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riguardo la possibilità di curare e sostenere il paziente offrendo un’opportunità di
esprimersi attraverso canali differenti da quello verbale, di comunicare tramite la sua
libertà creativa.
Ogni persona sembra possedere delle risorse che possono esprimersi nelle forme più
diverse e modellarsi in modo del tutto soggettivo e originale. La creazione artistica può
attivare una comunicazione più spontanea dettata da un ascolto che agisca in profondità,
rendendoci capaci di imparare a guardare oltre, ad apprezzare la semplicità, la bellezza,
di relazionarci con gli altri lasciando da parte giudizi e stereotipie.
Nutrire questo aspetto del proprio sé sembra essere fondamentale, a prescindere dalle
velleità di tipo artistico, per permettere di sviluppare una maggiore sensibilità nei
confronti dell’Altro, della realtà circostante, delle proprie emozioni.
Si è voluto quindi indagare il concetto di arte-terapia partendo dunque dall’idea che il
processo creativo sia di per sé in grado di apportare un beneficio, e attraverso una
impostazione metodologica ben precisa contribuire al trattamento terapeutico.
Il presente lavoro si articola in tre capitoli: nel primo viene contestualizzata e precisata
la definizione di arte-terapia, e vengono chiariti alcuni aspetti storici e metodologici, gli
ambiti di applicazione e la molteplicità di strumenti di cui dispone. Il secondo capitolo
è caratterizzato da aspetti più specifici che riguardano l’impiego dell’approccio arte-
terapeutico nell’ambito psicopatologico della psicosi, evidenziando il tipo di relazioni
che intercorrono tra il processo creativo e il processo terapeutico, la concezione
dell’opera del “malato mentale” e i significati che ha assunto nel tempo. E’stato
analizzato quindi l’uso dell’arte-terapia nel contesto riabilitativo e la relazione tra il
paziente, il terapeuta e lo specifico setting terapeutico. Nel terzo capitolo ci si è voluti
soffermare sull’esperienza del tirocinio, svolta presso una struttura che accoglie una
comunità di pazienti psicotici, riportando una descrizione accurata del centro e dei
progetti intrapresi.
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L'arte non deve riprodurre il visibile,
ma renderlo visibile.
P. Klee
The twittering machine, 1922
I
L’arte-terapia
1.1 Definzione di arte-terapia
L’arte-terapia è un nome composto da due immagini, “arte” e “terapia”, dando vita ad
una dimensione concettuale nuova. Con il termine “Arte”, dal latino “ars-artis”, si
intendeva nell’antichità l’abilità di fare, di essere, sinonimo di capacità e talento,
mentre attualmente ha una doppia valenza che indica sia qualcosa di “artefatto”, di
intenzionale e consapevole, sia una produzione estetica rilevante.
Il concetto di “Terapia” ( dal greco “therapeia” cura, servizio) inizialmente si riferiva
solo alla cura di patologie mentre oggi è sinonimo di azione fondata su una concezione
positiva della salute intesa non più come la semplice assenza di malattia, ma come
ricerca di benessere psicofisico. L’Arte - Terapia mira a raggiungere tale obiettivo
mediante l’espressione artistica e tutto ciò che essa implica.
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Questa disciplina attinge da una varietà di approcci teorici: da quello
psicoanalitico, quello psicodinamico, quello cognitivista, gestaltico e quello dell’analisi
transazionale, in generale da tutti quegli approcci che mirano a riconciliare i conflitti
emotivi, alla promozione dell’autoconsapevolezza e dell’accettazione di sé e non meno
allo sviluppo di abilità relazionali e comunicative. “Con arte-terapia si intende l’uso
delle arti (pittura, scultura, musica, danza, teatro, marionette, costruzione e narrazione di
storie/racconti e così via) e di altri processi creativi per promuovere la salute e favorire
la guarigione” (Warren, 2005, p. 9).
L’insieme dei trattamenti terapeutici che utilizzano come strumento principale il
ricorso all’espressione artistica e che vanno sotto il termine arte-terapia, possono trovare
una molteplicità di contesti applicativi che vanno dalla terapia, alla riabilitazione, al
miglioramento della qualità della vita. Impronta (2005) sottolinea come il focus
dell’arte-terapia, più che sul prodotto finale, sia sul processo creativo in sé.
L’importante è l’esprimersi, il creare in quanto mezzo che permette all’individuo di
accedere agli aspetti più intimi di sé, portarli ad un livello di maggior conoscenza e
consapevolezza, di sperimentare abilità spesso ignorate o inutilizzate. Secondo Warren
(2005) tutti noi abbiamo bisogno di produrre un’impronta creativa, testimonianza di
autoaffermazione da parte del creatore.
