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Capitolo 1:
UN'INTRODUZIONE MULTIDISCIPLINARE
1.1 Il significato ed il potere degli odori
Gli odori possono essere molte cose. Gradevoli o repellenti sensazioni prodotte
dalle emanazioni sottili di alcuni corpi sufficientemente volatili, agenti chimici
della percezione olfattiva, dell’emozione, della confusione e dunque degli
incontri, messaggeri invisibili della memoria, delle premonizioni, dei gusti, di
disgusti, dei tentativi d’amore e degli imprevisti, gli odori glissano dal più
intimo sentire al caos del mondo, aggirandosi vorticosamente dallo spazio al
tempo e dalle cose agli esseri (De Martino 1997:9).
La sensazione di un odore è il risultato della stimolazione prodotta da una sostanza
odorosa; in generale, gli odori possono essere gradevoli, neutri o sgradevoli. Anche
se non tutti se ne rendono conto, il potere degli odori è infinito: gli odori influiscono
su di noi a livello fisico, psicologico e sociale. Nella maggior parte dei casi, però,
succede di inalare gli odori che ci circondano senza capire quale sia la loro effettiva
importanza. Solo quando per qualche ragione l’acutezza dell’olfatto viene meno, si
inizia a rendersi conto del ruolo essenziale che esso ha per il nostro benessere:
perdendo la capacità di distinguere i vari odori viene meno anche gran parte del
“gusto della vita”.
Il potere dell’odorato è immenso, è insondato e non lo si evoca che per circoscriverlo
con precauzione. Vi sono molti tabù che circondano l’odorato, perché si possono
apprendere molte cose sulla vita e sulla morte attraverso gli odori. Il tabù della morte,
ad esempio, ci fa provare disgusto per tutti gli odori forti.
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Più di ogni altro senso, l’olfatto infrange le apparenze percepite dagli occhi, e
rivelando il non visto e l’inaudito ci rinvia alle verità più sgradevoli. Piero Camporesi
(1983:XLVIII) osserva:
Senso difficile, incerto, umbratile, ondeggiante, l’olfatto esplora l’invisibile e
l’inesprimibile. Il più labile e precario di tutti i sensi indaga l’inafferrabile,
fiutando le essenze più impalpabili […] Senso oscuro e inesplicabile, permette
di annusare il futuro […] di presagire l’odore della malattia e della morte.
Labile e approssimativo (“l’andare a naso”), mortuario e ludico (“prendersi per
il naso”), fragile e incerto questo senso non ha l’infallibilità del tatto (la verità
che si “tocca con mano”). […] Neppure […] possiede le finezze dell’orecchio,
la penetrazione dello sguardo, la sensibilità del gusto.
La maggior parte delle ricerche osmologiche effettuate fino ad ora sono di natura
fisico-scientifica: sono stati fatti passi da gigante in ambito biologico e chimico, ed
anche in quello psicologico. Ma gli odori non sono da considerarsi un mero
fenomeno biologico e psicologico: gli odori sono anche un fenomeno culturale,
quindi storico e sociale. Gli odori, infatti, sono investiti di valori culturali, e nei vari
contesti sociali costituiscono uno strumento per definire ed interagire con il mondo.
Inoltre, la natura intima e fortemente emozionale dell’esperienza olfattiva fa sì che gli
odori ed i valori ad essi correlati vengano interiorizzati da ogni singolo individuo in
modo profondamente personale.
Il nostro senso dell’olfatto è costantemente in uno stato di attività, in quanto
strettamente legato alla respirazione; nonostante ciò, le informazioni ‘olfattive’ di cui
siamo tempestati senza sosta spesso vengono da noi sottovalutate, in quanto
(escludendo casi drammatici come una fuga di gas o la presenza di alimenti
fortemente avariati) la sopravvivenza dell’uomo contemporaneo non dipende
dall’olfatto, a differenza di quanto avviene per molte specie animali, il cui modo di
rapportarsi all’ambiente di vita è largamente olfattivo, mentre quello umano è
essenzialmente visivo e uditivo.
