezione di esso. A livello neuronale
sono due i sistemi che collegano l’attività dell’orecchio medio al cervello: uno parte dal cosiddetto
5° paio cranico ed è destinato all’innervazione del muscolo del martello, l’altro dal 7° ed è
destinato a quello del muscolo della staffa. La parte più profonda viene definita orecchio interno. Si
presenta come una sacca ossea, il labirinto, composto a sua volta da vestibolo e coclea. La coclea è
una struttura piccolissima dalla forma a conchiglia atta a facilitare la funzione prettamente uditiva:
8
elaborare e trasformare i segnali sonori nei segnali nervosi che raggiungeranno la corteccia uditiva
ove avviene la reale percezione cioè il riconoscimento del suono.
Tale elaborazione avviene grazie alla presenza nella coclea di una membrana che ha una
organizzazione tonotipica, ossia tale da vibrare in diversi punti a seconda delle diverse frequenze,
una specie di tastiera del pianoforte. La vibrazione della membrana provoca a sua volta uno
spostamento delle cellule sensoriali, dette ciliate, che rivestono le pareti della coclea stessa e che
fluttuano in un liquido; anche esse sono organizzate secondo il criterio della tonotipìa.
Le cellule ciliate, con un segnale elettrochimico trasformano l’energia vibrazionale in segnale
elettrico. Tale segnale attiverà i neuroni afferenti al nervo acustico. Ciascuna cellula risponde di
preferenza ad una frequenza: i suoni gravi sono elaborati dalle cellule apicali, quelli acuti
dall’estremità opposta ossia dalla base del canale.
Dalla complessità di un testo musicale al calore di una voce fino al rumore di fondo, la ricchezza
delle nostre esperienze uditive dipende da queste cellule ciliate che sono i recettori dell’orecchio
interno.
Il vestibolo è una cavità ovale situata all’ingresso della coclea. Si compone dei canali semicircolari,
dell’utricolo e del sacculo e rappresenta la parte più arcaica dell’orecchio, quella deputata
all’equilibrio. L’utricolo organizza i movimenti riguardo alla dimensione orizzontale, a livello della
testa; il sacculo di quella verticale, a livello della colonna; i canali invece servono a cogliere le
angolazioni e affinare le nozioni posturali in rapporto allo spazio. Sono questi gli organi che danno
ragione della posizione che la testa assume nello spazio in condizioni sia statiche che dinamiche; da
questi dipendono di fatto tutti i muscoli del corpo, quelli della verticalità come quelli della postura.
Utricolo, sacculo e canali semicircolari sono anche gli organi che percepiscono i ritmi, le cadenze,
le sequenze di frequenze.
1.4 Dall’orecchio al cervello
Il suono determina, come ogni stimolo, una sorta di staffetta tra le cellule nervose. Esso viene
tradotto e trasformato in impulsi nervosi. Nella coclea il segnale sonoro viene scomposto in
componenti sinusoidali più semplici, trasdotte alle cellule ciliate e quindi codificati attraverso
l’attività elettrica del nervo acustico. Le cellule ciliate trasformano, in pochi secondi, l’onda in
segnale elettrico. La loro sensibilità tuttavia varia in relazione all’importanza comportamentale
degli stimoli. Se diviene necessario trascurare certe frequenze, esse si adattano a farlo se poste nelle
migliori condizioni perché ciò avvenga. Attraverso i nuclei cocleari formati da neuroni con funzione
simile, gli impulsi arrivano alla fibra del nervo acustico.
La conseguenza di questa scomposizione dello stimolo in elementi semplici è la rappresentazione
sistematica delle frequenze acustiche lungo tutta l’estensione della coclea (tonotipìa), caratteristica
9
questa che si mantiene anche nella corteccia uditiva. Una cellula ciliata rispondente ad un la3
440Hz invia al nervo acustico dei potenziali specifici di questa frequenza che attivano neuroni
specializzati nella corteccia temporale.
