La tesi è suddivisa in tre capitoli: nel capitolo I mi concentro unicamente sulla
teoria, mostrando le basi teoriche del successivo lavoro pratico; iniziando dalla
definizione generale di traduzione audiovisiva e dalle metodologie di trasferimento
linguistico di questa, mi concentro poi unicamente sulla sottotitolazione, descrivendone
gli usi, le diverse tipologie, gli aspetti tecnici, le fasi di realizzazione e infine una
valutazione con dei pro e contro di questa tecnica traduttiva.
Dal capitolo secondo inizia la parte pratica, che è la concretizzazione della sezione
teorica nel capitolo I. Si incomincia con una breve presentazione dei programmi televisivi
che verranno poi sottotitolati, spiegandone origine, storia e contenuti. Ho deciso di
scegliere testi da un lato uniformi, perché appartenenti tutti al mezzo televisivo, e
dall’altro lato eterogenei, dato che rappresentano diverse variazioni anglofone: un talk
show americano non molto conosciuto in Italia; una serie televisiva americana, famosa in
tutto il mondo, nella quale troviamo un linguaggio specialistico-scientifico ed infine un
comic show inglese. In seguito mi cimento nella sottotitolazione dei testi audiovisivi
presi in considerazione, descrivendo i problemi e le difficoltà incontrati e le soluzioni
trovate. D’altra parte, devo evidenziare che i sottotitoli sono stati tutti inseriti al di sotto
dei filmati con programmi ad hoc, per avere la controprova della loro funzionalità e
correttezza. Per questo, come dimostrazione della completezza del lavoro svolto, ho
deciso di inserire nel testo alcune immagini delle trasmissioni televisive con la mia
traduzione sottostante.
Nell’ultimo capitolo, il terzo, ho deciso di inserire l’interessante intervista fatta a
Franco Sciuto, il responsabile dell’assistenza ai clienti e servizi della società di servizi per
la comunicazione Colby ed a una delle loro sottotitolatrici, che traduce, oltre ad altri
programmi, anche il Late Show with David Letterman.
4
CAPITOLO I - Cenni introduttivi: la sottotitolazione
1.1 Che cos’è la traduzione audiovisiva?
Prima di sviluppare l’argomento principale di questa tesi, è opportuno dare una
visione più ampia della sottotitolazione, partendo appunto dal termine che lo racchiude
insieme ad altre tipologie di trasferimenti linguistici: la traduzione audiovisiva. Elisa
Perego, ricercatrice dell’Università di Trieste ed esperta del settore, afferma che:
con questa espressione si fa riferimento a tutte le modalità di trasferimento linguistico che
si propongono di tradurre i dialoghi originali di prodotti audiovisivi, cioè di prodotti che
comunicano simultaneamente attraverso il canale acustico e quello visivo, al fine di
renderli accessibili a un pubblico più ampio.
(2007: 7)
La terminologia utilizzata per parlare di traduzione audiovisiva è abbastanza ricca
ed ha subìto nel corso degli anni diversi cambiamenti: i primi studi si riferivano ad essa
con le etichette di traduzione filmica (film translation) e traduzione per lo schermo
(screen translation), ancora oggi molto utilizzate. La prima evidenzia il prodotto
veicolato dalla traduzione, cioè il dialogo del film; la seconda, invece, si concentra sul
mezzo di distribuzione, cioè lo schermo televisivo, cinematografico o del computer. In
seguito, subentrò la definizione di trasferimento linguistico (language transfer), la quale
sottolinea la componente verbale del prodotto audiovisivo. Da queste etichette si può
notare come ognuna dia importanza a una sola parte dell’oggetto di studio e non alla sua
totalità; per questo si è introdotto il termine più generale ed esauriente di traduzione
audiovisiva (audiovisual translation, AVT è l’acronimo inglese e TAV quello italiano,
usati spesso nella letteratura di riferimento) (Perego 2007).
