La collaborazione pubblico-privato nella realizzazione di programmi complessi: dalla
valutazione ex-ante alla verifica in itinere della redditività dell’investimento
IV
varia, di volta in volta, secondo la tipologia di ogni programma. Allo scopo di sviluppare
tale ragionamento su base economico-estimativa, la tesi affronta criticamente la possibilità
di adattare nuovi strumenti di valutazione in itinere ad un contesto di collaborazione fra
pubblico e privato, ove esiste un problema di condivisione e ripartizione dei rischi ma, allo
stesso tempo, di redistribuzione della redditività in funzione dei bisogni della collettività.
A tale scopo, il Capitolo 3 approfondisce, anche dal punto di vista epistemologico,
la questione dell’approccio alla valutazione in una nuova prospettiva. Esso mette a
confronto le matrici teoriche del Project Management (PM) e della Teoria delle Opzioni
Reali (Real Option Theory – ROT). Entrambi gli approcci si confrontano in effetti con la
variabile temporale, fornendo tuttavia soluzioni diverse alla gestione della componente
incerta legata al realizzazione di un progetto. Nel campo degli investimenti immobiliari è
infatti necessaria una tecnica che vada oltre il concetto di management del progetto, in
grado di risolvere l’incertezza e il rischio connessi alle scelte legate espressamente alle
destinazioni d’uso. Occorre ricordare che decisioni simultanee vs. sequenziali
d’investimento caratterizzano spesso i mercati immobiliari. Un programma che prevede al
suo interno opzioni che garantiscono un adeguato livello di flessibilità, può rappresentare
senza dubbio un vantaggio per entrambi gli operatori interessati alla sua attuazione.
Il Capitolo 3 evidenzia, in sintesi, come la ROT applicata al settore immobiliare
offra la possibilità di definire, in fase di contrattazione tra pubblico e privato, un set di
opzioni da poter esercitare durante le successive fasi di realizzazione. In particolare, tale
Capitolo serve da introduzione all’analisi di un secondo caso di studio che porterà alle
Conclusioni del presente lavoro.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
1
Capitolo I
La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
1.1. Introduzione
Il rapporto tra pubblico e privato che si evince dagli strumenti urbanistici utilizzati
nell’attuazione delle politiche urbanistiche, dagli anni ’50 ad oggi, è profondamente
cambiato. Appare evidente come la natura di questo rapporto abbia influenzato la
trasformazione della città a partire dal secondo dopoguerra, con i Piani di Ricostruzione
prima, che con il boom economico degli anni ’60 hanno portato a una crescita smisurata
delle dimensioni della città e delle periferie, sino ad arrivare ad oggi, con l’affermarsi delle
politiche di recupero urbano e riuso delle aree industriali dismesse.
Appare anche evidente come gli strumenti di pianificazione ordinari, “…pensati
per regolare la fase di espansione e sviluppo della città, si dimostrino poco idonei a
guidarne gli odierni processi di riuso” (Fusero, 2004, 18).
In questo primo capitolo si cercherà di definire il contesto nel quale il rapporto
pubblico-privato, che ha caratterizzato la seconda parte del secolo scorso, si è evoluto e
trasformato, partendo dalla legge urbanistica fondamentale sino alle esperienze di
programmazione complessa, protagoniste della trasformazione della città nell’ultimo
decennio. Queste ultime verranno, a loro volta, analizzate e raggruppate in filoni, sulla
base delle finalità che intendono perseguire: riqualificazione urbana, sviluppo locale e/o
rigenerazione urbana.
1.2. Convenzione urbanistica e onerosità della concessione edilizia
Alla fine della seconda guerra mondiale la legge urbanistica fondamentale n. 1150
del 1942, nata al fine di provvedere con urgenza alla ricostruzione degli abitati distrutti o
danneggiati, rimane praticamente priva di attuazione per diversi anni. Vengono infatti
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
2
introdotti, in questo primo periodo, con disposizioni speciali
1
, i Piani di Ricostruzione che
comprendono, in un unico documento, le previsioni dei piani regolatori e dei piani
particolareggiati.
