Capitolo I Inquadramento del problema
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Figura 1.1. Schema esemplificativo di un generico impianto di trattamento delle acque reflue.
Solitamente un impianto di trattamento delle acque reflue (Fig 1.1) comprende tre
stadi, chiamati trattamento primario, secondario e terziario.
1.1. Trattamento primario
Il trattamento primario è un insieme di procedimenti perlopiù di natura fisica. Il
trattamento primario (o meccanico) consiste nelle operazioni di:
Grigliatura
Dilacerazione o triturazione
Dissabbiatura
Disoleatura
Sedimentazione primaria.
Nella grigliatura, le acque reflue provenienti dalla rete fognaria subiscono una
filtrazione mediante apposite griglie automatiche, poste perpendicolarmente al
flusso, che scaricano i materiali intercettati (ad esempio ghiaia, sassi, pezzi di
legno o piccoli oggetti) lateralmente, in modo da smaltirli successivamente in
discarica.
Segue poi una fase di disoleazione, effettuata mediante insufflazione d’aria che
favorisce l’allontanamento degli oli (ma anche di eventuali gas presenti) in
superficie e la loro eliminazione o con setti a filo d’acqua o mediante schiume.
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Viene poi effettuata una dissabbiatura, per l'allontanamento di terricci e limi.
Talvolta negli impianti è presente un primo sedimentatore (Fig 1.2), che
favorisce l’allontanamento di sabbie e soprattutto fanghi (ovvero solidi sospesi
sedimentabili), i quali costituiscono un'aliquota che va dal 30% al 40% del BOD
del refluo. In tal caso, si hanno vasche circolari di diametro compreso tra i 10 e i
50 metri, aventi in genere una profondità di circa 4 metri e pendenza del fondo
verso l’interno dell’8%, che permette la sedimentazione e il recupero dei fanghi.
Il refluo viene immesso da un'apposita tubatura posta al centro della vasca,
mentre un braccio meccanico radiale ruota lentamente, intercettando e
allontanando schiume o particelle solide trascinate sulla superficie del pelo
libero.
Figura 1.2. Schema di un sedimentatore.
Negli impianti più recenti, i sedimentatori sono posti a valle del trattamento
secondario, in quanto sottraggono sostanza organica utile alla denitrificazione
operata nel trattamento terziario. Il trattamento primario svolge anche funzioni di
equalizzazione e omogeinizzazione; nel caso di flussi variabili nel tempo in
arrivo dal collettore fognario, ha lo scopo di garantire una costanza sulla portata
e sulla composizione dei liquami in entrata al depuratore.
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1.2. Trattamento secondario
Successivamente si passa al trattamento secondario (o ossidativo o biologico),
che prevede:
aerazione: rimozione delle sostanze organiche tramite ossidazione
batterica aerobica (trattamento a fanghi attivi)
sedimentazione secondaria.
Mediante l'areazione (o ossidazione biologica), i solidi sospesi non
sedimentabili e quelli disciolti biodegradabili vengono convertiti in fanghi
sedimentabili. Per l'ossidazione biologica si utilizzano più tecniche:
gli impianti a letti percolatori (o a filtri percolatori)
gli impianti a fanghi attivati o biologici (Fig 1.3): attualmente è il
sistema più utilizzato in virtù della sua alta efficienza (>90% di
abbattimento del BOD).
Segue negli impianti meno recenti la sedimentazione secondaria, che ha il
compito di eliminare i fanghi sedimentabili prodotti nella fase di areazione. I
fanghi attivi di supero sono inviati al flottatore e sottoposti ad ulteriori
trattamenti, nella cosiddetta "linea fanghi".
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Figura 1.3. Schema di un impianto di trattamento a fanghi attivi.
1.3. Linea fanghi
Il trattamento dei fanghi (o linea fanghi), consiste nelle operazioni di:
Ispessimento
Condizionamento
Stabilizzazione aerobica
Digestione anaerobica
Disidratazione per essiccamento naturale su letti drenanti
Disidratazione per filtrazione meccanica
Disidratazione per centrifugazione.
