4
derivanti dalle molteplici e quanto più attuali implicazioni comunicative
interculturali connesse in presenza di persone straniere.
Nel primo capitolo cercherò di far comprendere cosa si intende per
comunicazione prendendo in esame le teorie e gli studi fino ad oggi effettuati
sull’argomento. Poiché utili al contesto della tesi proposta, dopo aver accennato al
significato più generale della comunicazione, analizzerò, in particolare, le forme di
comunicazione non verbale, di programmazione neurolinguistica e di psicologia
della testimonianza quale branca più specifica della psicologia investigativa.
Gli argomenti trattati nel primo capitolo mi permetteranno quindi di
introdurre e di veicolare nel secondo capitolo, gli aspetti delle attuali tecniche
investigative in tema di “testimonianza”
2
associandole alle forme di comunicazione
non verbale, di p.n.l. e di psicologia delle testimonianza, quali sinergici supporti
investigativi. Partendo dal presupposto che tutto comunica, ogni piccolo gesto, ogni
piccolo segno, ogni parola non detta può essere propositiva o addirittura
determinante per identificare il colpevole; vittima, testimone o l’autore del reato,
ognuno nel proprio contesto e nella diversa posizione giuridica rispetto al delitto,
sono potenzialmente determinanti nelle investigazioni di Polizia Giudiziaria. Diversi
devono essere quindi gli approcci comunicativi da parte dell’investigatore che deve
essere in grado di saper individuare, analizzare ed utilizzare nel contesto
investigativo i segnali, quasi sempre involontari, emersi nel corso dell’esame dei
protagonisti attivi e/o passivi del delitto.
Tenuto conto che il dibattito circa la testimonianza dei minori è tuttora aperto
a nuovi sviluppi, nel terzo capitolo analizzerò, sempre in ambito investigativo, gli
aspetti e le implicazioni comunicative che si incontrano quando il protagonista attivo
o passivo di un delitto è un minorenne. Se da una parte il famoso processo delle
streghe di Salem avvenuto in Massachusetts nel 1692, la deposizione dei bambini che
accusavano non fu guardata con sospetto ma al contrario accettata come prova
2
Il termine “testimonianza”, in questo caso, viene utilizzato in senso generale e non prettamente
tecnico giuridico, ma associandolo a tutte le parti processuali ( vittima, testimone, indagato/imputato)
che partecipano alla ricostruzione del fatto - reato
5
principe in virtù dell’innocenza e della verosimile superiorità morale, spoglia da
eventuali tentazioni, altrettanto non si può dire dell’odierno atteggiamento giuridico
al riguardo: sebbene la testimonianza sia riconosciuta come strumento probatorio di
tradizione secolare, il dibattito circa la possibilità che a sedersi sul banco dei
testimoni sia un minore è, come già anticipato, una questione tuttora aperta
3
.
Conoscere, apprendere ed interiorizzare gli approcci comunicativi più idonei quando
in un percorso investigativo si incontra un minore, consentirà all’inquirente di
mettere in atto una sempre più incisiva attività di contrasto ai reati in genere ma
soprattutto nei confronti di quelli considerati dalla moderna società i più odiosi:
quelli agiti nei confronti dei minori. Le tecniche di ascolto e le interviste strutturate o
cognitive, non dovranno più essere appannaggio solo degli psicologi ma devono
essere parte integrante del bagaglio di conoscenza di coloro che svolgono attività di
Polizia Giudiziaria.
