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Fra tutti questi, assume fondamentale importanza la conoscenza del campo diffuso dalla
superficie terrestre per lo studio dell’impatto sull’ambiente dell’interazioni
elettromagnetiche. Secondo tale fenomeno, la radiazione rinviata ha un fronte d’onda
fortemente deformato e raggi di propagazione dispersi in modo caotico in tutte le
direzioni. Dunque a conseguimento dell’obiettivo di tesi relativo alla caratterizzazione
del segnale SAR da superfici naturali mediante l’analisi del campo diffuso, si
presenteranno: in primo luogo, modelli di superficie adeguati per la descrizione di aree
naturali; in secondo luogo, saranno mostrati modelli elettromagnetici tramite i quali
saremo in grado di valutare in forma chiusa il campo retro-diffuso (in back-scattering)
da tali superfici. Per quanto riguarda i modelli di superficie, nel passato sono stati
sviluppati modelli classici che descrivono superfici naturali rugose attraverso processi
stocastici bidimensionali che presentano una data densità di probabilità (di solito
gaussiana) e funzione di correlazione (anch’essa gaussiana per superfici molto rugose o
esponenziale per superfici poco rugose, oppure talvolta una combinazione di esse). Tali
modelli si scontrano però con la realtà dal momento che sono spesso incapaci ed
inadeguati per descrivere le superfici naturali che risultano autosimilari, presentando
proprietà di invarianza di scala. Per tale motivo verrà introdotta la geometria frattale. I
modelli frattali più noti per superfici naturali sono il modello WM (Weierstrass-
Mandelbrot) e il modello fBm (Fractional Brownian motion). L’fBm è un processo
continuo, non differenziabile in alcun punto, ad incrementi stazionari. Il vantaggio
derivante da quest’ultimo risiede nel fatto che esso permette di ricavare in forma chiusa
e semplice la densità di potenza diffusa (e quindi il coefficiente di backscattering o
retrodiffusione) sia sotto le ipotesi dell’approccio di Kirchhoff, sia con l’utilizzo del
modello elettromagnetico SPM (Small perturbation method). Lo svantaggio principale
del modello fBm è quello di non fornire un’espressione analitica della superficie. Per
ovviare a tale inconveniente può essere usata un’altra particolare funzione frattale, la
WM a banda limitata, che bene approssima l’fBm.
La tesi è divisa in quattro capitoli. Nel primo saranno esposti i modelli classici, fBm e di
Weierstrass per la simulazione di superfici naturali. Nel contesto di questa trattazione si
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porrà l’accento sul concetto classico di varianza e si evidenzierà la criticità del legame
tra metodo classico e frattale. Successivamente si studierà la varianza, e, quindi, la
deviazione standard, più nel dettaglio andando ad analizzarne alcuni aspetti
caratterizzanti. Uno di questi sarà la sua dipendenza stretta dalla scala di osservazione.
Infine, si mostreranno le simulazioni relative ad alcune superfici frattali, grazie alle
quali si evidenzieranno le considerazioni fatte.
Il secondo capitolo introdurrà i modelli analitici di studio della diffusione
elettromagnetica. I metodi analizzati saranno l’SPM e KA. Notevole importanza si darà
alla determinazione dei limiti di validità di ciascuno di essi.
Nel terzo capitolo invece si introdurrà il sensore SAR. Saranno determinate le
specifiche del sensore attivo nonché alcune condizioni semplificative di lavoro. Si
presenterà lo studio di diagnostica elettromagnetica svolto da Pentland. Quindi, sarà
analizzato più nel dettaglio il procedimento seguito dal matematico per la
determinazione di un’espressione polinomiale approssimata del campo retro-diffuso,
ottenuta nel caso ottico. Tale espressione permetterà di ricavare i parametri frattali della
superficie in esame a partire dallo spettro della funzione immagine. Infine saranno
applicati i passi illustrati da Pentland per una caso SAR con un approccio SPM. In
ultima analisi, nel quarto ed ultimo capitolo, a partire dal diagramma di radiazione in
back-scattering del metodo indicato, sarà presentato il dominio di validità
dell’approssimazione polinomiale del campo retro-diffuso in termini di parametri
frattali.
Verranno riportate in fondo le appendici relative alle implementazioni delle superfici
frattali insieme a tutti i calcoli realizzati, all’interno della trattazione, col il potente ed
efficiente software MATHEMATICA 5.2.