G D &D A S2 S1
DIS DA I
Liquame
grezzo
Emulsioni oleose
(eventuale)
DI
Ricircolo fanghi
Liquame
depurato
grigliato
Inerte pesante
Legenda: LIQUAMI FANGHI
G= grigliatura, D&D= disoleatura e dissabbiatura, S1= sedimentazione primaria, A= aerazione
(ossidazione) o stadio biologico a fanghi attivi, S2= sedimentazione secondaria, DI= disinfezione,
I= ispessimento, DA= digestione anaerobica, DIS= disidratazione
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1.4. Trattamento terziario
Viene applicato all'effluente proveniente dal trattamento secondario, quando lo
scarico finale deve subire un ulteriore abbattimento del carico inquinante, che
altrimenti sarebbe incompatibile con il recapito finale prescelto; un esempio è la
riduzione dei solidi disciolti o delle sostanze nutrienti (azoto e fosforo) che
potrebbero causare l'eutrofizzazione di corpi idrici come i laghi. Consiste
nell'eliminazione di azoto (denitrificazione) e fosforo (defosfatazione), che sono
eutrofizzanti, nonché la riduzione dei solidi disciolti per adsorbimento su
carbone attivo. Anche i trattamenti terziari possono essere di tipo biologico.
Fanno parte di questa fase:
trattamenti chimico-fisici (coagulazione)
trattamenti meccanici (filtrazione su carboni attivi)
trattamenti biologico-naturali (fitodepurazione)
trattamenti biologici (nitrificazione, denitrificazione e defosfatazione)
trattamenti di disinfezione.
2. Impianti di trattamento a fanghi attivi
I fanghi attivi o attivati sono una sospensione in acqua di biomassa attiva (batteri
saprofiti, protozoi, amebe, rotiferi e altri microrganismi), solitamente sotto forma di
fiocchi. Tali fanghi sono alla base degli impianti di depurazione a fanghi attivi, che sono
i più diffusi fra gli impianti di trattamento delle acque reflue. Nel trattamento biologico
a fanghi attivi si realizza nelle vasche un sistema dinamico aerobico controllato, che
riproduce in ambiente artificiale gli stessi meccanismi biologici che avvengono in
natura (ad esempio lungo il corso di un fiume) per la depurazione delle acque inquinate
da sostanze organiche biodegradabili. Infatti, mescolando uno scarico da depurare con
dei fanghi attivi in cui è presente un’alta concentrazione microbica aerobica preformata,
si ha lo stesso processo di autodepurazione che avviene in natura, ma con una velocità
delle reazioni accelerata e uno spazio occupato minore. Il vantaggio del trattamento a
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fanghi attivi rispetto alla depurazione naturale è che la flora microbica utilizzata per
trattare le acque di scarico, anziché rimanere dispersa nell’effluente trattato tende ad
agglomerarsi formando dei fiocchi che, se posti in condizioni di quiete, tendono a
sedimentare e possono essere separati con facilità dai liquami chiarificati che rimangono
in superficie (surnatante). Il trattamento secondario consente anche l'abbattimento di
sostanze azotate, fosfati. Il refluo proveniente dal trattamento primario è convogliato in
grandi vasche rettangolari, areate o per insufflazione d’aria o per agitazione da parte di
turbine, dove si ha prevalentemente l’abbattimento delle sostanze carboniose. Il sistema
sfrutta due fenomeni: bioflocculazione e biodegradazione.
La bioflocculazione è la formazione di fiocchi gelatinosi di pochi mm di
materiale organico presente in sospensione. L’aggregazione di questi
flocculi è favorita dalla carica elettrica superficiale delle molecole
organiche molte delle quali di natura colloidale e dalla presenza di forme
batteriche filamentose (come spheromixya sp., micotrix sp.) che
costituiscono una vera e propria armatura interna dalla quale dipende la
coesione del flocculo. Le forme batteriche presenti sono varie e
selezionate di volta in volta a seconda del tipo di refluo e di condizioni
globali presenti nella vasca; la biomassa attiva nel flocculo varia dal 10
al 40% sul totale di materia secca. I flocculi se ben formati sedimentano
e vanno a formare il fango attivo che si deposita sul fondo e viene posto
in ricircolo consentendo una progressiva degradazione della sostanza
organica in esso presente.
La biodegradazione della materia solubilizzata, da parte dei batteri
aerobi di popolazioni eterogenee, porta alla formazione di CO2, CH4 ed
altre molecole di scarto.