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Gli animali, infatti, utilizzano l’odorato per individuare il cibo e per saggiarne la
commestibilità, per riconoscere prede e predatori, per determinare la disponibilità
sessuale dei partner e per delimitare i confini del loro habitat. Inoltre, i mammiferi
impiegano alcuni odori particolari a scopo sociale: ad esempio, la posizione
gerarchica degli animali membri di un gruppo può essere determinata dall’intensità
del loro odore, ed il legame tra madre e prole è rafforzato dai particolari odori emessi
da entrambe le parti (cfr. Cipolli e Fagioli 1989:7-18). Rispetto alle funzioni svolte
dall’olfatto nel mondo animale, è ovvio che quelle assegnategli nella civiltà
contemporanea sono molto più circoscritte. Le ragioni di questa restrizione degli usi
dell’olfatto nella civiltà contemporanea sono molteplici, in gran parte legate a fattori
socio-tecnologici ed antropologici.
E’ stato però sostenuto (ma non dimostrato!) che, anche tra gli esseri umani, segnali
olfattivi impercettibili servano a respingere o ad attrarre altri individui, o persino ad
influenzare l’equilibrio ormonale di un’altra persona (cfr. Engen 1989:21-34).
La percezione olfattiva è sicuramente una fonte inestimabile di informazioni per gli
esseri umani in certe particolari condizioni; tuttavia, più che come canale cognitivo di
comunicazione col mondo esterno, essa può svolgere un ruolo ancora più importante
nell’emozione e nella motivazione. Infatti, non ci sono dubbi circa l’importanza
dell’olfatto come sistema generale di attivazione, e circa il fatto che gli odori
provochino facilmente emozioni e servono come eccellenti indizi per ricordare il
passato.
Anthony Synnott (1991:438), il padre della sociologia degli odori, afferma che ogni
individuo emette e percepisce costantemente degli odori, annusa e viene annusato, e
che gli odori hanno un ruolo di primo piano in quasi ogni aspetto delle interazioni
sociali, ad esempio l’alimentazione, la salute, la casa, le terapie, la riduzione dello
stress, la religione, l’industria, i trasporti, le relazioni di classe ed etniche e la cura
personale; gli odori sono ovunque, e hanno una grande varietà di funzioni.
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Gli odori sono anche un business: l’industria dei profumi vale miliardi. Synnott
(1991:438) fa anche un’importante distinzione fra odori naturali (ad esempio l’odore
corporeo), odori artificiali (i profumi che si trovano in commercio, il puzzo di
smog,…) ed odori simbolici (tutte le metafore olfattive); egli sostiene che la
separazione fra le tre categorie esiste esclusivamente sul piano concettuale, in quanto
nella realtà si verifica spesso che esse interagiscano.
A livello sociologico gli odori possono significare e rappresentare moltissime cose:
gli odori tracciano linee di demarcazione tra diversi gruppi sociali, segnalano il
pericolo, fungono da strumento per la definizione delle categorie del sé e dell’altro, di
identità ed appartenenza (cfr. Synnott 1991:438).
A livello fisiologico, l’olfatto è un senso estremamente potente: sembra che un
individuo in un buon stato di salute riesca a percepire fino a quarantamila odori
diversi, e che nasi esperti come quelli dei profumieri ne possano distinguere fino a
centomila (Dobb 1989, citato in Synnott 1991:440). Ma tali stime sono difficili da
verificare. In ogni caso, l’organo olfattivo percepisce emanazioni odorose anche
minime. Sebbene, come vedremo, le varie lingue siano generalmente a corto di
termini per esprimere adeguatamente le sensazioni olfattive (cfr. 4.1), e sebbene la
discriminazione tra i vari odori sia difficile da comunicare a parole, la capacita
discriminatoria del naso umano è estremamente fine e diversificata. Inoltre, gli odori
sono estremamente tenaci nel tempo.
