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Introduzione
Lo scopo di questo studio è analizzare la preghiera intesa come fenomeno sociale, nei
vari contesti religiosi in cui ha luogo e nei diversi momenti storici. L’obiettivo che ci
proponiamo è quello di analizzare il fenomeno della preghiera che, così come la
religione nel suo complesso, ha destato l’interesse e la curiosità di pensatori
provenienti dai più svariati contesti.
Ci chiediamo se nella modernità, sia possibile ancora pregare, se in un’epoca in cui la
ragione è in continua lotta per affermarsi in ogni ambito dell’esistenza, la preghiera
abbia ancora senso oppure se essa si confonda con la speranza o la superstizione.
Trattiamo di un fenomeno così vasto e delicato che ci spinge a precisare il nostro
tentativo di sintetizzare gli aspetti più importanti relativi al fenomeno senza essere però
riduttivi. Il nostro intento è quello di mantenere un approccio aperto e non etnocentrico
sulle varie religioni e di studiare il fenomeno non in modo astratto e in una prospettiva
teologica ma come una componente della civiltà umana.
Per studiare la preghiera dalle origini ad oggi, cercarne il significato, le cause e le
manifestazioni dobbiamo iniziare il percorso attraverso la lettura dei numerosi tentativi
di definizione del fenomeno. Un primo passo potrebbe essere considerare la preghiera
come una richiesta fatta a qualcuno con un atteggiamento di umiltà e sottomissione, un
fenomeno religioso di larga diffusione, praticato in tutti i tipi di religione, dai popoli di
cultura più rudimentale alle civiltà più moderne. Per aiutarci nella comprensione
possiamo distinguere tra preghiere libere o legate a testi scritti, tra preghiere recitate
da un individuo o da una collettività e tra preghiere accompagnate da canti o danze
oppure dal silenzio. Ci possono essere inoltre dei gesti rituali che l’accompagnano che
variano a seconda delle religioni.
Per quel che riguarda il contenuto possiamo distinguere le preghiere in:
- Utilitarie: contengono richieste, pur essendo le forme più semplici di preghiera,
sono spesso accompagnate da altri elementi come argomentazioni a sostegno
della richiesta che pone l’orante, riconoscimento del potere della divinità e
sacrifici.
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- Profetiche: si fondano sull’idea della grandezza della divinità e sulla sua
esaltazione e prevedono l’autoumiliazione dell’orante.
- Mistiche: non chiedono nulla di materiale ed esprimono unicamente
l’adorazione e il desiderio dell’orante di fondersi col divino.
Un ulteriore tentativo di definizione accettato in maniera trasversale è quello che ci
presenta la preghiera come una componente strutturale importante di ogni esperienza
religiosa, come dialogo tra l’umanità e il dio, connessa con le altre forme spirituali
come il sacrificio, la magia, il rituale, il voto e la mistica.
Così come le definizioni anche le critiche rivolte a questo fenomeno sono numerose. La
preghiera è stata accusata ad esempio dal pensiero negativo e dal marxismo di
spingere l’uomo all’evasione, all’alienazione dai veri problemi del mondo. Nietsche ad
esempio la considera un borbottio di formule vuote, un movimento meccanico che
coinvolge le labbra, e un rigoroso atteggiamento di mani e piedi.
Quale che sia la definizione che riteniamo più esaustiva, un tratto comune a tutte le
preghiere è che esse riflettono le relazioni tra gli uomini. La preghiera sembra essere
quasi sempre una relazione sociale con un Dio che viene trattato come una persona.
Possiamo accorgerci di questo guardando al linguaggio, ai gesti e ai saluti con cui ci si
rivolge alla divinità. In sintesi le preghiere possono raccontarci della struttura della
società in cui avvengono, delle caratteristiche dei popoli che le pronunciano e della
storia delle loro religioni.
La letteratura sociologica riguardante il fenomeno della preghiera è al momento
attuale quasi inesistente e per questo, nel procedere di questo studio ci siamo basati
anche su fonti provenienti da altri ambiti disciplinari. Abbiamo utilizzato ad esempio un
testo comparativo considerato fondamentale per chiunque voglia avvicinarsi allo studio
del fenomeno della preghiera. Si tratta di Das Gebet
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, di Friedrich Heiler, il quale si
interroga sugli sviluppi storici e sulle ragioni psicologiche di questo atto religioso che
egli considera il punto centrale della religione.
In questo studio si pone l’attenzione sull’importanza delle parole che compongono le
preghiere e sulle enunciazioni a proposito di esse che ritroviamo nei testi dei grandi
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F.Heiler, Prayer. A study in the history and psychology of religion, traduzione a cura di S. McComb and
J. E. Park, Oxford University Press, London, 1932.
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uomini di preghiera. Anche l’osservazione delle espressioni del corpo, dei gesti rituali,
sono importanti testimonianze che possiamo trovare nella letteratura e nelle
rappresentazioni artistiche. Alcune ricerche etnologiche, testi antichi, e molte
rappresentazioni artistiche dell’arte religiosa ci forniscono degli indizi su quali
potessero essere i gesti di preghiera tradizionali e convenzionali.
