stessa dottrina del diritto tributario internazionale ha mantenuto a lungo
carattere puramente residuale.
2
Il presente lavoro è finalizzato ad illustrare come,
all’interno del contesto sopra descritto, la variabile fiscale abbia assunto in
tempi recenti un’importanza sempre crescente, indirizzando gli operatori
economici internazionali a scelte di “architettura aziendale” e di
ottimizzazione dell’onere legato agli obblighi tributari. Questi aspetti
verranno analizzati nel primo capitolo, dove sarà esplicitato il concetto di
“pianificazione fiscale internazionale” per poi soffermarsi sull’utilizzo di tale
metodo per assolvere gli obiettivi della pianificazione aziendale. Infine, si
procederà con la valutazione degli interessi degli Stati, della tax competition
tra di essi ma soprattutto dei principi di cooperazione volti ad assicurare le
corrette situazioni di concorrenza (principi di non discriminazione, neutralità
e superamento delle doppie imposizioni).
La pianificazione fiscale internazionale risulta fortemente
influenzata da condizionamenti e fattori esterni di vario tipo. E’ questo
l’argomento del secondo capitolo, nel quale verranno descritti gli aspetti più
rilevanti dei sistemi tributari, l'importanza della certezza del diritto, le
modalità di accertamento, le tutele giurisdizionali così come elementi più
specifici quali l’interpretazione delle norme e l’adattamento tra giurisdizioni
interne e ordinamento internazionale.
Quanto emerso dalla prima analisi servirà anche a sviluppare il
tema delle disposizioni limitative alla pianificazione fiscale, soprattutto in
merito alle norme antielusive. Le soluzioni adottate per ridurre lo
sconfinamento della pianificazione in comportamenti “patologici” di troverà
approfondimento nel terzo capitolo della tesi. L'analisi si concentrerà inoltre
sulle disposizioni presenti nell'ordinamento italiano e sulle più recenti
innovazioni giurisprudenziali.
Le misure internazionali di tipo pattizio e convenzionale stipulate
2
Per molti anni l’unica concessione è stata la consuetudine di escludere dalla tassazione i
rappresentanti diplomatici di altri Stati.
7
dagli Stati nel corso dell’evoluzione stessa del diritto tributario saranno
l’oggetto del quarto capitolo: in particolare, l’attenzione si soffermerà sulla
produzione dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (Ocse) e sulle convenzioni internazionali contro le doppie
imposizioni stipulate bilateralmente dagli Stati.
Alla luce di questo background di tipo pattizio e convenzionale,
verrà quindi approfondito lo studio degli strumenti normalmente utilizzati
per tradurre in realtà la pianificazione fiscale a livello internazionale: istituti
giuridici che, a seconda dell'uso che ne viene fatto, possono
contraddistinguere sia la lecita pianificazione fiscale che fattispecie elusive e
patologiche. L’enunciazione delle caratteristiche proprie delle società offshore,
delle conduit companies e del transfer pricing permetterà l’approfondimento
degli aspetti più discussi come paradisi fiscali ed il trasferimento degli utili
da società holding a controllate. In quest'ottica, saranno esplicitate le più
recenti prese di posizione in materia (gli accordi del G20 di Londra e
l'introduzione di una base imponibile comune per risolvere le problematiche
del transfer pricing).
Nel sesto capitolo, verrà descritta la situazione interna all’Unione
Europea dove, a fronte di progressi evidenti sul fronte del mercato interno e
della cittadinanza europea restano ancora da chiarire numerose
problematiche legate alla fiscalità: in primis, il tema dell’armonizzazione
delle aliquote sulle imposte societarie. A questo proposito, ampio spazio
verrà dato all’analisi di quanto prodotto finora dal gruppo di lavoro sulla
Common Consolidated Corporate Tax Base per le imprese operanti sul mercato
europeo.
L'ultimo capitolo approdondirà, alla luce delle problematiche
precedentemente espresse, il ruolo fondamentale della giurisprudenza della
Corte di giustizia europea che, attraverso una serie di importanti sentenze,
ha contribuito a definire un equilibrio tra le libertà garantite al contribuente e
le esigenze degli Stati nel contrasto all'abuso di diritto e all'elusione. A
riguardo, questa posizione verrà comparata a quella recentemente assunta
8
dalla Corte di Cassazione, per evidenziare le criticità presenti tra i due
approcci.
