2
sapendo che esso avrà al suo centro la vita di un pittore, la sua arte, o problematiche
connesse al mondo della pittura.
Questo filone del teatro britannico è sempre riuscito, seppure in sordina, a
mantenersi vivo, nascendo intorno agli anni Settanata ma sviluppandosi poi in
maniera molto più feconda sul finire degli anni Ottanta e lungo tutti gli anni
Novanta. Tra gli autori e le opere principali troviamo Stoppard, la cui surreale
commedia After Magritte debutta a Londra nel 1970 e che, in Artist Descending a
Staircase (dramma radiofonico del 1972 messo poi in scena nel 1988) e in Indian Iak
continua a indagare il tema dell’arte e della personalità dell’artista; del 1988 è anche
la prima rappresentazione di A Question of Attribution di Alan Bennet, divenuto poi
dramma per la televisione nel 1991; del 1992 è Three Birds Alighting on a Field, di
Timberlake Wertenbaker, un testo che ruota intorno a una galleria d’arte londinese
in difficoltà economiche; sul rapporto tra gli artisti e le donne, oltre a tre fra le opere
che sono oggetto di questa tesi e di cui quindi si parlerà successivamente in modo
più ampio, sono invece basate Stanley di Pam Gems, del 1996, e Vincent in Brixton di
Nicholas Wright, del 2003; a fondere arte e politica sono invece Pentecost, testo di
David Edgar del 1994 e il popolarissimo The Pitmen Painters di Hall Lee, in scena per
la prima volta al National Theatre nel 2007.
Da questa panoramica sul teatro inglese contemporaneo emerge quindi un
interesse nei confronti delle arti figurative che diventa intenso intorno agli anni
Novanta e che continua a svilupparsi e fiorire ancora oggi. Curioso è notare come
questo desiderio di andare oltre i limiti di una singola arte si manifesti oggi in
maniera più o meno importante in tutti gli ambiti artistici, finanche nella letteratura
di consumo. Se si pensa alla ‘contaminazione’ tra arti figurative e letteratura, ad
esempio, viene subito alla mente The Da Vinci Code
6
, il best-seller di Dam Brown che
si sviluppa a partire dall’ Ultima Cena di Leonardo da Vinci, oppure il
conosciutissimo romanzo di Tracy Chevalier, Girl with a Pearl Earring
7
legato al
pittore fiammingo Veermer, o ancora gli ultimi lavori di Alan Bennett, che guidano
6
Dam Brown, The Da Vinci Code, New York, Random House, 2003.
7
Tracy Chevalier, Girl with a Pearl Earring, Boston, Dutton, 1999.
3
il lettore ad alcuni capolavori della National Gallery
8
prima, e di Leeds, Aberdeen e
dell’Irlanda del Nord poi
9
. Non vale nemmeno la pena soffermarsi sulle biografie di
artisti, alcune valide altre invece alquanto romanzate, che continuamente vengono
pubblicate e che spesso sono poi trasformate in opere cinematografiche,
moltiplicando quindi lo scambio e il contatto tra arti diverse. Tra i film più recenti
appartenenti a questa categoria potremmo citare Surviving Picasso
10
, con Anthony
Hopkins, tratto in parte dall’opera della Stassinopoulos
11
e in parte da quella di
Françoise Gilot
12
, o Frida
13
sull’artista messicana Frida Kahlo, adattamento del
romanzo Frida: A Biography of Frida Kahlo
14
di Hayden Herrera.