Questa materia è diventata oggetto concreto di studi accademici solo in tempi
recenti, grazie a diverse circostanze sociali e culturali propizie per il suo consolidamento
come disciplina. Infatti, fino agli anni ’90 c’erano molteplici dubbi sulla validità di queste
metodologie come vere e proprie traduzioni, dato che si basano su un prodotto
audiovisivo che combina la sfera sonora (dialoghi, ma anche suoni, rumori di fondo,
generalmente indicati come “colonna sonora”) e quella visiva. A causa di questa natura
multisemiotica, che la caratterizza e la distanzia dalla traduzione canonica, molti esperti
erano restii ad inserirla all’interno della teoria della traduzione e dei suoi studi.
5
Oggi la traduzione audiovisiva è riconosciuta come disciplina accademica, infatti
proliferano corsi universitari e conferenze sull’argomento
3
ed ha una collocazione precisa
e stabile nella teoria della traduzione; ma i vari problemi da affrontare e da risolvere,
causati dalla complessità metodologica e dalla sua natura multisemiotica, la rendono un
oggetto di studi problematico. Dal punto di vista teorico esistono difficoltà a causa
dell’eterogeneità delle fonti, dato che queste non sempre sono legate all’ambito della
traduzione, ma spaziano tra diverse discipline (psicologia, sociolinguistica, linguistica e
via dicendo). Invece, dal punto di vista pratico, possono sorgere complicazioni nel
reperimento dei materiali, come le liste dei dialoghi (dialogue lists
4
) e le registrazioni su
videocassette VHS (Video Home System) non sempre di alta qualità. Recentemente si è
potuto superare in parte questi problemi concreti (VHS che si logoravano facilmente,
difficoltà nel trovare gli scripts, etc), grazie a diversi mezzi: Internet
5
; i DVD (Digital
Versatile Disc), molto più difficili da rovinare, con una qualità audio-visiva migliore
rispetto ai VHS, in cui si possono trovare fino a un massimo 32 versioni diverse di
sottotitoli e 8 tracce audio
6
; ed infine i produttori e distributori cinematografici, i quali
(finalmente) si sono resi conto dell’importanza del trasferimento del proprio prodotto in
altre lingue e della sua fruibilità e qualità all’estero
7
.
Grazie al riconoscimento della AVT come vera e propria disciplina traduttologica si
è rivalutata anche la figura del traduttore audiovisivo, oggi professionista. In passato la
traduzione dei programmi televisivi, film, documentari era eseguita da persone inesperte
e con una preparazione vaga nella sottotitolazione (Ivarsson, Carroll 1998: 2); questo vale
ancora per alcune nazioni, come Grecia, i paesi dell’Est e la Cina, che hanno poche
risorse da investire in questo settore. Oggi la situazione in molti stati è diversa rispetto al
passato: la tecnologia ha migliorato e semplificato il mestiere del traduttore; in molte
università (la prima è stata l’Università di Copenhagen nel 1991
8
) esistono corsi di
3
Per maggiori informazioni sulle conferenze, riviste specializzate e studi pratici e teorici fatti finora, v.
Gambier in Chiaro, Heiss, Bucaria (2008); Caimi in Caimi (2002); Díaz Cintas in Chiaro, Heiss, Bucaria
(2008: 5).
4
v. Díaz Cintas in Gambier, Gottlieb (2001: 200-207).
5
Ci sono molti siti specializzati, in cui trovare database con gli scripts (sceneggiature) di film e telefilm
famosi: www.imdb.com per i primi e www.twiztv.com/ per i secondi.
6
v. Ivarsson, Carroll (1998: 30); Gambier in Chiaro, Heiss, Bucaria (2008: 26). In quest’ultimo saggio
citato, è possibile trovare molte altre informazioni sull’importanza dei DVD e della digital challenge
(digitalizzazione) nella AVT.
7
v. Dries (1995).
