Introduzione
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economiche nel favorire o rallentare la crescita di un paese. Il sistema economico,
infatti, si colloca in uno spazio istituzionale ben definito, del quale subisce effetti
positivi e negativi.
Partendo da quest’ultima considerazione, il secondo capitolo esamina il
rapporto tra democrazia e crescita. Gli studi sulla relazione tra democrazia e
crescita sono prevalentemente incentrati sul tentativo di evidenziare se la
democrazia costituisca o meno un ostacolo alla crescita economica. La letteratura
sul tema è molto vasta e si è pertanto operata una selezione dei contributi ritenuti
più rilevanti allo scopo di connettere l’analisi politologica all’analisi economico-
istituzionale. La difficoltà di riscontrare una relazione diretta tra democrazia e
dinamica della crescita, inizialmente evidenziata da Barro e confermata da
numerosi studi successivi, apre la possibilità di procedere secondo un diverso
percorso, ossia l’analisi degli effetti che il sistema democratico produce sulle
singole determinanti della crescita economica, con particolare attenzione per le
variabili istituzionali.
Partendo dalla linea di ricerca proposta da A. Sen, invece, la parte
conclusiva del secondo capitolo riformula l’obiettivo dell’indagine. Il punto,
infatti, non è se la democrazia produca o meno effetti positivi sulla crescita
economica: ci si chiede ora se la democrazia possa costituire essa stessa un
progresso nel processo di sviluppo di un paese, permettendo di espandere lo
spettro delle libertà sostanziali degli individui.
Come terzo passo, sia pure senza pretesa, ci si propone di esaminare un
caso pratico, con l’obiettivo di cercare un riscontro degli effetti della democrazia
sul sistema economico e sulla qualità della vita. Per fare questo, si è scelto di
esaminare il caso dei paesi ex-comunisti dell’Europa Centro-Orientale, cioè i
paesi classificati come “PECO” dall’Unione Europea prima che anch’essi ne
divenissero membri. Per completezza, si è aggiunto al campione di ricerca anche
la Russia.
Dopo l’esposizione delle principali caratteristiche dei paesi scelti, volta a
metterne in risalto soprattutto le affinità che li rendono comparabili, si prende in
esame la relazione tra democrazia e crescita in questi paesi, seguendo lo stesso
Introduzione
7
ordine espositivo del secondo capitolo: gli effetti della democrazia sul sistema
economico nel suo complesso, gli effetti sulle variabili istituzionali, gli eventuali
effetti sulle determinanti dirette della crescita economica. Da ultimo, infine, si
analizza il rapporto tra democrazia e qualità della vita nei paesi ex-comunisti
dell’Europa Centro-Orientale, sulla base degli assunti di A. Sen, esposti nel
secondo capitolo.
Capitolo 1 Il dibattito sulla crescita economica
8
1. Il dibattito sulla crescita economica
Per poter analizzare compiutamente il rapporto esistente tra democrazia e
crescita, per prima cosa si concentrerà l’attenzione sul secondo termine della
relazione in esame. Le teorie sulla crescita rappresentano uno degli aspetti forse
più affascinanti della scienza economica. Le domande che sottendono a questo
ambito di ricerca, infatti, sono tanto evidenti quanto complesse: cosa determina la
crescita di un paese? Perché esistono tali e tante disparità nei livelli di reddito tra i
paesi del mondo? Da secoli, trovare le risposte a queste domande rappresenta una
sfida per gli studiosi della materia. Dal nostro punto di vista, cercheremo di
cogliere, facendo riferimento alla sterminata letteratura sul tema, le principali
determinanti della crescita economica, per indagare successivamente se un
sistema democratico possa agire su queste ultime in modo più efficace rispetto ad
altri sistemi politici, in primo luogo quelli autoritari.
