rendono poi indispensabile l’intervento del giudice penale»
1
. Il rischio che
una cattiva amministrazione generi il proliferare di condotte e pratiche
corruttive è messo in luce dagli stessi dati diffusi dalla procura generale
della Corte, i quali mostrano come, delle 102 sentenze emesse dalla Corte
dei Conti per danno erariale derivante da attività contrattuale, ben 77 sono
sfociate nella condanna dei chiamati in giudizio; sentenze che hanno
riguardato la percezione di tangenti da parte di dirigenti in relazione a
lavori di infrastrutture stradali; percezione di illeciti compensi negli appalti
pubblici; appropriazione indebita di somme a seguito dell'emissione di falsi
o duplicati mandati di pagamento a fronte di prestazioni contrattuali
inesistenti o già pagate
2
. Non più rassicuranti appaiono, inoltre, i dati
inerenti il numero e il valore complessivo delle frodi comunitarie imputate
al nostro paese: le frodi segnalate nel 2008 ammontano a circa 148 milioni
di euro, di cui 61,6 milioni (per 90 casi) riguardano frodi nel settore degli
aiuti allo sviluppo regionale, con il maggiore importo nella regione Sicilia
(19,9 milioni).
Di fronte a un simile scenario, si avverte l’urgenza di una riforma
che investa l’intero apparato pubblico-aministrativo, che potenzi e
irrobustisca i controlli – sì da renderli «effettivi nello svolgersi e concreti
negli effetti» – e che promuova un uso delle risorse pubbliche che sia non
solamente legittimo, e cioè conforme alle norme, ma pienamente
rispondente ai criteri di sana amministrazione: all’esigenza, quindi, che la
1
Cfr. Relazione del Presidente della Corte dei Conti per l’inaugurazione
dell’anno giudiziario 2009, testo consultato sul sito web: http://www.ilsole24ore.com .
2
Il procuratore generale della Corte dei Conti Furio Pasqualucci, nel suo
intervento in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario, ha messo in evidenza
le risultanze di uno studio sul fenomeno della corruzione in Italia effettuato dal
soppresso Alto Commissario Anticorruzione, il quale segnalava che le sentenze
definitive di condanna emesse dal giudice penale nel periodo 1996-2006 in materia di
reati contro la P.A. ammontano a 18.553; nello stesso lasso di tempo il numero delle
sentenze di 1° grado emesse dalla Corte dei conti in materia di illeciti amministrativi, è
stato pari a 17.576 (di cui 6.620 di condanna).
2
gestione del denaro pubblico sia tale da produrre, con effettività, il miglior
risultato possibile in termini di economicità e di efficacia; una riforma
improntata alla massima trasparenza in ogni agire della Pubblica
Amministrazione, sul presupposto che «là dove essa manchi, il cittadino
percepisce la funzione pubblica come un qualcosa di estraneo, di diverso da
sé e dal proprio mondo, da qui la disaffezione verso le istituzioni e anche
verso i centri della politica: male, questo, oscuro e sottile, che può
costituire un rischio mortale per la vita stessa della democrazia»
3
.
Ma la necessità di un intervento concreto e compatibile con il fine di
contrastare il progressivo dilagare della corruzione supera la dimensione
prettamente nazionale del fenomeno, il cui impatto non si esaurisce nel
paese direttamente interessato, ma è al contrario suscettibile di produrre un
effetto destabilizzante nei confronti dell’intera comunità internazionale. La
gravità degli effetti delle pratiche corruttive tanto sulle economie quanto
sulla stabilità dei sistemi politici dei vari paesi; le preoccupanti proporzioni
che le dinamiche corruttive hanno assunto nello scenario internazionale; la
constatazione dell’inadeguatezza di non armonizzati sistemi repressivi
intrastatuali nei confronti di un fenomeno che nella sua dimensione
transnazionale presenta forse la sua maggiore pericolosità, hanno palesato
l’esigenza di adottare strumenti di diritto internazionale idonei, da un lato, a
coordinare i sistemi repressivi dei diversi ordinamenti, dall’altro a colmare
le loro lacune
4
.
3
Relazione del Presidente della Corte dei Conti, cit.
4
«Allorché le esigenze di tutela non possono essere pienamente soddisfatte
all’interno dell’ordinamento da cui traggono la loro legittimazione, queste cessano di
avere una pura valenza domestica per assumere una più ampia connotazione esterna».