Quali sono le ragioni di questo prepotente innescarsi delle arti figurative
nella letteratura e nel teatro inglese? Rimanendo nel campo specificamente teatrale,
cosa ha spinto e cosa ancora spinge i drammaturghi a inserire nei play personaggi e
tematiche derivate da questo ambito? La risposta è da cercarsi nel clima vivace e
scoppiettante che si respirava in Gran Bretagna nell’ultimo decennio del secolo
scorso. Era il periodo della Cool Britannia – il cui simbolo per eccellenza era la Union
Flag, riprodotta ovunque quale indice di uno stile di vita attivo e di successo. Era il
periodo in cui Tony Blair si installava al 10 di Downing Street, portando
all’Inghilterra una ventata di freschezza e ottimismo:
[…]the man who marched up Downing Street with his family on 2 May 1997
inspired hope and optimism in a nation yearning to push off from the past and sail
around the coming millennium into a new century. Like the country that was coming
into its own in those years, Blair was unstuffy, unembarrassed by wealth, newly
confident. He was also relatively young - just 43 when he took office. His wife not
only worked; she earned much more than he did. There would be children again at 10
Downing Street. The language of class warfare would fade, replaced by talk of
8
Alan Bennett, Una visita guidata, Milano, Adelphi, 2008.
9
Alan Bennet, L’imbarazzo della scelta, Milano, Adelphi, 2009.
10
Surviving Picasso, diretto da James Ivory, USA, 1996.
11
Arianna Stassinopoulos Huffington, Picasso: creatore e distruttore, Milano, Rizzoli, 1989.
12
Françoise Gilot, Life with Picasso, New York, McGraw-Hill Book Company, 1964.
13
Frida, diretto da Julie Taymor, USA/Canada/Messico, 2002.
14
Hayden Herrera, Frida: A Biography of Frida Kahlo, New York, Harper & Row, 1983.
4
"community", which sounded good even if not everybody could figure out what it
meant. New Labour, New Britain, as the Labour party slogan said.
15
La ricetta per dar vita a una nuova Gran Bretagna consisteva nel lasciare spazio ai
giovani, un’operazione di facciata più che un vero e proprio impegno politico, ma
che comunque riuscì a trasformare la vecchia Inghilterra in un paese d’avanguardia,
che aveva eletto Londra a capitale delle arti, della moda, della musica. In ambito
teatrale la Cool Britannia è associata a quello che Aleks Sierz aveva definito in-yer-face
theatre
16
, i cui maggiori esponenti sono stati Sarah Kane, Mark Ravenhill, Jes
Butterworth e Joe Penhall: autori con poca esperienza, ma con la forza di portare sul
palcoscenico un teatro violento, crudo, spesso politico, il cui obiettivo era proprio
scioccare il pubblico, provocarlo, aggredirlo per metterlo di fronte alla durezza della
realtà contemporanea, non sempre così “cool” come si voleva credere. Questi
drammaturghi denunciano infatti un mondo sempre più schiacciato da logiche di
consumo e da un’etica capitalista, un mondo di differenze e discriminazioni sociali,
culturali e sessuali, un mondo di violenza e guerra, nei confronti del quale i giovani
autori esprimono tutta la loro rabbia e il loro dissenso.
Innegabile è però che la Gran Bretagna degli anni Novanta stesse davvero
vivendo un periodo di rinascita artistica, anche se voluto e spronato più da singole
figure che da una vera e propria politica culturale:
This seemed most apparent with Brit art, where despite much of its provocative subject
matter, many of the artists were supported by Charles Saatchi, a patron with strong
associations with Tory politics and whose celebrated 1997 “Sensation” exhibition
15
Stryker McGuire, “This time I’ve come to bury Cool Britannia”, The Observer, 29 Marzo 2009.
“L’uomo che ha salito i gradini del numero 10 di Downing Street con la sua famiglia ispirava
speranza e ottimismo in una nazione che desiderava allontanare il passato e trasformare il millennio
a venire in un nuovo secolo. Come il paese che si stava sviluppando in quegli anni, Blair era vitale,
non imbarazzato dal benessere, fiducioso. Era anche relativamente giovane – solo 43 anni quando è
entrato in servizio. Sua moglie non solo lavorava, ma guadagnava più di lui. Ci sarebbero di nuovo
stati bambini a Downing Street. Il linguaggio del conflitto di classe sarebbe sparito, lasciando il
posto a discorsi di “comunità”, che suonavano bene anche se non tutti capivano quale fosse il loro
reale significato. New Labour, New Britain, diceva lo slogan del partito laburista”.
16
Aleks Sierz, In-Yer-Face Theatre. British Drama Today, London, Faber and Faber, 2001.
