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all‟inizio del ventesimo secolo. Egli viene indicato come il fondatore della teoria
“tratto-fattore”, secondo cui ogni individuo possiede dei tratti (degli interessi, delle
abilità e il suo livello di intelligenza) che si mantengono stabili nel corso della sua
esistenza e che influenzano le scelte professionali. Secondo l‟autore la scelta di
un‟occupazione coinvolge la ricerca di una corrispondenza, di un “matching”, tra i tratti
dell‟individuo e le caratteristiche di un certo lavoro. Se l‟individuo conosce bene sé
stesso e l‟ambiente di lavoro in cui andrà ad operare e sarà in grado di riflettere sul
livello di congruenza tra le sue caratteristiche personali e l‟ambiente di lavoro, potrà,
con più probabilità, operare una stima più precisa sulla possibilità di successo e
soddisfazione professionale.
Gli sviluppi della teoria tratto-fattore hanno poi portato alla nascita delle teorie
sull‟adattamento persona-ambiente (Holland, 1973; Dawis e Lofquis, 1984, in Swanson
e Fouad, 1999), secondo cui la condizione lavorativa dell‟individuo è il frutto
dell‟interazione tra le caratteristiche dell‟individuo e dell‟ambiente. Queste teorie
affermano che a seconda del tipo di personalità dell‟individuo sia possibile prevedere la
condizione professionale a lui più favorevole ed idonea.
La maggiore critica rivolta a questi approcci riguardava l‟eccessiva importanza
attribuita alle dimensioni individuali e alla visione meccanicistica del rapporto tra
individuo e contesto (Murgia, 2006). Da queste critiche e dalla diffusione delle teorie
sullo sviluppo sono emerse prospettive (Ginzberg, 1951; Super, 1973; Gottfredson,
1996) che non vedono più la decisione di intraprendere un certo percorso professionale
come un singolo evento, come un “accoppiamento” (match) tra uno specifico soggetto e
il lavoro a lui più adatto, ma come il frutto di un processo, legato allo sviluppo psico-
fisico dell‟individuo e ai ruoli che riveste nella sua vita. Queste teorie vengono infatti
chiamate “teorie che si focalizzano sui processi” (Swanson e Fouad, 1999); esse hanno
considerato lo sviluppo di carriera come un processo che non si esaurisce nell‟età
adulta, ma che invece si estende lungo tutto l‟arco della vita, nel quale l‟individuo opera
continui aggiustamenti al suo percorso alla ricerca di una maggiore soddisfazione.
Altri autori (Krumboltz, 1976; Lent e coll., 1996) hanno analizzato il concetto di
carriera a partire da un‟altra prospettiva, basata sull‟applicazione della teoria
dell‟apprendimento sociale di Bandura allo studio delle carriere, che li ha portati ad
esaminare i processi cognitivi che determinano la presa di decisione.
Queste teorie sottolineano l‟importanza delle esperienze di apprendimento (per es. di
nuove competenze e di nuovi ruoli lavorativi) e l‟effetto di queste ultime sul processo di
3
scelta del lavoro. Le persone grazie alle esperienze di apprendimento danno un “senso”
al loro percorso professionale e lo dirigono verso nuove prospettive di carriera.
Queste teorie verranno poi confrontate tra loro, per individuare se esistono similitudini
contrapposizioni o delle criticità. Verranno anche individuati, con il contributo di
Guichard e Lenz (2005), gli interrogativi a cui le teorie sulla carriera hanno, nel tempo,
tentato di rispondere e con il contributo di Savickas (2002) verrà esposto in che modo e
attraverso quali fasi si sono sviluppate queste teorie.
Nel terzo capitolo si affronterà il tema delle carriere senza confini (boundaryless career),
percorsi lavorativi che per il momento possono essere definiti a grandi linee come le
carriere che si sviluppano “nel movimento” attraverso diverse organizzazioni. Vista la
scarsità di studi in Italia su questo fenomeno l‟obiettivo sarà quello di offrire una
panoramica generale su questi nuovi sentieri professionali.