Uno dei primi settori verso i quali si concretizzano le politiche di pianificazione
urbanistica è rappresentato dall’edilizia abitativa pubblica. La Legge n. 167 del 1962 che
introduce i Piani di Zona, si pone infatti come obiettivo il reperimento di aree da destinare
all’edilizia economica e popolare. I Piani di Zona si configurano praticamente come Piani
Particolareggiati di iniziativa pubblica, finalizzati alla realizzazione di residenze per le
classi di popolazione meno abbienti attraverso l’esproprio dei relativi
2
terreni. Nelle zone
incluse dai piani e con priorità rispetto alle altre, i Comuni sono obbligati a provvedere alla
sistemazione della rete viabile e all’allacciamento alla rete dei pubblici servizi. Viene
quindi effettuato un primo elenco delle opere di urbanizzazione essenziali, ponendo a
carico dei Comuni l’onere della realizzazione. L’attuazione della Legge incontra però
alcuni ostacoli dovuti sostanzialmente a vizi di incostituzionalità, relativi alla modalità di
determinazione dell’indennità di esproprio dei terreni acquisiti per la formazione dei piani,
ma anche a causa delle scarse risorse finanziarie stanziate dallo Stato per l’acquisto delle
aree a la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Superata l’emergenza, negli anni successivi, il convenzionamento tra operatori
privati e Amministrazione rappresenta una vera e propria strategia di pianificazione. Infatti
attraverso l’adozione di Piani Regolatori Generali o di Programmi Fabbricazione nei casi
meno complessi, le possibilità di edificazione vengono vincolate al rispetto di questi
strumenti urbanistici. Per i proprietari delle aree e per gli altri operatori del settore
interessati a realizzare nuove edificazioni, si apre la strada della trattativa con il pubblico.
Gli accordi tra le controparti vengono ufficializzati tramite la stipula di una convenzione,
dove l’operatore privato si impegna, di solito, a realizzare gratuitamente le opere di
urbanizzazione primaria, contribuendo anche alla realizzazione delle opere di
1
DL 1-3-1945 n. 154 recante Norme per i piani di ricostruzione degli abitati danneggiati dalla guerra,
perfezionato successivamente dalla legge 27-10-1951 n. 1402. I DM 29-5-1945 e 20-8-1945 recano l’elenco
dei Comuni danneggiati obbligati a dotarsi di un piano di ricostruzione. Altri piani di ricostruzione di abitati
colpiti da calamità naturali sono stati previsti da disposizioni speciali successive adottando la legge 27-10-
1951 n. 1402 alle diverse circostanze.
2
L’indennità di espropriazione viene determinata in base al valore venale riferito a due anni precedenti alla
deliberazione comunale di adozione del piano, e determinato senza tenere conto degli incrementi di valore
dipendenti dalla sua formazione e attuazione.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
3
urbanizzazione secondaria. L’Amministrazione invece si impegna a recepire nello
strumento urbanistico generale gli accordi pattuiti in sede di convenzione e a realizzare
alcune opere infrastrutturali a scala urbana, funzionali all’insediamento privato. La
Convenzione Urbanistica, inizialmente in forma non obbligatoria e successivamente resa
tale dopo l’approvazione della Legge 765 del 1967, regola i rapporti tra gli attori pubblici e
privati che operano sulla città. Prima di questa legge l’apporto fornito dagli attori privati
alla costruzione della città pubblica, veniva regolamentato attraverso i Piani di
Lottizzazione convenzionata di cui all’art. 28 della Legge 1150 del 1942. Come sottolinea
lo stesso Campos Venuti, il processo di urbanizzazione dei suoli attraverso l’applicazione
di questo strumento urbanistico, si ripercuote sulla collettività generando sostanzialmente
tre tipi di effetti:
a. La collettività realizza interamente a sue spese le opere di urbanizzazione
primaria o tecnica (rete stradale, di fognature, del gas, elettrica e idrica)
necessarie alla valorizzazione edificatoria dei terreni privati. In questo caso
talvolta il comune paga ai privati al valore di mercato l’area stradale, che altre
volte viene invece ceduta gratuitamente o in cambio di un aumento di volume
edificabile.