S. MANACORDA , La corruzione internazionale del pubblico agente. Linee di
un’indagine penalistica, Napoli, 1999, p. 326. Così anche L. BORLINI, Strumenti e
iniziative di lotta alla corruzione nel commercio internazionale, in G. SACERDOTI (a
cura di), Responsabilità d’impresa e strumenti internazionali anticorruzione. Dalla
convenzione OCSE 1997 al Decreto n. 231/2001, Milano, 2003, p.5 ss.
3
Anche su tale fronte, però, la posizione del nostro Paese non è tra le
più confortanti: questa volta è il ministro Brunetta a mettere in evidenza
come «nelle graduatorie stilate da organismi internazionali indipendenti
[Ndr. Transparency International]» l’Italia si trovi in una «posizione
degradata e degradante». Con tali dichiarazioni l’attuale Ministro per la
Pubblica Amministrazione e l’innovazione è intervenuto lo scorso 9
dicembre 2008 in occasione dell’«International Anti-Corruption Day»,
giorno in cui si celebra l’entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni
Unite contro la corruzione, firmata a Merida (Messico) il 9 dicembre 2003.
Si tratta del primo strumento globale progettato per coadiuvare gli Stati
Membri nella lotta contro la corruzione, sia nel settore pubblico che in
quello privato. In quell’occasione il Ministro pare non essersi
eccessivamente dilungato sulle ragioni della (ancora attuale) mancata
ratifica della Convenzione da parte del governo italiano; ciò che non
sembra mancare, però, sono i buoni propositi, perché, sostiene Brunetta,
« una società senza fiducia è una società rassegnata: noi non ci dobbiamo e
non ci vogliamo rassegnare a vivere la corruzione come un destino»
5
.
Non ci resta allora che attendere i frutti che tale “fiducia nel destino”
sarà in grado di comportare.
La trattazione che segue si incentrerà su una analisi del fenomeno
corruttivo nelle sue dinamiche interne ed internazionali, e cercherà di dar
conto dei molteplici tentativi di regolamentazione pattizzia intervenuti ad
opera dell’intera comunità internazionale. La nostra attenzione riguarderà,
in particolare, lo studio della struttura, dei contenuti e dei risvolti
applicativi della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.
5
Le dichiarazioni rese dal Ministro per la Pubblica amministrazione e
l'innovazione sono documentante nell’articolo “Corruzione, primo prevenire”, de il Sole
24 Ore, 09 Dicembre 2008. Il testo dell’articolo è consultabile sui sito:
http://www.ilsole24ore.com
4
2. Con la risoluzione 58/4 del 31 Ottobre 2003, a conclusione di
impegnativi negoziati svolti in sette sessioni (gennaio 2002 - ottobre 2003),
l’Assemblea Generale ha adottato il testo finale della Convenzione delle
Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC), aperta alla firma degli Stati
durante la Conferenza di Merida, in Messico, nel dicembre 2003
6
ed entrata
in vigore il 14 dicembre 2005
7
. Si tratta del più recente trattato
internazionale in materia di lotta alla corruzione, la cui portata innovativa è
di immediata percezione.
L’Accordo di Merida presenta rilevanti profili di novità rispetto alle
convenzioni internazionali anti-corruzione già esistenti
8
e, nondimeno,
6
High-level Political Conference for the Purpose of signing the United Nation
Convention Against Corruption. 9-11 dicembre 2003, Merida, Messico .
7
Il testo della convenzione è disponibile, nelle sei lingue ufficiali, presso il sito
web: http://www.unodc.org/unodc/en/treaties/CAC/index.html. Conformemente a
quanto disposto dall’art. 68 (1) (Entry into force), la Convenzione ONU è entrata in
vigore il novantesimo giorno successivo al deposito del trentesimo strumento di ratifica,
accettazione, approvazione o accessione. Attualmente, gli Stati firmatari della
Convenzione sono 140, quelli ratificanti 131. Il dato è aggiornato al 16 Febbraio 2009.
