Per approfondire tale problematica, l’analisi interesserà, in primo luogo, il
complesso rapporto tra libertà e sicurezza nelle democrazie occidentali, con
particolare attenzione al nuovo significato che il secondo termine ha assunto nella
realtà degli ordinamenti democratici attuali senza tralasciare ovviamente il
problema della natura del terrorismo e della sua definizione non facilmente
inquadrabile, sia dal punto di vista interno che internazionale, proprio per la sua
ampiezza e contingenza storico-politica.
Imprescindibile di conseguenza appare, ai fini dell’analisi dei diritti di
fronte alle emergenze, il riferimento alle radici storiche dell’espressione Stato di
diritto e alla sua rilevanza nel linguaggio culturale e politico dell’Occidente, al
diritto alla privacy, la cui osservanza è stata messa a dura prova dalle recenti
legislazioni antiterrorismo ed infine a quel nucleo di principi fondamentali e diritti
inderogabili, desumibili dalla lettura delle costituzioni democratiche e dalle
convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani in un contesto di emergenza la
cui nozione verrà esaminata sotto il profilo sia terminologico che sostanziale.
Inoltre si tratterà dell’atteggiamento delle democrazie “protette”, la cui
problematica dopo l’11 settembre si è riproposta con nuovi risvolti a tratti
preoccupanti, in quanto esse, investite dalla questione securitaria, per difendersi
dalla minaccia terroristica, rischiano talora di compromettere i caratteri peculiari
dello Stato di diritto.
Prima di esaminare lo strumentario legislativo utilizzato da alcune
democrazie occidentali per contrastare l’attività terroristica, si è inoltre ritenuto
pertinente analizzare le previsioni dei dettati costituzionali sulle emergenze e il
sistema della Convenzione europea dei diritti umani con il relativo art. 15 sui
limiti internazionali alle deroghe dei diritti fondamentali nelle emergenze.
La parte conclusiva riguarderà quindi l’analisi delle legislazioni
antiterrorismo di alcuni Paesi occidentali e la loro incisività sul regime ordinario
dei diritti soggettivi con una particolare attenzione alle misure emergenziali degli
Stati Uniti, colpiti per primi dal terrorismo globale, e all’evoluzione della
normativa spagnola antiterrorismo, chiamata ad affrontare da lungo tempo
l’endemicità del terrorismo basco e oggi l’imprevedibilità del terrorismo
internazionale.
5
PARTE PRIMA
LE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI DI FRONTE
ALL’EMERGENZA TERRORISTICA:
ATTUALI PROBLEMATICHE
6
CAPITOLO I
IL RAPPORTO TRA LIBERTÀ E SICUREZZA NELLE DEMOCRAZIE
OCCIDENTALI
Libertà e sicurezza, ordine costituito e manifestazione del dissenso sono
binomi che da sempre illuminano campi di tensione che bisogna abituarsi a
riconoscere come strutturalmente connaturati all’universo delle democrazie
liberali
1
.
L’evoluzione del costituzionalismo e della moderna forma di Stato
democratico e di diritto non è mai riuscita ad esaurire la tensione sempre esistente
fra i due valori, che anzi è esplosa in tutte le sue drammaticità nei casi in cui è
stata messa in gioco la sopravvivenza dell’ordinamento e dello Stato
2
.
Da sempre si assiste ad un tentativo instancabile di conciliazione
quotidiana tra le esigenze della sicurezza e quelle della libertà; ogni Stato
democratico e costituzionale è fondato infatti su principi contro la violenza e la
promozione dei diritti imprescindibili di ogni persona umana, singola e associata
con altri. I pubblici poteri hanno pertanto il dovere di tutelare la sicurezza
individuale e collettiva non con l’effetto psicologico aleatorio e momentaneo, ma
come risultato di prevenzione e repressione dei pericoli per i diritti delle persone,
tenendo presente come nelle costituzioni democratiche moderne la tutela della
sicurezza si sostanzi proprio nell’effettivo esercizio delle libertà individuali.
Le problematiche relative all’emergenza ed al terrorismo pongono i
principi fondamentali di ogni ordinamento giuridico in una condizione di rischio,
di frizione, di difficoltà e di resistenza perché riguardano fenomeni che di per sé
1
DI GIOVINE A., La protezione della democrazia fra libertà e sicurezza, in Diritto Pubblico
Comparato ed Europeo, Torino,Giappichelli Editore, 2005.