L’elaborato, richiamando le posizioni della dottrina tributaria, gli
articoli più recenti presenti sulla stampa specializzata e la letteratura
giurisprudenziale, punta quindi a fornire un quadro ampio ma completo
riguardo al contesto, alle molteplici opportunità, ma anche alle
problematiche e ai rischi connessi nella ricerca dell’ottimizzazione dell’onere
fiscale per l’impresa. La pianificazione fiscale internazionale può assolvere
pienamente queste funzioni, a condizione che tale metodo venga inteso come
una vera e propria forma di effettivo investimento, inserito in modo
armonico nella crescita dell’impresa, e non come una prassi fine a se stessa.
9
1. LA PIANIFICAZIONE FISCALE
INTERNAZIONALE: CONCETTO, OBIETTIVI E
PRINCIPI DI FONDO
1.1 LA PIANIFICAZIONE NELL'IMPRESA
La pianificazione strategica dell'impresa rappresenta il processo
organizzativo che si sviluppa, in base agli obiettivi stabiliti da raggiungere,
per mezzo di fasi, meccanismi e strumenti differenti. Più precisamente, la
pianificazione esprime “il processo formalizzato diretto a ordinare in
metodologia l'elaborazione di scelte anticipate rispetto alla loro esecuzione”
3
.
Gli obiettivi del soggetto economico vengono così formalizzati secondo piani
strategici aziendali, differenziati a seconda delle varie funzioni dell'impresa:
commerciale, produttiva, amministrativa, logistica e fiscale. L'elevato livello
di competitività dei mercati, legato alla maggior concorrenza, all'innovazione
costante nelle tecniche produttive e alla saturazione degli sbocchi
commerciali rende fondamentale per l'impresa la programmazione delle
proprie attività al fine di conseguire gli obiettivi prefissati, effettuare la
verifica dei risultati prodotti e apportare correttivi nel caso siano necessari.
La pianificazione si presenta quindi come un processo multifase in
cui il primo passo è dato dall'analisi della situazione di partenza, cioè delle
condizioni ambientali in cui l'impresa si trova ad operare: in primis la
generale disponibilità di risorse e la stabilità dei gusti degli utenti, quindi a
seguire le dinamiche proprie del settore nel quale l'azienda opera o andrà a
operare. In quest'ottica, è necessario comprendere la natura, il ruolo e le
3
Cristiano Ciappei, “Il realismo strategico nel governo d'impresa”, Firenze University Press, 2006
pagina 502.
10
strategie delle imprese concorrenti, ma anche l'eventuale esistenza di barriere
all'ingresso e altri ostacoli per i nuovi operatori economici. In base alle
caratteristiche del mercato, l'impresa è in grado di definire i propri punti di
forza in termini di competenze acquisite e di risorse umane, organizzative,
tecnologiche e finanziarie. Quanto emerso da queste considerazione permette
di definire gli obiettivi finali dell'impresa così come i risultati intermedi
necessari a raggiungerli.
Attraverso la pianificazione strategica, il raggiungimento dei
traguardi stabiliti viene concretizzato in una serie di piani
4
: economico,
riguardante il rapporto tra costi e ricavi negli esercizi presi in considerazione;
degli investimenti; dei finanziamenti, patrimoniale e, infine, fiscale. Durante
la stesura della strategia di penetrazione sui mercati esteri, infatti, l'impresa
valuta inizialmente le opportunità esistenti in termini di ricerche di mercato,
promozione delle vendite e modalità di accesso -gli aspetti più prettamente
“economici” dell'attività di internazionalizzazione- ma una corretta
pianificazione non può esimersi dall'analisi degli aspetti finanziari e fiscali
(ad esempio, l'esistenza di agevolazioni ed incentivi, le regole di costruzione
del budget, le strategie fiscali di espansione).
4
Gianfranco Balestri, “Manuale di economia e gestione aziendale”, Hoepli, 2005. Sezione M11
11
1.1 IL RUOLO DELLA PIANIFICAZIONE FISCALE INTERNAZIONALE
NELLA STRATEGIA GENERALE DELL'IMPRESA
All’interno della normale pianificazione aziendale, gli aspetti
legati all’ottimizzazione degli oneri di adempimento dell’obbligo tributario
assumono un’importanza crescente non solo per il pagamento del tributo
stesso, ma anche per le considerazioni economiche e finanziare legate ai
momenti discostanti tra il pagamento potenziale e quello effettivo. Al
momento di valutare l’ingresso in mercati nuovi, l’imprenditore si trova ad
avere a che fare con norme di ordinamenti giuridici diversi, spesso
contrastanti fra loro, in merito alle diverse politiche attuate e agli strumenti
di possibile superamento di queste situazioni. Le scelte dell’impresa si
articolano dunque secondo opzioni diverse, che possono variare
dall’esportazione e commercializzazione di beni e servizi all’estero alla
creazione di stabili organizzazioni o di più società operative e di controllo
intermedie
5
.