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CAPITOLO 1
Geometria frattale
1.1 Introduzione
Era il 1623 quando Galileo Galilei, uno dei più grandi scienziati dell’epoca moderna,
scriveva [R.17]:
“ … La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto
innanzi agli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s'impara
a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua
matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i
quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi
vanamente per un oscuro laberinto… ”
( Il Saggiatore )
Galileo con queste parole asseriva che per comprendere a pieno la natura e per
simularla c’è bisogno di capire il suo linguaggio. Un linguaggio, secondo il suo
pensiero, rappresentato dalla matematica e dalla geometria euclidea e caratterizzato
dall’utilizzo di triangoli e cerchi per la descrizione dell’universo. L’inadeguatezza
della geometria euclidea come dialetto per la comprensione del mondo, incompresa
fino ai giorni nostri, venne finalmente manifestata nella seconda metà del secolo
scorso con la nascita della geometria frattale.
“ … Le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, i litorali non sono lisci, né
la traiettoria di un fulmine è una linea retta … ”
(The Fractal Geometry of Nature )
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Con queste parole nel 1983 il matematico polacco Benoit B.Mandelbrot (1924-)
segnò l’inizio di un nuovo modo di simulare la natura attraverso l’uso del termine
frattale[R.10]. Coniato nel 1975, deriva dal latino fractus, participio nonché aggettivo
del verbo frangěre (rompere, spezzare) [R.17]. In effetti si è resa necessaria
l’introduzione di un tale tipo di geometria dal momento che le frastagliature
degli oggetti naturali non potevano essere descritte dalla geometria euclidea. Infatti
tali oggetti quali alberi, foglie o felci, presentano delle caratteristiche irregolari
per cui è praticamente impossibile studiarle usando le proprietà della geometria
euclidea (rette, poligoni, cerchi). Tutto ciò che si incontra in natura è più complesso
e frammentato. Durante una passeggiata in campagna o in un bosco, fra montagne
erbe e fiori, di tutti i tipi e dimensioni, di inestimabile bellezza, si possono cogliere
nella forma di queste espressioni naturali alcune curiose proprietà geometriche. Le
forme con cui la natura si manifesta non possono essere studiate applicando gli
assiomi della geometria classica appresa nelle scuole. Tutto ciò che si incontra in
natura è molto più complesso e frastagliato, quindi difficilmente rappresentabile ( se
non in rare eccezioni) per mezzo di poligoni e poliedri più o meno regolari.
Consideriamo a tal proposito una felce (fig.1.1.1).
Fig.1.1.1: Felce
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Si nota immediatamente che una parte della felce è simile a tutta la felce stessa, ovvero
è una copia in piccolo della foglia completa. Allo stesso modo si può procedere
innumerevoli volte fino a ridursi a parti sempre più piccole. I primi tre passi di questo
confronto sono visibili nella figura presentata di seguito. Partendo dalla foglia
completa, in rosso la copia in piccolo dell’intera foglia. La porzione evidenziata in blu
è la copia della parte in rosso. La copia celeste è la copia ridotta della parte in blu. E’
rappresentato chiaramente questo procedimento nella figura che segue (fig.1.1.2).
Fig.1.1.2: Scaling su felce
Questa proprietà prende il nome di autosomiglianza ( self-similarity o scaling ): una
parte dell’oggetto è simile all’intero oggetto. La particolarità dei frattali è che a
dispetto delle figure geometriche classiche, se ingranditi, si arricchiscono di nuovi
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dettagli. L’irregolarità è infinitamente stratificata. A fronte dell’estesa varietà di forme,
la generazione di gran parte di queste è molto semplice e può essere fatta sia con un
programma di poche righe che a mano seguendo particolari procedure e regole
matematiche quali trasformazioni affini, omotetie, traslazioni e rotazioni. Uno dei
frattali più conosciuto è il merletto a trina di Koch, o più semplicemente curva di Von
Koch, introdotto dal matematico H. Von Koch in un articolo pubblicato nel 1904. Il
procedimento è molto semplice e si sviluppa per iterazione dei due passi di seguito
presentati per ciascuna porzione del segmento considerato:
- si divide il segmento in tre parti di uguale ampiezza
- la parte centrale viene soppressa e sostituita da due segmenti di lunghezza
uguale a quello soppresso e inclinati di 60° per formare un triangolo equilatero
All’avanzare dei passi iterativi la figura diventa sempre più complessa. Di seguito la
curva dopo cinque passi di iterazione (fig.1.1.3).
