assolutamente “normale”; è difficile accettare l’idea che nel sorridente
e cordiale vicino di casa si possa celare un individuo capace di
compiere simili nefandezze, senza che nessuno abbia la possibilità di
sospettarlo.
Ma è davvero la follia a fare di un uomo un omicida senza scrupoli?
Questo quesito è alla base della scelta della mia tesi, che non ha la
presunzione di fornire delle risposte riguardo al perché questi soggetti
uccidono, ma si propone di spiegare cosa li spinge a farlo, a partire
dalla scelta della vittima: la prostituta.
La mia ricerca parte, per questo motivo, con una descrizione del
contesto sociale e delle condizioni professionali delle prostitute
straniere in Italia: l’isolamento, la clandestinità e il clima di terrore e
violenza in cui sono costrette a vivere quotidianamente sono i
principali fattori che le rendono, in generale, vittime preferenziali di
omicidio.
Non tutti i casi però sono attribuibili alla criminalità organizzata
coinvolta nello sfruttamento della prostituzione, molti delle uccisioni
sembrano infatti avere tutte le caratteristiche dell’omicidio a sfondo
sessuale, forse anche per il ruolo che la figura della prostituta assume
nell’immaginario collettivo, e in particolare nelle fantasie dei clienti.
Questa è la conclusione a cui si arriva dopo un’analisi statistica delle
dinamiche e dei mezzi lesivi di un campione di 26 omicidi aventi
come vittime prostitute di Milano e provincia.
Si passa poi alla definizione del concetto di omicidio a sfondo
sessuale e di omicidio seriale, concentrando l’attenzione sugli aspetti
psicodinamici che sono alla base della personalità degli aggressori.
7
Si tratta di soggetti che hanno gravi disturbi della sfera sessuale,
derivanti da un background familiare problematico, caratterizzato da
violenza e carenze affettive, che non ha permesso loro di raggiungere
uno sviluppo psico-sessuale adulto. Fin dall’ infanzia vivono la
sessualità per lo più nelle loro fantasie, dove possono avere il
controllo totale sugli oggetti del loro desiderio, cosa che non avviene
nel mondo reale, dove sono spaventati dal potere della donna e si
sentono dominati da lei; la donna diventa nel loro immaginario un
oggetto desiderato, ma allo stesso tempo temuto, per cui non riescono
a vivere e a gestire un rapporto paritario con lei, ma devono
sottometterla e distruggerla. Questo è l’unico modo che hanno per
affermare la loro virilità ed è inoltre l’unico modo che permette loro di
raggiungere l’eccitazione sessuale.
Partendo da questi presupposti, la mia indagine prosegue esponendo i
principali casi italiani di serial killer di prostitute, indicando
brevemente lo svolgimento dei fatti e le storie di vita di questi
assassini, soffermandomi in particolar modo su quegli aspetti dello
sviluppo della loro personalità significativi nella genesi dei loro
disturbi, che li porteranno a commettere i delitti per i quali sono stati
condannati. Vengono confrontati i casi di Giudice, Bergamo,
Stevanin, Granata e Bersani, giungendo alla conclusione che esistono
molti punti in comune nelle loro storie: la scelta delle loro vittime tra
le prostitute, l’orientamento rigorosamente eterosessuale delle loro
scelte, che riflette il loro odio per la donna e il desiderio della sua
distruzione, la ripetizione nel corso degli anni dello stesso tipo di
delitti e la loro lunga impunità, ma differiscono tra loro nel modus
operandi, nelle manifestazioni del loro erotismo e nel modo di reagire
8
ai propri delitti. Tutti sono accomunati dal loro comportamento
sadico, ma diverse sono le origini del loro sadismo e i percorsi
psicologici che li hanno condotti allo sviluppo della medesima
perversione.
Nell’ultima parte della trattazione, in base alle informazioni presenti
nelle perizie psichiatriche, si affronta il problema dell’imputabilità
degli autori di questi omicidi. Dopo la descrizione delle principali
patologie riscontrate dai periti, si cerca una possibile relazione tra
questi disturbi e la capacità di intendere e di volere degli imputati al
momento dei fatti, constatando che, nonostante la presenza di gravi
devianze e disturbi della personalità, in tutti i casi, questi non hanno
influenzato gli assassini nella loro scelta di uccidere. Dichiarare
l’infermità mentale di questi soggetti sarebbe dunque come
giustificare i loro delitti e lasciarli impuniti per i crimini di cui sono
responsabili, in quanto commessi nel pieno delle loro facoltà mentali.
9
CAPITOLO 1
IL FENOMENO DELLA PROSTITUZIONE IN
ITALIA
1.1 Cenni storici
Nel nostro Paese la prostituzione visibile, ovvero la prostituzione di
strada, è rappresentata al giorno d’oggi nel 97% dei casi da donne
extracomunitarie.
A partire dagli anni Settanta le prostitute italiane iniziano
progressivamente ad abbandonare la realtà del marciapiede e si
trasferiscono in ambienti più protetti come appartamenti privati o
locali notturni; non tutte però si ritirano dalla strada, ma a quei tempi
le condizioni di lavoro erano sicuramente diverse da quelle dei nostri
giorni.
All’inizio degli anni Ottanta vengono introdotte sul mercato le prime
straniere: donne sudamericane, per lo più Cilene, Peruviane e
Brasiliane, talvolta già prostitute nel paese di origine.
Prevalentemente lavorano in strada, anche se è possibile un loro
inserimento in night club in cui le donne offrono le loro prestazioni. Il
rapporto con il protettore è molto simile a quello delle prostitute
italiane: esse versano una percentuale dei loro guadagni sia per
occupare il posto sul marciapiede, sia per avere protezione.
