II
acidi a prodotti gassosi che, espandendosi molto velocemente, causano la separazione
dei piani grafenici.
Accanto a questa espansione chimica abbiamo anche praticato una demolizione
meccanica della grafite utilizzando un ball-miller ad alta potenza. Questo studio è stato
attuato sulla base di osservazioni SEM, nelle quali le lamelle di grafite presenti in
maggior quantità risultavano essere troppo grandi per poter subire avvolgimento:
un’operazione di cutting meccanico avrebbe dovuto portare ad una diminuzione
dimensionale delle lamelle carboniose. In realtà l’effetto è stato al di là delle
aspettative. La frantumazione della grafite ha prodotto foglietti eccessivamente piccoli
e addirittura la formazione di carbonio amorfo, inficiando così i passaggi successivi.
Infine è stato perseguito un processo alternativo utilizzando HNO3 fumante ed ozono
come intercalanti, seguito da esfoliazione con etanolo e sonicazione, ottenendo un
notevole miglioramento nella produzione di CNS.
La seconda parte del progetto ha riguardato la produzione di materiali compositi a
base di grafite ossido e politiofeni per produrre un materiale che abbinasse
sinergicamente le caratteristiche meccaniche della grafite con quelle elettriche di un
semiconduttore organico polimerico nell’ottica di un possibile impiego come
componenti in dispositivi elettronici. Il rinforzo di grafite ossido è stato ottenuto per
ossidazione con permanganato in acidi minerali forti, è facilmente disperdibile in
acqua e può ripristinare la grafite di partenza in seguito a riduzione con idrazina.
La parte polimerica è stata prodotto in ambiente acquoso utilizzando unità
tiofeniche quali il 3,4-etilenediossitiofene (EDOT) e il 3-esiltiofene (3HT), puri o in
miscela, in presenza di grafite ossido, ammonio persolfato (APS) come agente
polimerizzante e un tensioattivo per evitare la precipitazione del sistema. In seguito ad
evaporazione del solvente è stato ottenuto un materiale composito dalle caratteristiche
molto particolari, in forma di film sottile di colore nero e lucido, poco rugoso,
relativamente resistente e pressoché trasparente alla radiazione luminosa, in soluzione
acquosa, in un ampio intervallo di lunghezze d’onda nel campo del visibile e del vicino
infrarosso. Sono stati infine condotti alcuni test in transistor precostruiti presso lo
Zernike Institute for Advanced Materials dell’Università di Groningen, Olanda, per
accertarne le proprietà di conduzione elettronica. Il materiale, anche se non
presentava un effetto transistor e quindi non adatto per dispositivi di questo tipo, è
risultato invece un possibile candidato per la costruzione di diodi a base organica.
III
Abstract
The research activities set forth in this doctoral thesis is divided into two parts: at
first the study, production and functionalization of some early structures called
carbon nanoscrolls (CNS), rolled sheets obtained from the curling of grapheme sheets
to form structures similar to the already known carbon nanotubes, was conducted.
Currently these objects are studied mainly from a theoretical point of view and
considered good candidates in three main areas: hydrogen storage, production of
nanodevices and reinforcement in composite materials.
The production of CNS passes through an initial stage of reaction with metallic
potassium, obtaining an intercalation compound of minimum formula KC8,
characterized by alternating graphene plans and potassium atoms, pale bronze and
highly reactive. Following a direct reaction with ethanol, hydrogen and high
esotermicity generated in the process determine the expansion of graphite sheets.
The next step requires an ultrasonication process conducted through an immersion
tool. This device consists of an electrical pulse generator with high power and a
piezoelectric transducer that converts the high frequency pulse-wave. The stadium of
ultrasound immission would overcome the energy barrier required for the bending of
the sheets so that the edges can overlap and adhere by Van der Waals forces that
establish after.
It has been studied the general procedure starting from a natural Madagascar type
graphite, purified by heat treatment and available in flakes of varying dimensions,
generally considered an excellent intercalating substrate.