8
In rapida successione, si possono ricordare: la Inter-American Convention
against Corruption, del 29 Marzo 1996, ad opera dell’Organizzazione degli stati
Americani; la Convention on the Fight against Corruption involving Officiales of the
European Communities or Officiales of Member States of the European Union, adottata
dal Consiglio dell’Unione Europea il 26 Maggio 1997; la Convention on Combating
Bribery of Foreign Public Officials in International Business Transactions, adottata
dall’OCSE il 21 Novembre 1997; la Criminal Law Convention on Corruption e la Civil
Law Convention on Corruption, adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio
d’Europa rispettivamente il 27 Gennaio e il 4 Novembre 1999; infine, la African Union
Convention on Preventing and Combating Corruption, adottata dai Capi di Stato e di
Governo dell’Unione Africana il 12 Luglio 2003 . Per un’approfondita analisi di questi
strumenti internazionali anticorruzione e del loro adattamento in Italia si rinvia al
volume: SACERDOTI (a cura di), Responsabilità d’impresa e strumenti internazionali
anticorruzione. Dalla convenzione OCSE 1997 al Decreto n. 231/2001, Milano, 2003.
Tra gli altri contributi, cfr. L. BORLINI, La lotta alla corruzione internazionale: le
convenzioni dell’OCSE e dell’ONU, il caso Enel Power, la “tangentopoli” irachena, in
La Comunità Internazionale,2005, Fasc. 1, pagg 75-95; L. BORLINI, La lotta alla
corruzione internazionale dall’ambito OCSE alla dimensione ONU, in Diritto
Commerciale Internazionale, 2007, fasc.1, pagg. 15-126.
5
numerosi elementi di continuità; profili, questi, che contribuiscono a
conferire alla Convenzione un ruolo centrare nell’attività di contrasto alla
corruzione internazionale, svolgendo essa un’importante funzione
ricognitiva e al contempo propulsiva. Si rinviene, più in particolare, la
volontà di promuovere un approccio integrato o multidisciplinare che
consenta, in maniera più incisiva, di cogliere la molteplicità dei profili
offensivi del fenomeno corruttivo, delle sue conseguenze e delle sue cause,
non potendo «la multiforme congerie di piani su cui la corruzione incide e
da cui essa si origina […] venire integralmente colta […] all’interno di un
approccio “monodimensionale»
9
.
Strategia “globale” di lotta alla corruzione, dunque, che viene ad
iscriversi in quello che può certamente definirsi il primo trattato a
«vocazione universale»
10
in materia, risultato di una cooperazione tra Stati
non legati esclusivamente da rapporti politici ed economici, dettati dalla
vicinanza geografica e dalle esigenze di integrazione, anche normativa, che
questo può comportare; al contrario, nell’elenco dei firmatari è dato
riscontrare Paesi di ogni parte del globo, tra cui i maggiori Paesi
industrializzati, di nuova industrializzazione, ma anche numerosi Paesi in
via di sviluppo. Elemento fattuale, questo, che trova il suo riverbero in
9
A. SPENA La corruzione: paradigmi e strategie di lotta nella formazione inter-
e sovranazionale, in Aa. Vv., Criminalità Transnazionale fra esperienze europee e
risposte penali globali: atti del III Convegno Internazionale promosso dal Centro Studi
Giuridici “Francesco Carrara”, Lucca 24-25 maggio 2002, Milano, 2005, p. 981.
L’Autore conduce un’attenta disamina dei profili oggettivi e soggettivi che
caratterizzano i principali strumenti internazionali anticorruzione, giungendo così ad
affermare, attraverso un loro raffronto critico, la necessarietà di un approccio
multidisciplinare al fenomeno corruttivo: «una strategia penalistica anticorruzione che
non tenesse conto di questa complessità del fenomeno sarebbe sin dall’inizio
condannata all’ineffettività». La rilevanza si un simile approccio viene adeguatamente
evidenziata - a detta dell’Autore - dalla Convenzione in materia penale contro la
corruzione del Consiglio d’Europa del 1999 e dalla Convenzione Onu contro la
corruzione, del dicembre 2003.
10
L. BORLINI, Una convenzione ONU a 360 gradi, ma l’Italia tarda nella
ratifica ,in Guida al Diritto – il sole 24 Ore, Luglio-Agosto 2006, n°4, pagg. 18-22.
6
quella che risulta essere la stessa struttura dell’Accordo, in cui il profilo
della repressione penale viene a collocarsi in un contesto più ampio, del
quale costituisce solo una delle molteplici sfaccettature. Uno dei tratti
distintivi più evidenti della Convenzione è rinvenibile, infatti, nella
previsione di numerose e dettagliate disposizioni in materia di prevenzione,
finalizzate a promuovere la cooperazione internazionale – non solo in
materia giudiziaria – tra realtà governative, economiche, sociali e culturali,
anche radicalmente differenti
11
.
