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Nei regni fondati su questo principio si svilupparono maggiormente le
caratteristiche centrali dello Stato moderno, ovvero: l’unificazione del
mercato interno, l’imposizione del meccanismo del prelievo fiscale, la
creazione di un corpo stabile di funzionari pubblici e di militari,
l’eliminazione delle corti di giustizia regionali indipendenti dalla
monarchia.
L'assolutismo, i cui teorici furono Jean Bodin e Thomas Hobbes è per
definizione un regime autocratico: nell'esercizio del potere la monarchia
si imponeva prescindendo la partecipazione e il consenso di organi
politici -nobili, Diete regionali, città - tendendo invece a formare un
insieme di Sudditi giuridicamente omogeneo tenuto all'obbedienza.
In politica estera, l'affermazione della potenza di uno Stato si
appoggiava sulla diplomazia e sulla presenza di un esercito permanente;
sul piano interno, lo Stato cercava di aumentare le fonti d'introito
attraverso: imposte, monopoli, regalie -ovvero i diritti esclusivi del
sovrano- creando nel contempo un'amministrazione dipendente
direttamente dal sovrano.
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Lo Stato, cioè l’organizzazione politico-giuridica, è un fatto naturale,
una realtà di sempre, per quanto indietro si possa tornare, non si trova
una collettività umana che sia vissuta o abbia operato al di fuori di un
complesso di norme, di leggi e di istituzioni chiamato Stato;
l’affermazione di uno Stato, pone il problema se esista o meno uno Stato
“moderno”
1
.
Questa sua “modernità” è vista come il superamento dei limiti, degli
impedimenti e dei connotati tipici dello Stato Medievale. Tutto ciò si
traduce nel tentativo di eliminare ogni influenza politica della Chiesa,
ma soprattutto nello sminuire l’autorità ed il prestigio dei parlamenti e
delle istituzioni rappresentative, accentuando gli elementi caratteristici
dello Stato, come l’ampiezza territoriale, l’indipendenza da ogni e
qualsiasi potere estraneo, la sovranità e cioè la pienezza fatta valere nei
confronti di chiunque, sottolineando che la stessa soggezione al potere
spirituale del papato diviene sempre più formale più che sostanziale; lo
Stato moderno è altrimenti definito Stato Assoluto.
In questa situazione di rinnovamento, lo Stato, o meglio i loro sovrani,
trovano due potenti alleati: l’invenzione della stampa, e la Riforma
Protestante. Mentre con la stampa gli uomini del Cinquecento allargano
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A. Marongiu, “Lo Stato Moderno” La Sapienza Editrice Roma 1997, cit., pag 9
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i loro orizzonti, e dove reputano inefficaci gli interventi dei sovrani
respingono anche la sola idea che loro siano tali per origine o per grazia
divina; la Riforma garantisce ai governanti e agli uomini politici il
pretesto di affermare la totale indipendenza dello Stato dal fattore
religioso o per rivendicare allo Stato molte delle attività sociali, per
secoli esercitate, quasi tramite tacito accordo, dalla Chiesa con
l’aggiunto potere di nominare nuovi dignitari ecclesiastici tra cui
vescovi e pontefici.
La Riforma porta lo Stato ad affermare la propria autorità sulla Chiesa
sconvolgendo, o meglio capovolgendo, la precedente situazione che
vedeva invece la vittoria del Papato sullo Stato e l’imposizione della
Chiesa nelle materie strettamente statali. Lo Stato quindi, ha la spinta
necessaria per uscire da uno situazione di soggezione clericale,
incamminandosi sulla via dell’imposizione della propria volontà,
sostenuto da filosofi, giuristi e politici.
Nello stesso tempo i sovrani vogliono essere riconosciuti come tali,
ovvero come sovrani del tutto autonomi e liberi di esplicare il loro
potere identificato quale assoluto.
Questa assolutezza di potere si manifesta pienamente nell’esercizio
della funzione legislativa assunta in piena regola dal sovrano come
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massima espressione della sua volontà e la legge viene identificata come
una sua caratteristica particolare alla quale nessuno, almeno in teoria,
può porre limiti o resistenza.
Tale concezione e tale potere porta all’affermazione dell’esistenza
degli “arcana imperi” cioè della possibilità per il sovrano di esercitare
il suo potere senza controllo, e senza alcun tipo di giustificazione se non
quella del suo volere. Ma proprio nel momento in cui i sovrani
esercitavano al meglio il loro potere, di pari passo si sbriciolava la loro
sovranità, a causa degli accresciuti compiti e funzioni della Stato e della
sua maggiore ampiezza territoriale, nonché l’elevato numero di organi
collegiali e individuali di cui il sovrano sempre più spesso si circondava;
dunque lo Stato diventa una grande macchina ormai spersonalizzata.
Principio fondamentale, dunque, dell’assolutismo è l’autonomia
statale con proprio autonomo valore etico svincolato da ogni possibile
legame con la Chiesa, il quale Stato agisce sovranamente senza
sottostare ad alcun tipo di limite se non quello imposto da se medesimo.