2
Significativo per dimostrare la complessità di questo dilemma è lo scontro dottrinale tra Einaudi
e Croce: “Einaudi sosteneva che la libertà non può mai essere negata da coloro che ne hanno
fatto la loro ragione di vita, ammetteva solo la possibilità di impedire con legge metodi violenti o
fraudolenti rimettendosi per il resto alla volontà della maggioranza; è famosa questa sua
domanda retorica, “nulla può fare dunque lo Stato democratico per impedire che gruppi o partiti
liberticidi minino le sue stessa fondamenta? (…)”. Quindi libertà disarmata. Croce, invece,
rifiutando l’idea che il metodo della libertà possa condurre alla soppressione della libertà, non
escludeva l’uso della forza a servigio del bene supremo (…). Dunque liberalismo armato. Così si
legge in La protezione della democrazia tra libertà e sicurezza, di DI GIOVINE A. sul sito
www.unisi.it , 3/01/2007.
7
potrebbero talvolta scuotere le fondamenta degli stessi ordinamenti. Purtroppo i
fenomeni sociali di tipo terroristico e le situazioni emergenziali non sono aspetti
estranei alla vita dei popoli, degli Stati e della comunità internazionale; ne
attraversano le vicende in momenti più o meno drammatici per cui erroneamente
spesso si tende a rimuoverli o a ritenerli episodi marginali che non necessitano di
una approfondita e meditata riflessione giuridica.
Terrorismo ed emergenza sono invero temi di confine di ogni ordinamento
giuridico; affrontare tali tematiche in uno Stato democratico sociale significa
prevenire, limitare e ridurre le situazioni di pericolo e di minaccia grave per le
persone e per l’ordinamento mediante misure compatibili con i principi
dell’ordinamento stesso. Qualora si agisse nel modo opposto si creerebbe una
situazione paradossale, perché per difendere i principi fondamentali, minacciati da
fenomeni o situazioni di emergenza o di violenza, un ordinamento giuridico di
tipo democratico, finirebbe in pratica col vanificare quegli stessi principi.
Pertanto il rispetto dei diritti fondamentali di fronte alle emergenze e al terrorismo
potrebbe essere sottoposto ad una prova difficile e di grande sofferenza perché
concerne temi molto concreti per l’essenza stessa di ogni sistema costituzionale
democratico - sociale
3
.
Come scrive Bonetti, in un suo interessante riferimento al passato, se si
vogliono osservare i principi della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del
cittadino del 1789 (art 4, 5
4
e 12), di fronte alle emergenze e al terrorismo le scelte
istituzionali possibili sono spesso difficili: esse infatti possono addirittura
giungere ai limiti dell’essenza del costituzionalismo democratico se il
mantenimento della sicurezza e la prevenzione e la repressione di organizzazioni
terroriste sono contrastati con misure limitative o sospensive di diritti
fondamentali garantiti a tutti dalle costituzioni. In altre parole le misure
3
Già nel 1977, in una interessante raccolta di studi di diritto pubblico comparato, Elia L. scriveva
“le tristi vicende dell’ordine pubblico e della convivenza civile in molti paesi (…) hanno conferito
al tema della libertà personale una attualità tanto indiscutibile quanto dolorosa”. Cfr. La libertà
personale, a cura di ELIA L. e CHIAVARO M., Torino, Utet, 1977.
4
Gli articoli 4 e 5 si premurano di delineare i limiti dei diritti precedenti sancendo che l'esercizio
di un diritto non può nuocere ad un diritto altrui e che la legge può limitare questi diritti solo nel
caso in cui nuocciano alla società. Questa fiducia nella bontà della legge manifestata in modo
corretto dalla volontà della maggioranza degli eletti nell'organo legislativo rappresentante la
volontà generale dei cittadini, rispondeva principalmente all'esigenza rousseauiana di dare solide
basi all'ordinamento per il suo buon funzionamento.
8
emergenziali e antiterrorismo non debbono vanificare il principio personalista
secondo cui i pubblici poteri esistono in funzione della protezione della persona e
poiché il terrorismo tende proprio ad esacerbare la funzione repressiva dello Stato,
ogni democrazia è tenuta ad un “dovere di serenità”
5
. In ogni caso le misure di
repressione dell’attività e dell’organizzazione di persone associate allo scopo di
abbattere con la violenza un ordinamento liberal-democratico non devono
impedire il libero confronto del pluralismo delle formazioni sociali, dei partiti
politici e delle opinioni espresse anche contro il sistema e contro le garanzie del
libero oscillare del pluralismo sociale ed istituzionale che rappresenta un aspetto
essenziale di quella quotidiana capacità di integrazione sociale che Smend
6
riteneva elemento qualificante di ogni democrazia liberale.