I batteri sono selezionati dalle condizioni globali, così che in ambienti ad alta
concentrazione di proteine sono presenti generi di Alcaligens, Flavobacterium,
Bacillus, in ambienti ricchi di carboidrati si trovano Pseudomonas, e a basse
concentrazioni di O2 e sostanze organiche prevalgono Nitrosomonas e
Nitrobacter. Parte della degradazione si verifica nel fango attivo dove si ha una
demolizione catalitica operata da esoenzimi su molecole organiche polimeriche a
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cui segue un loro utilizzo a fini energetici. La necessità di mantenere entrambi i
due fenomeni impone un compromesso alla turbolenza interna del refluo che
consenta da un lato la formazione dei flocculi dall’altro un'adeguata
ossigenazione dell’acqua per favorire il metabolismo aerobio. Alla fine
rimangono presenti solo sostanze poco degradabili o sostanze fini che sfuggono
alla seguente sedimentazione (detta sedimentazione secondaria). Si hanno
notevoli costi operativi per portare l’impianto a livelli d’efficienza superiori al
90% di BOD. Secondo il carico organico è possibile distinguere impianti ad alto
carico (alto BOD, alta produzione di fanghi, rendimento 80%, tempo 3h) medio,
basso e ossidazione totale (altissimo BOD, produzione di fanghi nulla,
rendimento ~100%, tempo >40h). Diventa importante nel processo di
depurazione il concetto di carico del fango (CF): un parametro dimensionale che
incorpora i concetti di biodegradabilità e efficienza di depurazione: “quantità di
massa organica che si può introdurre giornalmente, riferita alla massa di fango
attivo, senza peggiorare l’efficienza di depurazione”. E’ possibile usare grafici
sperimentali che correlano il CF con la capacità di depurazione; la quantità di
fanghi in ricircolo dipende dal bilancio complessivo fra solidi del fango in
ingresso e in uscita dalla vasca di areazione. Il fango indicato come MLSS (Kg
di solidi sedimentabili/m3 di refluo) viene misurato come SVI o indice di volume
del fango ed espresso come volume occupato da un grammo di MLSS in coni
Imhoff dopo 30’; la sedimentazione è ottimale quando l’SVI è di 50-150 ml/gr.
Con i successivi ricircoli il fango tende a maturare progressivamente ovvero
contiene sempre meno sostanze organiche complesse, e sempre più sostanze
organiche semplici. L’età del fango è un altro parametro ed è legato al carico del
fango, al tempo di permanenza dei batteri (giorni), alla biomassa in crescita.
A fronte di limiti allo scarico sempre più restrittivi a maggior protezione
dell'ambiente, che conducono a depurare maggiori quantitativi di reflui con
trattamenti più spinti, le quantità di fanghi prodotte continuano ad aumentare.
Ne deriva la necessità di riesaminare le filiere di trattamento fanghi con
l’obiettivo di minimizzare i costi di smaltimento e la mole di fanghi prodotti che
talvolta possono diventare un’aliquota rilevante dei costi totali di gestione. Si è
pensato quindi di risolvere il problema dello smaltimento all’origine, mediante il
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controllo della produzione di fango di supero nel ciclo di processo depurativo
oppure tramite la messa a punto di strategie di smaltimento alternative e di
riduzione.
2.1. Strategie di smaltimento alternative
Le strategie di smaltimento alternative sono tese al recupero e valorizzazione delle
caratteristiche dei fanghi civili di buona qualità in termini di riutilizzo agricolo,
utilizzando le proprietà ammendanti e fertilizzanti e/o alla produzione di energia da
biomasse, che tutelino sia l’aspetto igienico sanitario che l’ambiente e siano
compatibili dal punto di vista della fattibilità economica. Tra le strategie di
smaltimento alternative vengono prese in considerazione la fitomineralizzazione, il
condizionamento e la gassificazione/pirolisi.