8
v. Heiss e Gottlieb in Heiss, Bollettieri Bosinelli (1996). In quest’ultimo saggio citato si trova la completa
descrizione, da parte del professore Gottlieb, del corso specialistico in traduzione audiovisiva da lui tenuto
all’Università di Copenhagen.
6
specializzazione e gli esperti sono molto richiesti, dato che il mercato è sempre più vasto
ed internazionale.
Come detto in precedenza, il termine ‘traduzione audiovisiva’ è una definizione di
ampio respiro e all’interno di questa troviamo i numerosi metodi di trasferimento
linguistico con i quali essa si concretizza. Tutti, anche se con caratteristiche diverse,
hanno in comune lo stesso obiettivo di “allow audiovisual programmes to travel across
linguistic borders” e di aiutare gli spettatori “fully understand a programme that was
originally shot in another language” (Díaz Cintas 2008: 2; 6). Recentemente, grazie a
nuovi studi, la AVT viene usata per ulteriori fini: aiutare i sordi o sordastri ad avere
accesso al mondo audiovisivo e l’intento didattico di assistere coloro che vogliono
imparare la lingua (bambini, studenti, migranti, stranieri…) o “to revive and teach
minority languages” (Ivarsson, Carroll 1998: 2) come nel caso del gaelico in Irlanda e
Galles.
1.2 Metodologie di trasferimento linguistico: alcune definizioni
I procedimenti di conversione linguistica ai quali può essere sottoposto un prodotto
audiovisivo sono molteplici e, basandomi sulla classificazione fatta da Perego (2007), la
quale a sua volta ha seguito la tipologia presentata da Gambier (2003), se ne distinguono
tredici. In questa sede, per esigenze di spazio
9
, affronteremo solo i metodi principali e più
conosciuti, per poi concentrarci sulla sottotitolazione, il vero fulcro di questa tesi.
La sottotitolazione (subtitling): “sottotitolare non è solo una questione di tradurre
alcune righe di un copione e confezionarle in bei blocchi. Sottotitolare è un’attività in cui
si ricrea il dialogo condotto in una lingua straniera mettendolo in forma scritta nella
propria madrelingua, come parte integrale del film originale, il cui contenuto visivo aiuta
ad interpretare il significato delle righe mentre vengono recitate” (Heiss 1996: 22).
L’argomento verrà trattato più dettagliatamente in seguito.
La sopratitolazione (surtitling): deriva direttamente dalla metodologia precedente ed
è usata per tradurre le opere teatrali e liriche. Essa consiste in sequenze di testo tradotto,
cioè i sopratitoli, proiettate su schermi posizionati in genere sopra o talvolta sotto al palco,
durante l’esecuzione delle rappresentazioni teatrali (Perego 2007: 24). È diventata
popolare e molto usata solo dagli anni ’80, anche se le sue origini sono dell’inizio del
9
Per maggiori informazioni v. Perego 2008: 22-32, Gambier 2003 e Luyken 1990.
7
secolo scorso: allora ci furono molti problemi e proteste da parte degli appassionati, i quali
accusarono i sopratitoli di distogliere l’attenzione del pubblico dalla scena. Da un punto di
vista tecnico:
surtitling of plays follows the same principles as subtitling for television, except that the
speed should be even slower, since most of the audience have to move their gaze a great
distance from the actors to the display above the stage.
(Ivarsson, Carroll 1998: 20)
Il doppiaggio (dubbing or lip-synchronisation): “dubbing can be best describe as the
technique of covering the original voice in an audiovisual production by another voice” e
in questo tipo di traduzione audiovisiva “the foreign dialogue is adjusted to the mouth
movements of the actor in the film”. Oltre a ciò esiste un altro tipo di doppiaggio,
chiamato “lopping” o “post-synchronisation”, che consiste in “revoicing in the same
language as the original” (Dries 1995: 9).