5
took place at the Royal Academy – an institution right at the very heart of the British
art establishment.
17
Attorno alla galleria d’arte di Charles Saatchi, che ha cambiato più volte sede a
partire dalla sua apertura nel 1985, si riunirono un gruppo di giovani artisti, che
Saatchi stesso nel 1992 definì Young British Artists. L’apporto di Saatchi alla
rivitalizzazione dell’arte britannica è stato e continua ad essere enorme: facendo
conoscere in tutto il mondo i nomi di artisti britannici, egli ha dato nuova visibilità
alle piccole gallerie d’arte londinesi, ha permesso la nascita di riviste artistiche
specializzate e ha ridato vitalità ad aree di Londra prima del tutto ignorate.
18
Da qui,
un rinnovato interesse nei confronti delle arti figurative, che non ha potuto non
riflettersi nel panorama del teatro inglese. Drammaturghi che hanno cercato nelle
loro opere un dialogo con le arti figurative si sono quindi posti come alternativa,
meno conosciuta ma altrettanto valida e presente, all’in-yer-face theatre, mettendo in
scena un teatro che non vuole solo denunciare una realtà contemporanea
individualista e chiusa, ma che desidera portare all’attenzione altre realtà, più positive
e aperte, su cui comunque è giusto riflettere e interrogarsi: fino a quando si manterrà
vivo l’interesse per l’arte? Qual è il significato di questa rinascita? Si può
effettivamente e ancora oggi parlare di rinascita culturale e artistica? La risposta pare
essere affermativa, come dimostrano le parole scritte nel 2005 dall’allora direttore
della National Gallery, Charles Samaurez Smith (oggi Segretario e Chief Executive
della Royal Academy of Arts):
Painting had its last, much-trumpeted revival in the early 1980s, with the Royal
Academy exhibition A New Spirit in Painting, jointly curated by Nicholas Serota
and Norman Rosenthal. In the two decades since, it hasn't been lost exactly, but it
has sometimes been overlooked, especially during the heyday of the artists with whom
Charles Saatchi was previously closely associated. The latest exhibition at the Saatchi
17
Rebecca D’Monté, Graham Sanders, Cool Britannia. British political Drama in the 1990s, Houndmills,
Basingsotke, Palgrave MacMillan, 2008. “Questo sembrò più evidente con l’arte britannica, laddove,
nonostante molta della sua provocatorietà, molti degli artisti vennero sostenuti da Charles Saatchi,
un mecenate con forti legami con la politica Tory e la cui rinomata mostra “Sensation” si svolse alla
Royal Academy – un’istituzione al centro dell’establishment artistico britannico”.
18
Benedetta Cucci, “Brit revolution”, Flyonemagazine.
6
Gallery, however, announces unequivocally the international survival - indeed, triumph
- of paint.
19
Il trionfo della pittura continua ad essere testimoniato dal teatro così come
dall’attenzione che il pubblico dimostra nei confronti di questi spettacoli in dialogo
con le arti figurative. I drammaturghi sono spinti dal desiderio di far conoscere
personalità artistiche importanti o minori, di cui mettono in evidenza aspetti diversi
e originali, creando pièce che si basano sulle biografie dei pittori stessi ma che non si
limitano ad essere dei semplici lavori biografici. Il drammaturgo è il primo ad
avventurarsi su un terreno, quello delle arti figurative che in alcuni casi conosce solo
marginalmente, per raccogliere notizie, informazioni, pettegolezzi sulla vita del
pittore in questione. Brian McAvera, Howard Ginsberg e Andrew Bridgmont, le cui
opere sono oggetto di questa tesi, hanno compiuto infinite ricerche, leggendo testi
di critica d’arte ma anche recuperando gli scritti dei pittori stessi o di quanti li hanno
personalmente conosciuti. McAvera nell’apparato paratestuale della sua opera
fornisce precise indicazioni bibliografiche che ci permettono di risalire alle opere da
lui consultate per la stesura del play: si tratta di testi scritti da alcune donne di