Prima di analizzare nello specifico questa nuova forma di carriera si prenderanno in
considerazione i cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni nel mondo del lavoro a
seguito delle mutazioni dello scenario organizzativo ed economico-sociale e le
implicazioni che questi hanno avuto sui percorsi lavorativi.
Fenomeni come l‟outsourcing, e l‟aumento di joint ventures tra aziende impongono di
considerarsi mobili e flessibili, di transitare da un compito ad un altro e di essere
disponibili a passare da un‟organizzazione ad un‟altra, mantenendo sempre un alto
livello di adattabilità ai nuovi contesti. Nel nuovo mondo del lavoro al lavoratore
vengono richieste: capacità di tipo relazionale, perché il lavoro si svolge in team e
magari con più gruppi di lavoro; la disponibilità ad un apprendimento continuo;
l‟intraprendenza e la gestione autonoma del lavoro e infine una solida identità
professionale, perché l‟individuo spostandosi tra più aziende non potrà più identificarsi
con una sola azienda.
Attraverso il contributo di Miles e Snow (1996) sarà poi possibile comprendere quali
sono stati i principali cambiamenti a livello organizzativo e quali ripercussioni hanno
avuto sulle carriere. Ellig e Thatchenkery (1996) ci illustreranno, attraverso cinque
cambiamenti, il passaggio dalle carriere organizzative a quelle senza confini dal punto
di vista del lavoratore e sarà poi possibile, con il lavoro di Arthur (2003), confrontare i
vantaggi offerti dalla carriera senza confini con quelli della carriera tradizionale.
Parallelamente a questi cambiamenti, si è verificato un mutamento nella relazione che
lega il dipendente al datore di lavoro, in ciò che viene definito “contratto psicologico”.
Si è passati da un contratto psicologico di tipo relazionale, fondato sulla fiducia e sulla
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fedeltà reciproca a un contratto di tipo transazionale, basato su uno scambio monetario
per un periodo limitato nel tempo. Questa variazione ha avuto delle implicazioni nei
processi di costruzione dell‟identità professionale del soggetto, che si identificherà
sempre meno con l‟azienda e sempre più con la sua professione; e sull‟assunzione delle
responsabilità rispetto al mantenimento del posto di lavoro, per cui se prima era
l‟azienda che tutelava il posto di lavoro, ora è il singolo che dovrà costantemente
dimostrare di “valere”.
Nel quarto capitolo il focus sarà sui cinque concetti chiave attraverso cui è possibile
comprendere le carriere senza confini, essi sono: la versatilità; la mobilità fisica e
psicologica; il networking; l‟enactment e l‟apprendimento. In questa sezione si
esaminerà anche la forte rilevanza che hanno le competenze nella possibilità di
compiere una carriera senza confini. Si vedrà come, a seconda delle fasi che
caratterizzano la carriera senza confini, sono richieste all‟individuo tipi diversi di
competenze e si analizzerà anche uno studio, condotto da Kuijpers e coll. (2006), che,
insieme al resto della letteratura esaminata, potrà offrirci una panoramica su quali
competenze sono necessarie per avere una carriera senza confini di successo.
Verrà poi anche visto, attraverso il contributo di Hall (2004), come le carriere senza
confini possano anche essere una risorsa per l‟individuo che cerca di conciliare vita
lavorativa e vita affettiva, nel momento in cui deciderà di compiere un “percorso di
carriera con un cuore”. Infine, verranno riportati alcuni consigli, suggeriti dagli esperti
delle carriere senza confini, a chi intende compiere questo particolare percorso
professionale.
Si è voluto dedicare un‟ampia parte della trattazione al tema delle carriere senza confini,
in quanto questo argomento mi è sembrato importante in riferimento a due livelli
diversi: quello organizzativo e quello dell‟individuo. A livello organizzativo, lo studio
di questo tema offre alle imprese uno strumento per pensare a nuove forme di carriera,
legittimate a livello organizzativo; per comprendere perché un dipendente dopo un certo
periodo di tempo desideri cambiare azienda e per gestire questo possibile evento.