b. La collettività realizza interamente a sue spese le operazioni di urbanizzazione
secondaria o sociale, (attrezzature di quartiere scolastiche, assistenziali,
sanitarie, annonarie, sportive, ricreative, ecc.). Queste opere aumentano il
valore edificatorio dei terreni privati e costituiscono un complemento
indispensabile alle opere precedenti; nella grande maggioranza dei casi la
collettività, oltre a sostenere le spese di costruzione, acquista, a valore di
mercato, le aree necessarie alle attrezzature.
c. La collettività sostiene interamente anche l’urbanizzazione generale del
territorio (attrezzature e servizi di carattere cittadino, trasporti pubblici,
nettezza urbana, ecc.) affrontando le spese relative alle aree, alle costruzioni,
agli impianti, alla gestione, al personale, ecc.; anche queste ultime aumentano
il valore edificatorio dei suoli
3
.
3
G. Campos Venuti, Amministrare l’urbanistica, Einaudi, Torino, 1967.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
4
Risulta quindi evidente come l’operatore privato, proprietario dei suoli edificabili,
diventi il destinatario privilegiato di tutti i benefici derivanti dagli investimenti che
l’Amministrazione realizza, scaricandone i costi sull’intera collettività, a supporto dei Piani
di Lottizzazione. Questo è il contesto che caratterizza lo sviluppo e la crescita delle città
nell’immediato dopoguerra. Lo stesso Stanghellini definisce il modus operandi che
caratterizza questo periodo come “…il meccanismo della pubblicizzazione dei costi e della
privatizzazione dei benefici che presiede allo sviluppo urbano…” (Stanghellini, 1990, 21).
Solo dopo l’entrata in vigore della Legge “Ponte” viene introdotto l’obbligo per gli
operatori privati, che intendono realizzare Piani di Lottizzazione, di contribuire alla
realizzazione di quei servizi essenziali alla vivibilità dei nuovi quartieri edificati. Infatti
con la Legge 765 del 1967 l’attività edilizia viene subordinata all’esistenza delle opere di
urbanizzazione primaria
4
o dalla previsione da parte dei comuni dell’attuazione delle stesse
nel successivo triennio, o all’impegno dei privati di procedere all’attuazione delle
medesime contemporaneamente alla costruzione. La natura delle prestazioni che
l’Amministrazione può richiedere al privato che propone la lottizzazione è così articolata:
− cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria;
− cessione gratuita di quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria
5
;
− realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria;
− realizzazione di quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria oppure
realizzazione degli allacciamenti ai pubblici esercizi già esistenti.
Il crescente livello di specializzazione richiesto agli operatori del settore favorisce
“…l’emergere della figura dell’operatore immobiliare, colui che è in grado di mobilitare
interessi e capitali, aprendo nuovi mercati. A differenza degli attori che lo avevano
preceduto egli tende a massimizzare i profitti attraverso l’accentramento delle funzioni
svolte, dall’ideazione, alla progettazione, alla commercializzazione “chiavi in mano”,
offrendo sul mercato un “pacchetto” di prestazioni (accessibilità, attrezzature, ambiente,
4
Una classificazione delle opere di urbanizzazione primaria viene definita nell’art. 4 dalla legge n. 847 del
1964: strade residenziali, spazi di sosta e parcheggio, fognatura, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia
elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato.
5
Una classificazione delle opere di urbanizzazione secondaria viene definita dalla circolare ministeriale di
applicazione della Legge n. 765 come “tutte quelle che sono necessarie alla vita di quartiere e poste al suo
servizio: scuole, chiese, centri sociali, ambulatori, mercati, ecc…”. Successivamente l’art. 44 della legge n.
865 del 1971 specifica tra questa categoria di opere le seguenti attrezzature: asilo nido, scuola materna,
scuola dell’obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, impianti sportivi di quartiere, chiese, impianti
sociali, attrezzature culturali e sanitarie, aree verdi di quartiere.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
5
ambiente, riconoscibilità sociale) di cui il manufatto edilizio è solo una delle
componenti.”(Fusero, 2004, 26).
