6
Tale decisione investirà, in primo luogo, la storicità di un fatto
umano, espressione da intendersi in senso ampio, così da riferirla sia ad un
accadimento, e quindi ad una modificazione della realtà, sia ad un semplice
comportamento, quando è essenzialmente questo che rilevi penalmente.2
In secondo luogo, investirà l’attribuzione del fatto medesimo ad un
soggetto individuato, o imputazione, con riferimento al complesso dei
criteri oggettivi, soggettivi e normativi cui la legge penale subordina il
sorgere della responsabilità.
Infine, investirà l’esistenza di una norma incriminatrice nel cui
ambito inquadrare quel fatto.
Su ognuno di questi temi la pronuncia giurisdizionale implica
altrettanti giudizi, i quali, “destinati a comporsi nel giudizio penale
complessivo, stanno in posizione strumentale rispetto ad esso e realizzano
in tal modo un accertamento.”3
Si può affermare, pertanto, che l’oggetto dell’accertamento
giurisdizionale è innanzi tutto l’esistenza reale di un fatto particolare,
ovvero di un comportamento attribuibile ad una determinata persona.
In caso affermativo, deve essere accertata, quindi, la rilevanza
penalistica del fatto stesso, cioè la possibilità di sussumere la fattispecie
concreta in quella astratta descritta dalla norma penale, tenendo conto di
2
Vedi ad es. i reati di mera condotta o i reati omissivi propri.
3
P. TONINI, Manuale di procedura penale, Milano, 2007, I, p. 207
7
tutti gli elementi che concorrono a determinare il giudizio valutativo
espresso dalla norma stessa.4
Una volta operato tale accertamento, interviene una seconda attività
che riguarda la individuazione e irrogazione della sanzione dalla norma
ricollegata a quel comportamento, del quale è stata precedentemente
valutata l’illiceità penale.5
Tale attività di accertamento giurisdizionale, pertanto, non può
presentare il carattere dell’assolutezza, poiché “la verità storica è e resta
irripetibile.”
Ciò che si attua attraverso la struttura processuale penale, da
considerarsi in tutte le sue fasi, è, infatti, una ricostruzione che, per
convenzione e per il rigore del metodo di ricerca attuato, appare al
legislatore la più affidabile.6
La struttura del processo penale, perciò, è articolata secondo i canoni
di un modello di riferimento.
Nel nostro attuale sistema tale modello è quello comunemente
definito come “accusatorio”, secondo il quale “il miglior strumento
attraverso cui il giudice possa pervenire ad una ricostruzione dei fatti in
modo completo ed affidabile è rappresentato dalla dialettica fra le parti, con
4
Come l’atteggiamento psichico dell’agente, l’assenza di cause di non imputabilità o di esclusione
del reato, la presenza di cause giustificative, di circostanze aggravanti o attenuanti, ecc.. Sul
punto v. G. SPANGHER – G. RICCIO, la Procedura Penale, Napoli, 2002, p. 398
5
D. SIRACUSANO – A. GALATI – G. TRANCHINA – E. ZAPPALA’, Diritto processuale
penale, Milano, 2006, p. 6
6
FALZEA, Accertamento, in Enc.Dir., I, Milano, 1958, p.158
8
ampie ed effettive possibilità per le parti stesse di prospettare le proprie
tesi.”
7
7
G. SPANGHER – G. RICCIO, la Procedura Penale, op .cit., p. 399
9
1.2. Oggetto dell’accertamento e nozione di
imputazione.
Dopo aver individuato nell’attività di accertamento dei fatti la
funzione centrale del processo, occorre, a questo punto, definire l’oggetto di
tale accertamento, nonché analizzare le vicende processuali che conducono
alla sua determinazione conclusiva.
L’oggetto dell’accertamento processuale è costituito
dall’imputazione, che contiene il nucleo rispetto al quale si muovono le
dinamiche dell’intero processo penale. Essa può essere definita, nella sua
accezione più ampia, come l’addebito che viene mosso a taluno della
commissione di un fatto-reato.8
L’imputazione rappresenta, quindi, il punto fondamentale del
processo penale, poiché catalizza su di sé una serie di situazioni tutte
orientate all’epilogo della vicenda processuale, vale a dire la decisione del
giudice competente.