Nel quarto capitolo tratterò della comunicazione interculturale applicata alle
indagini giudiziarie. In un mondo sempre più globalizzato e di nazioni sempre più
multirazziali, l’Italia non si sottrae certo a queste evoluzioni culturali dove lingue,
tradizioni e culture diverse in pochi e rari casi si fondono con quella locale, mentre
in maggioranza rimangono legate alle terre di origine. Tale ultima condizione
complica il lavoro degli investigatori che trovandosi di fronte a delitti commessi
nella stragrande maggioranza da cittadini stranieri ( le ultime rilevazioni statistiche
segnalano che un reato su tre viene commesso da cittadini stranieri)
4
, si trovano a
dover fronteggiare non solo nuove tipologie di criminalità ( ossia generi di delitti che
nel nostro paese fino a pochi decenni fa erano pressoché sconosciuti, come ad
esempio la tratta degli esseri umani nell’ambito degli ingressi clandestini, la
riduzione in schiavitù di donne obbligate a prostituirsi, etc) ma anche a doversi
confrontare con culture e tradizioni diverse. Gli approcci investigativi e le azioni di
contrasto, per essere più incisivi devono quindi essere adeguati ad una prospettiva
comunicativa interculturale. Ciò non significa però abbandonare i propri valori e far
3
B. De Nigris, Minori e testimonianza, le implicazioni della memoria – AIPG
Milano 2005
4
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/14/0900_rapporto_criminalita.pdf
6
propri quelli delle altre culture, ma significa piuttosto conoscere gli altri ed entrare
in una logica interculturale ovvero attuare un atteggiamento costante e non
transitorio che prende atto della varietà, mirando ad un’interazione più piena e fluida
tra le diverse culture
5
. Ne consegue, pertanto, che gli approcci comunicativi –
investigativi devono adeguarsi alla multiculturalità e non essere più legati agli
schemi tradizionali. L’investigatore, prima di un esame – interrogatorio non può
quindi ignorare l’origine e la cultura di provenienza della vittima, del testimone e del
reo, quando essi siano stranieri, giacchè, come vedremo, anche un segnale verbale o
paraverbale può avere significati diversi tra una cultura e l’altra.
5
P.E.Balboni, Parole comuni culture diverse – Guida alla comunicazione
interculturale, Sassi Marsilio, Venezia 2003, p.17
7
1. CENNI SULLE FORME DI COMUNICAZIONE, P.N.L. E PSICOLOGIA
INVESTIGATIVA
Parlare di comunicazione non è semplice perché la comunicazione non è
semplice di per sé. Charles Darwin uno dei primi studiosi che ne ha dato una prima
definizione in “L’espressione delle emozioni” afferma: <la capacità di comunicare
tra membri di uno stesso clan per mezzo di un linguaggio è stata di importanza
capitale nello sviluppo dell’uomo, e all’efficacia del linguaggio molto
contribuiscono i movimenti espressivi del volto e del corpo>. Così come la maggior
parte dei pensatori del XIX° secolo, anche Darwin aveva ragione, tuttavia dava per
scontato il concetto di comunicazione, giudicandola un’attitudine innata che apporta
un vantaggio evolutivo alle specie che ne sono dotate. In realtà la comunicazione è
molto più complessa del semplice concetto fornito dallo scienziato evoluzionista e
l’individuazione della sua celata complessità viene considerata una delle grandi
scoperte del XX° secolo. La complessità della materia, secondo P.N. Johnson –
Laird, è data dalla nostra ignoranza. Infatti, ancora non si sa in quale modo l’apparato
uditivo umano riconosca il linguaggio, né esiste ancora una spiegazione esauriente di
come le espressioni trasmettano i loro significati. Se da una parte Darwin afferma
che la razza umana interagendo comunica le emozioni, dall’altra ancora non si
conosce esattamente cosa esse siano
6
.
Secondo il Pragmatics of Human Communication – A stuydy of Interactional
Patterns di P.Watzawick, J.H.Beavin e D.D. Jackson, la comunicazione costituisce
un processo interattivo fra due o più persone regolato da cinque principi di base: 1)
l’impossibilità di non comunicare, laddove ogni comportamento veicola una
comunicazione; 2) ogni comportamento possiede due livelli, uno di contenuto ( il
cosa si dice) e l’altro di relazione ( il come si dice); 3) la comunicazione deve tener
conto del contesto. Ogni parola e gesto assumono un valore diverso in rapporto alla
situazione. Nella comunicazione non verbale non esiste una relazione matematica
che associ al gesto un significato. Ogni gesto deve infatti essere contestualizzato e
poi integrato assieme agli altri indici ( postura, indici facciali e CV) e solo alla fine
6
D.H.Mellor, La Comunicazione, Edizioni Dedalo, Bari 1992, p.9
8
interpretato; 4) il significato di una transazione comunicativa è dato dal punto di
vista che si vuole adottare; 5) tutti gli scambi di comunicazione sono o simmetrici
( cioè basati sul concetto di uguaglianza) o complementari ( cioè basati sul concetto
di differenza)
7
1.1. Comunicazione verbale e comunicazione non verbale
Partendo dal presupposto, come affermava Darwin, che la comunicazione è
innata nell’essere umano, le prime comunicazioni si sono sviluppate attraverso i
gesti, i disegni e via via mediante forme sempre più complesse come i sistemi
linguistici, fino ad arrivare ai costrutti di significato, tra i più complessi tra quelli
esistenti. L’assioma comunicazione = informazione è quello più comunemente
recepito ma è anche quello più riduttivo in quanto tralascia l’aspetto relazionale e
quindi dell’emotività tra gli individui, fondante la maggior parte del comportamento
umano. Quindi, partendo da questo concetto, <comunicare significa emettere un
segnale che va ad influenzare il comportamento del ricevente, ovvero tutte le sue
reazioni istintive, emotive e cognitive>, si giunge a significare che una
comunicazione integrale si basa sulla gestione della CV ( comunicazione verbale) e
della CNV (comunicazione non verbale), ambedue con caratteristiche sia analogiche
( ossia che agiscono sulla sfera emozionale) che logiche ( cioè che agiscono sulla
sfera cognitiva, quindi cosciente)
8
.