Arte-terapia significa dare vita alle immagini collegando queste creazioni con il
vissuto personale e questo processo, se attivato in maniera equilibrata, è in grado di
ordinare i pensieri e renderli visibili permettendo al soggetto di raggiungere uno stato di
benessere. Inoltre nell’atto creativo l’arte coinvolge le emozioni e libera lo spirito, essa
è in grado di motivare più di tante altre cose e come sostiene Raffaella Molteni (2007) è
utile “a coloro che devono esprimersi, aprire le porte,espandersi, l’arte serve a “star
bene”, a “rendersi presentabili, o a ”essere felici”.
L’arte, però, diventa arte-terapia quando viene utilizzata con consapevolezza come uno
strumento che agisce, governato da regole ben precise e che ha lo scopo di rispondere al
bisogno di riparazione dell’utente, di ripristinare un equilibrio esistenziale.
L’attività diventa terapeutica nel momento in cui, dopo aver dato inizio all’esperienza
creativa, si prosegue alla definizione dei progetti di ogni singolo utente e si inizia un
vero e proprio percorso in cui diventa fondamentale il contatto emotivo che egli realizza
con il terapeuta e il materiale creativo.
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1.2 Origini e modelli teorici
Il concetto di arte-terapia è relativamente nuovo, ed ha assunto le caratteristiche di
tecnica teorico-riabilitativa a partire dagli anni ’40, anche se da sempre l’arte è stata
considerata una forma comunicativo-espressiva importante in grado di giungere
laddove le parole non riescono ad arrivare.
Freud (1911) elaborò alcune riflessioni per ciò che riguarda la figura dell’artista
e il concetto di creatività di cui analizzò il prodotto più che il processo. Nonostante egli
ritenesse che il prodotto artistico si riveli specchio del mondo interno del soggetto, delle
sue strutture e dei suoi processi psichici e che la creazione artistica possa diventare
materiale di interpretazione per l’analista egli non impiegò nella elaborazione del suo
approccio il concetto di arte come un vero e proprio strumento terapeutico. Anche Jung
(1966) pur distaccandosi dal pensiero freudiano attribuisce all’arte un valore sociale
formulando le sue riflessioni su quello che è il processo creativo. Quest’ultimo consiste
nell’attivare le immagini archetipiche inconsce, rielaborarle e tramutarle in prodotto
finito e accessibile a tutti.
La pratica dell’arte-terapia è stata influenzata negli anni ’60-’70 dal contributo
psicoanalitico di Donald Winnicott (1971), benché non si riferisca al concetto di
creatività intesa come produzione artistica ma in senso universale. L’autore sostiene
che “ E’l’appercezione creativa, più di ogni altra cosa che fa sì che l’individuo abbia
l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta.. In qualche modo la nostra
teoria comprende la convinzione che vivere creativamente sia una situazione di sanità,e
che la compiacenza sia una base patologica per la vita.” (Winnicott, 1971, p.109).
Nello specifico i primi gruppi di arte-terapia nascono in Gran Bretagna nel 1942 per i
malati di tubercolosi e inizialmente il metodo è quello di una scuola dell’arte. Un
maestro d’arte scoprì che attraverso la proposta pittorica questi pazienti sperimentavano
un qualche miglioramento. Alcuni anni dopo tale “intrattenimento” artistico prese il
nome di “arte-terapia” coniato dal suo fondatore Adrian Hill il quale oltre ad avere una
formazione artistica, vantava già esperienze nel campo psicologico. Ciò gli permise di
far riflettere i “pazienti” sui propri stati emotivi e su come poterli esprimere sotto forma
artistica. L’arte-terapia nacque e si diffuse in quei paesi con una forte tradizione
psicoanalitica e psichiatrica (oltre alla Gran Bretagna anche Francia, Germania e Stati
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Uniti) in risposta ad una esigenza di rinnovamento delle metodologie in ambito
pedagogico e riabilitativo.
Sono gli anni del secondo dopoguerra e i traumi che tale evento ha lasciato non
solo a livello fisico ma anche psicologico fanno si che l’arte grafica e la musica
comincino ad essere prese in considerazione come possibili trattamenti. Inoltre la
chiusura dei manicomi e la sostituzione di questi con ambienti per alcuni versi più
umani, permise la nascita di comunità terapeutiche all’interno delle quali furono attivati
percorsi di arte-terapia. Essa divenne strumento di riabilitazione psichiatrica in cui
l’attenzione era incentrata non più sulla dimensione degenerativa della patologia, bensì
sulle opere dei malati come prodotto di un processo generativo (Prinzhorn, 1922).