8
G. REYNAUD, I mutamenti dell’imputazione, in aa.vv., Il giudizio ordinario a cura di S.
NOSENGO, Torino, 2002, p. 298
10
Definendo l’art. 187 c.p.p. 9 l’imputazione come il nucleo centrale
del thema probandum, il processo penale stesso finisce per volgere
principalmente alla verifica della sua fondatezza storica e giuridica.10
Il termine “imputazione”, quindi, è utilizzato dal codice con
riferimento a diverse tipologie di atti processuali.
Innanzitutto, di imputazione si parla nell’art. 405 1°co. c.p.p.11,
laddove essa è indicata come il requisito significativo dell’atto con cui il
pubblico ministero esercita l’azione penale, richiedendo il rinvio a giudizio
al giudice dell’udienza preliminare (art. 417 c.p.p.), emettendo direttamente
il decreto di citazione a giudizio (art. 550 c.p.p.), oppure investendo il
giudice competente a definire il procedimento nell’ambito di uno dei riti
alternativi di cui al libro VI del codice, ad eccezione del rito abbreviato che
s’instaura quando l’azione penale è stata esercitata.
In secondo luogo, l’imputazione è elemento costitutivo di
provvedimenti di tutt’altra natura, ossia conclusivi di fasi o gradi del
procedimento, riservati questa volta alla competenza dei giudici: il decreto
di rinvio a giudizio (art. 429 1°co. lett. c e art. 456 1°co. c.p.p.), il decreto
9
L’art. 187 c.p.p., intitolato “Oggetto della prova”, infatti prevede: “1. Sono oggetto di prova i
fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della
misura di sicurezza. 2. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l’applicazione di
norme processuali. 3. Se vi è costituzione di parte civile sono inoltre oggetto di prova i fatti
inerenti alla responsabilità civile derivante dal reato”
10
G. LOZZI, Lezioni di procedura penale, Torino, 2007, p. 275
11
L’art. 405 c.p.p., intitolato “Inizio dell’azione penale. Forme e termini.”, nel suo 1° comma
recita: “Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l’archiviazione, esercita l’azione
penale, formulando l’imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI ovvero
con richiesta di rinvio a giudizio”
11
penale di condanna (art. 460 1°co. lett. b c.p.p.) e la sentenza (art. 546 1°co.
lett. c c.p.p.).
In virtù di specifiche disposizioni di legge o, semplicemente, per
prassi, l’imputazione è poi trascritta quale elemento, non essenziale ma
sicuramente naturale, di altri atti processuali documentali, adottati dal
giudice (ad es., il decreto di citazione del responsabile civile ex art. 83
c.p.p.), dalle parti private (si pensi alla dichiarazione di costituzione della
parte civile o degli altri soggetti portatori di interessi civilistici) o
indistintamente dalla parte pubblica e privata (gli atti di impugnazione).
Oltre ad essere un elemento dei singoli atti processuali,
l’imputazione rappresenta un requisito fondamentale dello stesso
procedimento penale complessivamente inteso: l’iter giudiziario penale,
infatti, nasce da una notizia di reato suscettibile di trasformarsi in
imputazione.
L’effettiva formulazione di quest’ultima, infatti, dà vita al processo
vero e proprio, che si sviluppa principalmente intorno all’imputazione (art.
187 1°co. c.p.p.) e con riferimento ad essa si conclude (art. 521 c.p.p.).12
Tuttavia, costituendo il procedimento penale una fattispecie legale a
formazione progressiva, solo di rado il tema del processo può apparire
delineato nei suoi precisi contorni sin dalle prime battute dell’accertamento.