Gli esseri umani dispongono quindi di due modelli comunicativi per
relazionarsi tra loro: il modello interattivo logico con il quale scambiano concetti ed
informazioni ( quindi attraverso la parola) ed il modello interattivo analogico, ossia il
linguaggio dell’emotività
9
. Quindi se da una parte la CV si esplica attraverso il
linguaggio verbale, la CNV si sviluppa attraverso un’altra forma di linguaggio,
quella della sfera emotiva codificata dal corpo. In tema di CV il famoso linguista
Noam Chomsky definisce il linguaggio < una procedura generativa che consente la
7
K.Gervasi – R.Mongardini, Elementi di comunicazione e P.N.L, Editrice Salentina,
Galatina (LE) 2006,p.81-88
8
Ibidem, p.29
9
Ibidem, p.34
9
libera produzione e comprensione di espressioni di pensiero articolate e
strutturate>
10
, laddove la procedura generativa determina le proprietà delle
espressioni linguistiche ed il processo mentale trasforma il pensiero in espressione
nell’esecuzione linguistica. Secondo questa prospettiva emergono altri due concetti,
cioè avere un linguaggio o conoscere un linguaggio. Nel primo caso significa avere
la padronanza di certi modi di parlare e di comprendere, nel secondo significa invece
avere una certa procedura generativa codifica mente/cervello, che attribuisce
un’interpretazione specifica ad ogni possibile espressione linguistica
11
. Nell’ambito
del modello interattivo logico e quindi della CV, quando la comunicazione avviene
tra due o più persone, si parla anche di comunicazione interpersonale, intesa come
un momento di incontro/scambio che determina la qualità della relazione. Spesso si
pensa che l'arte del comunicare consista principalmente nella capacità di farsi
ascoltare e di farsi comprendere senza fraintendimenti. In realtà il successo della
comunicazione non dipende unicamente dall'intenzione dell'emittente, ma e
soprattutto dalla percezione del ricevente, per cui l'ascolto ed il "feedback"
(messaggio di ritorno) del ricevente sono importanti rivelatori della qualità
dell'interazione. Quindi partendo da questo primo concetto di base possiamo
affermare che gli elementi principali della comunicazione sono essenzialmente tre:
10
D.H.Mellor , op.cit. p.66
11
Ibidem, p.67
10
Come è evidenziato dallo schema, nel trasmettere un messaggio si passa un
contenuto, verbale o non verbale, che è sempre accompagnato da un'emozione, da
una determinata percezione o interpretazione (un messaggio psicologico) che
determinano la qualità della comunicazione. Il messaggio, con la sua duplice
valenza, rimane il punto di incontro tra le due esperienze di chi codifica e di colui
che decodifica un contenuto trasmesso. Nel processo comunicativo, inoltre
l'emittente influenza l'efficacia della comunicazione in base a due dimensioni in
particolare: la competenza e la credibilità, le quali sono strettamente connesse al
messaggio psicologico di cui sopra. Il ruolo del ricevente non è comunque di minor
rilevanza: l'ascoltare costituisce la maggior parte delle attività inerenti la
comunicazione. Essere un buon ricevente vuol dire essere capaci di auto-
osservazione, tempo e pazienza per decodificare con attenzione il comunicato
11
ricevuto e rimandare messaggi di ritorno che favoriscano la piena comprensione
dell'intenzione dell'emittente. Spesso chi ascolta ha la tendenza di giudicare,
interpretare o disapprovare il messaggio originario, ostacolando in tal modo
l’efficacia della comunicazione. Il ricevente, al contrario deve essere capace di
ascoltare, di parafrasare e di verificare, con chi trasmette, la reale percezione dei
sentimenti e la negoziazione del significato, mostrando così di voler comprendere a
