invitato tutti i Paesi membri a dotarsi di un sistema di tassazione ambientale. Da
ciò emerge che la tassazione ambientale assume una connotazione
sopranazionale, proprio perché le problematiche ambientali sono affrontabili in
una prospettiva di coordinamento internazionale che va aldilà dei confini dei
singoli stati..
Tradizionalmente, la politica ambientale è stata affrontata, in prevalenza, con
l’impiego di strumenti giuridico-amministrativi di regolamentazione diretta
(Command and Control). Gli strumenti di Command and Control sono stati
oggetto di critica, in quanto sono stati accusati di aver dato luogo ad una politica
ambientale poco efficace ai fini della tutela ambientale e dei costi di
disinquinamento, ovvero, in altri termini, di una eccessiva burocratizzazione dei
controlli.
Dopo questi strumenti di Command and Control, nel sistema tributario
comunitario sono stati introdotti degli strumenti incentivanti, ovvero dei
contributi per l’innovazione tecnologica, facilitazioni creditizie ed esenzioni
fiscali. Attualmente, la situazione, sotto la spinta armonizzatrice comunitaria,
appare profondamente mutata: sono sempre più diffuse imposte ecologiche
mirate, ossia focalizzate sui produttori e sulla loro diretta “capacità” inquinante,
ad esempio attribuendo loro uno specifico danno ambientale, in tal modo valutato
economicamente.
In effetti, è ormai diffusa, in Italia, la consapevolezza della naturale vigenza del
principio del “chi inquina paga”, che sempre più costituisce la linea guida delle
politiche ambientali, analogamente a quanto avviene a livello comunitario, la cui
efficacia si basa sull'implicita adozione di tasse e imposte ecologiche, che
includendo i costi ambientali nel prezzo delle merci e dei servizi, consentono di
applicare il suddetto principio.
A tal scopo, per facilitare e rendere più trasparenti i comportamenti da adottare, si
è verificata una razionalizzazione delle imposte e tasse ambientali (tributi),
schematicamente raggruppate in due categorie:
1- i tributi sulle emissioni che vanno ad incidere direttamente sull’emissione
della sostanza inquinante, come nel caso della carbon tax o delle tasse
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sull’inquinamento delle acque provocato negli impianti di trattamento
delle acque reflue;
2- i tributi sui prodotti applicabili alle materie prime, ai fattori produttivi
incorporati e ai prodotti di consumo.
Prima del 1997 non esisteva ancora una elaborazione del concetto di tributo
ambientale, ma tale obiettivo verrà perseguito grazie ad una comunicazione
della Commissione europea avvenuta per l’appunto nel 1997, la quale sanciva
che la nozione di tributo ambientale dovesse essere caratterizzata da una relazione
diretta, causale fra presupposto ed unità fisica (ovvero l’emissione nociva). In
sostanza, tale comunicazione ci dà una nozione di tributo ambientale in senso
stretto.
Quindi, a livello comunitario si evince una forte volontà di armonizzare cioè di
introdurre a livello europeo delle cosiddette “imposte ambientali o ecologiche”
che proprio vanno ad incidere direttamente sui produttori e sulla capacità
inquinante, così come previsto dal principio “di chi inquina paga”. Al riguardo si
fa riferimento soprattutto alla Carbon Tax ma anche alle altre tasse ecologiche
minori come ad esempio la tassa sulle emissioni di ossido solforoso e di ossido di
azoto. Però, la mancata applicazione della Carbon Tax comunitaria, ha dato luogo
ad imposizioni nazionali differenti, per quanto concerne il campo di applicazione,
il metodo di calcolo e le aliquote.
Attualmente è stato disciplinato un sistema fiscale comunitario soltanto per gli oli
minerali e le relative accise.
Nel nostro Paese, la tassa sull’emissioni di ossido di carbonio, nota come
“Carbon Tax”, introdotta con legge 448 del 1998, in realtà si prefigura come una
Carbon-Energy Tax, poiché persegue due obiettivi:
1- riduzione delle emissioni di ossido di carbonio;
2- ridefinizione delle aliquote delle accise sugli oli minerali.
È opportuno segnalare che l’applicazione della capacità contributiva dei tributi
ambientali esistenti è di difficile applicazione, questo è il vero problema che
presentano. Quindi, il tributo ambientale anziché essere assimilabile ad
un’imposta si assomiglia di più ad una tariffa, dove ciò che si rileva è il rapporto
di controprestazione. Ancora, i tributi ambientali non sono imposte perché c’è il
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limite dell’art. 53 Cost. ma anche perché presentano delle difficoltà di identificare
la capacità contributiva del produttore che eroga la sostanza inquinante.
Nel secondo capitolo si parlerà dei tributi ambientali che esistono nel nostro
Paese. E’ opportuno ricordare che quando si parla di tributo ambientale
nazionale si deve fare riferimento all’art. 117 della Costituzione, terzo comma,
che prevede una suddivisione delle competenze fra Stato e Regioni in materia
ambientale. Infatti, questo articolo della Costituzione prevede una potestà
legislativa esclusiva per la tutela dell’ambiente allo Stato e una potestà legislativa
concorrente alle Regioni, in cui rientrano sicuramente materie di tutela ambientale
e alla legge n. 3/ 2001 che ha riformato il titolo V parte II della costituzione.
I tributi ambientali nazionali hanno come finalità principale quella
dell’acquisizione del gettito mentre la finalità effettivamente ambientale è di
secondo piano, quindi, in altri termini sono tributi caratterizzati unicamente per
finalità politico-sociali extrafiscale della tutela ambientale.