In Giappone, alcuni studi hanno dimostrato che l’esposizione a certe fragranze, anche
se percepite solo a livello subliminale, ha effetti positivi a livello psicologico e
fisiologico. Sembra che alcuni particolari profumi influiscano sulla sfera psichica: ad
esempio, il limone avrebbe un effetto stimolante, il gelsomino un effetto calmante,
lavanda e menta aiuterebbero a ridurre la fatica mentale, ed il cipresso giapponese
avrebbe un effetto rilassante (cfr. Synnott 1991:454). Inoltre, gli odori forti (ad
esempio l’aglio od alcuni profumi) vengono utilizzati dai borseggiatori come
strumento di distrazione per le loro vittime (Smith 1982:1452).
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Buoni, cattivi o neutri che siano, gli odori possono fornire nuove prospettive per gli
studi degli strati percettivi, cognitivi ed emozionali. C’è uno strato dell’esperienza
umana che è naturalmente estatico, e che un profumo può improvvisamente rivelare:
tale strato mentale ha con il sistema nervoso, con la percezione e con il godimento
sensibile un rapporto di consonanza, più che di causalità stretta. Inoltre, gli odori
sono un importantissimo strumento cognitivo: basti pensare ai neonati, che prima
ancora di vedere il volto della madre sembrano sospesi agli odori materni.
1.1.1 L’adattamento
L’adattamento (cfr. Engen 1989:73-87) influenza l’olfatto più di qualsiasi altra
modalità sensoriale, causa l’affaticamento derivante da un’esposizione continuativa
allo stimolo. Ad esempio, una stanza nella quale si sia appena entrati può avere un
odore chiaramente distinguibile, che tuttavia scompare rapidamente a causa
dell’affaticamento dei recettori e della diminuzione della loro velocità di attivazione
in presenza di molecole di sostanze odorose nel muco. Benché l'adattamento olfattivo
sia apparentemente un’esperienza comune e caratterizzi indubbiamente la percezione
degli odori, il suo effetto è stato sovrastimato. Può darsi, ovviamente, che la
percezione degli odori comporti utilizzazioni a breve termine, ma c’è sicuramente di
più: almeno per gli animali, che usano indizi olfattivi per trovare il cibo od un
partner, sarebbe sicuramente negativo se l’indizio dovesse di colpo scomparire a metà
strada.
Vi sono in effetti, delle spiegazioni alternative da prendere in considerazione:
l’esposizione ad un odore può causare adattamento e, quindi, ridurne sia l’intensità
percettiva sia la qualità, ma senza giungere alla sua scomparsa completa. Inoltre, gli
effetti sensoriali attribuiti all’adattamento possono essere dovuti al fenomeno ad esso
correlato dell’abituazione:
1
senza specifici controlli, infatti, è difficile sapere se una
diminuzione dell’efficacia della stimolazione di una sostanza odorosa sia dovuta ad
adattamento o ad abituazione.
1
Per adattamento s'intende una modificazione nei recettori, mentre per abituazione s'intende la diminuzione o la scomparsa della risposta ad uno
stimolo nuovo.
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1.2 Gli organi e la chimica dell’olfatto
Le porte del mondo degli odori occupano, negli esseri umani, un’area di circa 5 cm²;
la mucosa olfattiva, grande come un francobollo, consiste in due lembi di tessuto
giallo chiaro situate sotto il tetto della cavità nasale.
Contrariamente a quanto affermano le credenze popolari, non è attraverso le narici
che si effettua concretamente la percezione degli odori, ma dietro la sella del naso,
proprio sotto il cervello, di cui i recettori affioranti dalla mucosa costituiscono un
prolungamento.
L’altro prolungamento si proietta nel bulbo olfattivo
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e nel rinecefalo, il “cervello
odorante”, oggi chiamato sistema limbico: un’area cerebrale che ha complesse
funzioni regolatrici neuroendocrine, ed è vecchio di 250 milioni di anni, non più
grande del cervello attuale di un coccodrillo o di una lucertola.