Nel testo di Heiler ritroviamo inoltre una classificazione in tre gruppi di preghiere, che
si basa sul modo in cui esse vengono percepite e successivamente documentate.
L’autore distingue:
- preghiere pregate, che si manifestano come forti invocazioni al dio, hanno un
linguaggio conciso che si imprime facilmente nella memoria e ne rende così possibile la
perfetta riproduzione da parte di chi le ascolta. In alcuni casi sono trascritte appena
vengono espresse, oppure fanno parte di autobiografie o confessioni.
- preghiere formula, che sono ragionate, composte o esposte in forma ritmica, spesso
sono rivolte ad una collettività ed hanno uno scopo didattico. A questa categoria
appartengono le preghiere rituali e sacrificali delle religioni antiche, molte preghiere
liturgiche usate nelle sinagoghe ebraiche e nelle chiese cristiane e le innumerevoli
preghiere che possono trovarsi nei libri di preghiera cristiani. Ci sono preghiere brevi
e semplici in cui ritroviamo richieste e ringraziamenti. Altre sono più artificiose e
prolisse, hanno una struttura elaborata e un intento didattico e sono principalmente
catechismi, omelie e sermoni utili ad istruire ed edificare i fedeli, spesso sono rivisitate
e combinate.
- preghiere poetiche: in alcuni casi richiamano esperienze personali, altre volte sono
preghiere in prosa rivisitate ed esposte in forma poetica.
Nel primo capitolo di questo studio proporremo un approfondimento sulle origini della
preghiera prendendo come ausilio per costruire una tipologia delle preghiere più
sistematica la classificazione che Heiler fa a partire dalla nozione di ‘preghiera
primitiva’. Con questa definizione l’autore intende la preghiera nella sua forma più
semplice e originaria che funge da modello per quelle successive. Le cause che
spingono la preghiera primitiva e i modi in cui questa viene espressa formano dei tipi
che verranno poi ricalcati negli sviluppi successivi del fenomeno:
- preghiera di richiesta
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- preghiera di intercessione
- preghiera di ringraziamento
- preghiera di adorazione
- preghiera di persuasione
- preghiera di penitenza
Nel secondo capitolo procederemo occupandoci del ruolo che la preghiera riveste nella
religione greca. Fare questo ci porterà a scoprire come la Grecia antica sia un esempio
grandioso di una cultura totalmente permeata dall’uso della preghiera. Vedremo infatti
come questo fenomeno religioso accompagnasse tutti gli ambiti della vita pubblica e
privata.
Nel terzo capitolo ci occuperemo delle impressioni sulla preghiera che ritroviamo negli
scritti di alcuni filosofi che si sono occupati del fenomeno. Successivamente
dedicheremo un paragrafo al contributo di Comte a proposito della preghiera
precisando come egli se ne sia occupato relativamente al suo ideale di religione.
Dedicheremo l’ultimo capitolo al manifestarsi della preghiera nelle principali religioni
profetiche (Ebraismo, Cristianesimo e Islam) e mistiche (Buddismo e Induismo).
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Capitolo Primo: Dalle origini della preghiera alla sua
ritualizzazione
Tipologie di preghiera
Se osserviamo i diversi tipi di preghiera, ci accorgiamo che essa fin dalle origini non è
un soliloquio ma un dialogo col dio e in quanto tale è un fenomeno sociale. Nella
preghiera tende a realizzarsi una comunione, uno scambio tra l’uomo e il dio. Nelle più
diverse forme di preghiera, che più avanti illustreremo, si ripete un tratto comune, il
rispecchiamento in esse delle relazioni sociali umane. Il modo di richiamare l’attenzione,
di rivolgersi, di ringraziare e benedire, di lamentarsi o chiedere, di invitare, persuadere,
accusare o scusarsi, che l’uomo usa con un altro uomo, è lo stesso in cui poi si rivolge
alla divinità. Così come nell’interrelazione tra uomini inoltre i gesti accompagnano le
parole.
L’idea che la preghiera umana abbia un effetto reale sulla volontà della divinità spinge
l’uomo a credere nella possibilità di una risposta alla preghiera. L’uomo si pone in una
posizione di subordinazione e dipendenza davanti al dio e questo avviene sempre
ricalcando le relazioni che egli ha sulla terra. Il più primitivo fenomeno religioso ad
esempio è il rapporto filiale, che riguarda pigmei, australiani, bantu, indiani, greci,
romani, assiri e indu. In tutti questi popoli l’uomo chiama il dio “Padre” e con questo
nome si rivolge in preghiera. Anche il titolo “Madre” è usato come forma di rispetto.
Alcune popolazioni dell’America centrale, i sumeri e gli egizi, utilizzano
contemporaneamente nell’invocazione il termine padre e madre rivolgendosi ad un
unico essere divino. È interessante notare come si trovi questa relazione filiale in tutto il
mondo così come quella in cui ci si rivolge al dio come a un nonno o nonna, uno zio o
un fratello maggiore.
Un altro esempio è la relazione di servitù: gli déi greci sono chiamati Re e Regine, le
dee romane sono signore e regine, ma questo si vede più chiaramente nelle religioni
semitiche, dove il rapporto con Dio è chiaramente definito come un servizio di schiavitù.