Lo Stato è una realtà continua, permanente e razionale che nessuno
può pensare di distruggere o rovesciare, a cui sono tutti soggetti
dovendosi adattare agendo su di esso, non al di fuori o al di sopra: gli
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stessi sovrani non sono da considerarsi proprietari dello Stato, bensì
amministratori di un vasto patrimonio sia spirituale che materiale, quasi
dei funzionari ad un livello più alto fra tutti.
In Francia dalla seconda metà del XVI secolo la vita di corte
acquista una nuova sfaccettatura fatta di celebrazioni solenni e ostentata
sfarzosità dove qualsiasi atto del sovrano era compiuto dinanzi alla corte
con la possibilità di divenire essi stessi assistenti personali del re –
celebranti o solo come dei spettatori privilegiati. Diventano solenni e
formali i pranzi, l’intervento alle finzioni civili e religiose, le messe, la
cacce, i viaggi.
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Bousset scrisse ne De Istitutione Delphini:Politique tirée de l’Ecriture
sainte del 1679:
”Dio governa tutti i popoli e dà ad essi il loro re. I principi sono
ministri di Dio per il bene:essi sono resi sacri dal loro ufficio come
rappresentanti della Maestà divina, deputati della sua provvidenza
all’esecuzione dei suoi disegni. Il trono regale non è trono di un uomo,
ma di Dio stesso. La persona del re è sacra e attentare ad essa è
sacrilegio”.
Quindi il re è tale per volontà esclusiva di Dio, ed è in questa ottica c
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Ivi. cfr. pag 11
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he trova giustificazione il ruolo assunto, a volte, dal re come guaritore
dei malati di scrofolosi in base alla teoria secondo oltre che
rappresentante di Dio, il sovrano veniva considerato e doveva apparire
anche strumento e condizione del bene comune.
Colui che tra gli scrittori meglio di ogni altro ha carpito l’essenza
della sovranità dello Stato dell’assolutismo è Bodin ne
Les six livres de la République specialmente nei capitoli del primo libro
nei quali vi è una accurata analisi della sovranità con l’adeguamento del
pensiero alla mutata realtà della società. Non è sovrano colui che non è
in grado di imporre la propria sovranità o i proprio potere, nemmeno
colui il quale vive un rapporto di vassallaggio con altri Potentati.
Sovrano è solo chi tramite il suo mezzo supremo, il comando, riesce
ad imporsi attraverso le sue leggi. I sovrani assoluti pur senza emanare
tante leggi, tanti decreti, esercitano l’attività legislativa come una
funzione connaturata alla loro funzione di sovrani, ed anche se non si
tratta di leggi vere e proprie ma di una sorta di decreti, questi hanno lo
stesso peso. Era considerato il mezzo più rapido e decisivo per tradurre
coattivamente le decisioni, è lo stesso autore ad affermare che il
fare leggi è la prima e tipica espressione della sovranità.
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Par 1.1
L’ASSOLUTISMO IN FRANCIA
Già nel XII secolo, negli ambienti vicini al re si era affermata la
rappresentazione della società francese in una struttura piramidale di
stampo tipicamente medievale - feudale, il cui vertice era rappresentato
dal sovrano, che con una serie di piani subordinati poneva alla base
della stessa piramide i cavalieri.
Con il mutare della società, si assiste di pari passo ad una modifica
della piramide sociale alla cui base era posto il terzo stato che con le sue
doti “meccaniche” provvedeva al sostentamento degli altri due ordini:
uno preposto alla guida materiale della società, l’altro identificato come
guida spirituale. Il sovrano è esente da tutte le leggi in base alla formula
latina che sta alla base dell’assolutismo monarchico solutus e legibus –
cioè sciolto dall’obbligo di osservanza delle leggi.
Seyssel rileva che nei riguardi del sovrano esistono ”tre freni” che
regolano l’autorità regale, tali sono: la legge religiosa cristiana, la
giustizia ossia il corpo di giudici ed ufficiali inamovibili, chiamati ad
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applicare le leggi a tutti i sudditi del re ed infine la police le norme
generali e le leggi emanate dal re che impediscono abusi e ogni forma di
arbitrio. Lo stesso autore afferma che questi freni sono importanti per
l’assolutismo regio che altrimenti sarebbe usato contro ragione, invece
in questo modo viene ridotto a civiltà utile per lo stesso Stato.
Bisogna comunque sottolineare la visione aperta che Seyssel ha della
società, ovvero la possibilità di ascendere la piramide nonostante gli
umili natali alle massime cariche e ciò funge da vero ed importante
sprono per percorrere la via della virtù.
Completamente diversa è la concezione che Chasseneux ha della
società francese, nella sua identificazione di una scala politico-sociale
pone al vertice il clero quasi come fosse un continuum del mondo
celeste, ma in realtà la collocazione nel gradino più alto è riservata agli
“ufficiali”, di cui lo Stesso fa parte e la Chiesa diviene un tramite, una
sorte ponte di passaggio tra la soglia terrena ed il mondo celeste.
Il re è visto come un essere completamente superiore da adorare e
rispettare, detentore di un potere sia sul popolo che sulla Chiesa della
quale è protettore insieme al vescovo.