fondo il messaggio, prima di darne una valutazione. Occorre a questo punto
puntualizzare che “comunicazione”, dal latino comunico, significa condivisione e
non deve essere quindi intesa l’azione di "mandare messaggi", ma va inteso come un
atto sociale e reciproco di partecipazione, atto mediato dall'uso di simboli
significativi tra individui e gruppi diversi. Da ciò ne discende che gli elementi
fondamentali di ogni processo comunicativo sono:
1. l'emittente: è il soggetto (o i soggetti) che comunica il messaggio;
2. il ricevente: è il soggetto (o i soggetti) che riceve il messaggio;
3. il messaggio: è il contenuto di ciò che si comunica: può essere un’ informazione,
un dato, una notizia o più semplicemente una sensazione;
4. il codice: è il sistema di segni che si usa quando si comunica e senza il quale non
avviene la trasmissione del messaggio: può essere sia una lingua, che un gesto, un
grafico, un disegno;
5. il canale: può essere inteso sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il
messaggio arriva (telefono, fax, posta ecc.) sia come il mezzo sensoriale coinvolto
nella comunicazione (principalmente udito e vista);
6. la codifica: è l'attività che svolge l'emittente per trasformare idee, concetti e
immagini mentali in un messaggio comunicabile attraverso il codice;
7. la decodifica: è il percorso contrario svolto dal ricevente che trasforma il
messaggio da codice in idee, concetti e immagini mentali;
8. il feed-back: è l'interscambio che avviene tra ricevente ed emittente quando
l'informazione di ritorno permette all'emittente di percepire se il messaggio è stato
ricevuto, capito ecc.;
9. il contesto o ambiente: è il "luogo", fisico o sociale, dove avviene lo scambio
comunicativo - può incentivare o al contrario disincentivare la comunicazione.
12
Un utilizzo congiunto delle diverse modalità comunicative produce i risultati più
efficaci. L'apprendimento varia al variare delle tecniche comunicative e dunque dei
diversi canali di percezione. Per sfruttare coscientemente le possibilità offerte dalla
comunicazione, è sempre necessario definire con esattezza: a chi ci rivolgiamo (chi
sono i soggetti con i quali devo entrare in relazione?), l'obiettivo (cosa vogliamo che
facciano, pensino, abbiano presente, al termine della comunicazione?), che cosa
comunicare (quali sono i punti fondamentali che devo comunicare per ottenere
l'effetto voluto e creare la relazione?), come comunicarlo (quali sono "gli strumenti"
di comunicazione più adatti a ottenere l'effetto voluto? Scritto, orale, ecc. ). La
comunicazione presenta altresì ulteriori tre aspetti fondamentali: • la
trasmissione; • gli effetti che produce; • il contenuto. La trasmissione riguarda il
modo in cui il messaggio viene trasmesso, Gli effetti che produce sono le
conseguenze e queste possono essere funzionali e disfunzionali alla comunicazione,
nel senso che, possono tendere ad aprirla o a bloccarla. Questi effetti dipendono e
sono strettamente collegati al contenuto della comunicazione, il contenuto può
essere assertivo, aggressivo e vittimistico. La comunicazione assertiva è chiara,
sintetica, esplicita. In tal caso il parlante si prende la responsabilità di dire ciò che
pensa. La comunicazione aggressiva è quella che sottende un rimprovero (es: " Si
può sapere cosa hai fatto?"). Chi ascolta alza le barriere. La comunicazione
vittimistica è quella con la quale si esprimono i propri bisogni in maniera da
colpevolizzare l'altro. (es: "non ce la faccio più ad ascoltarti"). L'effetto di questa
comunicazione è di produrre nell'altro una reazione di evitamento, bloccando così la
relazione
12
.