Picasso, tra cui Fernande Olivier e Françoise Gilot, o da alcuni suoi stretti
conoscenti, come James Lord, oppure di biografie, come quella della Stassinopoulos,
che discutono ampiamente del rapporto di Picasso con le sue donne. Ginsberg e
Bridgmont invece non danno informazioni sui testi da loro utilizzati, ma nelle
battute dei loro play sono facilmente riscontrabili affermazioni tratte dagli scritti
degli artisti stessi. Le ampie ricerche condotte dai drammaturghi a proposito dei
pittori che mettono in scena permettono loro di costruire personaggi che non siano
racchiusi nel monolite del loro essere artisti, ma che siano sfaccettati, ricchi,
complessi, presentati in tutto il loro genio pittorico ma anche in tutta la loro
debolezza e profonda umanità. Lo spettatore, se, da un lato, è portato a scoprire che
19
Charles Saumarez Smith, “Watch with Saatchi”, The Guardian, 26 gennaio 2005. “La pittura ha
avuto il suo ultimo, proclamato revival nei primi anni Ottanta, con la mostra A New Spirit in
Painting, curata da Nicholas Serota e Norman Rosenthal. Nelle due decadi successive, non è
esattamente andata persa ma talvolta è sfuggita, soprattutto durante l’apogeo degli artisti con cui
Saatchi era precedentemente in stretto contatto. L’ultima mostra alla Saatchi Gallery, però, annuncia
inequivocabilmente il sopravvivere internazionale, il vero e proprio trionfo, della pittura”.
7
l’arte, così spesso troppo idealizzata, nasconde anche volti più oscuri e negativi, quali
il suo valore meramente economico o il fatto che alcune personalità artistiche
eccezionali possano rivelarsi molto meno eccezionali sul piano umano, d’altro lato è
anche spinto ad interrogarsi sul valore e l’importanza che l’arte ha ricoperto nel
passato e di conseguenza su quale debba o possa essere la sua funzione oggi.
L’opera teatrale viene in questo modo ad assumere indirettamente un valore
meta-artistico e metateatrale: il teatro riflette su se stesso in quanto arte, si chiede
quale posto occupi in una società come quella odierna e quale sarà il suo ruolo
futuro; mostra di essere alla ricerca di nuovi obiettivi e di nuovi linguaggi espressivi.
Presentando degli artisti in scena, i drammaturghi sembrano mettere se stessi sotto i
riflettori e chiedere al pubblico di giudicare la loro arte. Per essere in grado di
adempiere a questo compito, lo spettatore deve mantenersi attento e critico, capace
di lasciarsi trascinare dal play e allo stesso tempo di mantenerne le distanze,
recuperando le proprie personali conoscenze senza lasciare che esse ostacolino la
fruizione dello spettacolo:
In this sense, the metatheatrical game, with its characteristic “bouncing” between
complicity and criticism, works both to involve and to distance, to make spectators
critically aware and personally engaged at the same time.
20
Talvolta i testi hanno una valenza esplicitamente metateatrale, come succede in Yo!
Picasso! Beside Picasso di Brian McAvera: in questo caso i due protagonisti
intraprendono una serie di giochi di ruolo, continuamente trasformandosi per
interpretare se stessi o altri personaggi. In altri casi, invece, il teatro sembra parlare
lo stesso linguaggio dell’arte, come accade in Picasso’s Women, opera speculare a Yo!
Picasso! e scritta infatti dallo stesso autore: scopo di questo testo è dichiaratamente
quello di creare, attraverso la voce di otto donne, un “ritratto cubista” di Picasso,
riprendendo quindi a livello teatrale una tecnica tipica del pittore spagnolo. Un
20
Sara Soncini, Playing with(in) the Restoration: Metatheatre as a Strategy of Appropriation in Contemporary
Rewritings of Restoration Drama, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999. “In questo senso il gioco
metateatrale, con il suo caratteristico “saltare” fra complicità e spirito critico, lavora sia per
coinvolgere sia per allontanare, per rendere gli spettatori criticamente consapevoli e personalmente
impegnati allo stesso tempo”.