As a result of numerous experiments conducted on the basis of information in the
literature and thus far described (intercalation, exfoliation, ultrasonication) were
obtained some rolled sheets (through TEM observations), but in unexpectedly low
quantities. We then tried to optimize the method by implementing a preliminary
expansion graphite, using a mixture of concentrated H2SO4/HNO3 as intercalating
agents, followed by an expansion stadium by heat or using microwaves. In both cases,
it causes the degradation products of acid gases that expanding very quickly, causing
the separation of grafephene sheets.
Alongside this expansion chemistry we also practiced a mechanical demolition
using high power ball-miller. This study was implemented on the basis of SEM
observations, in which the slats of graphite present in greater quantities were too large
to submit wrapping: a mechanical cutting should lead to a decrease of dimension in
IV
lamellae. Actually the effect was beyond expectations, excessive crushing of graphite
produced too small leaflets and even the formation of amorphous carbon, thereby
invalidate this step. Finally was pursued an alternative process using ozone and HNO3
steaming as intercalating agents, followed by exfoliation with ethanol and
ultrasonication, obtaining a considerable improvement in the production of CNS.
The second part of the project has involved the production of composite materials
based on graphite oxide and polithiophenes to produce a material that synergistically
combining the mechanical properties of graphite with an electric organic
semiconducting polymer, with a possible use as components in electronic devices. The
graphite oxide has been obtained with permanganate oxidation in strong mineral
acids; it is easily dispersable in water and can restore the starting graphite in form of
carbon nanoplatelets after reduction with hydrazine.
A polymer has been produced in aqueous environment using thiophenic units such
as the 3.4-etilenedioxythiophene (EDOT) and the 3-hexylthiophene (3HT), pure or in
mixture, in presence of graphite oxide, ammonium persulphate (ODA) as polymerizing
agent and a surfactant to prevent the precipitation of the system. After evaporation of
the solvent a composite material with special characteristics was obtained, in the form
of thin and shiny black films, with little roughness, and relatively transparence to
radiation light in aqueous solution in a wide range of wavelengths in the visible and
near-infrared frequencies. They were finally conducted some tests in prebuilt
transistors at the Zernike Institute for Advanced Materials at the University of
Groningen, Netherlands, to determine the properties and electronic conduction of this
material.
- 1 -
Capitolo 1 – Introduzione
1.1 – Descrizione generale delle strutture a base di carbonio
L’enorme varietà di molecole esistenti o sintetizzabili con i metodi della chimica
organica rende molto bene l’idea della capacità, da parte del carbonio, di poter essere
inserito in numerosi contesti. E’ noto ai più che questo elemento, così importante da
essere la base della nostra forma vivente, si trova in natura sotto due principali forme
allotropiche conosciute da millenni: diamante e grafite. In realtà il polimorfismo del
carbonio è molto più pronunciato e con il passare degli anni sono state scoperte e
catalogate altre strutture differenti dalle originarie:
• Carbone amorfo, costituito da un assortimento di atomi di carbonio
disposti irregolarmente e perciò senza una struttura cristallina ben definita. A
questa categoria appartengono tutti quei prodotti che vengono chiamati
normalmente “carbone”: i vari lignite, antracite, litantrace e la fuliggine o
nerofumo. Anche in materiali quali cenere, bitume, braci, derivati della pirolisi
di materiali naturali o prodotti alimentari vi è una certa percentuale di carbone
amorfo. Dal punto di vista strettamente scientifico il carbone amorfo è un
materiale policristallino, costituito da nanoaggregati di grafite e diamante
immersi in una matrice di carbonio irregolare. Essendo le proprietà dei carbone
amorfo strettamente dipendenti dalla percentuale di parte grafitica e
diamantifera, le tipologie di carbone amorfo vengono classificate in base al
rapporto tra legami sp2 (portati dalla grafite) ed sp3 (di origine diamantifera),
determinabile mediante misure XPS o Raman.
• Fullereni e nanotubi, scoperti rispettivamente nel 19851 e nel 19912,
ottenibili per scarica ad arco elettrico su elettrodi di grafite. I fullereni sono
costituiti da strutture sferiche o sferoidali di atomi di carbonio aventi superfici
esagonali o pentagonali fuse tra loro; il rappresentante di questa famiglia è il
fullerene C60. I nanotubi sono invece formazioni cilindriche di atomi di carbonio
connessi da anelli esagonali e chiusi alle estremità da calotte emifullereniche.
