lavoro di rete sul territorio per riuscire ad attuare un progetto di intervento capace di
rendere massime le possibilità di riuscita, attraverso il confronto, il supporto e la
condivisione di obiettivi specifici.
La piena efficienza del lavoro di rete richiede una conoscenza del contesto
territoriale di riferimento più accurata possibile, al fine di arricchire la quantità dei
rapporti con le risorse presenti e sapere cosa è possibile fare nel caso in cui si
necessiti di mezzi suppletivi che il servizio di appartenenza, per sua natura, non
possiede. Si ritiene che tale consapevolezza di chi e cosa possa offrire un valido
appoggio ai servizi non sia totalmente data e concessa nel momento stesso in cui
l’assistente sociale inizia a svolgere la propria professione in una determinata area
territoriale, ma abbia bisogno di svilupparsi nel tempo e crescere con l’esperienza
maturata in quel determinato contesto.
Da questi presupposti risulta evidente l’importanza del fattore tempo per la
professione: sia nel rapporto con l’utente, sia per gli aspetti pratico-operativi legati
alla progettualità degli interventi.
Questo elaborato nasce dall’intuizione di un generale aumento, negli ultimi anni,
del fenomeno delle assunzioni a tempo determinato degli assistenti sociali nel settore
pubblico, dalla quale è sorta spontaneamente la seguente domanda: “Il termine
imposto alla durata dell’impiego può andare ad incidere sulla qualità e l’efficienza
dell’intervento professionale?”.
Il primo capitolo affronterà la legislazione generale che regola la materia dei
contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico, al fine di comprendere
meglio come si sia sviluppata negli anni e quali siano le norme che regolano
l’utilizzo e le caratteristiche di tali tipi di contatti.
Nel secondo capitolo si andranno a specificare quegli aspetti della professione
ritenuti secondo la nostra ipotesi più difficilmente praticabili se inseriti in un contesto
temporale limitato.
Il capitolo successivo mette in evidenza i concetti legati alla realizzazione di
un’intervista, in base ai quali costruire una traccia indicativa di domande da proporre
a scopo esplorativo ad una dirigente dei Servizi Sociali, ad un’assistente sociale
assunta a tempo determinato ed infine ad un’assistente sociale attualmente assunta a
tempo indeterminato, ma con una passata esperienza da precaria (le prime due sono
impiegate presso il Comune di Pistoia, l’ultima presso la Provincia), le cui risposte
verranno analizzate nel quarto capitolo.
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1. I CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO NEL
PUBBLICO IMPIEGO
1.1 La normativa che regola il contratto di lavoro a tempo determinato nel
settore pubblico
La prima legge che ha avuto l’obiettivo di disciplinare il lavoro a termine risale al
1962 (legge n. 230) ed era intitolata “Disciplina del contratto di lavoro a tempo
determinato”; consentiva con molte cautele il ricorso a tale tipo di contratto,
considerato un’eccezione rispetto a quello a tempo indeterminato.
Si è cominciato ad introdurre alcune aperture verso la flessibilità del lavoro alla
fine degli anni ’70, solamente per quanto riguarda alcuni ambiti del settore del lavoro
privato. In questo periodo, infatti, è emersa una pluralità di nozioni che fanno
riferimento a forme contrattuali diverse da quella tradizionale del lavoro a tempo
pieno ed indeterminato.
Per quanto riguarda il settore pubblico invece, il dibattito ha conosciuto
un’accelerazione significativa soprattutto nel corso degli anni ’90, dovuta sia alla
nascita di idee che andavano verso la creazione di nuovi modelli organizzativi e
funzionali, sia all’avvenuta privatizzazione del rapporto di lavoro del personale
operante nelle pubbliche amministrazioni, affermata dall’art. 2 comma 2 del d.lgs. n.
29/1993 ("Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e
revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell’articolo 2 della
legge 23 ottobre 1992, n.421”): “I rapporti di lavoro dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del
libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa,
fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto […]”. Ciò significa
che l’utilizzo di personale con contratto di lavoro a termine da parte delle pubbliche
amministrazioni è stato assoggettato alle medesime fonti legislative che disciplinano
tale istituto nell’ambito del lavoro privato.
In ogni modo, è solo dal 1997, con la legge n. 196 (la cosiddetta “Legge Treu”),
che vengono apportate più significative flessibilizzazioni sul lavoro a termine, senza
peraltro rimuovere completamente l’atteggiamento di grande cautela verso di esso.
Questa legge introduce il lavoro “interinale”, un tipo di contratto di lavoro
7
temporaneo che verrà sostituito successivamente dal “contratto di somministrazione
e lavoro” (vedi 1.3.2), regolato dal d.lgs. 276/2003 (decreto attuativo della Legge n.
30/2003, detta anche “Legge Biagi”).
Nel 2001 il d.lgs. n.165 ha sostituito il sopracitato d.lgs. n. 29/1993 dichiarando,
all’art. 36, comma 1, che le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle prescrizioni
sul reclutamento del personale, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di
assunzione ed impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sul
rapporto subordinato nell’impresa, mentre la contrattazione collettiva nazionale
provvede a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato e della fornitura
di prestazioni di lavoro temporaneo.