8
linguaggio nuovo ed originale viene adottato anche da Howard Ginsberg nel suo My
Matisse, dove il monologo sconfina nel dialogo e viceversa. In questo caso, la
riflessione sull’arte diventa esplicita e le opere d’arte vengono sfruttate come chiave
di lettura dei personaggi e dei rapporti che fra loro si instaurano. In direzione di un
teatro nuovo ed eclettico si muove anche Andrew Bridgmont, autore di Red on Black:
il suo testo non solo lega il teatro alla pittura di Rothko, ma introduce anche un
elemento cinematografico, dato che il personaggio in dialogo con l’artista pare voler
produrre un film su di lui.
Eppure la stretta relazione tra immagini e parole, che oggi sta appunto
conoscendo una vera e propria esplosione sui palcoscenici britannici e non solo,
esiste in realtà da sempre. Come fa notare Mario Praz
21
, due affermazioni, una di
Orazio e l’altra di Simonide di Ceo, avrebbero spinto gli artisti a cercare e sviluppare
un fertile contatto tra arti figurative e letteratura. La prima affermazione è la famosa
“Ut pictura poesis” contenuta nell’Ars Poetica, la seconda si riferirebbe al fatto che la
pittura è una sorta di poesia muta mentre la poesia un’immagine parlante
22
. Da qui,
il desiderio di pittori e poeti di far entrare in contatto le loro arti, da un lato
sviluppando la cosiddetta ékphrasis, descrizione dell’opera d’arte, dall’altro creando
disegni, pitture, sculture o altro ancora che si ispirino proprio a dei testi scritti, di
carattere mitologico o religioso o storico. Alla prima modalità possiamo ricondurre
estratti dai poemi omerici, come l’accurata descrizione dello scudo di Achille, o
ancora alcune famose terzine dantesche, come quelle contenute nel X canto del
Purgatorio che vedono il personaggio Dante descrivere alcuni bassorilievi;
continuando questo excursus cronologico, possiamo citare la rappresentazione
verbale di una pittura raffigurante la caduta di Troia nel poemetto shakespeariano
The Rape of Lucrece e il carme Le Grazie di Foscolo che richiama l’omonima scultura
di Canova. Alla seconda modalità appartengono invece dipinti come La nascita di
Venere o la Primavera di Botticelli, entrambi raffigurazioni dei racconti mitologici di
21
Mario Praz, Mnemosyne. The Parallel between Literature and the Visual Arts, Princeton and London,
Princeton University Press, 1974, p.4-5.
22
“La pittura è una poesia silenziosa e la poesia è pittura che parla”, attribuita a Simonide di Ceo
(556 - 468 a.C.)
9
Ovidio, o i numerosi emblemi del diciassettesimo secolo, o ancora alcuni ritratti del
diciottesimo secolo, in cui gli artisti rappresentano famosi personaggi del tempo con
attributi di divinità del pantheon greco e romano. Moltissime altre potrebbero essere
le opere citate così come avrebbe potuto continuare la lista di esempi di ékphrasis, a
dimostrazione di quanto arti figurative e letteratura abbiano sempre mantenuto, nel
corso dei secoli, uno stretto rapporto. Ciò è evidente anche dal numero di artisti che
si sono divisi fra le due arti, lavorando allo stesso tempo come pittori e come
letterati: tra i casi più noti Michelangelo Buonarroti, conosciutissimo per i suoi
dipinti e le sue sculture ma anche autore di sonetti, o William Blake, famoso poeta
romantico inglese ma anche incisore e illustratore delle sue stesse opere poetiche, o
ancora Dante Gabriel Rossetti, pittore e poeta pre-raffaelita; meno conosciuti i casi
di Victor Hugo, Jean Cocteau, Edgar Degas e molti altri.