All’interno del gruppo, la funzione di pianificazione fiscale
internazionale si pone come fase di coordinamento fra due distinti momenti
della analisi strategica: l’analisi dalla fiscalità e dell’ordinamento legislativo
dello Stato in cui risiede la sede principale del gruppo e lo studio delle
caratteristiche tipiche dei singoli Stati in cui il gruppo intende investire o già
si trova ad operare. A livello intermedio fra queste due fasi, la funzione della
pianificazione fiscale internazionale rappresenta quindi lo strumento per
coniugare le esigenze strategiche ed operative del gruppo con i risultati
derivanti dalle indagini svolte. Il punto focale è dato dall'inserimento
coerente e integrato della variabile fiscale all'interno della pianificazione
generale e degli algoritmi decisionali che stanno alla base delle scelte di
5
Le modalità con cui l’attore economico sceglie di muoversi sullo scenario internazionale sono
varie. Per quanto riguarda gli obiettivi, secondo il “1999 Global Survey: practices, perceptions and
trends in 19 Countries for 2000 and beyond” pubblicato nel novembre 1999 da Ernst&Young
International e ripreso in “Rassegna fiscale internazionale 5/2000”, in quattro casi su cinque le
ragioni fiscali più rilevanti nell’internazionalizzazione d’impresa sono legate proprio alla
risoluzione di problematiche legate alla doppia imposizione.
12
localizzazione dell’azienda: per assicurare l’equilibrio economico generale
della gestione, può avere senso il fatto di pagare un importo maggiore in un
preciso ordinamento se la somma degli oneri tributari dei diversi
ordinamenti risulti inferiore nel complesso. Allo stesso modo, la scelta di un
mercato fiscalmente più “pesante” può essere giustificata dalle prospettive di
una migliore penetrazione commerciale o dalla presenza di incentivi e sgravi.
In tutti questi casi, l’attore economico si trova ad effettuare una scelta di
convenienza legata ad una valutazione dei costi e dei benefici.
Al momento di impostare la struttura con la quale operare sui
mercati internazionali, dovranno essere conosciuti -perlomeno nelle linee
generali- alcuni elementi basilari: le forme societarie esistenti nei Paesi
d’intervento e le loro caratteristiche, i mercati finanziari e valutari locali, la
posizione geopolitica di questi Paesi, la possibilità di trovare contatti e
partners commerciali in loco e la flessibilità propria della struttura per
adattarla alle esigenze che si incontreranno. Tra i fattori legati a queste scelte,
oltre al risparmio d’imposta che rappresenta la base del ragionamento, ve ne
sono altri che influenzano il primo in maniera importante, soprattutto in
modo qualitativo e spesso difficilmente quantificabile. In primis, il livello di
efficienza ed efficacia delle amministrazioni finanziare e degli organi di
controllo: in particolari situazioni, l’autorità del Paese d’origine potrebbe
infatti non riuscire a “definire” il presupposto impositivo alla base della
pretesa di un tributo. In secondo luogo, le tempistiche legate sia agli obblighi
da adempiere che alla durata delle procedure necessarie per riconoscere
l’esenzione o il rimborso del credito d’imposta. Tra gli aspetti da tenere in
considerazione, spicca la stessa “predisposizione” del soggetto economico
alle situazioni di rischio, legata sia alle risorse finanziarie a disposizione, sia
alle potenziali conseguenze negative in termine d’immagine e di opinione
pubblica
6
. Vi sono poi dei costi legati agli strumenti necessari per perseguire
le finalità preposte, cioè oneri economici diretti e connessi ai costi materiali
6
Conseguenze legate, ad esempio, alla scoperta di illeciti fiscali da parte degli uffici finanziari
dello Stato estero.
13
industriali, operativi, logistici e commerciali: dalle strutture tecniche di base
ai costi di manodopera, materie prime e fattori produttivi, fino al
coordinamento dei flussi e delle politiche d’ingresso nel mercato. A questi si
aggiungono costi non materiali, connessi con la possibile perdita
dell’avviamento e dei rapporti consolidati nel Paese di origine.