Negli anni recenti le crisi che si sono aperte dopo il mutamento dello
scenario internazionale che ha fatto seguito alla scomparsa della bi-polarizzazione
tra blocco orientale e occidentale si sono manifestate in un quadro di instabilità
che ha provocato gravi preoccupazioni sia a livello internazionale che interno per
la garanzia della sicurezza che ha assunto una posizione centrale nel quadro dei
valori di riferimento sia a livello interstatale che interno presentandosi man mano
come un diritto, assumendo come tale un significato ben più consistente del diritto
alla legittima difesa previsto dalla Carta delle Nazioni Unite e da molte
costituzioni e prefigurando azioni di prevenzioni a prescindere da attacchi in
corso, e tendendo nei rapporti interni a ridurre lo spazio di garanzia per i diritti
civili e politici.
La sicurezza quindi non è soltanto un bene da società avanzata che lo
Stato deve garantire, ma anche un’esigenza fondamentale, legata alla coesione
sociale
7
: perché una società che perde coesione sociale perde anche il senso di
5
Cfr. BONETTI P., Terrorismo, emergenza e costituzioni democratiche, Bologna, Il Mulino, 2006, p.
19 ss.
6
Cfr. SMEND R., Verfassung und Verfassungsrecht, trad. it. Costituzione e diritto costituzionale,
Milano, Giuffrè, 1988, p. 158 ss.
7
Alcune seductions of security sono individuate da Ian LOADER nel suo saggio The cultural lives of
Security and Rights contenuto nel volume Security and Human Rights, Hart Publishing, 2007, pp.
36‐37. In primo luogo la sicurezza secondo l’autore “speaks simultaneously to the best and worst
of possible words”; inoltre “possesses an intimate and effective connection to notions of
collective belonging” e risulta indissolubilmente legata ad una “strong , sovereign authority,
which is posited and looked to as the source of protection”.
9
sicurezza e di tranquillità nella vita quotidiana
8
. Il bisogno di sicurezza infatti si
impone nella società odierna, sia come attività statale per tutelare il cittadino da
rischi e pericoli sociali, sia come diritto fondamentale
9
, quale condizione “per
l’esercizio delle libertà e per la riduzione delle disuguaglianze” come afferma la
legge francese sulla sicurezza quotidiana del 15 novembre 2001
10
. Tale
definizione si allinea alla giurisprudenza del Conseil Constitutionnel che ha
ricompreso la sicurezza fra i valori costituzionali (decisione n. 94-352 DC del 18
gennaio 1995). Imprescindibile a tal proposito il richiamo al filosofo Thomas
Hobbes
11
, dalla cui idea di sicurezza come fondamento del potere, ma anche per
certi versi della legalità, si passa alla concezione della sicurezza come diritto
12
che
trova un suo riconoscimento formale all’art. 2 della Dichiarazione dei Diritti
dell’Uomo e del Cittadino del 1789. Si rintraccia in essa l’eco del pensiero di
Montesquieu il quale, nel “De l’esprit des lois” (libro XII, cap. 2), scriveva: “la
libertà politica consiste nella sicurezza, o almeno nell’opinione che si ha della
propria sicurezza. Questa sicurezza non è mai tanto minacciata come nelle accuse
pubbliche o private. Dunque dalla bontà delle leggi penali dipende
principalmente la libertà del cittadino ”. E’ evidente come il riferimento alle
8
Cfr. PADOIN P., La sicurezza nelle città: città inclusiva, città sicura, in Nuova rassegna di
legislazione‐ dottrina e giurisprudenza, 2006, fasc. 3, pp. 251‐263.
9
Cfr. art. 5 CEDU “Everyone has the right to liberty and security of person (…)”; art. 7 Convenzione
Americana sui Diritti Umani “Every person has the right to personal liberty and security (…)”; art.
12 Cost. Sud Africa 1996 “Everyone has the right to freedom and security of the person (...)”;
section 7 Carta Canadese dei Diritti e delle Libertà 1985 “Everyone has the right to life, liberty and
security of the person (…)”; art. 55 Cost. Ungheria emendata nel 1997 “In the Republic of Hungary
everyone has the right to freedom and personal security (…)”.
10
La legge al capitolo quinti, contiene “disposizioni che rafforzano la lotta contro il terrorismo”,
con le quali sono stati modificati alcuni articoli del titolo secondo del libro quarto del codice
penale, riguardante il terrorismo. Le modificazioni riguardano soprattutto l’art. 421 (che prevede
e sanziona gli atti di terrorismo) e consistono in un arricchimento delle ipotesi descrittive della
condotta tipica, con l’inserimento della previsione di comportamenti essenzialmente attinenti ad
attività economiche.
