poggia su tre pilastri
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: Comunità europea, risultante dalle tre precedenti
istituzioni (CEE, CECA ed CEEA); Politica estera e di sicurezza comune
(PESC) e Politica della giustizia e degli affari interni (CGAI). L’accordo di
Maastricht sottintende un approccio all’unificazione economica europea
caratterizzato dalla fiducia nella capacità di autoregolamentazione dei
mercati. Tale approccio è però legato ad alcune contraddizioni:
ξ in linea di principio, se i mercati fossero perfetti (con agenti uguali e
razionali), non sarebbe possibile trarre alcun vantaggio in termini di
benessere sociale e individuale dalla loro unificazione una volta
eliminate le residue barriere che limitano la libera circolazione di beni,
servizi e fattori produttivi.
ξ il modello sottostante a tale approccio indicherebbe che, essendo i
mercati perfetti, i benefici dell'integrazione sarebbero costituiti da costi
minori, da prezzi più bassi e da maggiore occupazione.
Il programma di completamento del mercato unico ha trovato il suo
coronamento nell'attuazione del disegno di integrazione monetaria.
Per approdare ad un siffatto risultato, i paesi aderenti hanno rinunciato alla
propria sovranità nazionale in materia monetaria, sottoponendosi ad una
serie di restrizioni economiche e finanziarie. Gli sforzi compiuti da
ciascuno stato per rientrare nei parametri di Maastricht si giustificano con
la ferma convinzione delle autorità di governo nazionali che la creazione di
un’area valutaria comune può solo arrecare benefici di gran lunga
superiori rispetto ai vantaggi offerti dal precedente funzionamento del
sistema monetario. Il progetto di unificazione monetaria si innesta in
un’area ancora estremamente eterogenea dal punto di vista economico,
caratterizzata da accentuate disparità regionali nel livello del reddito e
nell’occupazione fra i paesi cosiddetti del centro ed i paesi della periferia.
In tale prospettiva è pertanto legittimo chiedersi se l'unione monetaria sarà
portatrice di nuovi vincoli o di nuove opportunità. In particolare, nell'ambito
del presente studio interessa valutare in che modo l’Unione monetaria
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Comunità europea: crea un mercato comune europeo, un’unione economica e monetaria ed una
serie di altre competenze; Politica estera e di sicurezza comune: costruisce una politica unica verso
l’esterno; Giustizia ed affari interni: costruisce uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia.
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europea può incidere sugli squilibri regionali; ossia se può attenuare o al
contrario aggravare i problemi di arretratezza e sottosviluppo delle regioni
meno progredite. L'integrazione monetaria priva gli stati aderenti di un
basilare canale di aggiustamento degli shock asimmetrici, adottato in
passato anche in modo indiscriminato dai singoli paesi alla ricerca di una
maggiore competitività per le proprie produzioni (cioè la modificazione del
tasso di cambio). Ciò nonostante, il processo d'integrazione europea
sembra aver subito una sorta d'accelerazione negli ultimi dieci anni;
questo deriva dalla scarsa volontà di delegare ad autorità di tipo
sopranazionale l'assunzione di decisioni che toccano alcuni dei simboli più
alti dello Stato nazionale come la definizione della politica estera o,
appunto, il battere moneta.
Il presente lavoro si inserisce in tale problematica, proponendosi di
analizzare gli effetti dell’Unione monetaria europea sugli squilibri regionali
ed i relativi costi e/o benefici relativi alla sua attuazione.
Il primo capitolo rappresenta una sorta di introduzione all’attuazione
dell’Unione europea (UE) e dell’Unione economica e monetaria europea
(UEM), analizzate attraverso un breve percorso storico, dalla nascita fino
agli anni attuali, cercando di chiarire i diversi motivi che hanno reso
possibile e necessaria la loro affermazione. Il punto di maggiore interesse
è, tuttavia, rappresentato dall’integrazione monetaria, considerata come
un primo passo verso l’eliminazione degli squilibri regionali economici.
Vengono poi analizzati gli effetti, di varia natura, scaturiti dall’attuazione di
una politica monetaria comune, con particolare riguardo ai meccanismi e
agli strumenti di aggiustamento disponibili per il riassorbimento di
fluttuazioni cicliche, concludendo con un breve riferimento al “progetto”
della Banca Centrale Europea.
Il secondo capitolo è dedicato interamente alle politiche
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regionali,
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Le “politiche” vengono qui intese come l’insieme di provvedimenti, misure e strumenti,
prevalentemente economico-finanziari, ma anche socio-culturali, organizzativi ed istituzionali;
attraverso cui si tende ad attuare progressivamente il disegno-progetto individuato nello scegliere
l’obiettivo strategico cui tendere.
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quali strategie
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di intervento e ridistribuzione. Dopo una breve illustrazione
delle disparità regionali e dei relativi problemi, viene messa in luce
l’importanza delle politiche di coesione, con particolare riferimento ai
Fondi strutturali ed ai programmi per la loro attuazione, intesi come
strumenti atti a promuovere la ridistribuzione delle risorse verso le aree più
bisognose ed alla loro riforma del 1988, che ha migliorato il coordinamento
degli interventi. Vengono poi analizzati gli effetti delle politiche regionali
sulla convergenza, concludendo con un breve cenno sul bilancio
comunitario, visto come ulteriore strumento per la realizzazione della
coesione regionale.