La competenza preventiva del quadro giuridico, economico e
normativo del mercato d’espansione è una condizione fondamentale: nello
specifico, la conoscenza delle forme societarie ammesse e le caratteristiche
delle varie vesti giuridiche ma anche il ricorso a professionisti e consulenti
locali per curare gli adempimenti fiscali e le procedure di
internazionalizzazione. Lo studio delle varie realtà locali riveste un interesse
fondamentale alla luce del trattamento fiscale riservato ai capitali esteri, ai
vincoli, incentivi o disincentivi sugli investimenti stranieri e alle norme in
materia di trasferimenti tra le varie società di uno stesso gruppo.
14
1.2 L'AMBITO DI SVILUPPO DELLA PIANIFICAZIONE FISCALE
La mondializzazione delle operazioni commerciali e finanziarie e
l’utilizzo delle comunicazioni elettroniche permettono ora di stabilire
rapporti in tempo reale, limitando l’importanza dei confini tra Stati e dando
vita a nuove problematiche in grado di procurare distorsioni all’equilibrio
generale. Il nuovo scenario mondiale si presenta difatti fondato sui rapporti
di interazione tra due ordini di soggetti secondo uno schema competitivo che
vede i legislatori nazionali
7
da una parte, i contribuenti transnazionali
dall’altra. Questi due attori si pongono evidentemente obiettivi diversi: le
amministrazioni finanziarie statali hanno l’interesse ad intervenire per
tutelare l’integrità degli ordinamenti e il proprio diritto a prelevare i tributi
sulla materia imponibile ad esse spettante, il tutto rispettando i fondamentali
principi di neutralità, non discriminazione e superamento delle doppie
imposizioni. Queste linee guida sono basilari per assicurare un rapporto
interstatuale corretto così come la preservazione di un ordine internazionale
per uno sviluppo equilibrato delle economie. Le imprese, dal canto loro,
puntano all’ottimizzazione dell’onere fiscale minimizzando il prelievo da
subire e spostando l’effettiva uscita di cassa il più tardi possibile nel tempo.
Accanto alla tradizionale pianificazione fiscale interna, rivolta
entro i confini nazionali, si sono così sviluppate tecniche di international tax
planning fondate sull’analisi comparata degli ordinamenti e delle normative
sia fiscali che societarie straniere e sovranazionali (in particolare quella
comunitaria). La funzione di pianificazione fiscale internazionale svolta, ad
esempio, da un gruppo di imprese concerne l’analisi di una serie di fattori -
fra i quali la variabile fiscale assume una posizione preminente- per
determinare la struttura migliore attraverso la quale operare, al fine di
ottimizzare l’utile netto consolidato dell’intero gruppo
8
. Essa deve quindi
7
In sostanza le autorità statali e gli enti ad esse collegati, che svolgono anche la funzione di organi
pubblici accertatori.
8
Piergiorgio Valente, “Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni”, Ipsoa, Milano,
2008.
15
essere considerata come un complesso di iniziative di organizzazione sul
piano operativo puntando alla possibilità che l’onere fiscale possa risultare
come conseguenza lecita dell’utilizzo delle differenze ed interconnessioni
esistenti tra i diversi ordinamenti. Se da una parte la pianificazione fiscale
internazionale ricerca dunque la minimizzazione del carico fiscale di
un’impresa o un gruppo, essa persegue anche altri obiettivi: i più rilevanti
sono la minimizzazione dell’impatto legato a restrizioni di carattere
normativo (basti pensare ai requisiti civilistici, ai controlli valutari, alle
limitazioni alla proprietà di particolari tipologie di beni) ed il perseguimento
di una maggiore flessibilità della struttura aziendale e di gruppo, requisito
necessario per rispondere più efficacemente ai cambiamenti attesi in futuro.
Tra gli aspetti di base da tenere in considerazione al momento di
scegliere le forme da adottare per operare in uno Stato estero, spiccano poi i
concetti di “residenza fiscale”
9
e di “stabile organizzazione”. La prima viene
generalmente intesa come luogo dove una società è assoggettata ad
imposizione fiscale; per definirla si ricorre a una serie di criteri, differenziati
a seconda dei vari Stati: dal luogo di costituzione a quello dove si trova la
sede legale della società, passando per il luogo di direzione e controllo
effettivo. Le norme dell’ordinamento italiano per determinare la residenza
fiscale di una persona giuridica e del relativo reddito imponibile stabiliscono
che un soggetto, se considerato residente, venga assoggettato ad imposta sul
reddito prodotto a livello mondiale mentre per il non residente le imposte
vengano calcolate solo sui redditi che sono stati prodotti nel territorio dello
Stato
10
.La normativa italiana statuisce inoltre che vengano considerate
“residenti” le imprese che, per la maggior parte del periodo d’imposta,
hanno la sede legale
11
o la sede d’amministrazione
12
o l’oggetto principale nel
9
Vedi capitolo 4, “Trattati e convenzioni” a pagina 57 e capitolo 7, “Fattispecie abusive e pratiche
di contrasto in ambito nazionale e comunitario”, pagina 105 e seguenti.