Attraverso l‟analisi dei bisogni che spingono l‟individuo ad abbandonare l‟azienda
diventa anche possibile individuare nuovi modi per favorire la permanenza dei talenti
nell‟organizzazione. A livello dell‟individuo, un‟analisi di questa tematica si rivela utile
per conoscere come si sono originati questi nuovi percorsi lavorativi; per individuare
quali competenze sono ora richieste nel mondo del lavoro e per pensare a nuove
strategie con cui rispondere alle richieste del mercato del lavoro.
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Inoltre, nella lettura di questa tesi si potrà facilmente cogliere che la letteratura
sull‟argomento è prevalentemente statunitense. Questo lavoro vuole quindi anche
segnalare una carenza di studi su questo tema in Europa e in particolare in Italia1, che
non permette di cogliere le peculiarità delle carriere senza confini in questi contesti, ma
ci costringe ad esaminare principalmente gli studi condotti negli Stati Uniti, con il
rischio che questi non siano rappresentativi anche del fenomeno europeo.
1
A parte Fraccaroli (2005), che dedica un capitolo del suo Libro “Progettare la carriera” alle carriere
senza confini.
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Capitolo 1 La carriera: una definizione
Quando pensiamo alla carriera di un individuo, siamo soliti fare riferimento al successo
ottenuto in un contesto lavorativo, all‟abilità nell‟affrontare quelle prove che
permettono di avvicinarsi a occupazioni più prestigiose e meglio remunerate,
all‟acquisizione di posizioni gerarchicamente superiori, che implicano una maggiore
responsabilità e autorizzano ad avere una maggiore influenza sugli altri, ma che
permettono anche di avere una maggiore autonomia decisionale (Fraccaroli, 2005).
La carriera intesa come mobilità ascendente, è forse la rappresentazione sociale più
comune, rintracciabile anche nei vocabolari, ad esempio nel vocabolario italiano online
De Mauro, la carriera viene definita come: “[…] professione che presenta una serie di
gradi da raggiungere l‟uno dopo l‟altro” (www.demauroparavia.it); si parla infatti di
intraprendere una carriera diplomatica, militare, scolastica, che sottintende una
gerarchia di posizioni. Sempre secondo la definizione del vocabolario De Mauro la
carriera è considerata anche come “[…] un avanzamento, un miglioramento del ruolo
nella professione” (www.demauroparavia.it), il termine carriera è quindi spesso usato
con questa connotazioni di incremento/decremento in locuzioni del tipo: “avere
possibilità di fare carriera”, “rovinarsi la carriera”, “rinunciare alla carriera”. Anche la
definizione trovata in wikipedia2 è in linea con la definizione precedentemente esposta,
essa viene definita come “percorso legato ad un ambiente lavorativo, attraverso il
quale si raggiungono diversi gradini, solitamente in ascesa, verso posizioni di maggiori
responsabilità e potere. Si parla comunemente di "fare carriera" intendendo un
aumento di retribuzione e livello di inquadramento aziendale.”
Nel dizionario Treccani il termine carriera acquista un significato più ampio essa è:
“[…] la via scelta e seguita nell'impiego, nella professione, negli studi; la possibilità di
accumulare capacità professionali e di salire quindi nella scala gerarchica della
professione, fondata sulla competenza; o anche, in senso più ampio, lo svolgimento del
rapporto d'impiego” (www.treccani.it).
La carriera quindi si associa ad un percorso individuale, costruito in base a scelte,
progetti, ambizioni, aspirazioni e caratterizzato da gradi di avanzamento. Da queste
definizioni è anche possibile individuare dei criteri di misura dello sviluppo e di
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Enciclopedia libera online
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successo del percorso professionale, essi sono: il denaro, lo status sociale, il potere di
influenza sugli altri e l‟identità professionale.