Si è così realizzata una convergenza quasi totale della regolamentazione del
lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione con quella del settore
privato. Due sole le fondamentali differenze: nell’ambito del rapporto pubblico ha
sempre continuato a vigere l’accesso a tempo indeterminato solamente mediante
concorso ed il conseguente divieto assoluto della conversione del contratto a termine
in contratto a tempo indeterminato. Per il resto, i presupposti ed il regime giuridico
del contratto a termine sono i medesimi (Bruno, 2006).
La fonte strumentale di regolazione della disciplina è costituita dal d.lgs. n.
368/2001 (“Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato”).
Uno degli elementi di maggiore significato introdotti dal suddetto decreto
consiste nel fatto che la legittimità del contratto a termine non è più condizionata
dalla presenza di un’occasione di lavoro meramente temporanea, ma deve basarsi su
dichiarate “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” (art.
1, comma 1).
Questo ha comportato sia la generalizzazione del ricorso al contratto a termine
che il superamento della diffidenza con la quale il legislatore aveva guardato
all’apposizione del termine nel precedente regime.
Peraltro, la subordinazione del termine alle quattro cause di carattere generale
sposta l’analisi della legittimità del termine non più alla ricorrenza di un’oggettiva
esigenza lavorativa temporanea, quanto a valutazioni di opportunità da parte del
datore. Quest’ultimo è messo nelle condizioni di utilizzare personale a tempo
determinato per ragioni tecniche, produttive e organizzative, anche nell’ambito di
8
prestazioni lavorative che nell’impresa possono non avere carattere temporaneo
purché, nell’apporre il termine al contratto, si attenga a criteri di ragionevolezza.
In sintesi, occorre che le ragioni poste a sostegno della stipulazione del contratto
a termine, da indicare espressamente nel contratto, dimostrino che l’assunzione non
sia frutto di una scelta arbitraria, ma il rimedio alle esigenze tecniche, produttive od
organizzative rilevate (Bruno, 2006).
Tuttavia, nel 2006 il nuovo comma 1-bis dell’articolo 36 del d.lgs. n. 165/2001
1
interrompe questa evoluzione della disciplina del contratto a termine nel lavoro
pubblico ponendo limiti significativi all’utilizzo dei contratti a tempo determinato da
parte delle pubbliche amministrazioni.
Le nuove condizioni risultano essere le seguenti:
- la ricorrenza di esigenze temporanee ed eccezionali;
- l’esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche
temporanea;
- la previa valutazione circa l'opportunità di attivazione di contratti con le
agenzie per la somministrazione a tempo determinato di personale;
- la previa valutazione circa l’opportunità dell’esternalizzazione dei servizi;
- la previa valutazione circa l’opportunità dell’appalto dei servizi.
Le due ultime condizioni sono citate per mero scrupolo scolastico. Esse sono
impraticabili nel caso in questione, ossia per l’assunzione di assistenti sociali, e
vengono pertanto tralasciate.
In base al primo limite, la pubblica amministrazione non può più applicare
esclusivamente le regole generali di cui all’articolo 1, comma 1, del d.lgs. n.
368/2001, dovendo verificare che sia insorta un’esigenza lavorativa “temporanea ed
eccezionale”.
E’ chiaro che il legislatore, nel prescrivere la simultanea presenza del requisito di
eccezionalità e temporaneità, riconduce la legittimità dell’apposizione del termine al
contratto di lavoro alla necessaria temporaneità della prestazione di lavoro (Bruno,
2006).
La seconda condizione, di natura procedimentale, relativa all’esperimento di
procedure inerenti l’assegnazione di personale anche temporanea, non incide sui
1
Il secondo comma dell’art. 4 della L. n. 80/2006 inserisce il nuovo comma 1-bis all’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001,
affermando quanto segue: “Le amministrazioni possono attivare i contratti di cui al comma 1 solo per esigenze temporanee ed
eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione
circa l'opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 276/2003, per la
somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi”.
9
presupposti giuridici per la stipulazione del contratto a termine, ma impone alle
amministrazioni di avviare tale tipo di contratto dopo aver verificato l’esito
dell’esperimento di procedure di assegnazione di personale in via temporanea
2
.
Proseguendo la disamina delle condizioni propedeutiche all’attivazione del
contratto a tempo determinato, occorre valutare la ricorrenza anche della terza
condizione procedimentale circa l’opportunità di ricorrere al lavoro somministrato: il
legislatore, ai fini della copertura di prestazioni lavorative derivanti da esigenze
temporanee e straordinarie, considera infatti preferibile il ricorso al contratto di
somministrazione di lavoro, rispetto al contratto a termine effettuato attraverso
selezioni pubbliche.