La trattazione specifica di queste strutture ed altre strutture similari
(nanohorns, nano-onions) esula dallo scopo di questa tesi perciò si rimanda il
lettore all’ampia letteratura specializzata.
- 2 -
• Glassy carbon3, una forma vetrosa di carbonio con alcune caratteristiche
strutturali simili a quelle dei fullereni superiori che viene ottenuta per pirolisi,
sotto vuoto spinto e ad alte temperature, di resine fenoliche. In virtù di questa
origine si può considerare il glassy carbon come un polimero sintetico del
carbonio. Esso si presenta con una struttura simile a quella grafitica con piccoli
cristalli dotati di pori di dimensioni nanometriche. Il materiale viene impiegato
solitamente come elettrodo vista l’ elevata inerzia chimica e una bassa tendenza
all’ossidazione.
• Carbon nanofoam4 (schiuma di carbonio), la forma più recente, scoperta
nel 1997, a densità molto bassa (0,25 g/mL), costituita da cluster di poche
migliaia di atomi di carbonio collegati tra loro in una sorta di rete
tridimensionale. E’ un materiale ottenibile per ablazione laser ad elevata energia
da grafite in atmosfera di argon e presenta ferromagnetismo transiente ma
conservabile nel tempo se il materiale, appena prodotto, viene raffreddato al di
sotto di -183°C.
• Lonsdaelite, l’equivalente del diamante ma a struttura esagonale,
prodotto dall’impatto sulla Terra di corpi celesti ricchi in carbonio e, per questo,
facilmente rinvenibile nei crateri meteoritici.
Diamante Grafite Fullerene Nanotubi
Carbone amorfo Glassy carbon Carbon nanofoam Lonsdaelite
Figura 1.1-1 – Le forme di carbonio
1.2 – La grafite e i suoi derivati
La grafite è l’allotropo del carbonio più diffuso in natura e di maggior impiego;
rappresenta la forma termodinamicamente più stabile, in condizioni standard di
temperatura e pressione, di questo elemento e la sua struttura si contraddistingue per
- 3 -
essere laminare. Infatti ogni cristallo è formato da piani paralleli costituiti a loro volta
da atomi di carbonio disposti ai vertici di un esagono (Figura 1.2-1).
Figura 1.2-1 – Rappresentazione della grafite.
Si può osservare come ogni atomo di carbonio sia legato ad altri tre con legami di
tipo σ, inoltre gli orbitali sono ibridati sp2. Ad ogni atomo rimane un quarto elettrone
del guscio di valenza nell’orbitale pi che è in grado di migrare da un atomo all’altro del
piano, generando così, assieme agli altri, una sorta di “nuvola elettronica” sopra e
sotto il piano di carbonio.
Queste caratteristiche determinano distanze diverse tra gli atomi di carbonio: la
distanza C–C misurata entro il piano risulta essere di 1.42 Å, quando è valutata tra gli
atomi di due piani paralleli è 3.35 Å. Questo valore è dovuto alla presenza di forze
intermolecolari tra i piani di tipo Van der Waals.
Questo modello spiega le caratteristiche meccaniche della grafite: la sua tendenza a
sfaldarsi, la sua bassa durezza, che nella scala di Mohs (Tabella 1.1-1) risulta
compresa tra 1 e 2 e il suo peso specifico che è tra 2.1 – 2.3.
Grado della scala Strutture di esempio
1 (teneri)
2
3 (semi duri)
4
5
6 (duri)
7
8
9
10
Talco
Gesso
Calcite
Fluorite
Apatite
Ortoclasio
Quarzo
Topazio
Corindone
Diamante
Tabella 1.2-1 - Scala di durezza di Mohs
È caratteristica della grafite anche la conducibilità elettrica, che essendo nei
monocristalli fortemente anisotropa, risulta assai maggiore parallelamente ai piani che
- 4 -
non in direzione normale ad essi. Ciò è dovuto agli elettroni degli orbitali pi che sono
delocalizzati e liberi di muoversi solo parallelamente allo strato.