È fondamentale però ricordare che il termine carriera nel suo significato arcaico, come
attestano il vocabolario italiano de Mauro e il Treccani, sta ad indicare “[…] lo spazio
assegnato alla corsa dei cavalli con carri” (www.treccani.it), “[…] spianata in cui si
svolgevano le corse dei carri o le giostre a cavallo” (www.demauroparavia.it). In
queste ultime definizioni il termine suggerisce l‟idea di un percorso preordinato e
competitivo che vincola in modo rigido la direzione di marcia e che fa inevitabilmente
riferimento ad un contesto esterno all‟individuo. La carriera si presenta secondo
quest‟accezione come un percorso normativo in cui sono presenti vincoli, obblighi e
regole, che il più delle volte sono preordinati dai dirigenti, dalle gerarchie e dalle regole
sociali e culturali che caratterizzano l‟ambiente in cui si lavora.
Una delle prime definizioni del concetto di carriera è quella rinvenibile negli studi
sociologici di Form e Miller (1949) che coniano il termine “career patterns” per
denotare la sequenza e la durata nelle posizioni lavorative occupate da un individuo.
Il concetto di carriera si è poi ampliato fino a comprendere le attività precedenti al
periodo in cui si svolge un lavoro remunerato e a quelle attività che vanno al di là di
questo periodo, ed in particolare secondo la definizione proposta da Super nel 1976,
secondo cui la carriera è la sequenza delle principali posizioni occupate da una persona
nel corso della sua vita pre-lavorativa, lavorativa e post-lavorativa.
Una definizione successiva a quella di Super (1976), proposta da Arthur, Hall e
Lawrence (1989), descrive la carriera come “ la sequenza di esperienze lavorativa di una
persona nel corso del tempo”, che pone nuovamente enfasi sulla centralità di temi come
il lavoro e il tempo.
Altri studiosi hanno invece descritto le carriere come una vita lavorativa (Thomas,
1989) e la storia del lavoro (Nicholson e West, 1989). Questi ultimi autori consigliano
di usare termini più neutri come “storie lavorative” per definire la sequenza di
esperienze lavorative e di usare invece il termine carriera nel suo uso quotidiano (Patton
e McMahon, 1998).
Autori come Arthur (1989) hanno enfatizzato il fatto che “ogni lavoratore ha una
carriera” suggerendo che il termine carriera può essere utilizzato come termine neutrale
applicabile a tutte le professioni.
Miller-Tiedeman (1988) e Miller-Tiedeman e Tiedeman (1990) hanno discusso il
concetto di “carriera di vita” che esprime una integrazione tra la carriera lavorativa e
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altri aspetti della vita di un individuo. Allo stesso modo Collin e Watts (1996)
discussero la possibilità di guardare la carriera come qualcosa di costruito dall‟individuo
piuttosto che come qualcosa di oggettivo, e anche Herr (1992) pose enfasi sul fatto che
le carriere non esistono come lavori o occupazioni, ma che sono invece create dagli
individui. Pure Patton e McMahon (1998) sono concordi con queste recenti definizioni
di carriera, ritenendo che le persone sviluppano una carriera sulla base della loro
percezione e delle loro attitudini in previsione di quella che ipotizzano essere una loro
possibile carriera.
Sulla stessa linea di pensiero ci sono altri autori, come Arnold che nel testo “Managing
careers” del 1997, fa una prima osservazione sulla carriera definendola come una
sequenza di posizioni, ruoli, attività ed esperienze incontrate da una persona collegate
all‟impiego. Arnold (1997) suggerisce anche di non considerare la carriera come
un‟occupazione ma come un tratto della persona, che non è da confondere con l‟attività
stessa che diventa il contesto in cui si muove la carriera.
Arnold presenta una seconda considerazione che discende dalla prima ossia che la
carriera è qualcosa di personale, costituita da elementi soggettivi, che sono in parte il
prodotto del nostro modo di vedere il mondo. Quindi due persone che hanno
esattamente gli stessi compiti, nello stesso luogo di lavoro, nel medesimo tempo
possono comunque non avere una carriera identica, perchè sperimentano la stessa
sequenza di eventi in maniera differente. La spiegazione di tutto questo risiede nella
significatività dell‟esperienza individuale.