Dopo aver accennato gli aspetti fondamentali della comunicazione
interpersonale/verbale, affrontiamo ora la Comunicazione Non Verbale, scienza
che in questi ultimi anni è stata abbracciata anche dal mondo della Criminologia,
impegnata in ricerche che hanno come obiettivo l’impostazione di una sistematica
codificazione ed interpretazione della CNV, oltre alla trattazione, in ambito
psichiatrico-forense e criminologico, dei problemi inerenti l’identificazione delle
caratteristiche comportamentali che consentono il riconoscimento di chi sta
12
www.psicheserena.it/competenzecomunicative.pdf
13
mentendo
13
. Dunque, considerando che il 65% della comunicazione umana viene
trasmessa non verbalmente
14
, con il termine “linguaggio” non intendiamo solo a
quello verbale, in realtà si parla ormai di linguaggio per tutti i sistemi di segni, sia
che si faccia riferimento ad un linguaggio visivo, ad uno sonoro o ad un linguaggio
del movimento, inteso come organizzazione di segni gestuali, motori o corporei. In
questo ambito esistono due diversi sistemi linguistici, ossia il linguaggio del corpo ed
il linguaggio gestuale
15
che compongono, assieme ad altri sistemi, la CNV. A questo
proposito gli studiosi di comunicazione hanno evidenziato che un modo molto
efficace per penetrare nella sfera emozionale di chi ci sta di fronte ( tema
fondamentale di questo trattato) è proprio quello della CNV e del simbolismo
comunicazionale. Comprendere qualcosa in più della persona che si ha davanti, può
aiutare nella gestione della relazione e quindi la CNV diventa indispensabile.
Molteplici sono le varianti che intervengono in una CNV, dal vestiario, alla postura,
al tono di voce, all’espressione facciale: essi sono stimoli che vengono colti
immediatamente dall’interlocutore e rappresentano gli input che sollecitano gli
organi sensoriali - vista, udito, tatto, olfatto, gusto – che vengono poi elaborati da
funzioni cognitive ed attribuiti ad ogni informazione un significato
16
. A questo
proposito si rileva che recenti studi hanno dimostrato che le persone possono
produrre circa 20.000 diverse espressioni del viso e circa mille variazioni
paralinguistiche
17
. Prima di introdurre i canali della CNV, ossia dei sistemi per
mezzo dei quali si esplica la CNV, appare utile accennare che il linguaggio del
corpo può anche assumere due diversi ruoli:
- ruolo di PARALINGUAGGIO e cioè di un linguaggio che affianca quello
verbale per arricchire la comunicazione nella vita quotidiana, venendo
progressivamente anche sottoposto ad un apprendimento di tipo culturale;
- ruolo SIMBOLICO che si esprime nell'imitazione spontanea e nel gioco
simbolico
18
.
13
V. Mastronardi, Manuale per operatori criminologi e psicopatologi forensi,
Giuffrè Editore, Milano 1996, p.193
14
Ibidem
15
www.comunicobene.com/contenuto/cnv.html
16
K. Gervasi – R. Mongardini, op. cit.p.36
17
N.Cavazza, Comunicazione e persuasione, Il Mulino, Bologna 1997
18
www.comunicobene.com/contenuto/cnv.html
14
I sistemi o canali attraverso i quali si esplica la CNV sono:
- la prossemica;
- la cinesica;
- gli aspetti paralinguistici;
- la gestualità.
La PROSSEMICA non è altro che la gestione degli spazi territoriali durante
un dialogo e per cultura antropologica la distanza che si va creare tra due soggetti è
uno dei primi momenti che determinano uno stato di tensione o di rilassamento
19
. La
prossemia quindi, nell’ambito della CNV studia non solo come vengono gestite le
distanze tra i soggetti coinvolti in un dialogo ma anche tra quelli che non partecipano
attivamente in un processo comunicativo consapevole. Occorre anche evidenziare, e
ciò sarà utile quando andremo ad affrontare gli aspetti comunicativi interculturali,
che la gestione della distanza interpersonale varia da Paese a Paese in quanto il
comportamento spaziale è direttamente collegato alle norme culturali apprese
mediante i processi di socializzazione. Quindi comprendere le regole sociali alla base
di un gruppo di diversa estrazione culturale è fondamentale non solo per essere
accettati ma anche per instaurare un processo comunicativo omogeneo. Adottare,
infatti, uno spazio prossemico in contrasto da quello condiviso dall’interlocutore o
dagli altri partecipanti, pregiudica quasi sempre il buon esito comunicativo
20
.
Il linguaggio prossemico, a sua volta, presenta al suo interno due diverse
tipologie che andremo ora ad analizzare: IL CONTATTO FISICO e IL
COMPORTAMENTO TERRITORIALE.