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L’umida membrana
olfattiva, piena di sostanze grasse, è dunque il punto in cui il sistema nervoso è il più
vicino al mondo esterno. La sfumatura di giallo della mucosa olfattiva è determinata
geneticamente: negli animali, che hanno un’acutezza olfattiva maggiore rispetto
all’uomo, la mucosa è più scura (quella del cane, per esempio, è di un marrone
tendente al rosso).
La mucosa degli uomini di razza caucasica è di un giallo chiaro, mentre le persone di
colore hanno mucose olfattive più scure, quindi dovrebbero avere un naso più fino;
gli albini hanno una mucosa chiarissima ed un cattivo olfatto.
Ogni tre o quattro ore, alternativamente, ciascuna delle due fessure nasali entra ed
esce dalla fase attiva, in modo che mentre una resta impegnata ad odorare l’altra si
chiude all’olfazione, instaurando un vero e proprio ciclo di riposo.
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Il bulbo olfattivo è la parte terminale allargata dei lobi olfattivi, che sono un prolungamento della parte anteriore degli emisferi cerebrali.
3
In origine, i nostri emisferi cerebrali erano gemme attaccate agli steli olfattivi. Nell’uomo primitivo, l’olfatto era il senso principale, e funzionava
così bene che con il tempo il grumetto di tessuto olfattivo all’estremità della corda dorsale si trasformò in cervello; il senso dell’odorato, quindi, è un
atavismo che risale agli inizi dell’evoluzione, quando prosperavamo nei mari.
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Bastano otto molecole di una sostanza per scatenare un impulso in una terminazione
nervosa, ma bisogna che almeno quaranta terminazioni nervose vengano eccitate
perché si senta un odore; perché si possa sentirne l’odore, una sostanza deve
sciogliersi in una soluzione acquosa che le membrane della nostra mucosa siano
capaci di assorbire. Va ricordato che non tutto ha un odore, bensì lo possiedono solo
le sostanze sufficientemente volatili da liberare nell’aria particelle microscopiche.
I recettori olfattivi vanno soggetti a fenomeni di adattamento: per esempio una
stanza nella quale si sia appena entrati può avere un odore chiaramente distinguibile,
che tuttavia scompare rapidamente, presumibilmente a causa dell’affaticamento dei
recettori e della diminuzione della loro velocità di attivazione in presenza di molecole
odorose nel muco. L’abituazione della risposta olfattiva è un fenomeno diverso
dall’adattamento: nell’abituazione entrano in gioco fattori psicologici come
l’attenzione. In altre parole, mentre l’odore di una casa o di un laboratorio estraneo
può avere un carattere di novità per chi lo percepisce per la prima volta, l’abitante o il
lavorante può non sentirlo, non perché non lo percepisce, ma perché non prestandovi
attenzione si comporta come se non lo avvertisse.
Se inspiriamo per percepire meglio un odore, il flusso d’aria penetra in maggiore
quantità e più rapidamente nelle narici, e le molecole odorose, intiepidite e disciolte
nel muco, ‘bombardano’ le ciglia della membrana olfattiva.
Al microscopio elettronico, la superficie attiva delle fosse nasali sembra un piatto di
spaghetti immersi in un sugo colloso: gli spaghetti sono le ciglia olfattive che
fuoriescono dai recettori, ed il sugo è lo strato acquoso di muco che ricopre l’epitelio
e viene prodotto dalle cellule di sostegno e dalle ghiandole presenti nella mucosa
olfattiva.
I filamenti dei nervi olfattivi sono formati da due prolungamenti: uno che porta, come
si è detto, al bulbo olfattivo attraverso la lamina dell’osso detto etmoide, l’altro che
affiora alla superficie della mucosa nasale.
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Ogni cellula nasale comprende da sei a dodici ciglia; complessivamente, le ciglia
sono circa 15-20 milioni ed, elastiche e mobili, vibrano al ritmo di circa
duecentocinquanta volte al minuto. Le loro spinte spostano il sottile strato di muco
che le ricopre alla velocità di un centimetro al minuto.
Oltre ai recettori ed alle ciglia, anche il muco svolge presumibilmente un suo ruolo
non solo nell’umidificazione e nel trasporto delle molecole odorifere, ma anche nella
codifica degli odori.