In Italia come tributi ambientali regionali troviamo:
1- il Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti;
2- il Tributo correlato alla rumorosità degli aeromobili ovvero la recente
imposta regionale sulle emissioni sonore.
Mentre come tributo ambientale provinciale (sempre nel nostro Paese)
troviamo solo una tipologia di imposta ovvero il Tributo per l’esercizio delle
funzioni di tutela, protezione ed igiene mentre come tributi ambientali locali si
distinguono due tipologie:
1- la Tariffa di igiene ambientale (TIA);
2- Il Canone per la raccolta e depurazione delle acque di rifiuto.
Della TIA si è molto discusso sul fatto se qust’ultima fosse un tributo oppure una
prestazione patrimoniale avente natura privatistica? Al riguardo la tesi
dominante è quella che considera la tariffa di igiene ambientale come un tributo.
Nell’ultima parte di questo secondo capitolo verranno forniti alcuni dati
pubblicati dall’Istat riguardanti i tributi ambientali in Italia. Più precisamente, si
verrà a conoscenza del valore del gettito di tali imposte che si è avuto in Italia nel
2006 e poi lo si confronterà con quello del 2005. Da ciò emergerà che il gettito
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delle imposte ambientali è aumentato di due punti percentuali, così come era
avvenuto dal 2004 al 2005. Inoltre, sia per il 2005-2006 che per il 2004-2005 si è
avuto anche una diminuzione della quota delle imposte ambientali sia sul totale
delle imposte e contributi sociali sia sul Pil.
L’andamento complessivo delle imposte ambientali è influenzato soprattutto
dalla dinamica delle imposte sull’energia. L’altra componente significativa è
rappresentata dalle imposte sui trasporti – comprendenti le imposte
automobilistiche pagate dalle famiglie e dalle imprese, l’imposta relativa al
Pubblico Registro Automobilistico (PRA) e l’imposta sulle assicurazioni relative
alla RC auto.
La componente residua del gettito, è costituita dalle imposte sull’inquinamento,
che includono il tributo speciale per il deposito in discarica, la tassa sulle
emissioni di anidride solforosa (NO2) e di ossidi di zolfo (SOX), il tributo
provinciale per la tutela ambientale, il contributo sulla vendita di prodotti
fitosanitari e l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili.
Anche nel lungo periodo, ovvero dal 1990 al 2006, i risultati sono analoghi a
quanto visto per il breve periodo, cioè che il gettito delle imposte ambientali è
aumentato notevolmente (addirittura del 183%) e che si è avuto una diminuzione
della quota delle imposte ambientali sia sul totale delle imposte e contributi sociali
sia sul Pil.
Infine, è opportuno ricordare che nel 2004, nell’unione Europea, ultimo anno
disponibile, il gettito totale delle imposte ambientali ammontava nell’insieme dei
Paesi della Unione Europea a 15 a più di 260 miliardi di euro, pari a circa il 6,7%
delle entrate totali delle Pubbliche Amministrazioni da imposte e contributi sociali
e il 2,7 % del Pil.
Sul totale del gettito delle imposte ambientali nella Unione Europea, le imposte
italiane rappresentano una quota pari al 15% circa; tale quota è pari al 16% circa
se si considera la componente delle imposte sull’energia e al 14% per quanto
riguarda le imposte sui trasporti.
Come autore, dedico questo lavoro ai miei nonni Arturo Savino e Romagnuolo
Mattea perché loro sono le persone a cui voglio tanto bene e che con i loro sforzi
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economici continuano ancora a sostenermi fino a quando non riesco a trovare un
lavoro.
Una dedica particolare, poi mi sento di rivolgerla alla mia Giulia che in tutti
questi anni mi ha confortato, aiutandomi a superare i momenti più bui della mia
della mia vita e a cui voglio un bene infinito; alla mia famiglia, ovvero ai miei due
fratelli Savino e Roberto, a mia sorella Mattea, a mia madre Dina e a mio
padre Vincenzo. Loro sono le persone a cui voglio tanto bene e che sono tutta la
mia vita.
Infine, per i suoi suggerimenti ringrazio la Dott. Annaisa Cavallo, la quale con la
sua gentilezza e cordialità mi ha organizzato tutto il lavoro.
L’autore:
Dott. Paolo Coratella
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Capitolo 1
1. La fiscalità ecologica come conseguenza del
Protocollo di Kyoto
Nel prima parte del primo capitolo si parlerà (dopo aver fornito alcuni cenni
sulla sua storia) del Protocollo di Kyoto ma anche dell’attuazione di tale accordo
internazionale avvenuto in Italia nel 2002. Nonostante gli sforzi fatti dai Paesi
aderenti al Protocollo, si è osservato che gli obiettivi prefissati dall’accordo
internazionale risultano essere ancora lontani.
Nella seconda parte del primo capitolo si parlerà del legame che c’è tra il
Protocollo di Kyoto e il sistema tributario ambientale e da ciò emergerà che
quest’ultimo è conseguenza del Protocollo. Si parlerà anche della competenza
comunitaria che ha avuto al riguardo e della relativa tassazione ambientale,
facendo, poi, un breve escursus sulla tassa sull’emissioni di ossido di carbonio
(ovvero la Carbon Tax) e sulla tassa sulle emissioni di ossido solforoso e di ossido
di azoto. Della tassazione ambientale si analizzeranno anche i suoi benefici sia in
merito al commercio che all’ambiente.
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