1.1. Premesse teoriche
Nei paragrafi successivi si farà ampio riferimento alla terminologia
economica comune tra i ricercatori che studiano i problemi della crescita e dello
sviluppo. Prima di iniziare, perciò, si forniranno alcune premesse teoriche utili per
interpretare quanto segue.
Innanzitutto, si farà riferimento, ove necessario, alla simbologia
correntemente utilizzata in ambito anglo-sassone. Dunque, il punto di partenza di
qualsiasi riflessione successiva è dato dalla funzione di produzione:
Y(t) = F[•] [1]
dove Y(t) rappresenta il flusso di beni prodotti nel tempo t, vale a dire il valore del
PIL del paese preso in considerazione. A seconda degli approcci che verranno via
via illustrati, il secondo termine dell’equazione assumerà connotazioni diverse: in
Capitolo 1 Il dibattito sulla crescita economica
9
effetti, il cuore del problema nello studio della crescita economica è proprio
cercare di cogliere quali variabili ed in quale misura sono in grado di determinare
il livello di output.
Una seconda notazione preliminare riguarda l’uso che si farà del termine
“crescita”. Per ragioni di sintesi espositiva, infatti, ci si riferirà con questo termine
alla crescita economica di lungo periodo, salvo dove diversamente specificato.
Per questo, seguendo lo schema adottato per la prima volta dagli economisti di
scuola neo-classica, si farà riferimento al concetto di crescita uniforme
1
, per cui,
servendosi di intervalli di tempo sufficientemente ampi, non si prendono in
considerazione le fluttuazioni cicliche, che caratterizzano, invece, il breve
periodo. L’indagine degli economisti della crescita, infatti, si concentra nel lungo
periodo, perchè solo in questo modo è possibile evidenziare le cause profonde
delle disparità nei livelli di reddito che si osservano tra i paesi del mondo: questo
tema, del resto, è stato il primo motore della ricerca scientifica sulla crescita
economica fin dai tempi di Adam Smith.
Queste brevissime notazioni costituiscono la premessa per affrontare i
paragrafi successivi, in cui ci si addentrerà nel dibattito accademico sulla crescita
economica.
1.2. Dove origina la crescita? Breve excursus teorico della letteratura
sulla crescita economica
La ricerca scientifica in ambito economico è tornata a concentrarsi su i
quesiti che costituiscono la base della crescita solamente negli ultimi tre decenni.
Il tema della crescita economica, infatti, rappresenta oggi uno dei più dibattuti in
ambito accademico, soprattutto grazie alle nuove possibilità offerte da studi
empirici sempre più dettagliati.
In questo paragrafo si metteranno in evidenza i contributi più rilevanti che
hanno caratterizzato la letteratura economica dal Secondo Dopoguerra, per
cercare di cogliere il nodo cruciale del problema: quali incentivi determinano la
1
Il termine “crescita uniforme” traduce il più immediato concetto inglese di steady-state growth.
Capitolo 1 Il dibattito sulla crescita economica
10
crescita economica. In questo modo, infatti, sarà successivamente possibile
valutare l’impatto della democrazia, osservando come essa influisca sugli
incentivi che generano la crescita economica.