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La sensazione dell’odore è in parte dovuta anche alla stimolazione del nervo
trigemino: ad esempio, il nervo trigemino subisce una stimolazione in presenza di
odore di ammoniaca, allorché insieme all’odore acre si percepisce anche una specie
di pizzicorino al naso.
Inoltre, la fortuna di una bevanda come la coca-cola deve molto al piacere provocato
dalla stimolazione del nervo trigemino. Il pizzicore può inibire un odore, ma anche
conferirgli una specie di effetto ‘stereofonico’ speciale, per esempio in alcuni cibi
piccanti o anche in alcuni profumi speziati.
Nel campo dei recettori olfattivi, bisogna annoverare anche l’organo vomero-nasale,
detto anche organo di Jacobson: benché separato dal sistema olfattivo propriamente
detto, esso ha una connessione con il sistema nervoso centrale, e le sue cellule sono
funzionalmente simili alle cellule olfattive. L’organo vomero-nasale è evidente nelle
lucertole e nei serpenti, può essere rudimentale nel bambino, mentre sembra
atrofizzato nell’uomo.
Tale aspetto è stato particolarmente studiato in questi ultimi anni, in quanto legato
alla controversa questione dell’esistenza o meno dei feromoni nell’uomo (cfr. 1.11.1),
di cui l’organo vomero-nasale potrebbe mediare, o aver mediato un tempo, le
eventuali risposte.
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La natura precisa delle secrezioni, soprattutto di quelle prodotte dalle ghiandole di Browman non è ancora del tutto nota, e nel muco si trovano un
certo numero di particelle non bene identificate, che forse giocano un ruolo non indifferente nelle donne, più sensibili a odori biologicamente
significativi come il muschio o l’exaltoide, per esempio, durante le mestruazioni.
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Una frazione di secondo dopo la ricezione dello stimolo olfattivo da parte dei
recettori della mucosa nasale, nel bulbo si forma una specie di “carta di attività”,
conosciuta come “immagine olfattiva”. Questo primo trattamento dello stimolo fa sì
che un odore venga percepito, ma non ancora pienamente sentito. Affinché si formi la
sensazione di un odore occorre la mobilitazione della corteccia olfattiva: qui
l’immagine olfattiva perde il suo carattere ‘rettile’ e si collega al sistema limbico.
Non si sa molto delle connessioni sinaptiche al di là del bulbo olfattivo: malgrado
l’impiego dei più sofisticati strumenti di ricerca, le intricate connessioni anatomiche
associate all’olfatto restano particolarmente difficili da chiarire in maniera decisiva.
Tra i mammiferi più primitivi (ad esempio topi, ricci, talpe,…) gli emisferi cerebrali
sono lisci, e quasi tutta la loro corteccia non è che un centro olfattivo. Nei mammiferi
più evoluti e specialmente nei primati, la corteccia cerebrale ha invece una superficie
assai aumentata, a causa di numerose pieghe chiamate ‘circonvoluzioni’; nei primati,
inoltre, i centri olfattivi rivestono un’importanza minore in confronto ai centri tattili,
auditivi e visivi. Anche l’ ‘uomo delle caverne’ sarebbe stato, dal punto di vista
fisiologico, un animale microsmatico, in altre parole con una mucosa olfattiva di
dimensioni ridotte rispetto a quella dei ratti, del cane e di altri animali provvisti di un
olfatto molto fine (animali macrosmatici).
Per descrivere le qualità e le somiglianze degli odori, il sistema stereochimico
proposto nel 1949 da J. E. Amoore sembra il più accreditato; tale ipotesi, conosciuta
come teoria della ‘chiave-e-serratura’, stabilisce un legame fra la forma geometrica
delle molecole e la sensazione olfattiva che queste producono. Se la molecola che si
presenta davanti al neurone ha la forma giusta, si incastra nella nicchia
corrispondente e scatena l’impulso nervoso che giunge al cervello. L’ipotesi di
Amoore risale all’antica teoria atomistica degli epicurei, i primi ad affermare che gli
stimoli olfattivi potessero essere ‘particelle’ (o atomi).