Prima di arrivare alla corteccia uditiva nel cervello, il nervo acustico, che costituisce l’8° nervo
cranico, entra nel tronco dell’encefalo innervando le varie parti del nucleo cocleare. Il nervo
acustico opera una prima codificazione delle componenti dei segnali sonori, ossia altezze, intensità,
durata, trasmettendo dei treni d’onda nei piani successivi del tronco cerebrale sino alla corteccia che
provvede all’analisi definitiva.
Il segnale transita quindi nei diversi nuclei del tronco encefalico che elaborano ognuno un
particolare aspetto dell’informazione sonora. Tutti gli output di questi nuclei si raccordano alla fine
ad un nucleo del talamo che li proietta alla corteccia uditiva primaria.
Nel nucleo cocleare le informazioni risultanti dall’elaborazione avranno diversi bersagli nella zona
intermedia della via uditiva dove già avviene la percezione, ossia la capacità di rilevare solo quelle
informazioni acustiche importanti per il singolo individuo selezionandole rispetto alle altre.
Nel complesso olivare superiore comincia l’elaborazione e l’integrazione dei segnali provenienti
dalle due orecchie al fine di localizzare il suono nello spazio;
Nel collicolo inferiore tali segnali possono già interagire con il sistema motorio.
Infatti i prolungamenti dei suoi neuroni entrano in contatto sia con il collicolo superiore in cui si ha
una integrazione delle informazioni uditive e visive, sia con il cervelletto, organo importantissimo
per ciò che riguarda apprendimento motorio e coordinazione.
Il collicolo ha anche la funzione di ‘creare’ una mappa topografica dello spazio uditivo. Alcuni suoi
neuroni rispondono meglio a suoni che si originano in una regione specifica di cui riescono a
stabilire la localizzazione. Forniscono così al cervello una rappresentazione topografica, il ‘dove’
del suono. Un altro gruppo di informazioni, che parte dal nucleo cocleare, entra nei nuclei del
lemnisco con le informazioni che riguardano un solo orecchio per segnalare l’inizio del suono,
indipendentemente dalla sua intensità e frequenza, e tutti gli aspetti temporali ad esso correlati quali
la durata. Il talamo uditivo riceve afferenze da tutti i nuclei ed è stazione di transito e trasmissione
delle informazioni uditive destinate alla corteccia e anche di tutte quelle provenienti dagli altri
organi sensoriali che qui vengono scambiate prima di essere convogliate alle diverse zone cerebrali.
L’integrazione delle informazioni sonore relative a spettro di frequenza e tempo avviene nella
corteccia uditiva. Qui il cervello interpreta i segnali elettrici che raggiungono il nervo acustico come
segnali sonori, ossia utilizza una informazione sonora già elaborata e selezionata.
Nella corteccia varie zone corrispondono a diverse frequenze, cosicché i neuroni presenti possono
selezionare, discriminare e definire il carattere del suono, selezionando solo gli stimoli più
10
significativi in rapporto alla loro indicazione di pericolo, importanza informativa o emotiva,
educazione ed esperienze di ciascuno.
I suoni che arrivano al cervello non sono ‘puri’ e di conseguenza sulla membrana basilare si
attivano simultaneamente molti siti. Il cervello però, in una sintesi sensoriale percettiva, giunge ad
assegnare una sola altezza. Sono stati infatti localizzati dei neuroni che sono in grado di identificare
la frequenza di base di un suono, ossia la sua fondamentale. Studi di psicoacustica e neuroscienze
4
pongono in rilievo la facoltà dei neuroni uditivi periferici di codificare tutti quegli elementi di
regolarità temporali nella struttura fine del messaggio. Tali elementi sono maggiori negli intervalli
consonanti che presentano un andamento dei segnali neurali maggiormente strutturato e con parziali
non troppo ravvicinate, tali da non poter in alcun modo interferire tra loro o sovrapporsi come
invece nel caso di intervalli non consonanti.