12
G. REYNAUD, I mutamenti dell’imputazione, in aa.vv., Il giudizio ordinario a cura di S.
NOSENGO, op. cit., p. 299
12
Spesso, anzi, la sua configurazione definitiva si manifesta in
momenti molto avanzati del processo stesso, rivolgendosi quest’ultimo ad
avvenimenti del passato, “evocati sempre attraverso la riesumazione e la
lettura dei segni che ciascuno di essi lascia nel mondo circostante”.13 La
necessità di rintracciare tali segni e poi di interpretare e coordinare tra di
loro i dati raccolti condiziona inevitabilmente la struttura dell’accertamento,
“che può ricevere impulso solo da una situazione iniziale di conoscenza,
seppure ancora sommaria, degli stessi temi da ricostruire e procede per
approssimazioni successive fino ad una situazione conclusiva di certezza
convenzionale”14
La sua prima formulazione, infatti, ovvero quella contenuta nell’atto
di esercizio dell’azione penale, se, da un lato, costituisce una prima
definizione dell’addebito, dall’altro, non rappresenta ancora la versione
conclusiva “che fissa gli argini della successiva decisione”.
Infatti, l’accusa, come genericamente può essere definita, “è materia
fluida fino alla chiusura del dibattimento e può essere integrata e
modificata: diventa roccia strutturalmente immodificabile solo alla
conclusione della contesa dibattimentale. L’imputazione, quindi, è magma
fluido che solidifica nel corso dell’accertamento.”15
13
L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Bari, 1996, p. 25 e 26
14
T. RAFARACI, Le nuove contestazioni, op. cit., p. 94 e 95
15
G. SPANGHER – G. RICCIO, la Procedura Penale, op. cit., p. 567
13
Se, dunque, la sua prima solidificazione avviene al compimento
dell’attività prevista dal combinato disposto degli artt. 50 e 416 c.p.p., la
successiva udienza preliminare e il dibattimento possono mutare la sua
struttura in modo anche consistente. Del resto, “non si può non riconoscere
al percorso dell’accertamento la capacità di adeguare i termini dell’accusa
alla progressione delle conoscenze probatorie proprio per raggiungere quel
grado di immutabilità al momento della conclusione del dibattimento
quando assume il carattere di referente indefettibile della sentenza”.16
In passato, poiché l’accertamento della verità materiale dei fatti
avveniva nel corso della fase della istruzione 17, l’imputazione originaria si
cristallizzava in accusa al termine di tale attività, attraverso i due atti
conclusivi dell’ordinanza di rinvio a giudizio, nell’istruzione formale, e
della richiesta del decreto di citazione a giudizio, nell’istruzione sommaria.
L’addebito, a questo punto, non poteva più essere modificato nella
fase del dibattimento, dando luogo ad una distinzione evidente tra
imputazione ed accusa basata rispettivamente sulla fluidità della prima, sia
sul piano oggettivo che soggettivo, in quanto modificabile attraverso
l’accertamento istruttorio, e sulla definitività della seconda, in quanto,
16
G. SPANGHER – G. RICCIO, la Procedura penale, op. cit., p. 568
17
Sul punto vedi infra cap. 1 par. 1.3.
14
essendo il risultato dell’accertamento stesso, dotata di maggiore
determinatezza e fondatezza.18
Nel sistema odierno, poiché tale accertamento di regola avviene nel
corso del dibattimento, “luogo preordinato alla formazione della prova, fatta
eccezione per l’incidente probatorio ex art. 392 c.p.p., e, di conseguenza,
anche sede delle attività necessarie a costruire il tema decisorio nei suoi
esatti profili”19, è solo al termine dell’istruzione dibattimentale ex art. 521
c.p.p. che l’imputazione si definisce e si trasforma in accusa invariabile.
Infatti, la scelta legislativa di collocare all’interno del giudizio i
meccanismi preordinati all’acquisizione dei mezzi di prova implica
necessariamente la rinuncia alla possibilità di imporre che il thema
decidendum resti immutabile durante l’intero iter processuale, la cui
fisionomia, quindi, rimane incerta sino a quando non si concluda
l’istruzione probatoria.
