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esposizione odierne, di effetti a carico di organi e apparati ritenuti in passato
organi bersaglio.
Con questa tesi cercherò di valutare lo stato dell’arte sugli effetti tossici per la
salute dovuti a esposizione occupazionale a gas anestetici in ambito sanitario, il
rischio chimico derivante da esposizione a gas anestetici negli addetti di sala
operatoria dell’Azienda Ospedaliera Luigi Sacco di Milano e infine di delineare, a
fronte dei dati raccolti, le indicazioni per la corretta gestione della sorveglianza
sanitaria negli operatori della sanità esposti a gas anestetici ed in particolare
proporre un protocollo di sorveglianza sanitaria ed analizzare le criticità nella
formulazione del giudizio di idoneità.
1.1 Il Rischio Chimico in sala operatoria
Sono molti i fattori di rischio presenti in una sala operatoria: alcuni noti da tempo
e di cui sappiamo caratterizzarne gli effetti, quali i rischi biologico e fisico; altri
riconosciuti in anni più recenti e che meritano ancora molti studi, quali il rischio
stress correlato o da abuso di sostanze stupefacenti. Vi è poi il rischio chimico
che, sebbene noto ormai da molti anni, relativamente ai gas anestetici, presenta
ancora oggi un certo grado di incertezza in merito ai possibili effetti per la salute.
Per analizzare il rischio chimico nelle sale operatorie debbono essere considerati i
rischi dovuti alla presenza di composti e preparati chimici quali quelli che hanno
funzione di disinfettanti e sterilizzanti (formaldeide, glutaraldeide) o che hanno
funzioni terapeutiche (farmaci, preparati vari, ecc.) o infine, quelli che hanno la
funzione di indurre e mantenere l'anestesia (anestetici gassosi quali protossido di
azoto, anestetici volatili). Nel presente studio mi occuperò di questi ultimi.
1.2 Classificazione degli anestetici per inalazione
Si definiscono anestetici quei farmaci che determinano una abolizione dello stato
di coscienza ed una inibizione temporanea della sensibilità dolorifica
limitatamente al periodo della loro somministrazione.
Si distinguono comunemente due tipi di anestesia:
generale o narcosi, che agisce sulle strutture del SNC;
periferica o locale, ottenuta con la somministrazione di sostanze agenti a livello
del SNP.
Si ritiene che l’anestesia locale, ottenuta per infiltrazione nei tessuti di liquidi
anestetici, così come l’anestesia generale per via endovenosa o rettale, non
diano luogo a rischi di natura igienico - ambientale in caso di esposizione per
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contatto e/o inalazione dei prodotti utilizzati. Per quanto concerne invece
l’anestesia generale per via inalatoria, definita comunemente “anestesia
gassosa”, essa può provocare, per il possibile inquinamento degli ambienti delle
sale operatorie, problemi di esposizione professionale negli operatori addetti.
Gli anestetici per inalazione sono distinti in due gruppi:
Gassosi: Protossido d’Azoto (N20). Sono sostanze che a pressione e a
temperatura ambiente si trovano allo stato gassoso. Fanno parte di questo
gruppo altri anestetici quali etilene, acetilene e ciclopropano che non sono più
impiegati per l’elevata infiammabilità ed esplosività. Gli anestetici gassosi sono
erogati quasi sempre associati ad un anestetico volatile.
Volatili: sono alcuni composti alogenati ed eteri che, a pressione e a temperatura
ambiente, si trovano allo stato liquido e vengono poi vaporizzati in apparecchi
termocompensati, ove si miscelano al momento dell’impiego con una corrente
gassosa, in genere proveniente da un impianto centralizzato, costituita da aria e
ossigeno. La concentrazione di tali composti nella miscela anestetica varia dallo
0,5% al 4% ( 6% nell’induzione in pediatria) in funzione della sostanza utilizzata
e del tipo di intervento chirurgico da eseguire e varia nelle diverse fasi
dell'intervento chirurgico, con quantità più elevate nel corso dell'induzione, della
durata di pochi minuti, rispetto alla fase di mantenimento dell'anestesia.
1.3 Descrizione delle apparecchiature per anestesia
E’ necessario soffermarsi su una descrizione, in linee generali, dei sistemi di
induzione e sulle apparecchiature per l’anestesia, prima di descrivere le possibili
cause di inquinamento.
La somministrazione dell’anestetico gassoso o volatile può avvenire mediante
intubazione orotracheale o applicando la maschera facciale direttamente sul viso
del paziente; la presenza di una via per il recupero e riutilizzo dei gas espirati
distingue i sistemi di anestesia in aperti e chiusi.
In passato si utilizzavano soprattutto i primi, responsabili di un elevatissimo
inquinamento poiché tutta l’aria espirata dal paziente ad alte concentrazioni di
anestetico veniva dispersa direttamente nell’ambiente. Attualmente tali
dispersioni in ambiente sono impensabili ed evitate grazie a sistemi di
evacuazione dei gas che raccolgono e convogliano i gas espirati all’esterno della
sala in appositi circuiti di smaltimento.