1.5 Gli integratori dell’orecchio
Gli integratori sono reti neurali sensitivo-sensoriali-motorie di “integrazione” cioè di aiuto del
sistema nervoso. I sistemi neurali sono nati nell’uomo con lo scopo di raggruppare in diversi reticoli
nervosi le vie dei comandi muscolari e quelle delle risposte sensoriali riguardanti le zone
corrispondenti. Tutti i circuiti neurali fanno intervenire reticoli senso-motori che creano dei veri e
propri circuiti cibernetici. Gli integratori dell’orecchio sono quello vestibolare e quello cocleare.
L’organizzazione vestibolo-cocleare nel suo complesso è interconnessa con il sistema
neuromuscolare e sensoriale. Ciò spiega il coinvolgimento globale del corpo durante l’ascolto anche
di feedback nei confronti del proprio suonare o cantare: lo stimolo musicale viene elaborato in
modo da poter determinare conseguenze di tipo motorio, secretorio-ormonale, umorale, mnemonico
ed intellettuale. L’apparato vestibolare assicura la statica e la dinamica ed i vari movimenti del
corpo. Esso trasmette, con i suoi controlli motori e attraverso le posture e la verticalità, la maggior
parte delle stimolazioni indirizzate poi al sistema nervoso. L’apparato cocleare analizza e decodifica
i suoni, realizzando la capacità di analizzare la musica. Ogni informazione sonora avrà sempre
anche una traduzione corporea. Uno dei parametri più elementari della percezione
5
è proprio quello
per cui ad una stimolazione uditiva corrisponde un qualsivoglia schema motorio, dal più semplice al
più complesso in una coordinazione uditivo-motoria.
1.6 Il vestibolo e il cervelletto: il controllo del movimento
L’intero sistema vestibolare informa della posizione del capo, fornisce senso dell’equilibrio,
aggiusta la postura, aiuta a coordinare i movimenti degli occhi. Il vestibolo è ricco di cellule
sensoriali che si trovano a contatto con una membrana che si deforma a seconda dei movimenti dei
4
Tramo et al. in Peretz-Zatorre o.c., pp.127 e seg.
5
Schindler 1974
11
liquidi endolabirintici. Tali movimenti sono a loro volta legati agli spostamenti del corpo e del capo
nello spazio. I prolungamenti dei neuroni vestibolari sono connessi con l’8° nervo cranico e con il
cervelletto e ricevono input dal cervelletto stesso e dal sistema sensoriale visivo e somatico e a loro
volta proiettano
6
a vari neuroni motori.
Dall’utricolo, dal sacculo e dai canali semicircolari si dipartono dei nervi che vanno a costituire il
cosiddetto nervo vestibolare che prosegue sino a formare i nuclei vestibolari e quindi il nervo
acustico propriamente detto. Uno dei cinque nuclei è situato sotto il cervelletto. Grazie ai nervi dei
nuclei vestibolari vengono raggiunti tutti i muscoli. Dai nuclei infatti si dipartono fibre che servono
a provocare aggiustamenti degli occhi in base alle varie posizioni del capo, ma toccano anche
informazioni riguardanti le vie tattili e motorie in genere regolando l’equilibrio statico e dinamico
del corpo.
Poiché però il ruolo predominante è svolto dal vestibolo, qualunque alterazione di una sua parte
comporterà un inadeguato coordinamento dei movimenti corporei.
I recettori del sacculo e dell’otricolo rispondono, per regolare l’equilibrio, a sollecitazioni verticali
legate alla gravità e a sollecitazioni rettilinee accelerative, antero-posteriori o viceversa, con il
risultato di concorrere ad aumentare il tono dei flessori come degli estensori degli arti.
I recettori dei canali rispondono invece a sollecitazioni rotatorie, accelerative o decelerative,
ciascuno secondo un orientamento diverso nello spazio.
Il sistema vestibolare controlla quindi il corpo, informando della proiezione rispetto allo spazio,
fornendo senso dell’equilibrio e aggiustando la postura. Questo assicura un passaggio continuo di
informazioni tra sistema sensoriale, visivo e motorio. Tutte le risposte sensibili, automatiche sono
raccolte a livello del cervelletto che assicura i collegamenti per le necessarie correzioni toniche e
posturali. Sulla sua superficie infatti sono presenti connessioni neurali che collegano ogni punto del
vestibolo ad ogni punto del corpo.