Esistono due varianti strutturali della grafite che rappresentano un esempio di
politipismo, caso particolare di polimorfismo in cui le diverse modificazioni possiedono
strutture stratificate a diversa sovrapposizione. Si può avere infatti la grafite esagonale
e quella romboedrica (Figura 2-2).
ABAB... ABCABC...
3.35 Å
A
B
A
B A
B
C
A
B
C
sequenza lungo c
proiezione sull'asse c
grafite esagonale grafite romboedrica
Figura 1.2-2: grafite esagonale e grafite romboedrica.
Nel primo caso la struttura mostra una successione ABABAB in cui lo strato B è
slittato di un terzo della diagonale lunga dell’esagono di base. Nel secondo gli strati
mostrano una successione ABCABC in cui gli strati sono rispettivamente slittati un
terzo (B) e due terzi (C).
Le proprietà fisiche della grafite ne condizionano gli impieghi pratici: la bassa
durezza la rende utile per la fabbricazione di matite (impastata con quantità variabili
di minerali argillosi), grazie alla facile sfaldabilità trova impiego come lubrificante
secco, la sua conducibilità elettrica anisotropa la rende preziosa per alcuni utilizzi
come la tecnica galvanoplastica, il punto di fusione molto alto ne permette l'impiego
per crogioli refrattari destinati ad usi speciali.
La grafite è anche attaccabile parzialmente da alcuni acidi concentrati, come HNO3
e H2SO4 che lasciano inalterati la struttura degli anelli esagonali ma intercalano i
piani grafitici. Esistono due tipi di grafite, quella naturale e quella sintetica.
- 5 -
1.2.1 – Grafite naturale
In natura la grafite viene ritrovata sotto forma di minerale di origine metamorfica,
originato entro sedimenti ricchi di sostanza organica sottoposti ad intense azioni
termiche. A seconda della morfologia macroscopica, si può suddividere in:
- amorfa
- in fiocchi
- con elevata cristallinità
La prima è presente come piccole particelle in depositi di carbone, ardesia e scisto.
Il contenuto di grafite, compreso tra 25% e 85%, è funzione delle condizioni geologiche
del territorio. I cristalli presentano un elevato disordine che rende questo materiale
estremamente resistente al consumo.
La grafite in fiocchi si trova nelle rocce metamorfiche uniformemente distribuita in
minerali o concentrata in piccole lenti di forma concava. La concentrazione di grafite
nel giacimento varia da 5% a 40% al momento dell’estrazione e dopo una prima
lavorazione è circa tra 80% e 90%. Infine la purificazione via trattamento chimico e
termico porta ad avere grafite di purezza superiore al 98%. Un esempio di grafite
naturale in fiocchi è la grafite Madagascar o la grafite della Cina.
La grafite ad elevata cristallinità è originata da depositi di petrolio greggio che viene
convertito in grafite. Si trova in giacimenti dall’aspetto laminare (vene) che hanno
dimensioni che vanno da 1 cm a 1 m. All’estrazione presenta una purezza superiore al
90% e i cristalli si presentano come una sorta di pacchetti di 3 – 30 strati di diametro
compreso tra 1 e 100 nm.
1.2.2 – Grafite sintetica
La grafite sintetica può essere prodotta da coke di petrolio o da pece, è di elevata
purezza ma presenta un basso livello di cristallinità.
Tra i possibili metodi per la produzione di grafite sintetica si annoverano la
calcinazione di coke di petrolio calcinato e pece di catrame fossile in una fornace
elettrica. Si ottiene un materiale costituito da carbonio praticamente puro e
denominato commercialmente “elettrografite”. Un altro tipo è la grafite ricavata
scaldando la pece di petrolio calcinata a 2800°C. In entrambi i casi si tratta di
deposizioni di vapori di idrocarburi ad elevata temperatura, per la decomposizione
termica di carburi.