Il terzo capitolo si apre con una riflessione sull’effettiva
convergenza delle regioni europee, per poi analizzare due possibili
scenari di evoluzione delle politiche regionali, costituiti da un lato dal
mantenimento dell’attuale impianto delle politiche strutturali,
preservandone il carattere regionale e dall’altro dalle modifiche radicali,
soprattutto verso una gestione dei Fondi Strutturali a livello nazionale.
Il quarto ed ultimo capitolo parte da una descrizione generale della
situazione economica italiana fino ai giorni nostri, per poi analizzare gli
effetti che l’UEM induce sull’economia; vengono poi prese in
considerazione le cause del sottosviluppo, per evidenziare, infine, la
situazione del Mezzogiorno.
L’idea di fondo su cui poggia il presente lavoro è che l’unione
monetaria non deve rappresentare il traguardo finale, ma solo un
traguardo intermedio per raggiungere il vero obiettivo e cioè l’ampliamento
delle opportunità di vita di tutti i cittadini europei, in primis per coloro per i
quali sono gravemente ridotte dalla disoccupazione e dal bisogno. La
miglior politica, in questo caso, consiste nel limitare al massimo la
discrezionalità delle autorità di politica economica, vincolando la loro
azione a quella di un’istituzione esterna che gode di piena autonomia.
Solo all'interno di una logica di questo tipo è possibile il rovesciamento del
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La “strategia”, termine originariamente proprio dell’arte militare, viene qui intesa come il
disegno-progetto delle operazioni complesse e coordinate che servono a raggiungere un obiettivo
decisivo e lontano.
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nesso strumento-fine che sta alla base del Trattato di Maastricht: “ […]
non è l'unione monetaria che permetterà il superamento degli squilibri e
delle diversità reali fra i Paesi europei e la convergenza degli indicatori
macroeconomici, bensì è la convergenza di questi indicatori che renderà
possibile l'unione monetaria [...] La Comunità agisce nei limiti delle
funzioni conferite e dei fini assegnati dal Trattato. Nelle materie in cui non
ha competenze esclusive essa interviene, conformemente al principio di
sussidiarietà
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, soltanto se non possano essere sufficientemente realizzate
dagli Stati membri […] ”
In ogni caso, l’originalità della costruzione europea e l’eccezionalità
del periodo storico in cui si è svolto il processo di integrazione non
possono giustificare le molte anomalie di un sistema istituzionale i cui costi
politici potrebbero alla lunga rivelarsi insostenibili.
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Introdotto nel Trattato per bilanciare l’allargamento delle competenze non esclusive dell’Unione
europea. Da una parte sancisce che l’esercizio delle nuove funzioni è condizionato
all’impreparazione degli Stati a svolgerle; dall’altra riconosce all’Unione il diritto di estendere la
sua azione a quasi tutti i settori propri degli Stati.
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CAPITOLO 1
UNIONE MONETARIA EUROPEA
1.1 UNIONE EUROPEA: ALCUNI CENNI SULLA SUA STORIA
La costruzione europea è forse il più grande dei progetti storici di
questo secolo, fondato sui valori positivi in cui si riconosce la nostra civiltà;
tale processo di costruzione, che compie quasi cinquanta anni, ha
attraversato momenti di crisi ed ottenuto grandi risultati.
L’Unione europea (UE) è un’organizzazione internazionale, di tipo
sopranazionale e intergovernativa, che dal 1°gennaio 2007 comprende 27
paesi membri; si tratta della più vasta confederazione di stati indipendenti
esistente al mondo. Non è un’organizzazione tra governi (come le Nazioni
Unite) né una federazione di stati (come gli Stati Uniti d’America), ma un
organismo sui generis, dove gli Stati membri delegano parte della loro
sovranità nazionale. Da semplice organizzazione internazionale l’UE, nel
corso degli anni, ha gradualmente acquisito numerose prerogative tipiche
di una federazione; il problema della definizione del suo attuale stato
giuridico è sfociato, il 29 ottobre 2004, nella firma, a Roma, del Trattato
che istituisce una Costituzione per l’Europa, comunemente noto come:
Costituzione Europea. Tale trattato prevede la possibilità di una
cooperazione rafforzata per la promozione di iniziative di integrazione tra
gruppi di paesi.
Il processo di integrazione
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tra gli stati appartenenti all’Europa,
trova le sue origini già dal 1945, anno in cui si udirono i primi segnali della
volontà di cooperare. Tale processo si sviluppa nel preambolo del trattato
di Roma, cui obiettivo prioritario era quello di rafforzare la coesione
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delle
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L’integrazione è, insieme alla convergenza, un fenomeno auspicabile in quanto viene considerato
obiettivo esplicito già nel Trattato di Roma. Essi hanno l’idea di non fare dell’UE un organismo
sopranazionale, superiore o sostitutivo degli stati
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La “coesione”, che negli originari termini scientifici è definita come la priorità dei corpi di
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