Il contatto fisico: la stretta di mano ed i toccamenti sulla superficie corporea,
sono i due modi mediante i quali, di norma, si stabilisce un contatto emozionale con
l’interlocutore. In ogni caso è utile chiarire che se determinati comportamenti sono
autorizzati in un rapporto amichevole, lo stesso non può essere affermato quando il
19
K.Gervasi – R.Mongardini, op. cit, p.38
20
Ibidem, p.113
15
rapporto è formale e vengono definiti a connotazione socio-cognitiva opposta. La
variazione situazionale richiama il principio fondamentale nello studio della
comunicazione che ogni scambio di relazione deve essere sempre contestualizzato.
Tra le varie tipologie di contatti fisici, sicuramente la stretta di mano è
quello maggiormente utilizzato essendo uno dei gesti che viene esercitato con
persone appena conosciute per determinare, fin da subito, una modalità relazionale.
Mentre la scelta del saluto con la stretta di mano è codificato culturalmente e dalla
differenza di potere tra i due interlocutori, l’intensità della stretta stessa può
manifestare, di volta in volta, il tipo di personalità ( timido, estroverso, sicuro di sé,
ecc), il sentimento provato in quel momento riguardo la persona con cui si
interagisce ( indifferenza, contentezza, ecc) ed infine il desiderio di fare una bella
impressione che induce ad eseguire una stretta decisa e vigorosa. Esistono dunque
diverse forme della stretta di mano:
- la stretta sportiva, agita con ampi movimenti come “dare il cinque”;
- la stretta rituale cioè delle forme codificate da una elite di persone come una
sorta di password per accedere alloro cerchia di amicizia ( è una forma ormai
desueta);
- la stretta che respinge, tipica delle persone riservate che ancor prima di fare
conoscenza con una persona hanno già ritratto il braccio per evitare qualsiasi
altra interazione;
- la stretta che avvicina, propria delle persone invischianti e fragili
emotivamente che spostano quasi immediatamente qualsiasi rapporto su un
piano confidenziale coinvolgendo le persone, loro malgrado, nei loro
problemi personali;
- la stretta di mano con torsione del polso indica il desiderio, espresso dalla
forza energica agita, di predominare sull’altro;
- la stretta paritaria dove le mani sono verticali ed esprimono il significato
questa persona mi piace, è alla mia altezza;
16
- la stretta con mano molle che assieme alla mano solo con le punta delle dita
indica una persona con scarsa personalità, poco decisa e con poca grinta
proprio come la sua presa priva di qualsiasi energia vitale
21
.
Non bisogna dimenticare il fatto che dare per primi la mano può avere un
duplice significato di arroganza o di umiltà e dipende dalla circostanza relazionale e
dall’interlocutore. Per esempio dare per primi la mano ad un diretto superiore che
non ha fatto alcun cenno di volerla porre, attribuisce al gesto un segno di arroganza.
Al contrario quando alla fine di una partita, il giocatore perdente dà per primo la
mano all’avversario, esprime un gesto di umiltà. In ultima analisi anche la qualità
della mano che si tocca fornisce delle indicazioni. Infatti se una pelle liscia, calda e
morbida genera delle sensazioni gradevoli, parimenti mani sudate, fredde e
appicicaticce esprimono sensazioni fastidiose che, generalizzate, vengono attribuite
alla persona, nell’insieme, che abbiamo di fronte
22
.
Si conclude l’argomento sottolineando che una variante della semplice stretta
di mano, diversificatasi nel corso del tempo, è l’azione del tenersi mano nella mano
che varia in relazione a come viene percepita e/o esibita, ossia: come gesto d’amore
(tenersi per mano tra due partners), come segno forte d’amicizia ( due amiche) o
come gesto di affettività privo di componenti erotico sessuale, ovvero come la
mamma prende per mano il proprio bambino
23
.
Il comportamento territoriale: non si può parlare di linguaggio prossemico
se non si analizza la gestione delle distanze in una comunicazione analogica. Se gli
animali marcano il territorio con l’urina, così gli uomini circoscrivono il proprio
territorio variando la lontananza o la vicinanza prossemica con il proprio
interlocutore. Hall (1966) delinea quattro categorie nella gestione delle distanze:
intima, personale, sociale e pubblica.
21
Ibidem, p.116 - 117
22
Ibidem, p.118
23
Ibidem, p.114