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Secondo la teoria di Amoore, gli odori muschiati hanno molecole discoidali che
penetrano in un cavità ellittica, simile a una scodella; quelli mentolati hanno molecole
a forma di cuneo che si incastrano in un intaglio a “V”; gli odori della famiglia della
canfora hanno molecole sferiche che si adattano a cavità ellittiche più piccole di
quelle che accolgono le molecole di muschio; gli odori eterei hanno molecole a forma
di bastoncino che si posano in una cavità lunga e stretta; gli odori floreali hanno
molecole discoidali con una specie di coda, che si adattano a cavità simili ad una
scodella con il manico; gli odori fetidi hanno una carica negativa che viene attratta da
un punto del neurone caricato positivamente; gli odori acri hanno una carica positiva
che finisce su un punto caricato negativamente. Alcuni odori si adattano
contemporaneamente una coppi di punti e producono un effetto combinato; inoltre,
sostanze odorose con molecole stereochimicamente simili possono avere odori
simili..
La letteratura riporta altre teorie atomistiche, come ad esempio quella detta della
penetrazione e perforazione: si suppone che un odore sia percepito quando le
molecole odorifere, pungendo le cellule recettrici, causino un flusso di sodio e
potassio attraverso la membrana olfattiva, innescando così il potenziale chimico ed
elettrico di azione. Un’altra teoria dello stesso tipo, suppone invece che la frequenza
delle vibrazioni atomiche della molecola odorosa sia l’attributo che modifica le
cellule recettoriali.
Tutte le teorie citate, risentono della stessa carenza d’informazioni riguardo la natura
delle cellule recettrici e delle ciglia con cui le molecole dovrebbero interagire in
maniera fisica e chimica.
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1.3 La codifica e la classificazione degli odori
Il nostro senso dell’odorato può essere straordinariamente preciso, ciò nonostante è
quasi impossibile descrivere un odore a qualcuno che non l’abbia mai sentito, in
quanto non disponiamo del lessico necessario (cfr. 4.1). Diane Ackerman (1992:2)
afferma che “l’olfatto è il senso muto, l’unico privo di parole”.
Gli odori non possono essere registrati, e non c’è modo di catturarli e conservarli:
profumi sofisticati o “puzze” di natura, gli odori erranti durano solo pochi istanti
prima di dissolversi. L’odorato è il più elusivo di tutti i sensi, sfugge ad ogni tentativo
di classificazione. Non sappiamo ancora che cosa esattamente percepisce la mucosa
nasale allorché nel cervello si formano la percezione e la sensazione di un odore, e gli
stessi esperti che studiano gli odori non sono d’accordo sul modo di classificarli e
descriverli.
Tra la struttura chimica di un odore ed il modo di percepirlo, interviene non solo la
difficoltà di stabilire un parametro di riferimento universalmente valido, e quindi
l’impossibilità di passare all’astrazione, ma anche la dimensione soggettiva
dell’esperienza.
Tutti noi siamo circondati dagli odori, che emanano da noi stessi e dall’ambiente
assolvendo spesso funzioni cruciali, ma non esiste una precisa mappa degli odori, e
c’è da dubitare che esisterà mai qualcuno in grado di descrivere gli odori nella loro
complessità e totalità.
C’è quindi un’impossibilità di fondo a definire astrattamente gli odori:
non si tratta solo di questioni terminologiche, ma di qualcosa di più complesso
e concettuale, simile a quello che i linguisti chiamano ‘concetto sfuocato’,
perché la risposta agli odori percepiti non solo varia straordinariamente da
individuo a individuo e la biochimica del tessuto olfattivo non è chiarita, ma
anche perché l’odore tende a strutturarsi in ogni caso come una configurazione
di tipo relativamente emozionale.