- 6 -
Infine, un importante derivato sintetico della grafite è la cosiddetta HOPG (Highly
Oriented Pyrolitic Graphite), prodotta per pirolisi ad elevata temperatura di idrocarburi5
alifatici o aromatici quali metano o benzene, e costituita da strati perfettamente
ordinati di grafene. Questo materiale è utilizzabile nelle analisi spettroscopiche poiché
per semplice esfoliazione meccanica produce una superficie molto piana sulla quale è
possibile depositare e studiare una moltitudine di specie organiche ed inorganiche. Per
via della sua elevata regolarità, purezza e resistenza, può essere anche utilizzato come
dispositivo monocromatore per i raggi X.
1.3. – Composti di intercalazione della grafite6
Per via della sua particolare struttura lamellare, la grafite può ospitare tra i piani
varie specie, inorganiche od organiche sia semplici sia complesse, generando una serie
di derivati utilizzabili come tali o sottoponibili a lavorazioni ulteriori; essi vengono
raggruppati sotto la famiglia di composti di intercalazione della grafite (o GIC,
acronimo di graphite intercalation compound). All’interno di questa denominazione si
possono tuttavia individuare due tipologie specifiche:
• GIC con specie elettron-donatrici (GIC “basici”): il più noto
rappresentante di questa categoria è la potassio grafite, ottenuta per reazione
diretta tra gli elementi; esistono tuttavia moltissime specie di questo tipo, sia
con metalli alcalini o di transizione che con sali (comunemente alogenuri) degli
stessi;
• GIC con specie elettron-accettrici (GIC “acidi”): a questa categoria fanno
capo i composti di intercalazione con acidi minerali forti, come l’acido solforico e
l’acido nitrico, alcuni ossidi, come l’anidride solforosa o il pentossido di azoto,
esafluoro anioni (MF6- , dove M = P, As, Sb, Os, Ir) ed alogeni.
Il processo di intercalazione si può definire generalmente come la penetrazione di
specie ospiti (guest) tra i piani di una specie ospitante (host) con il conseguente
aumento della distanza interplanare rispetto l’asse perpendicolare ad essi (asse c).
Esso procede di solito per passaggi successivi:
- 7 -
Figura 1.3-1 - Processo di intercalazione.
Si definisce un ordine o ‘stadio’ di intercalazione come il numero di piani di
ospitante interposti a quelli di specie ospitata. All’aumentare dell’agente intercalante
diminuisce anche l’ordine, fino ad arrivare al primo stadio in cui vi è una completa
alternanza tra host e guest. Il fenomeno trainante dell’intercalazione è detto staging e
consiste nel contributo di due forze, repulsiva tra gli strati di grafite che si trovano a
contatto per azione meccanica degli ospiti, ed attrattiva tra quelli che sono stati
allontanati sempre per lo stesso motivo, in modo da minimizzare il costo della rottura
delle interazioni di Wan der Walls interstrato: ciò determina uno “scivolamento”
dell’ospite fino ad una situazione ordinata al primo stadio in cui si producono zone
alternate di stati occupati e stati vuoti.
Per quanto riguarda il caso della grafite, la spiegazione del passaggio di una specie
dal- l’n-esimo stadio al primo si fonda su effetti di deformazione elastica. In pratica
ogni coppia di specie ospiti può essere rappresentato come una coppia di forze
elastiche in grado di espandere le gallerie tra i piani della grafite (Figura 1.3-2).
Figura 1.3-2 - fenomeno dello staging.
- 8 -
Come si può vedere nella Figura 1.3-2(b), quando le due specie che generano la
coppia di forze sono disposte una sopra l’altra si ha repulsione, quando sono affiancati
si ha attrazione. Questo gioco di forze porta ad avere stadi in cui convivono zone di
disordine cristallino e zone di ordine puro.
Nella preparazione dei composti di intercalazione della grafite, i parametri
fondamentali da considerare per una buona riuscita del processo sono:
• grado di cristallinità e dimensione dei cristalli: i campioni di grafite che
possiedono cristalli sottili rispetto l’asse c si sottopongono all’intercalazione con
un’attività dell’intercalante più bassa rispetto il caso di un campione che
possiede cristalli più spessi;
• tipo di agente intercalante: utilizzando specie ossidanti, i campioni ad
elevata imperfezione mostrano un grado di intercalazione inferiore rispetto ai
campioni di grafite che presentano un maggior grado di cristallinità. Dall’altro
lato, per gli intercalanti di riduzione, evidenze sperimentali hanno mostrato che
la presenza di cross-linking tra i piani di grafite aiuta la reazione di
intercalazione;
• temperatura: generalmente, all’aumentare di questa si assiste ad un
progressivo aumento dell’ordine e quindi ad un allontanamento dalla ideale
situazione di primo stadio.