Cercheremo nel prosieguo della trattazione di esaminare le
caratteristiche generali della Convenzione Onu, soffermandoci più
approfonditamente sugli istituti più significativi del Trattato, i quali, in
attuazione di quella che abbiamo visto essere una strategia di lotta
integrata, hanno notevolmente ampliato lo spettro di intervento, in chiave
preventiva e repressiva, nell’attività di contrasto ai fenomeni di corruzione
interna ed internazionale.
Sarà nostro interesse condurre un’analisi che, attraverso un raffronto
critico dei diversi strumenti normativi elaborati dalla comunità
internazionale in materia di corruzione, metta in luce i risvolti fattuali
suscettibili di ingenerarsi dalle ipotesi di lavoro concretamente prospettate
dalla Convenzione, idonee, queste, a ridisegnare i termini della
cooperazione interstatuale in un’ottica di progressiva armonizzazione, nella
quale sono chiamati adesso ad interagire, a più livelli, la società civile, le
organizzazioni internazionali, anche non governative, e quelle regionali;
11
L. BORLINI, La lotta alla corruzione internazionale dall’ambito OCSE alla
dimensione ONU, cit., p.33 s. Cfr. UN Convention Against Corruption, Chapter I
(General provisions), Art. 1, Statement of purpose: «The purposes of this Convention
are: a) To promote and strengthen measures to prevent and combat corruption more
efficiently and effectively; b) To promote, facilitate and support international
cooperation and technical assistance in the prevention of and fight against corruption,
including in asset recovery; c) To promote integrity, accountability and proper
management of public affairs and public property ».
7
citeremo a tal proposito la recente decisione del Consiglio dell’Unione
Europea, n. 2008/801/Ce del 25 settembre 2008, con la quale si assiste alla
conclusione, a nome della Comunità Europea, quale soggetto di diritto
internazionale in sé, della Convenzione Onu sottoscritta a Merida nel 2003.
In un simile contesto sarà altresì opportuno descrivere il ruolo
assunto dalla Organizzazione delle Nazioni Unite nel graduale passaggio
dal rilievo interno a quello internazionale dei fenomeni di corruzione e
richiamare, seppur brevemente, i lavori svolti in materia dall’Assemblea
Generale, i quali rappresentano senz’altro il presupposto storico e ideale,
già sotteso al più ampio quadro delineato dalla Convenzione Onu contro il
crimine organizzato transnazionale
12
, stipulata a Palermo nel dicembre del
2000, e che viene adesso a trovare unitaria ed esplicita consacrazione
nell’Accordo di Merida.
Si vorrà, infine, sottoporre a vaglio critico l’assetto normativo
complessivamente delineato dall’Accordo; promuovere una valutazione
globale che metta in evidenza i limiti intrinseci del medesimo, suscettibili,
secondo i primi commentatori
13
, di circoscriverne la portata applicativa e la
stessa forza precettiva nei confronti delle Parti contraenti (numerose sono,
come vedremo, le disposizioni non self-executing e quelle che si limitano
ad attribuire agli Stati Parte mere facoltà, anche in ordine alla
incriminazione delle condotte tipiche espressamente descritte dalla
Convenzione
14
). Si osserva, più in particolare, come lo stesso approccio
12
Il testo integrale della United Nations Convention against Transnational
Organized Crime e dei relativi Protocolli (Protocol to Prevent, Suppress and Punish
Trafficking in Persons, Especially Women and Children and the Protocol against the
Smuggling of Migrants by Land, Air and Sea), approvato dall’Assemblea Generale con
risoluzione n. 55/25 del 15 Novembre2000, è disponibile sul sito:
http://www.unodc.org/unodc/en/treaties/CTOC/index.html#Fulltext
13
L . BORLINI, Una convenzione ONU a 360 gradi, cit., p. 21 ss.
14
Si rinvia, a titolo esemplificativo, a quando disposto dall’ art. 16(2) della
Convenzione, il quale, nel sanzionare la corruzione passiva del pubblico ufficiale
8
«olistico» del sistema di misure delineato dal trattato potrebbe ostacolare le
procedure di attuazione, essendo molteplici ed eterogenei gli aspetti su cui i
singoli legislatori nazionali sono chiamati ad intervenire.