Dall’utilizzo dei termini sopra citati, si può notare l’importanza della
sincronizzazione in questa tecnica, vale a dire l’uso della massima precisione
nell’adattamento della nuova colonna sonora in modo che la traduzione di quella originale
e i movimenti labiali degli interpreti coincidano il più possibile. Questa è l’unica
caratteristica che hanno in comune la sottotitolazione e il doppiaggio
10
, le due
metodologie principali della traduzione audiovisiva, mentre differiscono per molti altri
aspetti: il costo, la tempistica, il metodo di traduzione, gli specialisti coinvolti, le modalità
di ricezione, i vincoli a cui sono sottoposti, ecc.
Il voice-over “consiste nella sovrapposizione di una o più voci alla colonna sonora
originale e ciò permette di accedere solo in maniera parziale alla versione originale, che
non è mai udita nella sua integrità: il volume è infatti ridotto o mantenuto a un livello
minimo per facilitare la ricezione della versione tradotta da parte del pubblico” (Perego
2007: 28). Questa tecnica è solitamente usata per i documentari, ma anche per notizie,
conferenze e interviste. La nuova colonna sonora tradotta può essere letta da attori,
giornalisti o professionisti. Questo tipo di traduzione audiovisiva possiede alcune
caratteristiche dell’interpretazione simultanea, poiché la traduzione è sincronizzata e si
sovrappone all’originale; ma anche alcune del doppiaggio, anche se è meno completa e
costosa. Il voice-over è utilizzato soprattutto nella televisione e raramente nel contesto
cinematografico, fatta eccezione per i paesi dell’Est Europa come Polonia, Russia,
Ucraina, dove viene applicato anche a numerosi film.
10
v. de Linde, Kay 1999: 2.
8
La narrazione (narration): “where a text is read by a professional reader, actor or
journalist, where the text is prepared, translated and sometimes condensed in advance and
where the original dialogue is evanescent” (de Linde, Kay 1999: 2). La narrazione e il
voice-over sono molto simili, ma la prima ha due caratteristiche che la distinguono dal
secondo: il testo tradotto è “condensed”, cioè condensato, alleggerito, ridotto e
generalmente il registro viene innalzato, con l’uso di pochi colloquialismi tipici del parlato
e più aspetti dello scritto formale.
Dopo aver illustrato brevemente le cinque più importanti metodologie della
traduzione audiovisiva, l’attenzione si sposterà sulla sottotitolazione. Prima risulta
comunque opportuno chiarire rapidamente la terminologia riguardante questo argomento,
citando l’introduzione di Caimi all’opera da lei curata:
è opportuno puntualizzare che il nome d’azione del sottotitolare lo ritroviamo espresso
ora con il termine sottotitolaggio, per analogia con doppiaggio, ora con il termine
sottotitolatura, a discrezione degli autori. […] il termine “sottotitolazione” (è usato) per
descrivere la multifunzionalità, la tipizzazione e la fruibilità del prodotto sottotitoli.
(2002: 10)
In riferimento a queste indicazioni, nei seguenti capitoli si userà sempre il termine
sottotitolazione, la denominazione più precisa.
1.3 La sottotitolazione
Il cinema nacque nel 1895 dalle brillanti menti dei fratelli francesi Lumière e com’è
ben noto, originariamente era muto, indi per cui non necessitava di alcun trasferimento
linguistico in altre lingue. Questa caratteristica creava la “illusion that cinema could
become a sort of universal Esperanto, able to travel across linguistic borders and to be
understood by everybody in the world thanks to the ‘unequivocal’ universality of the
image” (Díaz Cintas 2008: 1). Con l’avvento del sonoro negli anni ’20, emerge il
problema della traduzione filmica, indispensabile per poter permettere al pubblico
internazionale di comprendere i dialoghi originali del film. La soluzione a questa difficoltà
si incorpora in due processi traduttivi: il doppiaggio e la sottotitolazione. Inizialmente
queste metodologie vengono sperimentate entrambe da molti paesi europei, che, in
seguito, si orientano verso l’uno o l’altro metodo. Questa scelta è ancora visibile, dato che
l’Europa si divide, sebbene non più in modo così netto come in passato, in paesi che si
9
avvalgono del doppiaggio (dubbing countries) e in quelli che si avvalgono della
sottotitolazione (subtitling countries).