Il processo di intercalazione della grafite più comune è di tipo riduttivo. Si
utilizzando comunemente metalli alcalini (generando sistemi binari carbonio-metallo) o
loro leghe binarie (generando di conseguenza sistemi ternari carbonio-metallo
1/metallo 2, meno diffusi dei precedenti).
I composti della grafite intercalata da metalli alcalini sono i più studiati per questo
materiale, per via della relativa facilità di sintesi e di reperimento degli elementi. I
metodi adottati per la preparazione di questi GIC e la composizione dei materiali
ottenuti, a parità di stadio raggiunto, determinano una distinzione degli elementi in
due gruppi: M nel caso di K, Rb e Cs, M’ con Li, Na, Ca, Ba, Sr, Eu, Yb, Tm e Sm.
Tutti i metalli del gruppo M reagiscono senza difficoltà con la grafite a 140°-200°C.
Il litio reagisce solo in condizioni drastiche di pressione e temperatura e si ritrova
sempre un’impurezza di carburo di litio Li2C2. Il composto con il sodio è difficile da
ottenere direttamente e da isolare. Anche gli alcalini terrosi (Ca, Ba, Sr) e la serie dei
lantanidi (Eu, Yb, Sm, Tm) si comportano come i composti di intercalazione del litio,
richiedendo temperature di 500°-600°C e diverse settimane di riscaldamento perché la
reazione vada al primo stadio.
- 9 -
Per quanto riguarda la composizione, in termini di formule minime, il primo stadio
per i composti MC8 e lo stadio più alto MC12n contrastano molto dal primo stadio M’C6,
eccetto che per il sodio. Inoltre lo stadio intermedio del litio è variabile e non è
possibile ottenere un materiale M’Cx puro allo stadio più elevato.
Nella Tabella 1.3-1 sono riportate alcune caratteristiche dei composti di
intercalazione di grafite nei gruppi M ed M’:
Tabella 1.3-1: valori sperimentali di composti di intercalazione.
Si può osservare come il vero diametro della specie intercalante ottenuto per
differenza tra la distanza interplanare nel GIC e nella grafite di partenza (Ic - 3,35 Å)
risulta essere più piccolo della dimensione del catione: tale fenomeno è interpretabile
ipotizzando una disposizione dei guest al centro dell’esagono aromatico, assumendo
una dimensione inferiore a quella del catione di partenza e determinando una
struttura più compatta (Figura 1.3-3).
Figura 1.3-3 – Modello a sfere per l’impaccamento del potassio tra i piani della
grafite in KC8 (GIC di stadio 1)6
- 10 -
Andando ad osservare le celle unitarie per i composti più rappresentativi dei due
gruppi, MC8 ed M’C6 (Figura 1.3-4), i metalli della serie K, Rb e Cs occupano tutti e
quattro i vertici α mentre nel secondo caso le posizioni occupate sono solo tre.
Figura 1.3-4 - Celle unitarie in M’C6 e MC8
E’ stato detto in precedenza che la temperatura gioca un ruolo fondamentale
nell’ordine e quindi nell’impaccamento lungo l’asse c. Andando a vedere in dettaglio il
caso della potassio grafite, composto rappresentativo tra i vari GIC alcalini, è possibile
generalizzare una formula minima KC8x: nel primo stadio x = 1, per gli n stadi
successivi x = 1.5n. In figura 1.3-5 sono raffigurati i vari stadi di KC8x in funzione
crescente della temperatura: si può facilmente notare che al suo aumento le strutture
presentano uno stadio crescente di intercalazione e di conseguenza gli strati vuoti
disposti tra quelli di grafite risultano diventare più fitti.
Figura 1.3-5: composti di intercalazione della grafite con il potassio.