A quest’ultimo proposito, uno sguardo privilegiato sarà riservato
all’esperienza italiana, che appare ancor oggi artificiosamente “sospesa” tra
un decaduto disegno di legge di ratifica
15
– malauguratamente travolto da
interni sobbalzi di governo – e il vuoto normativo che a questi è
subentrato. A quasi sei anni dalla firma del Trattato (avuto luogo il 9
dicembre 2003) l’Italia, che pur si è distinta tra i maggiori sostenitori della
Convenzione, e nonostante gli inviti più volte reiterati dall’Assemblea
Generale nell’ambito di dichiarazioni politiche di alto livello, non ha
ancora provveduto alla ratifica di quel che abbiamo visto essere il primo
accordo mondiale di contrasto alla corruzione come fenomeno
transnazionale.
Cercheremo allora di valutare la consistenza dell’attuale posizione
del nostro Paese nell’attività di contrasto alla corruzione internazionale,
alla luce dei contenuti auspicati dal citato disegno di legge e dei risultati cui
si è concretamente pervenuti con la legge 300/2000, con la quale, com’è
noto, l’Italia ha ratificato la Convenzione OCSE sulla lotta contro la
corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche
straniero o di organizzazioni internazionali pubbliche, espressamente dispone che
ciascun Stato Parte “shall consider adopting” le misure necessarie per prevedere come
illecito penale la condotta passiva dell’intraneus-corrotto.
15
Si tratta del disegno di legge n. 2783, presentato alla Camera dei Deputati il 13
giugno 2007, nell’ambito della XV legislatura, e recante disposizioni per la “ratifica ed
esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata
dall’Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 ed aperta alla
firma a Merida dal 9 all’11 dicembre 2003, nonché norme di adeguamento interno”.
9
internazionali
16
. Scopo della nostra indagine sarà quello di descrivere il
complessivo assetto degli strumenti e delle misure di intervento predisposte
dal nostro ordinamento, per esprimere sul punto un giudizio di adeguatezza
alla luce di quegli stantards di tutela tracciati a livello sovranazionale e
universalmente riconosciuti dall’Accordo delle Nazioni Unite, e
comprendere, così, se un Paese che ha già fatto personale esperienza
dell’assoluta distorsione, anche economica, che il fenomeno corruttivo è in
grado di generare, compromettendo l’efficienza, il funzionamento e la
stessa credibilità dell’intero apparato pubblico ai danni della popolazione
civile
17
; se questo Paese possa dirsi in grado di rispondere adesso ad una
sfida ben più ampia, che provoca l’intera comunità internazionale e la
esorta ad apprestare, senza indugio, adeguate misure di intervento, che
trascendano un piano strettamente interno di rilevanza e siano piuttosto tese
a garantire, anche sul versante degli aiuti allo sviluppo, uno standard
comune, globale, di tutela
18
.
16
Più precisamente, con legge 29 settembre 2000 n.300, l’Italia ha ratificato il
Protocollo di Dublino, la Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997 e la
Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 (unitamente alla Convenzione sulla tutela
degli interessi finanziari delle Comunità europee, stipulata a Bruxelles il 26 luglio
1995, e al relativo secondo Protocollo, stipulato il 26 novembre 1996 e riguardante
l’interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità
europee, delle disposizioni della Convenzione stessa). Com’è noto, la legge di ratifica
ha apportato modifiche di rilievo nel nostro ordinamento: oltre a configurare una nuova
fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter) ed a
modificare parzialmente il disposto degli articoli 9 e 10 c.p., ha anche introdotto due
disposizioni – artt. 322-bis (in materia di corruzione ecc. di membri degli organi delle
Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri) e 322-ter (in
materia di confisca) – che hanno profondamente inciso sulla disciplina italiana della
corruzione.
Si rinvia a tal proposito a G. SACERDOTI, La convenzione OCSE del 1997 e la sua
laboriosa attuazione in Italia, in G. SACERDOTI (a cura di), Responsabilità
d’impresa...,cit., p. 71 ss.
17
Sul punto si veda A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a
dieci anni da “mani pulite”, in G. FORTI (a cura di), Il prezzo della tangente. La
corruzione come sistema a dieci anni da “mani pulite”, Vita e Pensiero, Milano, 2003.
18
Sul punto, S. FRAZZANI, Nella lotta alla corruzione internazionale l’Italia
rispetta le previsioni dell’OCSE, in Guida al Diritto – il sole 24 Ore. Comunitario e
10