Oggi si preferisce utilizzare i sistemi chiusi, che permettono il recupero e la
riutilizzazione dell’aria espirata dal paziente dopo averla adeguatamente
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depurata dalla CO2, grazie al potere adsorbente della calce sodata presente nel
sistema e reintegrata dell’ossigeno consumato e di nuovi gas.
Si distinguono in particolare due tipi di sistema chiuso: il sistema monofasico ed
il circuito rotatorio difasico. Il primo, detto anche “va’ e viene”, è costituito da
una maschera facciale, da un contenitore cilindrico contenente calce sodata, da
un pallone respiratorio e da un tubo, situato generalmente in prossimità di una
maschera, che permette l’immissione di gas “freschi”. Attraverso il contenitore
cilindrico passa quindi sia l’aria inspirata che espirata dal paziente.
Il circuito rotatorio difasico è il sistema anestetico attualmente più utilizzato;
esso consta di una maschera facciale e di 2 tubi provvisti di valvole respiratorie
unidirezionali. L’aria espirata dal paziente passa nel 1° tubo (espiratorio),
collegato al contenitore cilindrico contenente calce sodata sulla quale rimane
adsorbita la CO2 e ritorna al paziente attraverso il 2° tubo (inspiratorio), dopo
eventuale aggiunta di gas nuovi.
I sistemi anestetici chiusi sono poi collegati all’apparecchiatura per l’anestesia
che è costituita da:
sistema di rifornimento dei gas, che può essere centralizzato in bombole;
sistema di misura dei gas, formato da flussometri ad orificio fisso o variabile;
sistema di vaporizzazione, che trasforma l’anestetico liquido in gassoso e lo
immette in adeguate concentrazioni nel circuito respiratorio dopo averlo
miscelato con altri gas nella “camera di miscela”.
1.4 Fonti di Inquinamento
Le sorgenti di inquinamento da gas anestetici nei reparti operatori sono molteplici
e vengono di seguito descritte.
Fattori strutturali degli ambienti: sono rappresentati dalla forma e dalla cubatura
delle sale operatorie, dalla presenza o meno di un efficiente sistema di
ventilazione per assicurare un adeguato ricambio d’aria
Fattori legati alle modalità ed alle linee di erogazione degli anestetici: per quanto
riguarda l’erogazione, le cause di inquinamento possono ricondursi alla qualità e
quantità degli anestetici utilizzati, alla concentrazione degli anestetici nei gas,
alle tecniche di anestesia impiegate (entità dei flussi gassosi, percentuali di
vaporizzazione, adozione di valvole deviatrici), al tipo di apparecchiature per
l’erogazione dei gas, le cui perdite si verificano soprattutto a livello dei tubi, dei
raccordi, dei flussometri e delle valvole, alle caratteristiche dell’apparato di
smaltimento dei gas, al tipo e durata dell’intervento.
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Perdite di gas possono inoltre verificarsi per la non perfetta adesione delle
maschere facciali, per la diffusione dalla gomma delle apparecchiature quando si
fa uso di anestetici ad elevata solubilità in essa e per la presenza di residui nelle
apparecchiature per anestesia.
Altra fonte di inquinamento è rappresentata dal disperdersi di gas residui
direttamente nell’ambiente, dopo che il paziente è stato estubato.
Il problema dell’inquinamento non interessa esclusivamente la sala operatoria
ma anche, sebbene in misura ridotta, gli ambienti ad essa adiacenti: le sale di
lavaggio degli strumenti, di sterilizzazione, di preparazione per i chirurghi, i
corridoi di accesso ed in particolare le sale di “risveglio”, nelle quali il paziente,
continuando ad espirare aria ad elevata concentrazione di anestetico, determina
un alto tasso di inquinamento ambientale.
1.5 Livelli di Inquinamento
Gli attuali livelli di inquinamento sono sicuramente inferiori rispetto a quelli
rilevabili prima degli anni ’70, ed anche gli anestetici utilizzati sono diversi da
quelli allora utilizzati, quali l’etere ed il cloroformio notoriamente neurotossici ed
epatotossici.
Negli anni ’70 i livelli di esposizione ad anestetici erano spesso molto elevati, fino
ad alcune centinaia di parti per milione, per tutta una serie di motivi, tra i quali
innanzitutto una generale sottovalutazione dei rischi da inalazione prolungata di
tali sostanze, la quasi assoluta mancanza di impianti per l’evacuazione dei gas, la
scarsa efficienza dei sistemi di ventilazione ambientale, l’uso diffuso dei sistemi
ad alti flussi come tecnica di anestesia.