Un più incisivo contatto tra letteratura e arti figurative avviene nel
momento in cui la prima prende in prestito modalità rappresentative tipiche della
seconda e viceversa, o quando un determinato contesto storico-sociale si riflette in
modo analogo in entrambe le arti. È sempre Mario Praz a fornire alcuni esempi: nel
primo caso egli mostra come la linea serpentinata tipica della pittura manierista
richiami la contorsione stilistica e la “tortuous line of reasoning”
23
dei sonetti di
John Donne, o come invece il gusto per la ricchezza e l’accumulo di dettagli che
caratterizza molte stanze di The Faerie Queene di Spenser sembri eguagliare le
minuziose miniature dell’età elisabettiana
24
; nel secondo caso, invece, Praz mette a
confronto pittori cubisti come Picasso e Braque con autori modernisti come Eliot e
Joyce: la frammentazione e la giustapposizione cubista rispecchia quella modernista,
l’intertestualità di Eliot e Joyce diventa tecnica analoga al collage di Picasso e Braque,
il rifiuto di tecniche pittoriche tradizionali e del bello estetico equivale al rifiuto di
convenzioni letterarie e di modelli di espressione chiari e lineari
25
. Nel Novecento,
del resto, il dialogo tra arti diverse si fa sempre più vivace perché sempre più
numerosi diventano i contatti tra gli artisti. I gruppi delle avanguardie storiche,
23
Mario Praz, op. cit., 1974, p. 97. “Linea tortuosa del ragionamento”.
24
Ibidem, p. 112.
25
Ibidem, op. cit., 1974, p. 193-194.
10
riunendo artisti dalle diverse competenze, trovano il modo di esprimere le loro idee
attraverso pittura, scultura, teatro, letteratura, cioè attraverso tecniche diverse ma
aventi gli stessi obiettivi e gli stessi metodi per realizzarli. Così, ad esempio, il
futurismo esprime l’idea di velocità tramite pitture e sculture che aboliscono la
prospettiva e fondono punti di vista diversi, in modo da rendere visivamente i
concetti di movimento e cambiamento incessante; la poesia si allontana dalle regole
tradizionali facendo uso di onomatopee e neologismi, che evochino e celebrino la
macchina, l’elettricità, i frutti della modernità e del dinamismo contemporaneo; il
teatro rinnega le forme drammatiche convenzionali, quali la presenza di una trama e
di verso o prosa, per diventare invece veloce, rumoroso, stupefacente, inverosimile.
Il teatro contemporaneo britannico che si occupa di arti figurative non fa
dunque che inserirsi in una tradizione di vecchissima data, nei confronti della quale
si pone però in modo nuovo, originale, variegato. Obiettivo della mia tesi sarà
proprio investigare e mettere in luce il modo innovativo con cui questi quatto testi
teatrali comunicano con il pubblico, ovvero attraverso la mediazione delle arti
figurative. Ho cercato di capire quanta parte il linguaggio artistico occupasse
nell’economia dei testi, sia a livello testuale che a livello di messa in scena. Per
quanto riguarda la scenografia tutti gli autori suggeriscono di sfruttare alcune opere
degli artisti, o di riprodurre in scena lo studio del pittore; ma poi ci sono delle
differenze notevoli nel modo in cui viene trattato il tema: talvolta l’attenzione è
concentrata sul pittore in quanto artista, talvolta invece ne viene privilegiato l’aspetto
umano; di conseguenza gli episodi raccontati in alcuni testi avranno maggiore
attinenza con la produzione di opere d’arte da parte del pittore o con il mercato
dell’arte, mentre le vicende inscenate in altri riguarderanno principalmente il
rapporto del pittore con il suo entourage e assumeranno di conseguenza una
dimensione più intimista e personale. Ho inoltre voluto indagare se, e in che modo,
il testo teatrale potesse diventare un riflesso dell’opera d’arte, prendendo a prestito
modalità di rappresentazione tipiche di determinate correnti artistiche.
Un altro espediente che tutti i testi impiegano per avvicinare il teatro alle
arti figurative è la citazione di dipinti, dei quali viene citato il titolo in maniera
11
esplicita oppure di cui ci si limita a fare una descrizione o a raccontare l’occasione
della composizione; mi sono quindi chiesta la ragione di questa differenziazione tra
opere evocate e opere esplicitamente citate, cercando anche di capire perché
venissero nominati proprio determinati quadri e non altri; in alcuni casi quelli più
famosi e conosciuti, in altri quelli meno noti e studiati.