2.1.1. Fitomineralizzazione
Consiste nell’essiccamento e nella digestione dei fanghi biologici in vasche o
bacini impermeabilizzati dotati di sistema di raccolta del percolato e muniti di
un substrato granulare inerte nel quale vengono impiantati i rizomi delle
macrofite radicate emergenti. I fanghi, provenienti direttamente della vasca
biologica e quindi ancora molto liquidi,sono sparsi a strati, nella maniera più
uniforme possibile, sulla superficie dei letti in modo da permettere la
percolazione delle acque e l’ispessimento dei fanghi. Le acque di percolazione si
riciclano all’impianto di depurazione. Il fondo dei letti di fitoessiccamento è
costituito da materiale drenante, generalmente ghiaia a diverse dimensioni, in
cui è posizionata una tubazione forata per la raccolta del percolato.
Immediatamente sopra è posto uno strato intermedio di ghiaietto per prevenire
l’intrusione della sabbia posta nello strato superiore. I rizomi delle piantine
vengono impiantati nello strato intermedio tra la sabbia e il ghiaietto.
Capitolo I Inquadramento del problema
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La quantità di fango che si può trattare annualmente è funzione della
concentrazione in solidi sedimentabili e del tipo di fango. Un fango aerobico
infatti determina uno stress vegetativo inferiore rispetto ad un fango anaerobico.
2.1.2. Condizionamento
Si utilizza nel caso di disidratazione meccanica e serve a migliorare le
caratteristiche di filtrabilità dei fanghi e migliorare l'efficienza dei trattamenti di
disidratazione previsti a valle. Il condizionamento può essere:
chimico
termico
organico.
I fanghi liquidi estratti dal fondo delle vasche di ispessimento vengono pompati in 2
reattori miscelati previa aggiunta di una soluzione di cloruro ferroso, che ha il duplice
scopo di:
immobilizzare lo ione solfuro presente in soluzione, come solfuro di ferro
insolubile ed evitare quindi lo sviluppo di acido solfidrico nella successiva fase
di disidratazione dei fanghi;
migliorare le caratteristiche di disidratabilità dei fanghi stessi.
Prima della successiva fase di filtrazione viene inoltre dosata una soluzione di
flocculante organico (polielettrolita) che aggrega in fiocchi tutte le parti colloidali del
fango e facilita il rilascio dell'acqua durante la filtrazione.
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2.1.3. Gassificazione e pirolisi
I processi di gassificazione/pirolisi consistono in una decomposizione
termochimica delle sostanze organiche: se il processo è svolto in presenza di una
piccola quantità di ossidante a temperature di 800÷1000 °C si ha la
gassificazione, se invece siamo in completa assenza di ossidante e la temperatura
è compresa nell’intervallo 400÷800 °C si ha la pirolisi. I prodotti della prima
sono un gas combustibile (syngas) e un residuo solido (ceneri). La pirolisi a
seconda dei parametri di reazione e delle condizioni impostate, produce in
quantità variabile combustibile gassoso, liquido e solido.
2.2. Tecniche di riduzione
Per la riduzione del quantitativo di fanghi nel ciclo di processo depurativo,
premesso che la linea fanghi è una componente ineliminabile del processo,
occorre che siano studiate ed inserite nei progetti dei nuovi depuratori o da
inserire su quelli esistenti di una certa potenzialità, nuove tecnologie in grado di
ridurre nella fase di stabilizzazione percentuali di fango di supero notevoli
attraverso processi biologici antagonisti o ad altre soluzioni tecniche in fase di
applicazione e studio in grado di poter dare delle risposte nel medio-lungo
periodo. Le tecniche di riduzione possono essere integrate sulla linea acque e
sulla linea fanghi.
2.2.1. Tecniche di riduzione applicate alla linea acque
Per quanto riguarda le tecniche di riduzione della produzione dei fanghi
applicate alla linea acque, riassunte nella Tabella 1, l’obiettivo è quello di
ridurre la produzione di fango direttamente nella filiera di trattamento delle
acque reflue piuttosto che utilizzare post-trattamenti del fango dopo che esso
è stato già prodotto. È possibile individuare tre strategie di intervento:
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modifiche di processo;
controllo del rendimento di crescita;
disintegrazione dei fanghi.
2.2.1.1. Tecniche basate sulle modifiche di processo
Si riporta nella Figura 3 lo schema di depurazione ottenuta mediante
l’impiego di metodi chimico-fisici oppure con l’impiego di processi
anaerobici.
Figura 1.4. Schema di depurazione basata essenzialmente su processi chimico-fisici.