Più recentemente, il comma 1 della Legge n. 247/2007 ha modificato l’art. 1 del
d.lgs. n. 368/2001 aggiungendo che “il contratto di lavoro subordinato è stipulato di
regola a tempo indeterminato”: si è voluta sottolineare l’esigenza di stabilire la
natura del contratto di lavoro subordinato come di per sé privo di un termine,
decretando la nascita di un rapporto di lavoro senza prevedere, in generale, una sua
conclusione. L’intenzione è presumibilmente quella di evidenziare l’atipicità del
contratto a tempo determinato, forse in base ad una sempre più diffusa tendenza dei
datori di lavoro a preferirlo a quello a tempo indeterminato.
Con l’art. 21 della L. n. 133/2008 ("Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria", più comunemente detta “legge Brunetta”) si
interviene di nuovo e per l’ultima volta (ad oggi) sulla materia della precarietà
dell’impiego, modificando il d.lgs. n. 368/2001 nei seguenti punti:
- all’art. 1, comma 1, dopo le parole “tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo” si sono aggiunte le parole: “anche se riferibili alla ordinaria attività del
datore di lavoro” (comma 1);
- all’art. 5, comma 4-bis dopo le parole “ferma restando la disciplina della
successione di contratti di cui ai commi precedenti” si è aggiunto: “e fatte salve
diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o
aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale” (comma 2);
2
Tratto dall’articolo “Delegabilità funzioni e mansioni a sostituto in assenza dell’ unico dipendente del Comune” del sito
web: http://www.regione.piemonte.it/autonomie/dwd/delega.pdf.
10
- all’art.5, comma 4-quarter dopo le parole “ha diritto di precedenza” si sono
aggiunte le parole: “fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a
livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” (comma 3).
La prima modifica riduce fortemente la portata del sopracitato comma 1
dell'art. 1 dalla L. n. 247/2007, con il quale si precisava che il contratto di lavoro
subordinato è di regola stipulato a tempo indeterminato: il datore di lavoro può
assumere a tempo determinato per ogni tipo di attività lavorativa all'interno
dell'azienda e non solo per quelle che non rientrano nelle attività ordinarie e
prevalenti. Tale condizione sembra comunque non essere valida per il settore
pubblico se si prende in considerazione l’art. 49 (“Lavoro flessibile nelle pubbliche
amministrazioni”), che sostituisce l’art. 36 del d.lgs. 165/2001 affermando al comma
1 che “per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche
amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a
tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35”
(vedi 1.2); il comma 2 dichiara che “per rispondere ad esigenze temporanee ed
eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali
flessibili di assunzione e di impiego del personale […]”, confermando così i principi
di eccezionalità e temporaneità già citati dal comma 1-bis dell’articolo 36 del d.lgs.
n. 165/2001; il terzo comma specifica che “al fine di evitare abusi nell'utilizzo del
lavoro flessibile, le amministrazioni, nell'ambito delle rispettive procedure, rispettano
principi di imparzialità e trasparenza e non possono ricorrere all'utilizzo del
medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al
triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio”.
Riguardo alle altre due modifiche del d.lgs. n. 368/2001, nella successione dei
contratti (gestione del limite massimo, per sommatoria dei diversi contratti a termine
con mansioni equivalenti, di 36 mesi) vengono fatte salve le disposizioni contrattuali
che possono regolamentare una diversa durata massima; anche con riferimento alla
norma sul diritto di precedenza vengono fatte salve eventuali diverse regole
contrattuali. Ciò significa sia che il limite massimo dei 36 mesi (vedi 1.3.1) può
essere eluso nel caso in cui il contratto collettivo preveda tale eventualità, sia che,
sempre in base ai contratti collettivi, si possa escludere la possibilità di precedenza al
conseguimento dell’impiego per chi ha già svolto attività lavorativa a tempo
determinato presso la stessa azienda (U.S.I., 2008).
11
L’art. 66 della stessa legge, inoltre, riduce in maniera sostanziale il turn-over
degli enti pubblici, prevedendone una significativa ripresa dal 2012.
1.2 Le procedure attuabili dalla pubblica amministrazione per il reclutamento
del personale
L’assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene attraverso procedure
selettive “volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in
misura adeguata l'accesso dall'esterno” (art. 35, comma 1, lettera a del D.Lgs. n.
165/2001), tranne i casi relativi all’avviamento al lavoro degli iscritti nelle liste di
collocamento e delle assunzioni obbligatorie per il diritto al lavoro dei disabili.
Le suddette procedure si conformano ai seguenti principi, elencati nel comma 3
dell’art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001:
- adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano
l' imparzialità […];
- adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso
dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da
ricoprire;
- rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
- decentramento delle procedure di reclutamento;
- composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata
competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni,
docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione
politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano
rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali
o dalle associazioni professionali.
Difatti, si deve escludere la possibilità, prevista invece per il datore di lavoro
privato, di provvedere all’assunzione diretta e nominativa dei soggetti interessati,
data la permanente vigenza nel settore di lavoro pubblico, del principio generale
imposto dall’art. 97 della Costituzione
3
.
3
L’art. 97 della Costituzione afferma: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo
i casi stabiliti dalla legge”.
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