La sottotitolazione in Europa viene utilizzata in paesi in cui la popolazione non è
elevata ed è in genere bilingue: i paesi settentrionali (Danimarca, Norvegia, Svezia), i
paesi piccoli (Svizzera, Belgio, Galles, Irlanda, Paesi Bassi) e i paesi meridionali (Grecia,
Cipro e Portogallo). Il doppiaggio, invece, viene utilizzato nei paesi dell’Europa centrale e
mediterranea, vale a dire nazioni più grandi, monolingui e con popolazioni numerose:
Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia. La bipartizione dell’Europa in questi
due blocchi è causata da due fattori. Il primo è di carattere economico: il doppiaggio, a
confronto della sottotitolazione, ha un costo più elevato e per questa ragione viene
utilizzato in nazioni in cui i distributori hanno la garanzia di avere un adeguato tornaconto
economico; il secondo fattore ha radici storico-culturali e consiste nell’abitudine della
popolazione, ad esempio una nazione che è abituata da sempre a vedere film o programmi
televisivi sottotitolati vedrà il doppiaggio come una tecnica troppo invasiva e non
l’accetterà come alternativa (Caimi, Perego 2002: 21).
Come tutti sappiamo, l’Italia fa parte dei dubbing countries e la tradizione legata a
questa tecnica è molto salda ed è parte integrante della nostra cultura. Il doppiaggio è stato
imposto dal proibizionismo durante il periodo fascista, il quale non permetteva alcun
contatto o influenza da parte di lingue diverse dall’italiano e per questa ragione contrario
alla sottotitolazione, tipologia di trasferimento linguistico che lascia inalterata la colonna
sonora originale. Nonostante tutto, l’Italia da questo periodo ha tratto vantaggio, infatti
l’industria italiana del doppiaggio si è evoluta ed innalzata ad esempio per le altre nazioni,
ma, con l’andare del tempo e con l’aumento della mole di lavoro richiesta dai produttori,
la qualità è diminuita.
“The past few years have seen an increase in the attention devoted to audiovisual
translation in Italy. However, most research has focused on dubbing […], research in
subtitling has, in turn, been rather scanty and intermittent” (Di Giovanni, 2008: 197).
Nonostante questo il pubblico italiano, paradossalmente, è “increasingly exposed to
subtitled products, due to the increasing distribution of DVDs, satellite and digital
television, and film festival” (ivi. 2008: 198). Nel nostro paese la sottotitolazione, non
solo è poco usata da televisioni e distributori cinematografici, ma è anche poco conosciuta
dagli spettatori e poco studiata dagli esperti; per questa sua “hidden position” gli
investimenti a suo favore sono ridotti, le condizioni di lavoro dei sottotitolatori non sono
le migliori e di conseguenza la qualità del loro lavoro non è elevata.
10
La sottotitolazione viene definita da Gottlieb, uno dei massimi esperti del settore, in
cinque parametri che, necessariamente compresenti, la distinguono dalle altre forme di
traduzione audiovisiva:
subtitling can be defined as a (1) written, (2) additive, (3) immediate, (4) synchrous and
(5) polymedial translation.
(1992: 162-163)
La sottotitolazione è un tipo di traduzione scritta (written) e per questo si differenzia
dagli altri tipi di trasferimento linguistico, come il doppiaggio o il voice-over, entrambe
orali. Dal punto di vista tecnico è aggiuntiva (additive), poiché si aggiunge e convive con i
dialoghi e la colonna sonora originale. In prospettiva formale è immediata (immediate),
dato che è presentata allo spettatore a ritmo continuo, seguendo il dialogo e non lasciando
spazio ad un’eventuale rilettura. I sottotitoli sono anche sincronici (synchrous), perché
compaiono e scompaiono con la rapidità del testo orale e in sincronia con le immagini
filmiche. Infine è definita multimediale (polymedial), nel senso che è parte di prodotti di
natura multisemiotica, cioè veicolati da più canali, come i film e i programmi televisivi
(Caimi, Perego 2002: 32). Inoltre il sottotitolaggio è una traduzione contraddistinta
“dall’uso di strategie traduttive specifiche, di cui la semplificazione e la riduzione testuale
sono le più caratterizzanti per frequenza e per estensione” (Perego 2007: 38).