Il contributo fornito dall’operatore immobiliare alla realizzazione della città
pubblica, nel periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, è ovviamente volto alla ricerca,
attraverso la contrattazione con l’Amministrazione, della minore quantità di infrastrutture e
servizi da realizzare e cedere alla collettività. Infatti, mentre la legge vincola alla
realizzazione di aree residenziali l’offerta delle opere pubbliche caratterizzanti le
urbanizzazioni primarie in modo rigido, non produce gli stessi effetti per quanto riguarda la
realizzazione di tutti quei servizi necessari alla vita di quartiere, inseriti nella categoria
delle opere di urbanizzazione secondaria. L’onere della realizzazione di questi viene
lasciato ancora in capo all’ente pubblico. Tutto ciò contribuisce alla determinazione di quel
ritardo cronico, a carico della futura popolazione insediata, che esiste tra lo sviluppo di
insediamenti urbani e la realizzazione delle infrastrutture a servizio degli stessi. Il recupero
di aree e soprattutto di risorse da destinare al completamento dell’offerta di infrastrutture e
servizi, rappresenta il cosiddetto fabbisogno pregresso; esso è ancora oggi uno dei
principali temi delle politiche urbanistiche volte alla trasformazione delle aree dismesse
inserite nella più ampia casistica dei programmi complessi.
Il riconoscimento della rilevanza del problema della casa è alla base della Legge
865 del 1971, che “…allarga ulteriormente la sfera pubblicistica nell’uso del suolo e
riduce il costo degli interventi di edilizia residenziale pubblica” (Stanghellini, 1990, 41).
Vengono infatti stabilite nuove norme in materia di espropriazione, con l’obiettivo di
“…depurare il valore dei terreni agricoli assoggettati ad esproprio dalla rendita fondiaria
urbana”
6
(Ibidem).
Con l’approvazione della Legge n. 10 del 1977
7
, Norme per le edificabilità dei
suoli, vengono introdotte alcune importanti novità relative al rapporto tra operatori privati
e amministrazione pubblica. Questa legge innova “… la disciplina della licenza edilizia di
cui all’art. 31 della Legge n. 1150 del 1942, sia mutandone la denominazione in
6
“I criteri per determinare l’indennità espropriativi risultano del tutto nuovi rispetto ai precedenti che
facevano riferimento al valore di mercato. L’indennità viene ancorata al valore agricolo medio, determinato
annualmente per le tipologie colturali delle regioni agrarie, maggiorato da coefficienti correttivi onde tener
conto della posizione del terreno” (Stanghellini, 1990, 41).
7
Modificata e integrata dal DPR n. 380 del 6 giugno 2001, Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
6
concessione, sia definendone regolamentandone più ampiamente le caratteristiche
specifiche”. (Ognibene, 1994, 108).
Secondo tale legge “…ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e l’esecuzione delle
opere è subordinata a concessione da parte del Sindaco”
8
Il contributo che deve essere
versato al Comune per ottenere la concessione edilizia viene previsto dall’art. 3 e consta di
due parti: la prima rapportata all’incidenza degli oneri di urbanizzazione
9
e la seconda al
costo di costruzione
10
alla quale la concessione si riferisce.
La legge introduce alcune modifiche riguardanti la normativa sulle espropriazioni
11
,
rispetto alla 865 del 1971 e anche alcune novità utili all’esercizio di un maggior controllo
pubblico sul diritto di costruire. Viene di fatto istituito il principio giuridico della
separazione tra il diritto di proprietà del suolo e il diritto di costruire, riservando questo
ultimo alla collettività. Durante l’iter parlamentare della legge, questo principio viene però
di molto ridimensionato e ricondotto al principio della partecipazione, da parte del privato
che costruisce sul proprio terreno, agli oneri che la sua iniziativa pone a carico della
collettività. Inoltre la sentenza della corte costituzionale n. 5 del 1980 annulla i criteri di
valutazione dell’indennità di esproprio stabiliti dalla legge, affermando inoltre che il diritto
di edificare continua ad essere un requisito del diritto di proprietà. Questa sentenza crea
importanti ripercussioni sull’attuazione degli strumenti urbanistici da parte dei Comuni,
comportando di fatto l’impossibilità, per questi ultimi, di recuperare aree sufficienti alla
8
art. 1 della Legge n. 10 del 1977.