Successivamente, tra il 1989 e il 1991, si assiste ad un forte
incremento del mercato del sesso e quindi dell’offerta, che determina
10
inevitabilmente una diminuzione dei guadagni, questo dà origine a
frequenti contrasti per l’occupazione dei posti migliori fino ad arrivare
a veri e propri regolamenti di conti.
In seguito a questa evoluzione il fenomeno ha subito un mutamento
relativamente alla nazionalità delle donne, alle loro caratteristiche
socio-demografiche, alle modalità di reclutamento e di organizzazione
del traffico. A partire dagli ultimi anni Ottanta la prostituzione di
strada assume in Italia le caratteristiche di un fenomeno sempre più
connesso ad una vera e propria tratta di donne: gli arrivi sono
prevalentemente irregolari, spesso gestiti e coordinati da agenzie di
trafficanti, sia italiani che stranieri. Le vittime di questo traffico sono
impossibilitate a gestire autonomamente il loro progetto migratorio e
si ritrovano costrette in una reale condizione di schiavitù.
I flussi migratori verso l’Italia si intensificano dopo la caduta del muro
di Berlino, l’inizio della guerra nella ex-Jugoslavia e la promulgazione
della legge n. 39/1990 (“legge Martelli”). Rilevante in questo periodo
è l’arrivo di donne slave e da altri paesi dell’Est, la cui presenza,
tuttavia, si rivela temporanea e risulta attribuibile ad un ristretto
gruppo di trafficanti, ben organizzati all’interno di un circuito limitato
di clienti e con attività svolta soprattutto all’interno di appartamenti.
A questi primi ingressi segue, negli anni 1991/1992, un flusso
consistente di donne nigeriane, giovani, nubili, di origine urbana, con
esperienze professionali di altro genere alle spalle, relativamente
consapevoli dell’attività che dovranno svolgere, ma non delle
condizioni di vita a cui saranno costrette a sottostare.
Nel biennio 1993/1994 diventano significativi gli arrivi dall’Albania,
dopo la caduta del regime dittatoriale, di ragazze molto giovani,
11
spesso minorenni, nubili, di provenienza urbana, adescate da
connazionali poco più vecchi di loro (22-23 anni) che si fingono
innamorati e intenzionati al matrimonio, promettendo loro un futuro
ricco e felice; solo dopo l’arrivo in Italia rivelano le loro reali
intenzioni e le iniziano ad una vita di brutali violenze fisiche e
psicologiche alla quale non possono sottrarsi. Gli ingressi illegali
sono gestiti da gruppi criminali che organizzano la tratta a scopo di
sfruttamento sessuale, un vero e proprio commercio di donne e minori
che vengono immesse nel mercato della prostituzione.
Negli ultimi anni le ondate migratorie dominanti provengono
principalmente da Albania e Nigeria e coinvolgono donne sempre più
giovani e di provenienza sempre più rurale, inoltre sembra ci sia una
maggiore consapevolezza sull’attività a cui sono destinate, anche se
questo non le tutela dai traumi che subiranno a causa delle condizioni
di schiavitù in cui saranno costrette a vivere e “lavorare”.
1.2 Sex business e immigrazione
Molte sono le vittime del traffico, anche se la percentuale esatta è
difficilmente definibile poiché, di fatto, la maggior parte vive in
condizioni di forte marginalità sociale, sottoposta a limitazione della
libertà personale e resa oggetto di sfruttamento da parte di chi gestisce
il mercato del sesso.
Oltre al consueto ostacolo del “numero oscuro” che esiste quando ci si
occupa dei processi migratori, studiando il fenomeno della
prostituzione delle straniere si deve aggiungere il fatto che si tratta di
12
una devianza almeno in parte non criminosa, di una realtà ancora più
sommersa in quanto “si colloca di per sé in una zona d’ombra, tra il
lecito e l’illecito, tra la riprovazione morale e l’accettazione
dell’attività come espressione di libere scelte individuali. E’ tollerata,
ma soggetta ad una serie di norme restrittive.”
1
L’impossibilità di quantificare il fenomeno sulla base di dati ufficiali è
dovuta in parte alla clandestinità ed al carattere sommerso che lo
contraddistingue, in parte alla parziale e incompleta archiviazione dei
dati acquisiti dalle forze dell’ordine in caso di arresti di persone colte
in flagranza di reato, o di denunce riconducibili al traffico di donne o
ad attività legate alla prostituzione.
2
Si tratta in altri termini di una
popolazione rara, cioè visibile socialmente, ma invisibile a livello
statistico se non in minima parte; infatti è estremamente difficile
determinare un universo di riferimento da cui estrarre un campione
con carattere di rappresentatività.
Una recente indagine condotta dal PARSEC (Associazione ricerca e
intervento sociale) di Roma, in collaborazione con l’Università di
Firenze, propone una stima a livello nazionale basata sulle statistiche
giudiziarie e penali pubblicate nell’Annuario ISTAT
3
. Poiché è
praticamente impossibile isolare il reato di traffico di donne
finalizzato alla prostituzione, si sono esaminate le statistiche relative
al reato di “Istigazione, sfruttamento e favoreggiamento della
prostituzione”, previsto dalla legge 20 febbraio 1958 n.75, meglio nota
come “legge Merlin”.
1
Ambrosini M., La tratta infame, I Quaderni, Caritas Ambrosiana, 1996
2
Zendrini S. La tratta infame, op. cit.
3
ISTAT, Annuario Statistiche Giudiziarie Penali, 1995
13