L’introduzione dei sistemi di evacuazione dei gas espirati dal paziente ha ridotto
le concentrazioni di protossido e di alotano nelle sale. Negli ultimi anni sono
sostanzialmente cambiate le modalità di utilizzo degli anestetici volatili in ambito
ospedaliero. In primo luogo sono state ampiamente adottate tecniche che non
richiedono l’utilizzo di anestetici volatili. Nell’ambito dell’anestesia generale
gassosa, inoltre, è stato progressivamente ridotto se non abbandonato l’impiego
di protossido di azoto e, almeno nel nostro Paese, i tradizionali alogenati sono
stati sostituiti da composti meno tossici, quali il Sevofluorano che rappresenta
attualmente l’anestetico volatile più utilizzato.
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1.6 Monitoraggio ambientale
Al fine di accertare i livelli di contaminazione ambientale da gas anestetici nelle
sale operatorie, causate dalle emissioni dirette e dal progressivo degrado delle
tenute pneumatiche delle attrezzature, ovvero di verificare l’efficacia degli
interventi di manutenzione e bonifica, è necessario effettuare in ciascuna area
chirurgica un rilevamento periodico delle concentrazioni di gas anestetici
aerodispersi.
Il monitoraggio ambientale si avvale di due modalità di campionamento:
¾ in posizione fissa
¾ di tipo personale
I prelievi in posizione fissa hanno fondamentalmente lo scopo di valutare le
concentrazioni degli anestetici volatili nei reparti operatori; è importante
sottolineare come le zone da monitorare non devono essere soltanto le sale
operatorie in senso stretto, ma anche gli ambienti adibiti all’induzione ed al
risveglio, i corridoi ed altri locali adiacenti dove gli inquinanti possono diffondere.
E’ inoltre opportuno posizionare gli strumenti di campionamento nei punti di
maggiore stazionamento del personale ed in prossimità delle apparecchiature
anestesiologiche, per identificare eventuali sorgenti di inquinamento e che la
durata del campionamento sia tale da fornire un prelievo rappresentativo del
livello di esposizione professionale.
I campionamenti in posizione fissa possono a loro volta essere distinti in:
¾ istantanei ambientali o di area, effettuabili con campionatori operanti ad
un flusso di aria di 200-300 ml/min per la durata della seduta operatoria,
utilizzando fialette contenenti carbone attivo in qualità di adsorbente. Il
prelievo deve essere eseguito all’altezza delle vie respiratorie (circa 1.5
m).
¾ campionamenti in continuo, effettuati con analizzatori in continuo, che
permettono la determinazione immediata ed in ogni momento degli
inquinanti; tale tecnica permette di valutare le dispersioni nelle varie zone
della sala operatoria, le eventuali concentrazioni punta e le variazioni di
concentrazione nel corso della seduta operatoria. Il metodo comunemente
utilizzato è la spettrofotometria all’infrarosso.
Il campionamento di tipo personale serve a valutare l’esposizione individuale
delle singole figure professionali impiegate in sala operatoria e viene effettuato
tramite dosimetri passivi affidati agli operatori, utilizzando un flusso di
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captazione compreso tra 130 e 150 ml/min, collegati a fiale di carbone attivo. La
durata dei campionamenti è quella della seduta operatoria.
La disponibilità di tali sistemi di misura può consentire il raggiungimento dei
seguenti obiettivi:
¾ immediata rilevazione di situazioni ambientali non accettabili;
¾ più agevole ricerca delle sorgenti di inquinamento;
¾ ottimizzazione degli interventi manutentivi sulle attrezzature
anestesiologiche e sui dispositivi di evacuazione dell’espirato e dell’eccesso
di gas anestetico;
¾ documentazione in tempo reale dei livelli di esposizione degli operatori nei
reparti chirurgici;
¾ definizione dei cicli di usura e degrado dei componenti più critici delle
attrezzature, ai fini della predisposizione dei programmi di manutenzione
preventiva.
1.7 Monitoraggio biologico
I compartimenti biologici classicamente scelti o proposti per il monitoraggio
biologico degli anestetici assorbiti per via respiratoria sono:
¾ il compartimento alveolare (o espiratorio medio);
¾ il compartimento ematico (venoso);
¾ il compartimento urinario.
Le sostanze ricercate sono i composti non metabolizzati e alcuni prodotti di
biotrasformazione noti e analizzabili. Il monitoraggio biologico, eseguito su
campioni di aria alveolare (o espirata media) o di sangue venoso, può essere
eseguito in momenti diversi, ed in generale: ·
¾ durante l'esposizione;
¾ subito dopo la fine dell'esposizione;
¾ alla fine della settimana lavorativa.
I valori così determinati sono valori istantanei di concentrazione, da riferire a
valori di concentrazione istantanea ambientale (se i prelievi sono durante
l'esposizione) o a valori di concentrazione ambientale media presente nell'ultimo
periodo di esposizione, o nel corso della giornata o delle giornate precedenti (nel
caso di prelievi eseguiti dopo l'esposizione). I valori di concentrazione urinaria, al
contrario dei precedenti (aria alveolare), non sono istantanei, ma ponderati.