11
Il filosofo, nel Leviatano del 1651, fondava la sua dottrina dello Stato attraverso il valore
intrinseco della sicurezza che avrebbe dovuto rappresentare l’obiettivo di senso e di valore dello
Stato e della sua sovranità. Il bisogno di sicurezza contro l’aggressione reciproca induce gli
individui a riunirsi in Stato e a sottomettersi al sovrano. La sicurezza giuridica, allora, nasce dalla
soggezione generalizzata alla legge, ovvero nel sapere a che cosa attenersi per superare il clima di
timore e di sfiducia reciproca nello svolgimento dei rapporti sociali.
12
Sulla sicurezza come diritto cfr. FREDMAN S., The Positive Right to Security, in Security and
Human Rights, Hart Publishing, 2007, pp. 308‐311. L’Autrice scrive: “The right to security clearly
includes both the duty of restraint and the duty to protect; (…) it also includes the duty to provide
for basic needs of individuals”.
10
norme penali che incriminano gli atti che ledono la sicurezza dello Stato, è sempre
potenzialmente ambiguo. Infatti mentre Montesquieu sottolineava il rischio che la
libertà individuale potesse essere minacciata da abusi nell’applicazione delle
norme penali, Rousseau
13
si illudeva che la previsione di drastiche norme
garantisse ai cittadini la sicurezza assoluta. La visione rouesseauiana si rivela però
potenzialmente liberticida poiché in nome della libertà politica e quindi nel
rispetto della decisione dell’uso dello strumento penale adottata dalla
maggioranza politica di quel momento, si sacrificano i diritti fondamentali
dell’individuo e le libertà civili.
Successivamente, dopo gli orrori del Terrorismo di Stato giacobino,
Constant
14
confuterà alla radice l’esperienza liberticida, che aveva voluto
difendere la libertà mediante la sua soppressione, e porrà le basi del
costituzionalismo moderno tipico di ogni democrazia. In uno Stato democratico
costituzionale una visione giustizialista e securitaria non appare compatibile con i
principi fondamentali della funzione rieducativa della pena e del reato finalizzato
a dare la più alta ed ultima protezione ai beni costituzionalmente garantiti. Perciò
un eventuale uso troppo vasto dello strumento penale a tutela della sicurezza e
della democrazia sarebbe contraddittorio in un sistema costituzionale -
democratico, perché potrebbe comportare che gli atti di qualsiasi movimento
politico siano puniti penalmente, in nome della necessità dello Stato, di assicurare
un’ efficace azione di prevenzione e di repressione del terrorismo.
Sicurezza al giorno d’oggi significa però non solo la coscienza della
libertà garantita all’individuo, ma l’affermazione di una attività statale per tutelare
il cittadino da rischi e pericoli sociali causati dal crimine. Carl Friedrich scrive “la
sicurezza non è l’antitesi assoluta del rischio, ma può essere realizzata solo
correndo dei rischi”
15
.
13
Cfr. ROUSSEAU J. J., Il contratto sociale o principi del diritto politico, in Rousseau, Scritti politici,
2, Laterza, Roma‐Bari, 1994.
14
DE LUCA S. (a cura di), Constant, Laterza, Roma‐Bari, 1993, pp. 114‐115.
15
Cfr. Constitutional Crisis, in FRIEDRICH C., Limited Government, Englewood Cliffs, Prentice Hall,
1974, trad. it. La crisi costituzionale, in FRIEDRICH C., L’uomo, la comunità, l’ordine politico, il
Mulino, Bologna, 2002.
11
Tuttavia in termini giuridici il fatto che la sicurezza sia assurta a diritto
del cittadino come testimoniano numerose normative nazionali e sovranazionali
16
,
non giustifica la proclamazione della cedevolezza tout court dello Stato di diritto
se si tengono presenti norme come quelle previste dall’art. 15 della CEDU e
dall’art. 4 del Patto internazionale sui diritti civili, nonché il corposo complesso di
diritti fondamentali assolutamente e in qualunque situazione inderogabili.
A tal proposito Lazarus
17
nel suo saggio Mapping the Right of Security ha
affermato che : “The development of a right of security can go two ways: towards
the usurpation and erosion of existing fundamental rights, or towards a
delineated, transparent and narrower notion of the right of security that respects
and is grounded in other fundamental rights”.