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Fig.1.1.3
Si nota che andando avanti nella costruzione la figura diventa sempre più frastagliata e
il numero dei lati cresce in maniera esponenziale. La lunghezza della curva tende ad
un valore infinito e l’area racchiusa dalla curva ad un valore finito. Questa
considerazione si può apprezzare meglio considerando la curva frattale fiocco di neve .
Questa rappresenta un ulteriore elaborazione della curva di Koch. Infatti si ottiene
costruendo sui tre lati di un triangolo equilatero il merletto di Koch (fig.1.1.4).
Fig.1.1.4: Fiocco di neve
Come si nota dagli oggetti presentati, i frattali godono della proprietà di invarianza di
scala: stesse proprietà statistiche per contrazioni o dilatazioni della scala di
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osservazione. Il frattale è indipendente dalla scala a cui lo si osserva. Tuttavia bisogna
puntualizzare che per i frattali costruiti attraverso tecniche computazionali e analitiche,
cosiddetti frattali deterministici, non c’è alcun limite di scala. Al contrario le superfici
naturali, in quanto frattali aleatori, evidenziano invarianza di scala in un range di scale
di osservazione limitato ma al contempo molto vasto (range of fractalness)[R.1,7].
Infatti il limite inferiore di scala è da associare alla natura atomica delle particelle che
costituiscono il frattale reale in esame. Il limite superiore invece è dovuto
essenzialmente alla finitezza di ciascun oggetto materiale e quindi risulta limitato
superiormente dalla dimensione del pianeta Terra. E’ straordinario che pur cambiando
il modo di studiare e simulare la natura che appare quotidianamente dinnanzi ai nostri
occhi, con l’introduzione dei frattali, attraverso trasformazioni matematiche
estremamente semplici si possa rappresentare l’innumerevole varietà di superfici
naturali che rendono stupendo il nostro pianeta.
1.2 Dimensione frattale
Prima della nascita della geometria frattale, secondo la geometria euclidea, la
dimensione era un numero intero, e precisamente:
- 0 per il punto
- 1 per la retta
- 2 per il piano
- 3 per il volume
Solo grazie agli studi di Hausdoff e Besicovitch è stato evidenziato che tale definizione
può essere estesa. Il senso di tale deduzione è da intendere come possibilità di lavorare
con dimensioni geometriche rappresentate da numeri non interi, o meglio numeri
reali positivi. E’ in questo modo che nasce la dimensione frattale o Hausdoff-
Besicovitch dimension (HB) [R.1]. La definizione teorica è basata sul concetto di
misura di Hausdoff. Detto U un sottoinsieme non vuoto dello spazio euclideo n-
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dimensionale e detto |U| il diametro di U (la più grande distanza tra due punti
appartenenti all’insieme), preso un nuovo sottoinsieme F dello stesso spazio suddetto,
si definisce δ-cover di F la collezione finita di insiemi (U
i
) con diametro minore o
uguale a δ che coprono l’insieme F. Si dice misura s-dimensionale di Hausdorff
relativa all’insieme F:
con
Il limite presentato nella definizione esiste sempre ed è infinito per s minore di una
certa soglia D e zero per s maggiore:
∞ s < D
0 s > D
Si definisce HB o dimensione frattale D dell’insieme F il valore critico D per cui
sussiste il salto da infinito a zero. Tuttavia l’insieme F è frattale se la dimensione
frattale è maggiore della dimensione topologica. Nel caso bi-dimensionale, se D è
maggiore di 2. Esiste una definizione operativa di dimensione frattale secondo la quale
se r è la dimensione del “righello” con cui si intende misurare un oggetto (curva o
superficie in esame) ed N è il numero di volte che il “righello” è contenuto
nell’oggetto di dimensione D da misurare, allora la dimensione del “righello” sarà
r =ሺ
ଵ
ே
ሻ
భ
ವ
. Da ciò, invertendo l’espressione, si ottiene che la dimensione frattale è
D =
୪୭ே
భ
ೝ
. Come esempio determiniamo la dimensione frattale del merletto a trina di
Koch.
M
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