Un terzo aspetto che Arnold prende in considerazione è che la carriera si riferisce ad
una sequenza di posizioni, ruoli e attività che l‟individuo intraprende nel tempo e che
sono collegate all‟impiego ma anche ad altri aspetti della vita. Ad esempio un individuo
può nel tempo mutare le sue capacità e i suoi interessi e, a seconda della direzione che
prenderà questo mutamento, l‟individuo potrà esserne agevolato, in quanto acquisirà
quella capacità o coltiverà quegli interessi che gli consentiranno di realizzare il suo
potenziale, oppure potrà esserne danneggiato, perché se ci sarà una perdita di
competenze o di interessi potrà ritrovarsi meno competitivo e questo muterà il suo
percorso all‟interno dell‟azienda.
Un quarto punto su cui Arnold si sofferma riguarda il fatto che le attività di freelance, di
consulenza e di creazione del network sociale che una persona effettua attraverso
l‟impegno nell‟azienda diventano parte di ciò che viene considero come carriera. La
carriera è collegata anche ad altri aspetti della vita privata come il tempo libero, la
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formazione, il ruolo all‟interno della famiglia e le attività che un individuo intraprende
per la famiglia. Ecco come ad esempio, frequentare nel tempo libero un corso per
imparare una lingua straniera può avere delle ripercussioni sulla carriera, in quanto
potrebbe aprire nuovi scenari professionali.
Di seguito, facendo riferimento al lavoro condotto da Inkson (2004), saranno riportate
alcune metafore con cui è possibile descrivere la carriera.
1.1 Le metafore sulla carriera
Come ha ben presente Fraccaroli (2005, p. 27), “la salienza di un costrutto e la difficoltà
nel descriverlo e studiarlo si misura anche attraverso la quantità di metafore prodotte su
di esso.”
Nell‟interazione quotidiana tra persone il concetto di carriera può essere usato in
contesti diversi e può assumere significati sicuramente non omogenei, in quanto esso è
un oggetto complesso che non può essere ricondotto ad una sola definizione. Non a caso
infatti sia gli studiosi sia la gente comune adottano un corposo linguaggio metaforico
per riferirsi alla carriera.
L‟uso della metafora permette, grazie ad un processo di astrazione, di descrivere un
concetto attraverso immagini che rinviano ad altri concetti, la cui "essenza" o funzione
va a sovrapporsi a quella del termine originario, creando così, immagini di forte carica
espressiva. La metafora ha quindi una funzione generativa in quanto strumento per dare
senso alla realtà e stimolare la creazione di nuovi significati.
Come ricorda anche Inkson (2004, p. 98): “Our metaphors not only express our
thinking, they help us to structure it.”
La metafora, del concetto, evidenzia necessariamente un carattere e ne racconta solo
una sfaccettatura. Per questo nozioni complesse vengono spiegate attraverso un gran
numero di metafore.
L‟uso delle metafore permette di esaminare le carriere attraverso delle lenti che
progressivamente permettono una comprensione sempre più integrata e completa di
questo concetto.
Esaminando i modelli teorici proposti dai maggiori autori che si sono occupati di
carriera (e ad alcuni di essi verrà dedicata una trattazione più approfondita in seguito) è
stato possibile individuare alcuni termini, con cui sono state definite le carriere. Questi
termini contengono un significato metaforico, come è facilmente rinvenibile da
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espressioni come: „„life-career rainbow‟‟ (Super, 1990), „„career map‟‟ (Krumboltz,
1994), „„career construction‟‟ (Savickas, 2002), „„seasons of a man‟s life‟‟ (Levinson e
McKee, 1978, in Inkson, 2004), „„vocational personality‟‟ (Holland, 1973), „„career
anchors‟‟ (Schein, 1978),„„career tournament‟‟ (Rosenbaum, 1979, in Inkson, 2004),
„„protean career‟‟ (Hall, 2004), „„portfolio career‟‟ (Handy, 1989, in Inkson, 2004),
„„boundaryless career‟‟ (Arthur & Rousseau, 1996).