Si può sostenere pertanto che “libertà personale e sicurezza” si presentano
come valori costituzionali l’uno presupposto dell’altro. Atteso che la libertà della
persona è comprensiva di gran parte dei nuovi diritti (identità personale,
immagine, identità sessuale, integrità fisica, libertà di coscienza etc.), ci si chiede
ovviamente come si possa garantire il diritto alla sicurezza e i diritti di libertà e
chi debba sorvegliare sul giusto bilanciamento. Il percorso è difficile, ma
ineludibile
18
. Si può discutere se una maggiore attenzione alla sicurezza possa
giustificare, e in quale misura, controlli sulle comunicazioni, indagini sull’origine
e la destinazione di ricchezze sospette, restrizioni dei movimenti delle persone,
perquisizioni di abitazioni, impiego della forza pubblica, “fermo” delle persone
sospette, isolamento carcerario per certi periodi di tempo, e altre pur pesanti
misure di questo genere.
16
Nella Costituzione spagnola si legge un esplicito riferimento alla tutela della securidad juridica;
in Francia la sicurezza è divenuto un principio fondamentale affermato in via legislativa; ancora in
Germania dove è nato il concetto di Reichtssicherheit, una sicurezza garantita dal diritto. Inoltre
nello spazio giuridico europeo e precisamente nella Carta dei diritti fondamentali, l’art. 6
afferma: “Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza” (ribadendo quanto già previsto
all’art. 5, comma primo della CEDU). Nel tentativo di bilanciare queste due polarità e soprattutto
di fronte al rischio di venirne incastrati, l’orientamento della Corte CEDU è stato quello di
considerare il riferimento alla sicurezza come un rafforzamento della libertà personale. Cfr. a
riguardo La Convention européenne des droit de l’homme. Commentaire article par article, Paris,
Economica, 1995, p. 189 ss.
17
Cfr LAZARUS L., Mapping the Right to Security, in Security and Human Rights, Hart Publishing,
2007, pp. 325‐345.
18
Cfr. FROSINI e BASSU, La libertà personale nell’emergenza costituzionale, in
www.associazionedeicostituzionalisti.com, 2/1/2007.
12
Occorre riflettere però sul concetto stesso di sicurezza
19
per evitare che la
dialettica fra i due valori finisca per occultare il rapporto più complesso fra
sicurezza, libertà e solidarietà: si tratta di approcci che non isolino il tema della
sicurezza nella dimensione puramente repressiva. A riguardo Paolo Ceri ritiene
opportuno distinguere fra due tipi di sicurezza, quella negativa (sicurezza da) che
esige politiche in grado di fronteggiare le sole condizioni congiunturali, senza
occuparsi dei fattori strutturali e quella positiva (sicurezza di) che privilegia
politiche che incidano sui fattori strutturali dell’insicurezza
20
.
Secondo il punto di vista di Denninger, mentre nella forma di Stato
liberale la sicurezza giuridica si basava su tre elementi
21
e significava in primo
luogo la coscienza della libertà garantita all’individuo, oggigiorno nello Stato
liberale e sociale di diritto, uno Stato di prevenzione, la sicurezza è anche
l’affermazione di un’attività statale, in via di principio illimitata, per tutelare il
cittadino da rischi e pericoli sociali tramite la previdenza per situazioni future e la
prevenzione dei rischi. Tra l’altro lo Stato di prevenzione è lo Stato nel quale si
aspira alla massima sicurezza ma dove si rischia di contro di erodere la certezza
del diritto per due essenziali ragioni: i diritti fondamentali della persona sembrano
mutare di consistenza subendo un’intromissione dei pubblici poteri di fronte ad un
rischio che non può essere preventivamente disciplinato a livello legislativo e di
19
Nel suo scritto Teoria dei diritti fondamentali, PECES BARBA ha affermato come la tutela della
sicurezza finisca col divenire una nuova dimensione della certezza del diritto che a sua volta è
parte di un valore fondamentale più ampio, quello della sicurezza intesa come tranquillità,
“assenza di timore”. Inoltre l’autore individua tre forme diverse di sicurezza: la sicurezza
attraverso il diritto che rinvia al carattere più o meno autonomo dell’ordinamento giuridico
rispetto alle deliberazioni del potere; la possibilità di sapere a quali norme attenersi è considerata
invece sicurezza nel diritto; mentre la sicurezza sociale consiste nell’aspettativa che
l’ordinamento giuridico intervenga nella regolazione dei rapporti economici e sociali assumendo
misure di protezione per i più deboli e gli svantaggiati.
20
Cfr. CERI P., La società vulnerabile. Quale sicurezza, quale libertà, Roma‐Bari, Laterza, 2003, p.
45 ss.