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Allorché si parla di odori, in genere non se ne parla mai veramente, ma ci si
riferisce alle fonti da cui provengono [cfr. 4.1]. […] Le difficoltà relative alla
fisiologia della percezione olfattiva e alla impossibilità di descrivere nei
termini quantitativi delle scienze esatte la relazione tra gli stimoli e le risposte
percettive e sensoriali, contribuiscono a mantenere gli odori al di qua
dell’astrazione, e gli conferiscono una certa misteriosa mutezza (De Martino
1997:13).
Gli odori non sono solo difficili da descrivere, ma anche da classificare: gli odori ci
attraggono o ci risultano repellenti, ma non sono suscettibili di classificazione
razionale nel modo in cui lo sono colori e gusti.
I tentativi di classificazione degli odori sono stati numerosissimi (e spesso anche
bizzarri)
5
, ma nessuno di questi ha mai trovato il consenso universale. Gli sforzi di
botanici, psicologi e profumieri hanno prodotto scarse, se non nulle, conoscenze utili
e durature: la maggior parte dei tentativi di classificazione fatti è da considerarsi
arbitrari. Questa carenza teorica, congiuntamente all’assenza di termini linguistici,
conferisce all’odore una posizione del tutto particolare rispetto agli altri sensi,
rendendo la discriminazione olfattiva assai imprecisa ed idiosincratica, ed aperta ad
una miriade di interpretazioni diverse.
Anthony Synnott (1991:439) afferma che
[…] there is not […] a scientific classification system for the sense of smell as
there is for the other senses. […] Modern scientists have estimated from four to
nine classes or types of smell, excluding subcategories; and there is no
consensus.
6
5
Vi fu persino chi, alla fine del secolo scorso, credette di poter classificare gli odori in base ad un rapporto con le note musicali (cfr. De Martino
1997:42).
6
[…] per l’olfatto non esiste un sistema di classificazione scientifica come invece accade per gli altri sensi. […] Gli esperti del settore contemporanei
hanno ipotizzato l’esistenza di un numero di categorie olfattive compreso tra 4 e 9, esclusi i sottogruppi; in ogni modo, il consenso in materia non è
unanime.
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Le varie classificazioni proposte si sono basate essenzialmente sulla somiglianza e sul
riferimento alle fonti di provenienza degli stessi; anche nelle classificazioni con
pretese scientifiche non ci si è discostati da tali criteri, ma si è solo cercato di definire
con maggiore precisione le fonti, tentando di stabilire relazioni fra odori percepiti e
strutture chimiche di molecole odorose, d’interesse prevalentemente industriale,
cosmetico e profumistico.
1.3.1 Alcuni tentativi di classificazione osmologica
A parte la classificazione aristotelica in sei categorie (odori dolci, acidi, austeri,
grassi, acerbi, fetidi) (cfr. De Martino 1997:42), occorre ricordare la classificazione
fatta dal botanico Linneo nel 1756, che è stata la base di molte classificazioni
successive. Nella classificazione di Linneo, di natura prettamente naturalistica, viene
dato molto spazio al fetore.
Secondo Linneo, gli odori rientravano in sette
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raggruppamenti fondamentali (cfr. De
Martino 1997:43; cfr. Engen 1989:27, 60):
- aromatico (garofano, lauro,…);
- fragrante (giglio, gelsomino,…);
- ambrosia o muschioso (muschio, ambra,…);
- agliaceo (aglio,…);
- caprino o fetido (capra, valeriana,…);
- puzzolente o ripugnante (alcuni insetti, solanacee,
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…);
- nauseabondo o nauseante (carne in putrefazione, cucurbitacee,
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…).
Le classi estreme (aromatico e fragrante, puzzolente e nauseabondo) rappresentano
rispettivamente gli odori gradevoli e sgradevoli, mentre le classi intermedie
(ambrosia, agliaceo e caprino) rappresentano odori più neutri.
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Il numero ‘sette’ corrisponde alla moda per la maggior parte dei sistemi di classificazione osmologica proposti dopo Linneo.
8
Fanno parte della famiglia delle solanacee la patata, la melanzana, il pomodoro, ecc.
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Famiglia di piante erbacee o legnose con frutto a bacca dalla polpa acquosa in cui sono immersi i semi.