Nella degradazione anaerobica, popolazioni miste di batteri utilizzano le
sostanze organiche sia come fonte di carbonio ed energia, sia come
accettori finali di elettroni. In totale assenza di ossigeno, quindi, gli
inquinanti vengono in parte ossidati a biossido di carbonio ed in parte
ridotti a metano.
Osmosi inversa
Flottazione/ultrafiltrazione
Precipitazione N e P
Digestione anaerobica
Influente
Effluente di alta qualità
N, P
Biogas
Fango Effluente
Fango
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2.2.1.2. Tecniche basate sul controllo del rendimento di
crescita
2.2.1.2.1. Metabolismo disaccoppiato
Aggiunta di composti chimici disaccoppianti
Processo basato sull’aggiunta di composti chimici disaccoppianti in
presenza dei quali una parte maggiore dei substrati organici viene
ossidata e convertita ad anidride carbonica, riducendo la parte impiegata
per la sintesi cellulare. Una parte dell’energia prodotta dal catabolismo
non viene destinata alla biosintesi, ma viene dissipata senza
compromettere l’efficienza depurativa. Il risultato è una diminuzione
netta del rendimento di crescita e quindi della produzione di fango
biologico.
Integrazione di un reattore side-stream a temperatura ambiente
Il fango ricircolato viene sottoposto ad un’alternanza di condizioni
aerobiche (nel reattore a fanghi attivi) e condizioni anaerobiche (nel
reattore aggiuntivo anaerobico). Questa alternanza viene definita anche
come “sludge fasting/feasting”, cioè alternanza di fame/abbondanza e
causa il disaccoppiamento tra catabolismo e anabolismo, portando ad una
minore resa di crescita dei microrganismi. In particolare, la fase di fame
si verifica sottoponendo il fango sedimentato all’ambiente anaerobico
dove il substrato è insufficiente. Sotto tali condizioni di stress, i
microrganismi consumano l’energia cellulare immagazzinata sotto forma
di ATP o stoccata come lipidi. La fase di abbondanza si ottiene quando i
microrganismi ritornano nel comparto a fanghi attivi dove trovano
condizioni aerobiche e una maggiore disponibilità di substrato alimentato
con il refluo in ingresso; in queste condizioni i microrganismi riprendono
a produrre energia sotto forma di ATP.
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2.2.1.2.2. Metabolismo di mantenimento
Membrane Biological Reactor (MBR)
Aumentando l’età dei fanghi, quindi il tempo di residenza all’interno
del reattore, in assenza di substrati esterni, una parte dei componenti
cellulari viene ossidata ad anidride carbonica ed acqua per produrre
l’energia necessaria alle funzioni di mantenimento che viene
massimizzata quindi a scapito di quella impiegata per la sintesi
cellulare. Con l’impiego dei bireattori a membrana è possibile
conseguire età dei fanghi molto elevata.
2.2.1.2.3. Predazione
La riduzione dei fanghi è ottenuta sfruttando la predazione dei batteri da
parte di organismi superiori che utilizzano come substrati per la loro
crescita i batteri e le sostanze organiche più complesse.
2.2.1.3. Tecniche basate sulla disintegrazione dei fanghi
Un trattamento di “disintegrazione” (di varia natura: meccanica, chimica,
fisica, biologica) operato sui fanghi prelevati dalla corrente di ricircolo causa
il rilascio delle sostanze organiche intracellulari per effetto della lisi delle
pareti cellulari e favorisce altresì l’idrolisi delle sostanze di più elevata
complessità molecolare. Viene così prodotto un substrato “autoctono” che
insieme con la corrente dei fanghi disintegrati ritorna nelle vasche di
depurazione biologica ove alimenta il metabolismo batterico. Una parte del
substrato autoctono contribuisce alla crescita di nuova biomassa, mentre la
parte rimanente viene consumata per produrre l’energia necessaria alla
biosintesi. In tal modo l’effetto complessivo della disintegrazione si traduce
in una diminuzione della produzione di fanghi. Inoltre, la produzione di
substrato “autoctono” consente un miglior controllo del bulking filamentoso
e del foaming (con conseguente miglioramento delle caratteristiche di
sedimentabilità), oltre a fornire carbonio prontamente biodegradabile come
donatore di elettroni per il processo di denitrificazione.