21
Questi i tre elementi della sicurezza nel vecchio Stato liberale: a) l’azione dello Stato limitata e
calcolabile, b) la certezza del diritto fondata sulla sua chiara ed inequivocabile conoscibilità, c)
l’immediata applicazione e attuazione delle norme a carico e a favore del cittadino che deve
quindi essere prima di tutto assicurata garantendone l’esecuzione. Per Denninger parlare al
giorno d’oggi di un diritto fondamentale alla sicurezza “sembra più una procura in bianco affidata
allo Stato per ogni possibile intervento sulla libertà che non un autentico diritto fondamentale”.
Cfr. DENNINGER E., Stato di prevenzione e diritti dell’uomo, in Diritti dell’uomo e legge
fondamentale, in AMIRANTE C. (a cura di), Giappichelli, Torino, 1998, pp. 76‐77.
13
conseguenza un elevato livello di discrezionalità viene concesso ai pubblici poteri,
in particolare alla forze di polizia e ai servizi di informazione e sicurezza.
Nella realtà di questi anni il problema dei limiti alla compressione dei
diritti si è posto prescindendo dall’instaurazione di un regime giuridico di formale
sospensione delle garanzie. In altre parole la minaccia terroristica viene
considerata come presente a lungo termine, endemica; una sorta di
normalizzazione dell’emergenza affidata alla legislazione ordinaria che tenta di
bypassare gli effetti derogatori alla costituzione formale. L’uso indistinto di una
violenza senza confini- derivante da mille cause e diffusa sotto mille bandiere
(pseudo) identitarie - sia dall’esterno che all’interno dell’ordinamento degli Stati,
e da parte di soggetti statali e non statali, dà luogo a situazioni ibride in cui non è
agevole riconoscere con certezza il passaggio dallo stato di pace allo stato di
guerra e in cui la conflittualità assume il carattere della continuatività, sino a
diventare connaturata all’ordinamento degli Stati.
La guerra cessa di essere uno strumento militare pubblico utilizzato dallo
Stato nello spazio esterno contro altri Stati sovrani e comincia a presentare,
almeno nelle reazioni innescate dai recenti episodi di terrorismo internazionale,
vaste aree di contaminazione con le misure interne di polizia amministrativa e
giudiziaria le quali, a loro volta, cessano di abbracciare il sicuro ambito di ciò che
si svolge entro i confini nazionali per operare in direzione della prevenzione e
della repressione di fenomeni criminosi di matrice internazionale
22
. Il rischio è
l’espansione di provvedimenti legislativi riduttivi di sfere di libertà
costituzionalmente garantite nei confronti di individui sospettati di terrorismo;
provvedimenti che rischiano di spostare di fatto il delicato rapporto tra sicurezze e
libertà, fissato dalle varie costituzioni, nell’esclusiva direzione del primo.
E’ opportuno a questo proposito riconoscere la funzione di controllo della
tecnologia nel nostro tempo nel rapporto tra autorità e libertà. Controllo che
22
Cfr. in tal senso FROSINI T. E., Diritto alla sicurezza e tutela delle libertà: un crinale sottile che
esalta le democrazie, in Guida al Diritto, 2005, p. 32 ss. L’Autore individua nell’attuale
sconfinamento della logica della guerra nello spazio interno della politica e del diritto significative
affinità con il pensiero hobbesiano. Il filosofo britannico infatti postulava la necessità di istituire
un parallelo tra stato di guerra e situazioni di pericolo per la sicurezza interna. Legittimo sarebbe
stato, a suo avviso, trattare chiunque metta in pericolo la sicurezza dello Stato non come un
criminale, ma come un “nemico”, e far valere nei suoi confronti non le regole del diritto e le
garanzie a queste connesse, bensì quelle della forza.
14
rappresenta una lente con cui interpretare la moderna articolazione del
tradizionale binomio che caratterizza la relazione tra Stato e cittadini,
determinando la stessa forma di Stato. Se si analizza la massima ubi libertas, ibi
auctoritas attraverso la lente del progresso tecnico, si nota come l’asservimento
del know how tecnologico ai fini del controllo pubblico abbia inciso sulla stessa
forma di Stato, essendo potenzialmente capace di limitare gli spazi di libertà. E’
necessario perciò che la mediazione tecnologica del rapporto tra le due polarità
non si ponga in contrapposizione con la prima ma costituisca un efficace ausilio
nel compito di garantire la sicurezza tenendo ben presente la dinamica
connessione tra esigenze di ordine ed esercizio dei diritti.
A riguardo, con le trasformazioni operate nei modelli amministrativi
occidentali
23
si registra una forte tensione tra la richiesta di privacy e la necessità
di garantire la sicurezza nazionale contro la minaccia terroristica che si esprime
nella difficile coesistenza tra la tutela dei diritti fondamentali e le ragioni
dell’emergenza.