I suoni, recepiti dagli elementi del vestibolo, determinano a loro volta delle pulsazioni sincrone a
livello neurale grazie ai ritmi imposti dalla frase musicale. I neuroni infatti sembra si sincronizzino
nelle operazioni di passaggio delle informazioni da uno all’altro seguendo i ritmi delle frasi
musicali che ascoltiamo o produciamo. L’integratore vestibolare controlla quindi i movimenti a
livello di automatismi sia motori che sensoriali intervenendo sui muscoli del corpo e assicura in
modo permanente le diverse coordinazioni, contribuendo alla cinetica come alla statica.
1.7 L’orecchio nella neurofisiologia del suonare
Saper suonare uno strumento, come cantare, è una abilità complessa che implica l’uso
contemporaneo di diversi piani di attività cerebrali e corporee e la collaborazione sinergica di varie
6
Verbo tecnico per indicare lo scambio di informazioni tra neuroni.
12
abilità; non solo la traduzione di un sistema simbolico complesso (la notazione) in una attività
sequenziale e coordinata fatta dalla globalità del corpo, ma anche interazioni multisensoriali,
memoria, apprendimento, capacità attentiva, progettualità, creatività ed emozioni. Quanto si suona
va elaborato continuamente, ascoltato mentre si produce e nello stesso tempo pensato e compreso,
immagazzinato in una memoria definita da Baddeley, lo studioso che si è occupato proprio di
studiare la particolare memoria dei musicisti, ‘di lavoro a medio-lungo termine’.
Essa permette, senza dimenticare quanto si è ascoltato/suonato, di riprodurlo e, attraverso gesti
motori, renderlo proseguendone il senso musicale. A loro volta i gesti nascono dall’elaborazione di
piani di azioni acquisiti nel tempo. Ad occuparsi tanto degli automatismi quanto della
programmazione motoria è il cervelletto che opera in sinergia con l’integratore vestibolare.
Il nostro cervello per apprendere abilità ed acquisire abitudini, possiede un particolare tipo di memoria
detta procedurale, la stessa a cui suonando facciamo ricorso per la coordinazione dei movimenti delle
braccia e per l’intera gestualità esecutiva. Le abilità motorie apprese vengono inserite in questo tipo
di memoria che ci permette di richiamare movimenti che si esprimono mediante l’azione senza
l’intervento di uno stato ‘cosciente’. Tali abilità rimangono cioè iscritte nella memoria a lungo
termine e possono essere richiamate senza che il cervello ‘dichiari’ cosa sta facendo. Ogni tipo di
apprendimento è infatti un fatto neurale e legato alla memorizzazione.
Nelle primissime tappe dell’apprendimento motorio un ruolo importantissimo è svolto proprio dal
cervelletto come organo chiamato a modulare il coordinamento dei movimenti richiesti e la loro
organizzazione temporale. Solo quando un determinato compito motorio è stato ripetuto in modo
corretto e mirato, l’attività del cervelletto diminuisce a vantaggio di quella della corteccia cerebrale
motoria
7
. In termini fisiologici, si deve apprendere un gesto che sia poi coordinato in funzione
dell’espressione musicale sulla base di un continuo scambio di informazioni tattili, visive e uditive.
Il sistema nervoso crea una sorta di scheda motoria che il cervello in seguito sarà in grado di
scegliere e richiamare a seconda dei casi e delle esigenze. Deve cioè convertire le conoscenze date
da posizioni della mano e delle dita e dei loro movimenti in relazione alla sequenza dei tasti in un
insieme motorio che abbia come obiettivo uno specifico risultato sonoro.
Ogni azione è sempre il risultato della formazione di un piano di azione ottenuto proprio con
l’intervento e la collaborazione di vari tipi di memoria, quella a lungo termine e quella di lavoro.
Programma ed azione da eseguire vengono immagazzinati come immagine motoria.