Fin dalle origini della moderna scienza economica, Adam Smith si poneva
di fronte all’evidenza che tra le nazioni del mondo esistono grandi diversità nei
livelli di reddito
2
. Il ragionamento del filosofo scozzese si inseriva in una ben più
vasta riflessione sulle motivazioni dell’agire umano. Secondo Smith esiste una
complementarietà tra interesse personale e ordine morale, che non sono
necessariamente conflittuali
3
. Ciò è vero anche in campo economico. Perciò,
anche ne La ricchezza delle nazioni Smith parte dall’analisi dell’interesse
individuale
4
: in un’economia di mercato, gli interessi egoistici razionali degli
individui, pur se all’evidenza conflittuali, conducono alla generazione del
benessere economico. Questo processo si produce come se intervenisse la mano
invisibile del mercato che, attraverso la legge della domanda e dell’offerta,
armonizza gli interessi particolari e producono un incremento della ricchezza del
paese. Laddove non sono garantite le condizioni perché il mercato possa operare
in maniera efficace, non si rende possibile il processo appena descritto. Inoltre,
Smith focalizza l’attenzione su un altro aspetto di notevole importanza: la
divisione del lavoro. Grazie a questa innovazione nel processo di produzione, che
secondo Smith fa parte della stessa natura umana, una nazione riesce a produrre
un maggiore output per lavoratore
5
. Il progresso tecnologico, infine, consente al
paese di sperimentare un miglioramento della propria capacità di produrre
benessere
6
. Le intuizioni di Smith, al di là della loro inapplicabilità
7
alla
2
A. SMITH, An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations, Metalibri, 2007, pp. 4-
6. In questa sede non si approfondirà nei dettagli l’esposizione delle tesi smithiane, ma ci si
limiterà ad enunciarne i passaggi più significativi ai fini della trattazione.
3
L’orientamento filosofico di Smith presente queste caratteristiche già a partire dalla Teoria dei
sentimenti morali, opera minore del 1759. Si veda A. RONCAGLIA, La ricchezza delle idee. Storia
del pensiero economico, Laterza, Roma e Bari, 2003, pp. 127-135.
4
Si veda A. RONCAGLIA, La ricchezza delle idee, cit., pp. 139 e ss.
5
A. SMITH, An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations, cit., libro I, cap. 2, cit.
in A. RONCAGLIA, cit., p. 160.
6
A. SMITH, An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations, cit., capitoli 1-3 del
primo libro.
7
Si veda a questo proposito la teoria dei meccanismi e dei mercati, elaborata dai premi Nobel per
l’economia del 2007 Leonid Hurwicz, Eric S.Maskin e Roger B.Myerson. Questa teoria si fonda
Capitolo 1 Il dibattito sulla crescita economica
11
complessità della realtà attuale, hanno comunque permesso di individuare alcuni
dei principali “ingredienti” della teoria della crescita, insieme agli studi di David
Ricardo, che hanno contribuito a mostrare gli effetti dell’apertura al commercio
internazionale e della specializzazione produttiva, e di Thomas Malthus, che ha,
invece, evidenziato la relazione esistente tra tasso di crescita della popolazione e
reddito PIL pro capite
8
.
Dopo la fine del XIX secolo, che ha visto fiorire il pensiero economico
che oggi viene definito classico, i mutamenti in corso nell’economia e nella
società a livello europeo e mondiale hanno fornito l’incentivo per nuovi studi
teorici. Con l’inizio del Novecento, hanno iniziato, dunque, a comparire anche dei
tentativi di superamento dell’analisi smithiana. Joseph Schumpeter nel 1911
pubblica la sua Teoria dello sviluppo economico, in cui evidenzia l’andamento
ciclico della crescita economica nel breve periodo e ne individua la possibile
causa nella genialità dell’imprenditore, che, con la sua azione creatrice e
distruttrice, determina la direzione e la velocità dello sviluppo del proprio paese
9
.
L’opera di Schumpeter ha avuto il pregio di indagare su eventuali determinanti
della crescita economica non direttamente collegate con i fattori di produzione. A
partire dalle sue analisi, infatti, si ebbe un notevole impulso alle teorie sulla
crescita, sempre più orientate a spiegare per quale ragione nel mondo si
osservassero enormi disparità nei livelli di sviluppo tra i diversi paesi.
proprio sul superamento della perfezione dei mercati teorizzata di Smith e introduce elementi di
imperfezione (asimmetria informativa, concorrenza imperfetta, ecc.) nei modelli di comprensione
dei mercati reali.
8
Per approfondimenti si vedano D. RICARDO, On the principles of political economy and taxation,
Batoche books, Kitchener, 2001 e T. R. MALTHUS, An essay on the principle, W. Pickering,
Londra, 1986.