Molte di queste metafore come quelle di Savickas (2002) che parla di costruzione,
quella di Holland (1973) o ancora quella di Schein (1978) concepiscono la carriera
come un‟esperienza psicologica dell‟individuo, che è protagonista e costruttore del suo
futuro, mentre altre, come quella del “ciclo” (Super, 1990) o come quella di “torneo”
(Rosembau, 1979, in Inkson, 2004) sono basate su un‟analisi e un‟osservazione esterna
della situazione. Mentre, altre ancora come “la carriera versatile” (Hall, 2004) e “la
carriera senza confini” (Arthur & Rousseau, 1996), rappresentano una nuova forma
particolare di carriera.
Inkson (2004) individua nove metafore, che considera come archetipi fondamentali nel
descrivere, studiare e gestire le carriere. Sono le seguenti:
La carriera come eredità
La carriera viene concepita come eredità che si trasmette da una generazione all‟altra.
Essa è la tipica immagine prodotta dalla ricerca sociologica in materia. La classe
sociale, il genere, il gruppo etnico, così come i modelli valoriali di riferimento e le
aspirazioni che i bambini sviluppano a partire dal modello di carriera intrapreso dai
genitori, costituiscono dei fattori rilevanti che regolano le carriere degli individui e si
riproducono da una generazione all‟altra attraverso i sistemi di socializzazione.
Questa metafora sottolinea soprattutto i fattori di regolazione sociale nel circoscrivere le
opportunità di carriera dei singoli.
La carriera come costruzione
Questa metafora trae origine da contributi che saranno trattati nei capitoli seguenti. In
prima battuta vede la sua comparsa negli studi di Parson condotti nel 1909, che primo
considerò la carriera come un processo costruttivo, in cui l‟individuo cerca l‟ambiente a
lui più adatto per sviluppare al meglio le sue capacità. Secondo questa teoria le
11
condizioni per poter raggiungere un successo professionale si potevano sviluppare solo
se c‟era un incontro tra i tratti dell‟individuo (quali le abilità, i valori, gli interessi, le
risorse e le attitudini) e le caratteristiche del lavoro (l‟ambiente, le ricompense).
Altre teorie possono essere incluse in questa metafora, esse sono la teoria del ciclo di
vita di Super (1990, in Patton e McMahon, 1998), il concetto dello sviluppo professione
di Savickas (2002), quella che è stata chiamata “costruzione di carriera” all‟interno delle
teorie cognitiviste riconducibili a Krumboltz (Mitchell e Krumboltz, 1990, in Patton e
McMahon, 1998), e la carriera sociale cognitiva di Lent (Lent, Brown, e Hackett, 2002,
in Patton e McMahon, 1998).
Questa metafora enfatizza il ruolo dell‟individuo nella costruzione del percorso di
carriera, poiché concepisce il soggetto come attivo, in grado di apprendere sul lavoro e
attraverso il lavoro. La metafora vede il soggetto impegnato in processi di
pianificazione e progettazione e sottolinea quindi gli aspetti di realizzazione razionale.
La costruzione della carriera permette inoltre all‟individuo di realizzare se stesso.
La carriera come ciclo
La presenza di stadi che si producono con regolarità e in ordine sequenziale in funzione
dell‟età costituisce una immagine ricorrente negli studi sulla carriera, soprattutto
psicologici.
Questa metafora può essere ricondotta alle teorie chiamate “Le stagioni della vita
dell‟uomo” di Levinson e colleghi (1978), o a teorie come quella di Super (1973, 1990),
che descrivono le carriere in termini di fasi legate all‟età. Queste fasi sono:
“l‟esplorazione”, “la stabilizzazione”, “la conservazione” e “il disimpegno”.
Si tratta di una metafora che legge la carriera come costruita sulla base di calendari
sociali e di tappe tipiche. Questi modelli tendono ad indicare in che misura la posizione
di carriera occupata da un individuo in una certa età sia prototipica o anomala. Alla luce
dei nuovi contesti che si sono aperti nel mondo del lavoro, questa metafora potrebbe
apparire inadatta a spiegare la complessità e la varietà del contesto odierno delle carriere
in quanto troppo rigida e statica.