9
L’incidenza degli oneri sui costi urbanizzativi, ai sensi dell’art. 5 della Legge 10 del 1977 è stabilita “con
deliberazione del consiglio comunale in base a tabelle parametriche che la regione definisce… per classi di
comuni in relazione: a. all’ampiezza e all’andamento demografico dei comuni; b. alle caratteristiche
demografiche dei comuni; c. alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti; d. ai limiti
e ai rapporti minimi inderogabili” fissato dal DM n. 1444 del 1968.
10
Il costo di costruzione alla quale è rapportata la seconda parte del contributo viene determinato: dal
Ministero dei LLPP con decreto annuale, per i nuovi edifici a destinazione residenziale, (si tratta cioè di un
costo convenzionale); dal Comune, in relazione al costo degli interventi così come risulta dal progetto, per gli
edifici residenziali esistenti; dal Comune, con apposita deliberazione del Consiglio Comunale, per gli edifici
a destinazione turistica, commerciale e direzionale.
11
L’indennità di esproprio è commisurata al valore medio corrispondente al tipo di coltura in atto nell’area
da espropriare. Nel caso di terreni edificabili, l’indennità è basata sul valore agricolo medio della coltura più
pregiata tra quelle nella regione agraria. Il valore così determinato è poi moltiplicato per un coefficiente
variabile a seconda della dimensione del comune; nel caso di cessione volontaria tali indennità sono
aumentate del 50%, oppure triplicate se il proprietario è coltivatore diretto. In caso di mancata accettazione,
da parte dell’espropriato, dell’indennità così stabilita, occorre invece attendere una valutazione effettuata
caso per caso da parte di una Commissione Provinciale.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
7
realizzazione delle infrastrutture e dei servizi pubblici, previste dai Piani Regolatori
vigenti.
Inoltre l’art. 13 della legge, prescrive che l’attuazione degli strumenti urbanistici
generali avvenga mediante Programmi Pluriennali di Attuazione (PPA), i cui contenuti e
procedure di formazione sono fissati con provvedimenti legislativi regionali.
Il PPA “…non è uno strumento urbanistico vero e proprio, ma uno strumento
amministrativo che rende realizzabili le previsioni dello strumento urbanistico generale
per archi temporali definiti (3 – 5 anni) in base ai fabbisogni di interventi nei diversi
settori (infrastrutture, servizi, insediamenti produttivi, insediamenti direzionali,
commerciali e turistici, residenze) e tenendo conto delle disponibilità di risorse pubbliche
e private” (Ognibene, 1994, 185). Si cerca in questo modo di programmare e gestire gli
investimenti sul territorio, nel quadro degli strumenti urbanistici vigenti, considerando
soprattutto le disponibilità dei vari soggetti interessati all’attuazione. Infatti, in presenza di
PPA, soltanto i proprietari le cui aree sono ivi comprese possono richiedere la concessione
edilizia. Inoltre, con l’inserimento all’interno del PPA, il proprietario acquisisce il diritto di
edificare, ma, allo stesso tempo, ottiene anche il dovere di chiedere e utilizzare la
concessione, pena l’esproprio.
Per quanto riguarda le opere di urbanizzazione la legge opera una distinzione tra tre
tipologie distinte: primarie
12
, secondarie
13
e indotte
14
. Vi è poi una categoria di opere di
urbanizzazione che non rientra nelle tre precedenti; è quella delle opere necessarie per
collegare una zona ai pubblici servizi
15
.
La definizione delle tabelle parametriche alle quali i Comuni devono riferirsi per il
calcolo degli oneri di urbanizzazione viene però affrontata in maniera sintetica da parte
delle Regioni. Come sottolinea lo stesso Stanghellini, molte Regioni propongono dei valori
12
Vedi nota 4.