9
La teoria del ciclo economico si trova esposta in J. A. SCHUMPETER, Teoria dello sviluppo
economico, trad. it. di G. DEMARIA e K. MAYER, Nuova collana di economisti stranieri e italiani,
Vol. V, Torino, 1932, pp. 17-182. Ulteriori successive espansioni ed integrazioni della teoria si
trovano esposte in J. A. SCHUMPETER, Business Cycles: A theoretical, historical and statistical
analysis of the Capitalist process, McGraw-Hill, New York, 1939. Nella sua opera più celebre,
Capitalismo, socialismo e democrazia, Schumpeter va oltre e in base alle sue analisi prevede che
l’azione creatrice-distruttrice dell’imprenditore borghese finirà necessariamente con il sostituire al
sistema capitalista un nuovo sistema economico-sociale simile al socialismo, ma regolato dalla
Stato. Si veda J. A. SCHUMPETER, Capitalismo, socialismo, democrazia, trad. it. di E. ZUFFI,
Edizioni di Comunità, Milano, 1964.
Capitolo 1 Il dibattito sulla crescita economica
12
Successivamente, durante gli anni Venti del secolo scorso, Frank Ramsey
introdusse una rivoluzionaria teoria del consumo
10
che in seguito fu incorporata
nel modello di crescita neoclassico, per spiegare endogenamente il tasso di
risparmio. Nel frattempo, la Grande Depressione degli anni Trenta costituì uno
stimolo notevole all’ampliamento degli ambiti di indagine della scienza
economica, che andò di pari passo con una sempre maggiore ricerca di
formalizzazione matematica dei modelli. In quest’epoca, due economisti giunsero
indipendentemente all’individuazione di un nuovo modello della crescita
economica, noto con il nome di Harrod-Domar
11
, che tentava di completare
l’analisi keynesiana con elementi di teoria della crescita. Lasciando da parte la
formalizzazione matematica del modello, la sua utilità non sta tanto nella diretta
applicabilità, quanto nell’aver ribadito il ruolo primario svolto dal tasso di
risparmio nell’accumulazione del capitale, motore della crescita economica.
Fin qui si sono ripercorse a lunghi balzi le tappe della storia dell’economia
della crescita. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sono state
gettate le basi su cui si fondano il dibattito e la ricerca attuali. Esistono diversi
tentativi di classificazione delle teorie della crescita degli ultimi sessant’anni,
tendenzialmente concordi nell’individuare sostanzialmente tre approcci: un primo
approccio improntato sul modello neoclassico, un secondo approccio
caratterizzato dal tentativo di introdurre modelli in cui il tasso di risparmio e il
progresso tecnologico fossero determinati endogenamente, ed infine un terzo
approccio, più recente, in cui lo sguardo si è spostato anche oltre le variabili più
prettamente economiche per fare spazio anche ad altri fattori determinanti della
crescita, in primo luogo le istituzioni. Quest’ultimo approccio rappresenta, in
10
F. RAMSEY, A mathematical theory of saving, in Economic Journal, vol. 38, dicembre 1928, pp.
543-559, cit. in R. J. BARRO, X. SALA-I-MARTIN, Crescita economica, Giuffrè, Milano, 2005, in
cui gli autori espongono il modello di Ramsey nel cap. 2.
11
Sir R. F. Harrod ed E. D. Domar idearono indipendentemente l’uno dall’altro il modello che
porta il loro nome. Il primo espose la sua teoria in R. F. HARROD, An Essay in Dynamic Theory, in
Economic Journal, vol. IL, Marzo 1939, pp. 14-33. Il secondo, invece, qualche anno più tardi in E.
D. DOMAR, Capital Expansion, Rate of Growth and Employment, in Econometrica, 1946.
Entrambi sono citati in R. J. BARRO, X. SALA-I-MARTIN, Crescita economica, cit., p. 14.