Per ciò che riguarda la realtà francese durante il primo Congresso mondiale di
psichiatria tenutosi nel 1950 a Parigi furono analizzate le prime ricerche sulla
psicopatologia dell’espressione e dei primi atelier di arte-terapia. Robert Volmat, autore
del saggio su l’art psychopathologique, e studioso delle terapie a mediazione artistica
ideò nel’54 il primo atelier di arte-terapia all’interno di un ospedale parigino con la
finalità di sperimentare la psicoterapia attraverso l’espressione artistica nell’ambito
delle realtà psichiatriche (Molteni, 2007). In Inghilterra nel 1942 i primi esperimenti con
l’arte in ospedale furono ad opera dello psicoanalista Bion. Altre personalità di spicco
come Maxwell Jones apportarono un importante contributo nella comunità
socioterapeutica più importante di Londra, quella di Henderson, strutturando un
ambiente terapeutico nella sua totalità. In questa come in tante altre comunità, a partire
dagli anni ’50, furono inserite nuove attività terapeutiche e iniziarono i primi tentativi di
atelier arte terapici anche all’interno degli stessi ospedali. Inizialmente l’arte-terapia
venne impiegata in due ambiti distinti: quello pedagogico e quello psicoterapeutico in
relazione ai ruoli professionali e ai percorsi formativi delle origini. Anche nel Nord
America a partire dagli anni ’40 si inizia a parlare di Art Therapy ad opera di quelle che
vengono definite le vere fondatrici dell’arte-terapia ovvero: Margaret Naumburg ed
Edith Kramer. Benché in entrambe le autrici la proposta sia rivolta inizialmente a
bambini e malati mentali, i loro presupposti teorici risultano molto differenti.
Margaret Naumburg, promosse un approccio di derivazione psicoanalitica,
considerando il prodotto artistico del paziente come uno strumento di accesso ai suoi
contenuti inconsci, da utilizzare come materiale da interpretare per contribuire alla
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risoluzione dei conflitti durante il trattamento. Vedendo nella maggior parte dei disegni
o delle pitture di persone disturbate emotivamente problemi che si riferiscono a
determinate polarità come ad esempio vita-morte, padre-madre, amore-odio, è sua
convinzione che l’espressione artistica favorisca l’emergere dell’inconscio e che la
relazione transferale giochi un ruolo fondamentale nel processo terapeutico (Grignoli,
2008). L’espressione artistica del paziente veniva utilizzata solo come strumento
diagnostico: come sostiene Impronta (2005) l’arte ai fini della terapia, non come terapia.
Edith Kramer invece, rivolse l’attenzione sul processo creativo, ritenuto di per sé
uno strumento terapeutico. Pur riconoscendo il potere dell’inconscio sul comportamento
umano, sosteneva che l’atto del creare fosse terapeutico a prescindere dalle
interpretazioni. L’autrice adattò i concetti della teoria della personalità di Freud per
spiegare il processo arteterapeutico. “La sua opera Arte come terapia nell’infanzia
enfatizza il potenziale terapeutico insito nel processo creativo e il ruolo centrale che il
meccanismo centrale di difesa della sublimazione gioca in tale esperienza” (Grignoli,
2008, p.53). Kramer pose grande enfasi sul concetto di sublimazione degli istinti a cui
porterebbe la pratica dell’arte. Ciò che conta non è la pratica tecnicamente intesa, né il
ruolo del terapeuta paragonato a quello di un insegnante d’arte, in quanto non è il senso
estetico o l’apprendimento di tecniche che permettono il processo di sublimazione.
L’espressione artistica del paziente oltre che testimonianza di quelli che possono essere
i suoi conflitti inconsci, viene considerata un vero e proprio strumento per la loro
risoluzione e una risorsa che contribuisca alla maturazione e alla crescita personale: arte
come terapia. (Impronta, 2005). L’esperienza creativa è al centro del trattamento anche
se non mancano altri livelli di comunicazione come quello verbale. Attraverso le
tecniche proposte l’individuo può sperimentare quelle che sono le sue potenzialità
latenti esternando, in modo visibile, profondi conflitti.
Nonostante le diversità che separano le due terapeute, entrambe definiscono l’arte-
terapia come un processo attraverso il quale i sentimenti e i pensieri umani trovano una
più ricca espressione attraverso le immagini (Molteni, 2007).
Molti autori si pongono in posizioni intermedie tra le due autrici. Per gli
arteterapeuti dinamicamente orientati l’obiettivo è di permettere che si sviluppi una
relazione di transfert, cosicché attraverso le libere associazioni dei pazienti a partire dai
loro disegni spontanei sia più facile avere l’insight in aree della psiche in conflitto.