Lo studio attento e l’esperienza vanno a determinare quindi la programmazione motoria che calcola,
attraverso il coinvolgimento e l’attivazione del circuito vestibolo-cervelletto, lo schema delle
contrazioni muscolari necessarie ad ottenere una precisa sonorità. L’informazione, una volta
7
Parte del cervello deputata al movimento.
13
immagazzinata, permetterà l’esecuzione di un movimento fluido e automatizzato. Questo processo
rappresenta la creazione di un nuovo programma motorio che genera sequenze appropriate di
movimento in base alla richiesta e senza necessità di un controllo cosciente, liberando così i sistemi
volontari da impegni di altro genere che non siano l’attenzione all’espressione musicale.
Avviene la medesima cosa che è avvenuta imparando ad andare in bicicletta. Una volta trovato il
giusto equilibrio e la giusta pedalata, non dobbiamo ogni volta ‘ricordarci’ come si fa poiché tutto è
rientrato nelle procedure come atto automatizzato. La conoscenza del ‘come’ si muove, conoscenza
di tipo implicito e determinata dall’esperienza, si tramuta in memoria di procedura, di movimento,
stoccata ed incisa nell’intero sistema nervoso. Apprendere una azione diventa avere memoria
dell’azione o memoria procedurale, per poter riprodurre ogni volta l’azione medesima.
L’azione ripetuta diventa azione memorizzata per una finalità. Essa si avvarrà non solo dell’aspetto
motorio ma anche di tutto l’insieme di procedure visuo-motorie-cognitive.
Il cervelletto può avere anche funzioni cognitive grazie all’attività di un particolare gruppo di
neuroni direttamente collegati al vestibolo.
È possibile infatti che durante l’esecuzione di un movimento, di cui si conosce l’intenzione e
l’obiettivo, essi forniscano un messaggio di errore che tenderà ad essere eliminato man mano che
con il tempo arrivi ad emergere un movimento più consono all’obiettivo prefissato. Si ha cioè una
rilevazione delle differenze fra segnali sensoriali attesi e quelli effettivamente svolti. Questa
sistemica di circuiti chiusi determina e dà origine all’immagine corporea. I segnali provenienti dal
vestibolo e dalla corteccia motoria permettono di raccogliere informazioni sull’attività in via di
svolgimento o svolta. Ogni parte del cervelletto riceve segnali da diverse parti del cervello e del
midollo proiettando a sua volta a sistemi motori diversi con lo scopo di regolare la coordinazione e
la precisione delle diverse attività motorie, valutando la disparità tra intenzione che l’azione motoria
si prefigge e la sua esecuzione, confrontando continuamente il movimento pianificato e quello in
esecuzione, correggendo o modificando se necessario sia in tempo reale che a lungo termine sotto
forma di apprendimento motorio. Il cervelletto ha quindi il compito di elaborare la ‘tattica’ che sarà
poi eseguita attraverso l’attivazione dei motoneuroni del midollo che generano il movimento diretto
ad uno scopo. Accuratezza delle risposte motorie e corretta successione sono le manifestazioni
dell’attività cognitiva di questo organo.
14
CAPITOLO II
L’ORECCHIO E LE ABILITÀ TECNICHE DEL SUONARE
All’artista che deve a lungo esercitarsi bisogna dare, perché non si annoi a morte, esercizi in cui trovi degno alimento
per le orecchie e per il cuore. F. Chopin
2.1 Parametri dell’esecuzione
Parametri fondamentali dell’esecuzione sono la programmazione motoria e l’espressività, l’una
corpo delle abilità tecniche, l’altra di quelle percettivo-creative.
Esse sono fortemente connesse: gesto ed intenzione musicale sono entrambe a servizio del suono.