E’ evidente come l’emergenza terroristica ponga interrogativi sulla
sospendibilità
24
dei diritti che trova di regola la sua fonte implicita nelle norme
costituzionali destinate alla protezione delle comunità statali nei confronti dei
pericoli di sovversione, che si ritengono includere l’emergenza terroristica e in
una legislazione anti-terrorismo che interessa la quasi generalità degli ordinamenti
e che dopo gli eventi del settembre 2001 diventa sempre più puntuale nel
circostanziare i fatti criminosi connessi alla matrice internazionale del
terrorismo
25
.
Allo scopo appunto di reagire di fronte ai pericoli che vengono avvertiti
all’interno di una comunità nazionale si emanano le norme destinate a porre in
23
Sulla dialettica tra autorità e libertà nell’evoluzione del diritto amministrativo cfr. MATTARELLA B.
G., Il rapporto tra autorità‐libertà e il diritto amministrativo europeo, in Rivista trimestrale di
Diritto Pubblico, 2006, p. 909 ss.
24
Eventuali deroghe devono essere coerenti alle procedure ed ai meccanismi nazionali ed
internazionali atteso che lo scopo delle misure antiterroristiche è quello di proteggere i diritti
umani e la democrazia, non di indebolire questi valori fondamentali delle nostre società. Su
questo aspetto si veda Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1976, p. 32 ss.
25
Cfr. MURGIA C., Meno libertà più sicurezza?, in AA. VV., Studi per Giovanni Motzo, Milano,
Giuffrè, 2003.
15
discussione il regime ordinario dei diritti
26
. In altri termini nel momento della
reale o temuta aggressione terroristica riemerge un problema connaturato alla
esistenza dello stato liberale, quello delle strategie da scegliere per impedire che
l’emergenza indebolisca le libere istituzioni riuscendo al tempo stesso a
neutralizzare efficacemente gli aggressori.
27
La lotta al terrorismo, pertanto, non
può mai costituire un alibi che giustifichi la violazione dei diritti umani. Uno Stato
democratico non può non rispettare gli obblighi interni ma anche internazionali
assunti in difesa delle libertà dell’uomo
28
.
L’emergenza aperta dall’attacco a Manhattan dell’11 settembre 2001
29
si è
allargata a macchia d’olio ben oltre la comunità degli Stati Uniti ed è penetrata
dovunque. Malgrado i caratteri e la natura degli eventi, mai prima d’ora
conosciuti, neppure immaginati, la cultura giuridica ha reagito, in un primo
momento, come se i termini delle gravi questioni emerse fossero gli stessi degli
ultimi due secoli. La condizione dei diritti fondamentali è discussa, al pari di altri
temi, partendo da questa contraddizione. Da una parte si rinserrano i puristi della
assolutezza e della impermeabilità di diritti della persona, che per la verità sono
posti a rischio dalle nuove forme della lotta politica internazionale almeno quanto
dalle compressioni esercitate in nome della sicurezza. I puristi non vogliono
nemmeno sentir parlare di compressioni: posizione poco praticabile nella realtà e
26
“Buscando garantizar la ‘seguridad colectiva’ se justifican las limitaciones sobre las ‘libertades
individuales’, y parecen ‘normalizarse’ regulaciones legislativas en principio excepcionales”. Cfr.
TUR AUSINA R., Legislación antiterrorista: el complejo equilibrio entre libertad y seguridad, in
Revista General de derecho Público Comparado, Madrid, n.I, settembre 2007
27
Cfr. DE VERGOTTINI G., Guerra e costituzione Nuovi conflitti e sfide alla democrazia, Bologna, Il
Mulino, 2004, p. 258 ss.
28
Si veda a questo proposito la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 28
settembre 2001 n. 173 la quale chiede che tutti gli Stati assumano una gamma esauriente di
misure legislative, procedurali ed economiche, nonché di prevenzione, proibizione e
criminalizzazione degli atti terroristici. Nello stesso tempo però, perseguendo l’obiettivo della
sconfitta del terrorismo, è doveroso che gli Stati rispettino i propri impegni internazionali per
sostenere i diritti umani e le libertà fondamentali. Riconoscendo che la lotta al terrorismo possa
richiedere provvedimenti specifici, si intima ai governi di astenersi dal compiere atti lesivi delle
libertà fondamentali. In particolare tali misure potrebbero minare la presunzione di innocenza, i
diritti alla privacy, la libertà di espressione e di assemblea e il diritto di chiedere asilo. Inoltre le
norme antiterroristiche dirette a determinate gruppi etnici o religiosi potrebbero contrapporsi
alle leggi sui diritti umani ‐ diritti inderogabili quali diritto alla vita, libertà di pensiero, di
coscienza e di religione, divieto di torture o crudeltà di trattamenti inumani o degradanti, principi
di certezza ed irretroattività della legge ‐ e agli impegni internazionali con il rischio di provocare
l’aumento di razzismo e di discriminazione.