La fisiologica fluidità del tema decisorio, però, incontra sempre un
limite. Non potendo, invero, l’accertamento processuale prescindere dal
compimento di attività conoscitive sul tema da accertare, “l’imputazione
può subire specificazioni nel corso del processo, ma va comunque
individuato un momento a partire dal quale il fatto ivi dedotto non è più
18
V. PERCHINUNNO, in aa.vv. del Manuale di Procedura Penale, Bologna, 1996, p. 463
19
Relazione al progetto preliminare, in Gazz. Uff., 24-10-1988, n. 250, suppl. ord. n. 2, p. 118
15
modificabile”20, poiché il giudice deve necessariamente decidere su un fatto
ormai definito e storicamente circoscritto.
Al di là delle possibilità di rilevare al termine dell’istruzione
probatoria un fatto diverso, nuovo o aggiuntivo, che, come vedremo, sono
le tre ipotesi possibili di nuove contestazioni ai sensi degli artt. 516, 517 e
518 c.p.p., il principio che viene posto in evidenza è, in sintesi, che il
giudice, da tale momento in poi, può dare al fatto una definizione giuridica
diversa da quella enunciata nell’imputazione, ma non può mai modificare il
fatto stesso.
Ed invero, una volta che accerti che il fatto è diverso da come è
descritto nel decreto che dispone il giudizio o da come è stato indicato nella
contestazione dibattimentale, il giudice, ai sensi dell’art. 521 2° co. c.p.p.,
deve con ordinanza restituire gli atti al Pubblico Ministero perché inizi il
processo ex novo.
Ecco perché oggi, diversamente da ieri, “il principio di correlazione
tra accusa e sentenza riguarda la necessaria correlazione non solo fra
l’accusa determinatasi nel decreto che dispone il giudizio e la sentenza
(come in passato), ma anche, e soprattutto, fra l’accusa determinatasi al
termine dell’istruzione dibattimentale e la sentenza stessa (art. 521 2°co.
c.p.p.)”21
20
D. SIRACUSANO, Studio sulla prova delle esimenti, Milano, 1959, p. 52 e 122
21
V. PERCHINUNNO, in aa.vv. del Manuale di Procedura Penale, op. cit., p. 463
16
Modellato, quindi, sullo schema dialettico che impone di raggiungere
la conoscenza dei temi prospettati attraverso la conferma o la smentita di
una loro precedente ricostruzione 22, il processo penale ricalca la struttura
proprio del più generale fenomeno dell’accertamento, da cui riprende gli
elementi essenziali: la situazione iniziale di conoscenza provvisoria del
tema da accertare, le attività cognitive che seguono e la dichiarazione finale
di certezza. Tali momenti assumono la forma di altrettanti atti che
determinano diversi “stadi di conoscenza” e, nel linguaggio del legislatore,
assumono il nome di imputazione, accusa, mezzi di prova e sentenza. A
questi si può aggiungere l’ipotesi d’accusa o tema d’indagine nella fase
delle indagini preliminari, che, se, a rigore, non può essere ancora definita
imputazione, ne presenta però le medesime caratteristiche strutturali.23
22
T. RAFARACI, Le nuove contestazioni, op. cit., p. 5
23
FALZEA, Accertamento, in Enc.Dir., op. cit., p. 207
17
1.3. Imputazione, accusa e sentenza nel processo
c.d. con istruzione.
Nell’ambito del sistema delineato dal codice di procedura abrogato
non era possibile rinvenire una netta distinzione tra l’imputazione e
l’accusa.