Ad un gesto corrisponde una intenzione musicale e viceversa. La produzione di fatti sonori e
musicali implica una attività motoria complessa, coordinata e finalizzata allo scopo, al disegno
dell’intenzionalità o della progettazione relativa. Ogni movimento nel suonare sarà quindi
funzionale ad una agogica e avrà come risposta il suono che si vuole ottenere, afferente a sua volta
al piano mentale personale, ossia alla rappresentazione interna che si ha della musica
immagazzinata dalla memoria come immagine uditiva o ‘suono mentale’ nutrito dall’ascolto, dalla
manipolazione, dalla analisi, dalla discussione intorno a problemi di carattere musicale. Sono queste
le attività che ne consentono la rappresentazione a livello più completo e quindi la possibilità di
avere piani più ricchi di riferimento, a cui uniformarsi o da cui allontanarsi e strumenti di creatività.
Fare tesoro di una certa quantità di esperienze di ascolto e al tempo stesso di possibilità di
manipolazione diretta e di contatto con il suono, è condizione necessaria per arrivare ad
interpretazioni consapevoli, convincenti ed interessanti. L’allenamento all’ascolto ed alla qualità di
esso, l’esperienza diretta ed il contatto con il suono sono parte del percorso di Musicalità pratica.
La programmazione motoria e la rappresentazione sono abilità distinte ma complementari.
Distinte tanto da poter comparire ‘dissociate’ tra loro, ma complementari poiché l’una è comunque
necessaria all’altra. Tralasciando il caso in cui a volte carenze di tipo tecnico possono influire sulla
capacità di essere espressivi, si può essere capaci di eseguire brani anche impegnativi tecnicamente
ma senza alcuna sensibilità, cioè si può avere una programmazione motoria ottima data dallo studio,
ma essere poco capaci di trasferire il sentire, l’aspetto emotivo e di comunicazione. Al contrario, si
può saper suonare musica con la massima sensibilità fallendo però se sono richiesti livelli maggiori
di velocità e fluidità, poiché manca la programmazione motoria necessaria data anche da un certo
tipo di esercizio consapevole; ci si dimostra così incapaci di convertire in suono reale la propria
rappresentazione della musica ossia il proprio suono mentale. D’altra parte, esiste anche un
particolare tipo di dissociazione tra piano mentale e programma che si può attenuare aumentando la
15
capacità di un ascolto attento, consapevole e profondo. Quella ad esempio di allievi che risultano
incapaci di autoascoltarsi. Spesso essi sono convinti di aver eseguito una variazione espressiva
quando invece noi all’ascolto non l’abbiamo rilevata perché effettivamente non c’era. Il loro piano
mentale evidentemente la prevedeva ma la sua programmazione motoria, per diversi motivi, ne ha
tenuto conto in modo approssimativo o insufficiente e comunque non da risultare rilevabile
all’ascolto dell’insegnante che controlla il prodotto esterno di una rappresentazione interna. Un
comportamento motorio fluido ha come scopo non la mera esecuzione dei movimenti, ma un
obiettivo sonoro specifico per il quale è necessario il tempismo esecutivo ossia l’inizio al tempo
giusto e alla giusta intensità di ogni singolo movimento; un movimento, fatto anche solo un secondo
in ritardo, non serve più per ottenere un certo tipo di sonorità. E il suono è il primo veicolo
dell’interpretazione
2.2 Tecnica del suonare
La tecnica del suonare, intesa come atto puramente motorio, è nella coordinazione dei movimenti:
solo quelli necessari, funzionali alla musica e controllati per intensità e direzione. Essa è eseguire
un dato movimento nel modo più efficace non solo con la capacità di organizzarlo nel modo più
fluido e armonioso in base al corretto dosaggio di tempi ed intensità (tempismo esecutivo), ma
anche di differenziarlo se intervengono cambiamenti (qualità del suono prodotto o acustica) fino a
trasformarlo elaborando, da un’azione prefissata, un diverso piano di azione. A sua volta il
movimento ha degli attributi ognuno dei quali, nell’esecuzione, andrebbe tenuto in considerazione
sia indipendentemente che in correlazione con gli altri in un approccio globale ed olistico quale è il
suonare (tab.1).
La tecnica del suonare trova la sua base nei prolungamenti funzionali dell’orecchio nel corpo e nel
cervello e nella capacità di quest’ultimo di pensare musicalmente.