13
Vedi nota 5.
14
Sono opere di urbanizzazione indotte, secondo, per esempio, l’art. 51 della legge urbanistica regionale
piemontese n. 56 del 1977 le seguenti: parcheggi in superficie, in soprassuolo e in sottosuolo, sovrappassi e
sottopassi pedonali e veicolari; impianti di trasporto collettivo di interesse comunale e intercomunale; mense
aziendali a servizio di insediamenti industriali o artigianali; impianti tecnici di interesse comunale o sovra-
comunale; impianti di smaltimento dei rifiuti solidi; sistemazione a verde delle fasce di protezione stradale,
cimiteriale, di impianti produttivi e di sponde di fiumi e laghi; manufatti occorrenti per arginature e
terrazzamenti e per opere di consolidamento del terreno.
15
Esse sono tra quelle elencate dalle Circolari Ministero LLPP n. 3210 del 1967 e n. 2015 del 1971 e più
precisamente: condotte fognanti e di adduzione idrica; linee elettriche; attrezzature viarie di collegamento
con la città; impianti telefonici.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
8
“…senza darne alcuna dimostrazione o con dimostrazioni solo parziali, cosicché non
risulta possibile desumere il procedimento utilizzato per la loro derivazione”
(Stanghellini, 1990, 49). Alla base di questo risultato è presente certamente una scarsa
propensione alla stima e al monitoraggio del costo delle opere pubbliche, al fine di poter
disporre di un set di informazioni coerenti, dalle quali trarre informazioni utili per il
calcolo degli oneri di urbanizzazione. Risulta quindi evidente come, nonostante
l’introduzione dell’onerosità della concessione edilizia, gli obiettivi che dovevano portare
l’ente pubblico al recupero dal processo produttivo, delle risorse necessarie alla
costruzione della città pubblica, non vengono raggiunti.
1.3. La trasformazione della città attraverso i Piani Esecutivi
Tra gli strumenti urbanistici esecutivi che hanno contribuito alla trasformazione
della città possiamo considerare quelli tradizionalmente previsti per l’attuazione del PRG e
alcune specifiche tipologie di piano istituite attraverso apposite leggi. La classificazione
che viene qui proposta tende a distinguere gli strumenti esecutivi di iniziativa pubblica da
quelli di iniziativa privata. Nel primo caso il soggetto privato non ha la possibilità di
esercitare un ruolo attivo nella definizione delle caratteristiche dell’intervento, ma può
presentare osservazioni e opposizioni prima che lo strumento esecutivo venga approvato
dall’Amministrazione e diventi a tutti gli effetti operativo. Nel secondo caso tra operatore
privato e pubblico si instaura un vero e proprio dialogo che si conclude nella stipula di una
convenzione per l’attuazione dello strumento esecutivo.
Sono strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa pubblica il Piano Particolareggiato
Esecutivo
16
, il Piano per Insediamenti Produttivi
17
, il Piano di zona per l’Edilizia
Economica e Popolare
18
, il Piano di Recupero del patrimonio edilizio esistente
19
e il Piano
Esecutivo Convenzionato Obbligatorio
20
.
16
Il Piano Particolareggiato Esecutivo (PPE) è uno strumento previsto dalla legge n. 1150 del 1942 (sezione
II, articoli 13 – 17)
17
Il Piano per Insediamenti Produttivi (PIP) è previsto dall’art. 27 della legge n. 865 del 1971.
18
Il Piano di Zona per l’edilizia Economica e Popolare (PEEP) sono stati istituiti dalla Legge n.167 del 1962
“Disposizioni per l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare”, modificata e
integrata con successive leggi: la n. 904 del 1965, la n. 865 del 1971 e la n. 10 del 1977.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
9
Tra gli strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa privata possiamo invece
considerare il Piano Esecutivo Convenzionato e il Piano di Recupero di libera iniziativa.