10
Ai sensi rispettivamente degli artiticoli 73, 81 e 152 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi
(Tuir)., approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, nr. 917, come modificato dal D.Lgs. 12 dicembre
2003, nr. 344
11
E’ la sede indicata nell’atto costitutivo o nello statuto, anche se spesso si tratta di un elemento
formale e che non coincide con la sede effettiva.
12
E’ la sede centrale di direzione e di controllo, intesa come il luogo da cui promanano
16
territorio dello Stato
13
. Una volta certificato il criterio temporale, è sufficiente
che una sola di queste tre ultime qualificazioni siano verificate. I modelli
convenzionali, in particolare quello elaborato dall’Ocse
14
, prevedono un
criterio esplicito per dirimere situazioni di doppia residenza: il luogo di
effettiva direzione.
Per evitare i rischi connessi al disconoscimento della residenza
estera sulla base del concetto di reddito mondiale, è opportuno che l’impresa
in questione sia dotata di “sostanza”, che la sua esistenza non sia quindi solo
fittizia
15
e che la sede della sua direzione effettiva sia localizzata all’estero. Il
concetto di residenza fiscale è fondamentale in quanto la maggior parte dei
Paesi applica il principio del reddito mondiale e quindi lo Stato di residenza
ha pieno diritto impositivo. Per quanto riguarda la stabile organizzazione, in
termini generali, essa è presunta ai fini fiscali quando vi sia un’impresa
separata con una propria contabilità. Secondo il Commentario Ocse
16
al
Modello di convenzione internazionale sulle doppie imposizioni, ripreso
dall’articolo 162 del Tuir italiano, la stabile organizzazione è la “sede fissa
d’affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in
parte la sua attività sul territorio dello Stato”. Ai fini legali, tuttavia, essa
rappresenta semplicemente la presenza della società straniera nello Stato
della fonte. Di norma, solo i profitti attribuibili alla stabile organizzazione
sono soggetti ad imposizione nello Stato della fonte e la base imponibile
verrà rilevata a partire dalle scritture contabili. Infine, affinchè la
effettivamente gli impulsi volitivi inerenti l’attività della società
13
E’ quanto emerge dall’atto costitutivo o dallo statuto e, solo in assenza di questo, all’attività
effettivamente esercitata nel territorio dello Stato.
14
Vedi capitolo 4 “Trattati e convenzioni”, pagina 57
15
Un concetto presente nella giurisprudenza comunitaria e nazionale con riferimento alle
“costruzioni di puro artificio”, vedi capitolo “ Fattispecie abusive e pratiche di contrasto in ambito
nazionale e comunitario” pagine 95 e seguente e, nello specifico, le sentenze ICI C-264/96, 16
luglio 1998, pubblicata in G.U. Ue, 26 settembre 1998, nr.C-299; Lankhorst-Hohorst, C-324/00,
12 dicembre 2002, pubblicata in G.U. Ue,8 febbraio 2003, nr. C-316; De Lasteyrie du Saillant, C-
9/02, 11 marzo 2004, pubblicata in G.U. Ue, 17 aprile 2004,nr. C-94; Marks & Spencer, C-446/03,
13 dicembre 2005, pubblicata in G.U. Ue, 11 febbraio 2006, nr.C-304; Cadbury Schweppes, C-
196/04, 12 settembre 2006, pubblicata in G. U. Ue, 18 novembre 2006, nr.C-281 e infine l'articolo
73 comma 3 del Tuir.
16
Lo strumento interpretativo predisposto dallo stesso Ocse per dare un lettura autentica al modello
di Convenzione utilizzato fra gli Stati. Entrato in vigore con D.Lgs. 12 dicembre 2003, nr. 344,
pubblicato con S.O. alla G.U. 16 dicembre 2003, nr.291. Vedi capitolo 4 “Trattati e convenzioni”,
pagina 56
17