Coordinazione è quindi l’esatta esecuzione di una determinata immagine motoria, in cui si riesce a
gestire contrazione, rilassamento dei muscoli e precisione del gesto evitando inutili sforzi e
irrigidimenti. Significa scegliere per ogni singola ‘difficoltà’, per ogni singolo disegno melodico, la
formula motoria più adeguata con i soli insiemi di muscoli indicati.
L’esperienza e lo studio attento e vigile all’inizio, con attenzione alla sonorità prodotta, vanno a
determinare la programmazione motoria: un programma di movimenti che, con il coinvolgimento
del circuito vestibolo cerebellare, ‘calcola’ lo schema delle contrazioni muscolari per ottenere
quella precisa sonorità; e lo fa ogni volta che si suona, sino a quando non si sarà automatizzato. Ma
esiste capacità di discriminare, di ascoltarsi solo se c’è un suono mentale che si svolge nel tempo,
abilità questa, come vedremo più avanti, di tipo percettivo-creativo. Il gesto e l’intenzionalità di
esso creano il suono espressivo, piacevole da ascoltare, pieno, denso e corposo, in una parola,
16
plastico. Ed è attraverso il gesto e il suono che l’intenzione emotiva sottostante può essere
comunicata. La plasticità può derivare solo da un altro tipo di plasticità, quella del movimento e del
gesto in ogni sua minima componente. Un gesto plastico è un gesto fluido, coordinato ed armonico,
senza spezzature,simile ad una curva. In termini più propriamente fisiologici, un gesto coordinato è
un gesto economico, facile e non faticoso, che asseconda la forza di gravità, tale da stabilire e
mantenere un rapporto costante anche con gli altri segmenti corporei.
La struttura vestibolare ha questo ruolo: controllare la successione dei gesti e determinare
l’equilibrio. La coclea, con il suo ‘integratore cocleare’, si occuperà dello specifico sonoro. Queste
due strutture sono quelle deputate al controllo di una coordinazione di tipo uditivo-motorio, ossia
tra ciò che vorremmo ascoltare e ciò che facciamo.
Il suono poi non si rivolge solo all’orecchio, ma impregna globalmente il corpo, lo mette in
vibrazione, modifica ed interviene sull’immagine corporea stessa, sulla percezione che noi abbiamo
di noi stessi la quale si costruisce anche tramite la collaborazione fisiologica a livello cerebrale fra i
due circuiti nervosi, vestibolare e cocleare. Il cervello umano modifica plasticamente, a seconda
dell’uso, le zone in esso deputate al controllo di varie parti corporee. Lo stesso avviene a livello
neuropsicologico, nella percezione del sé. Chiunque suoni integrerà il proprio strumento come un
prolungamento del proprio corpo. Tale integrazione non è solo prospettiva di esecuzioni di alto
livello ma anche di maggiore capacità di espressione delle proprie emozioni o meglio, nel caso
dell’età della pre-adolescenza, di possibilità di catalizzare emozioni.
Suonare quindi non richiede tanto ‘forza/potenza’ muscolare, piuttosto interdipendenza,
coordinazione e controllo delle varie componenti. Controllare il corpo significa essere consapevoli
di esso come mezzo espressivo, comunicativo e conoscitivo.
Ciò permetterà quella memorizzazione neuro-senso-motoria tale da ‘restituire’ un pezzo musicale
che, a sua volta, a livello sonoro e qualitativo, sarà manifestazione percepibile del tipo di
assorbimento neuro-motorio avuto.
È l’orecchio nella sua totalità di azione ad esercitare il controllo sulla qualità dell’esecuzione.
Come ogni emissione di voce deve essere controllata uditivamente in un feedback da parte di chi
l’ha emessa, così anche avviene nella produzione del suono; è fondamentale percepire se
l’esecuzione è il prodotto e di un ‘pensiero’ compositivo e, ovviamente, del proprio. Sarà l’orecchio
a seguire, valutare e quindi a padroneggiare esercitando la sua continua verifica sul lavoro sinergico
dei diversi organi cosicché le varie funzioni possano convergere in una azione gestuale unica, fluida
e comune.