Opere di questo tipo non possono poi non sollevare la questione della loro
ricezione: come reagisce il pubblico davanti a spettacoli così particolari? E inoltre,
qual è lo spettatore ideale: deve necessariamente essere un esperto in materia d’arte,
oppure esistono diversi livelli di fruizione dello spettacolo? Quanto contano le
conoscenze artistiche del pubblico e quanto esso viene coinvolto e chiamato in
causa? A tutte queste domande la mia tesi vorrebbe dare una risposta, pur nella
consapevolezza che non potrà mai essere esaustiva ma soltanto parziale proprio
perché limitata a quattro opere della drammaturgia inglese e americana.
Il primo capitolo è consacrato all’analisi di Picasso’s Women e di My Matisse,
due testi accomunati da numerosi punti di contatto. Simile è la loro struttura
drammatica, basata sul monologo: otto sono quelli che compongono il testo di
McAvera, sette invece quelli di Ginsberg; nel primo caso i monologhi si susseguono
uno dopo l’altro, mentre nel secondo sono inframmezzati a momenti di dialogo.
Questa scelta di optare per il frammento e il dialogo permette ad entrambi i
drammaturghi di raggiungere un notevole grado di introspezione psicologica e di
mettere a nudo i pensieri e i sentimenti dei personaggi. Essi, sia in Picasso’s Women sia
in My Matisse, sono femminili: in scena vengono infatti portate alcune delle donne
che sono entrate in contatto con i due pittori, ovvero le loro modelle, mogli, amanti,
amiche, tutte a dare un parere e a giudicare, appunto, l’artista, che diventa in effetti il
vero protagonista. Significativo il fatto che Picasso e Matisse siano i grandi assenti:
non sono in scena come personaggi e quindi non prendono mai la parola, ma sono
fortemente presenti nei ricordi delle loro donne oltre che a livello visivo, nelle opere
d’arte che compongono la scenografia.
Il secondo capitolo è dedicato a Yo! Picasso! Beside Picasso e a Red on Black. La
caratteristica che li accomuna è ancora una volta la struttura drammatica: si tratta in
12
questo caso di dialoghi, o, per meglio dire, di ‘duologhi’. I protagonisti sono infatti
solo due, anche se nel caso dell’opera di McAvera essi si immedesimano in
personaggi ogni volta diversi. Analogo è anche il rapporto che, in entrambi i testi, si
instaura tra i protagonisti; innanzitutto è necessario affermare che simili sono i ruoli
ricoperti: da un lato i pittori, Picasso e Rothko, dall’altro i biografi, Sabartés e Joe.
Sabartés è stato biografo oltre che confidente e amico di Picasso, mentre Joe è un
personaggio inventato, ammiratore di Rothko e determinato a farne il soggetto di un
film biografico. Nei testi teatrali, i due protagonisti sembrano dipendere l’uno
dall’altro ma, allo stesso tempo, non si sopportano; l’uno è necessario all’altro ma
entrambi sono convinti di poter fare a meno del compagno, il che trasforma i testi
teatrali in vere e proprie battaglie verbali e non solo. Nel caso di questi due play l’arte
si personifica dunque, oltre che nella scenografia che si compone di dipinti in un
caso e che cerca di riprodurre fedelmente lo studio di Rothko nell’altro, anche nella
figura del pittore, fisicamente presente in scena.
Come risulterà quindi ancora più chiaro dall’analisi approfondita dei quattro
testi, varie sono le modalità tramite cui teatro e arti figurative entrano in contatto,
nel tentativo di dar vita a spettacoli sempre nuovi e sempre più originali, che
comunque vogliono mantenere il loro pieno statuto di opere teatrali. Nessuno degli
autori ha la pretesa di aver scritto testi biografici, pur avendo ovviamente preso
ampio spunto dalle biografie degli artisti. Nei loro lavori, infatti, la verità si fonde
con l’immaginazione, portando la spettatore al confine tra realtà e fantasia, dove il
teatro si ispira alla vita e la vita diventa inevitabilmente teatro.