1.3.1 Tipologie e ambiti applicativi
Esistono due principali tipi di sottotitolazione: quella interlinguistica (interlingual
subtitling) e quella intralinguistica (intralingual subtitling). Oltre a questi esistono due
generi secondari, i sottotitoli aperti (open subtitles) e quelli chiusi (close subtitles).
I sottotitoli interlinguistici possono essere definiti come “the rendering in a different
language of verbal messages in filmic media, in the shape of one or more lines of written
text, presented on the screen in sync with the original verbal message” (Gottlieb 2002:
217). La sottotitolazione intralinguistica, invece “corrisponde alla trascrizione dei dialoghi
nella stessa lingua della colonna sonora originale del film” (Caimi, Perego 2002: 26).
Queste due tipologie hanno alcuni elementi in comune, ma anche aspetti in
disaccordo: per prima cosa differiscono a seconda dei destinatari a cui sono rivolti, infatti
se quelli intralinguistici sono creati appositamente per le persone sorde o i sordastri, quelli
interlinguistici si rivolgono ad un pubblico più ampio, cioè tutti coloro che non
11
comprendono il prodotto audiovisivo a causa di mancanze linguistiche o culturali. Una
seconda differenza è l’idioma utilizzato: i sottotitoli intralinguistici sono nella stessa
lingua dello script originario, invece quelli interlinguistici sono scritti nella lingua parlata
e conosciuta dagli spettatori. Riferendosi sempre alla parte formale dei sottotitoli, in quelli
per sordi e sordastri deve essere inserita la trascrizione completa della colonna sonora
originale, quindi non solo i dialoghi, ma anche i rumori di fondo, musiche e tutto ciò che è
rilevante per la totale comprensione del prodotto.
Come detto precedentemente, esistono anche aspetti comuni tra questi due generi di
sottotitolaggio: entrambi possono essere usati per uso didattico
11
, poiché sia l’uno che
l’altro contribuiscono alla comprensione del testo in lingua straniera. Inoltre:
despite their apparent differences both types of subtitling have strong common elements:
they take place in the same audio-visual context; they both involve a conversion of
spoken dialogue into written text, and in both forms the amount of dialogue has to be
reduced to meet the technical conditions of the medium and the reading capacities of
viewers.
(De Linde, Kay 1999: 1)
In riferimento alle capacità di lettura (reading capacities) del pubblico, si introduce
una quarta ed ultima differenza tra le due tipologie principali. Essa consiste nell’ulteriore
riduzione che i sottotitoli intralinguistici devono subire rispetto a quelli interlinguistici,
dato che gli spettatori sordi e sordastri hanno una capacità e una velocità di lettura
inferiore a quella di persone senza problemi di udito
12
.
Come detto in precedenza, esistono anche due generi secondari della
sottotitolazione:
Open subtitles are not optional and are inseparable from the image. Closed subtitles,
which are selected by the individual viewer, mainly consist of intralingual subtitling but
are also used for television programmes which are broadcast to different language
communities with relevant subtitles version encoded.
(Dries 1995: 26)
11
Esiste uno studio pratico e dettagliato sull’uso didattico dei sottotitoli per l’insegnamento dell’inglese a
bambini v. Mariotti in Caimi (2002).
12
Per maggiori informazione sulla velocità di lettura e, in generale, sui sottotitoli intralinguistici v. de
Linde, Kay (1999). Invece per maggiori informazioni sulla storia e la situazione italiana dei sottotitoli
intralinguistici v. Tucci in Taylor (1996).
12