La convenzione tra Comune e privati, per questa tipologia di Piani, prevede
sostanzialmente:
− la cessione gratuita entro i termini stabiliti, delle aree necessarie per le opere di
urbanizzazione primaria e secondaria;
− il corrispettivo delle opere di urbanizzazione primaria secondaria e indotta da
realizzare dal Comune; qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del
proprietario o di altro soggetto privato, la convenzione deve prevedere le
relative garanzie finanziarie, le modalità di controllo sulla esecuzione delle
opere, nonché i criteri per lo scomputo totale o parziale della quota dovuta e le
modalità per il trasferimento delle opere al Comune;
− i termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione
in accordo con i programmi di attuazione;
− le sanzioni convenzionali, a carico dei privati stipulanti, per la inosservanza
delle destinazioni d’uso fissate nel piano di intervento
21
.
Una volta che il Piano Esecutivo Convenzionato viene approvato dal Comune, la
sua attuazione avviene comunque tramite il rilascio di concessioni edilizie che i privati
interessati richiedono prima di dare inizio ai lavori.
I criteri generali per il calcolo degli oneri di urbanizzazione primaria, secondaria e
indotta nei Piani Esecutivi Convenzionati, o le relative garanzie nel caso di costruzione
diretta, prendono come base di riferimento le stime effettuate sui progetti delle opere, nel
caso di realizzazioni di complessi residenziali o industriali autosufficienti per quanto
riguarda infrastrutture e servizi. Nel caso di realizzazione diretta da parte del
concessionario di complessi residenziali industriali incompleti, per motivi dimensionali,
per quanto riguarda le opere di urbanizzazione secondaria e indotta, la convenzione con il
19
Il Piano di Recupero del patrimonio edilizio esistente (PR) è uno strumento previsto dalla legge n. 457 del
1978, art. 28. Le zone di recupero sono individuate, ai sensi dell’art. 27, in sede di formazione del Piano
Regolatore o, per i Comuni che ne siano già dotati, con apposita deliberazione del Consiglio comunale.
20
Il Piano Esecutivo Convenzionato (PEC) rappresenta la versione aggiornata del Piano di Lottizzazione
convenzionato di cui all’art. 28 della Legge n. 1150 del 1942. Il Piano Esecutivo Convenzionato Obbligatorio
(PECO) viene predisposto dagli uffici tecnici comunali in caso di inadempienza, nella predisposizione del
progetto di Piano Esecutivo, da parte dei proprietari di aree fabbricabili assoggettate a PEC.
21
I contenuti della convenzione sono stati tratti dalla Legge Urbanistica della Regione Piemonte n. 56 del
1977, art. 45 comma 1.
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
10
Comune comprende la stima dei contributi integrativi corrispondenti alle infrastrutture e ai
servizi non realizzati direttamente dal concessionario, la cui realizzazione accorra in altra
parte del territorio per garantire agli utenti del complesso gli standards urbanistici previsti
dalla legge.
Il soggetto privato può anche richiedere il rilascio di concessione edilizia per la
realizzazione di singoli edifici. In questo caso i contributi relativi agli oneri di
urbanizzazione da versare, sono calcolati in riferimento alle Tabelle Parametriche, definite
dalle Regioni, relative alle classi di Comuni, alle classi di destinazioni d’uso e ai tipi di
intervento. Occorre comunque evidenziare come tra gli strumenti urbanistici esecutivi
utilizzati per l’attuazione del piano regolatore “…l’iniziativa comunale è in genere limitata
al settore dell’edilizia residenziale pubblica, ed a quello degli insediamenti produttivi,
mentre la maggioranza dei progetti è di iniziativa privata […] l’operatore privato è il vero
attuatore della trasformazione, con le sue convenienze, le sue priorità, i suoi tempi”
(Saccomani, 1995). Infatti, lo strumento urbanistico maggiormente utilizzato, almeno nella
Regione Piemonte, è il Piano Esecutivo Convenzionato mentre “…l’uso del Piano
Particolareggiato è estremamente contenuto e limitato in genere a quegli interventi ai
quali il Piano Regolatore Generale affida un ruolo strutturante o di grande rilievo per la
politica del piano, e per i quali si richiederebbe il coinvolgimento di risorse private…”
(Ibidem).