Basti pensare che l’ordinanza di rinvio a giudizio, la richiesta e il
decreto di citazione nello stesso codice del 1930 assumevano il nome di
“accusa” nella rubrica dell’art. 477 c.p.p., mentre venivano denominati
“imputazione” dall’art. 412 c.p.p. ed, in rubrica, dall’art. 445 c.p.p..24
In mancanza di ulteriori norme che contribuissero a chiarire una
volta per tutte il significato di ciascuna delle due espressioni ora indicate, la
dottrina cercò di ricostruire la struttura e i contenuti dell’imputazione
prendendo le mosse dall’art. 78 c.p.p. del 1930, il quale conferiva la qualità
di imputato al soggetto cui veniva attribuito il reato in un atto qualsiasi del
procedimento.25
Sul rilievo che la figura dell’imputato non può prescindere da
un’imputazione, alcuni autori individuarono quest’ultima nell’atto mediante
il quale l’autorità giudiziaria attribuisce ad una persona determinata un fatto
riconducibile ad una fattispecie di illecito prevista da una norma penale, e
24
O. DOMINIONI, Imputazione, in Enc.Giur., XX, Milano, 1970, p. 819
25
F. CARNELUTTI, Cenni sull’imputazione penale, in Riv.Dir.Proc.Pen.., 1948, I, p. 204
18
ne fissarono i contenuti nella descrizione di un episodio storico e nella
designazione di un soggetto quale suo autore.26
Gli stessi autori ritennero di individuare un ulteriore effetto
dell’imputazione, rappresentato dal conferimento al destinatario, in
conseguenza della sua prima formulazione, di uno status che, ai sensi
dell’art. 79 c.p.p.1930, permaneva in ogni fase e grado del processo.
Si asserì, a tale riguardo, che “l’imputazione costituiva il primo
gradino di una scala al cui vertice era collocata la sentenza definitiva.”27
In altre parole, una volta formulata l’imputazione, si producevano gli
effetti tipici dell’azione penale, il cui esercizio imponeva “il progredire
della serie processuale” ormai avviata, finché non diventasse irrevocabile la
sentenza, identificando, in tal modo, l’atto con il quale si manifestava
l’esercizio dell’azione penale con quello contenente per la prima volta
l’imputazione.
Ne derivò, per un verso, la convinzione che l’addebito dovesse venir
elevato solo dall’organo titolare del potere di esercizio dell’azione penale,
e, per altro verso, l’ulteriore convincimento che l’imputazione
rappresentasse il risultato di un giudizio formulato sulla base dei primi
elementi probatori raccolti 28, superando così i dubbi suscitati dall’ambiguo
26
F. CARNELUTTI, Lezioni sul processo penale, IV, Roma, 1949, p. 10; nello stesso senso v. L.
SANSO’, La correlazione tra imputazione contestata e sentenza, Milano, 1971, p. 262 e 270
27
F. CARNELUTTI, Lezioni sul processo penale, op. cit., p. 206 e 208
28
O. DOMINIONI, Imputazione, op. cit., p. 819; nello stesso senso v. F. CORDERO, Giudizio, in
Nov.Dig.It., VII, Torino, 1961, p. 883
19
dettato normativo proprio relativamente al momento dell’esercizio
dell’azione penale quando si procedeva con istruzione sommaria.
Si giunse, infatti, a ritenere come consumata la possibilità di disporre
l’archiviazione ogni volta che, nel corso dell’istruzione sommaria, il
Pubblico Ministero avesse attribuito ad una persona determinata un fatto
riconducibile ad una norma penale, escludendosi così che la notizia di reato
potesse dichiararsi ancora infondata già dopo la prima enunciazione
dell’addebito.29
Sulla base di queste premesse, si pervenne a distinguere
l’imputazione dall’addebito formulato a chiusura della fase istruttoria e da
quello enucleabile dalla sentenza dibattimentale, per specificare che “al
compimento di ciascuno degli atti appena enunciati corrispondeva,
rispettivamente, la formulazione di un giudizio di possibilità, di uno di
probabilità e di uno di certezza in ordine alla sussistenza del fatto
prospettato ed alla sua attribuibilità all’imputato.”30
29
E. LEMMO, L’accusa suppletiva nel dibattimento penale, Milano, 1972, p. 27
30
F. CORDERO, Giudizio, in Nov.Dig.It., op. cit., p. 883; nello stesso senso v. L. SANSO’, La
correlazione tra imputazione contestata e sentenza, op. cit., p. 268.