1.4. Dalla fase di espansione alle politiche di riqualificazione della città
“L’inizio degli anni ’80 viene riconosciuto come il momento in cui cominciano a
manifestarsi numerosi segni di inversione di tendenza nella definizione delle politiche
territoriali (riguardanti tanto la scala totale che quella dell’area vasta) rispetto agli
orientamenti che avevano connotato la seconda metà degli anni ’70” (Giaimo, 1999, 103).
Le cause di questo mutamento, sicuramente non radicale e improvviso, sono la
conseguenza di una molteplicità di fattori. Perdute le condizioni politiche ed economiche
per perseguire il modello dell’amministrazione forte ed attiva, nella gestione del territorio,
l’ente locale “…tende a considerare/accettare il mercato(in particolare quello
immobiliare) come possibile interlocutore per la realizzazione delle politiche pubbliche ed
I. La collaborazione pubblico-privato per la trasformazione della città
11
il contemporaneo controllo ed indirizzo di quelle private” (Ibidem, 106). Inoltre, il
processo di riorganizzazione e innovazione delle imprese, soprattutto per quanto riguarda
la fase di produzione, introduce importanti cambiamenti nelle realtà urbane, comportando
importanti trasformazioni, sia sul piano sociale che territoriale. Infatti, il processo di
terziarizzazione che interessa ampiamente le città, apre la strada alla formazione di nuove
attività che occupano nuovi spazi, sottratti alla destinazione abitativa e agricola. Ampi
complessi edilizi ad uso industriale, inglobati nel tessuto urbano e funzionali alla obsolete
modalità di produzione, cominciano ad essere abbandonati. Nelle grandi concentrazioni
urbane vengono predisposti progetti di trasformazione di aree, in alcuni casi ancora
inedificate oppure abbandonate dalla grande industria e quindi dismesse. È in questo
periodo che prendono forma le prime, vere e proprie, partnership pubblico-privato.
L’introduzione nelle politiche di pianificazione dalla pratica della partnership “…si
configura in primo luogo in una partecipazione più diretta degli operatori privati nella
progettazione della trasformazione urbana, e quindi nella definizione delle prestazioni
pubbliche” (Fusero, 2004, 30). Ricorrendo a rapporti di partnership con gli operatori
economici ed immobiliari, l’ente pubblico “…cerca di sviluppare la propria operatività,
ormai immobilizzata da problemi quali il reperimento delle aree su cui realizzare gli
interventi, la non disponibilità di risorse economiche per finanziare le trasformazioni
prima e la gestione delle stesse poi e, non ultima la scarsa preparazione tecnico –
culturale dei funzionari degli enti pubblici locali a predisporre programmi e progetti di
trasformazione”. (Giaimo, 1999, 106). Uno dei primi esempi di recupero di aree dismesse
in Italia è rappresentato dal grande progetto di riuso dello stabilimento FIAT Lingotto di
Torino: iniziato nel 1982 con la pubblicazione di un concorso internazionale per
raccogliere idee sul futuro della fabbrica torinese, si conclude nel 2002 con l’inaugurazione
della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli
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.
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Una descrizione dettagliata del processo di ristrutturazione dello stabilimento Fiat Lingotto è contenuta in,
Talarico A. 2004, Gli Studi di Fattibilità nella valutazione dei grandi progetti: il caso dello stabilimento
FIAT lingotto a Torino, Tesi di Laurea, Relatore Prof.ssa M. Bravi, I
a
Facoltà di Architettura, Politecnico di
Torino.
Il P.P. del Lingotto viene approvato nell’ottobre 1988 e in questo periodo si avvia anche l’iter burocratico per
l’approvazione della “variante” al Piano Regolatore Generale Comunale. All’interno del suddetto Piano
vengono recepite quelle che sono le indicazioni emerse dallo Studio di Fattibilità condotto dal Gruppo di
lavoro composto da Renzo Piano, Giuseppe De Rita e Roberto Guiducci. Con la delibera della Giunta
Regionale del 27 marzo 1990 viene approvato definitivamente il P.P. adottato nel 1988 e la “variante” al
Piano Regolatore Generale vigente.