29
Si veda, diffusamente, sul tema della risposta al terrorismo dopo l’11 settembre, SENESE S.,
Guerra e nuovo ordine mondiale, in Questione e Giustizia, 2/2002, p. 469 ss.
16
ben discutibile dal lato teorico. Dalla parte opposta si schierano i realisti, e tra essi
gli eredi di quelle concezioni che non hanno mai accettato l’idea dei diritti
fondamentali quali limiti della sovranità.
Al di là della tragicità dell’evento e del marcato impatto simbolico di
obiettivi accuratamente selezionati, gli attentati terroristici dell’11 settembre
2001
30
e la generale emergenza che ne è conseguita appaiono idonei a porre un’
ardua sfida alla solidità del tessuto costituzionale del sistema democratico
occidentale che il crollo delle Twin Towers sembra aver scosso sino alle sue stesse
radici. Alla luce della strutturale impasse che il regime liberal-democratico
tradizionalmente incontra nel contemperare le ragioni della sicurezza con i
principi che lo connotano, si comprende come nel reagire ad una così grave
aggressione e nel dover di conseguenza rimeditare le priorità nella scala di valori,
esso sia pesantemente esposto al rischio di attivare difese immunitarie incongrue e
nocive anche per se stesso, in quanto calibrate con esclusivo riguardo al “nemico”
ma incoerenti, se non in aperto conflitto, rispetto al sistema che si ripromettono di
preservare.
La questione risulta aggravata da tre distinti ma sinergici fattori:
innanzitutto la natura del terrorismo, nemico occulto per definizione ed operante
in seno al sistema stesso che si propone di sovvertire, in secondo luogo, la
globalizzazione che, nell’offuscare l’idea stessa di “confine”, amplifica tanto
l’attitudine offensiva dell’azione terroristica quanto la sua accentuata
incoercibilità; infine l’assuefazione mediatica della nostra cultura abituata a
sentirsi partecipe degli eventi.
Occorre perciò domandarsi che cosa si tenti di combattere con le recenti
legislazioni anti-terrorismo; l’obiettivo non è facilmente individuabile e questo
pregiudica inevitabilmente l’esito della strategia. L’informità del concetto stesso
di terrorismo che sfugge a precise definizioni e si presta facilmente a diverse
30
Cfr. LAZARUS L. & GOOLD B. J., Introduction: Security and Human Rights: The Search for a
Language of Reconciliation, in Security and Human Rights, Hart Publishing, 2007, p. 1 dove si
legge: “(…) since 9/11 the words security and human rights have, in the collective imagination,
now come to connote an almost insuperable opposition. Anyone who engages in the debate over
security and human rights is almost immediately confronted by this dichotomy, tacit in the
political call for a ‘new balance’ and explicit in newspaper editorials calling for the retreat from
human rights”.
17
cause rende l’inelastico strumento giuridico costitutivamente impotente di fronte
ai fatti che intende perseguire.
La lotta è impari, poiché il nemico si cela dietro estemporanei episodi di
violenza per riuscire a rivendicare richieste politiche di cambiamento negli assetti
strategici geo - economici e non è un attore tradizionale del diritto internazionale.
Non è quindi chiaramente identificabile, né ipotizzabile la sua resa o
annientamento negli stessi termini in cui ciò sia l’esito di una guerra. Questo
dimostra che il gergo guerresco con cui gli stati hanno motivato la predisposizione
di un assetto interno di emergenza si esprime in realtà in uno slogan politico che
giustifica la regressione nel livello di tutela dei diritti e delle libertà, assolvendo
una funzione di tipo rassicurativo per i cittadini. Le ragioni della sicurezza (e della
forza) sono apparse molto spesso irresistibili e capaci di innestarsi su uno stato di
emergenza “normalizzato” e lesivo dei diritti della persona umana, tale da piegare
alle sue esigenze i valori inconfondibili dello Stato di diritto e della democrazia
costituzionale, senza riuscire ad azionare il freno della misura che avrebbe potuto
evitare errori ed orrori come quelli consumati nel legal black hole di Guantanamo.
Tale indirizzo sembrerebbe - pur nella varietà e nella poliedricità delle
situazioni riconducibili alle singole realtà nazionali - quello di allontanare i diritti
di libertà di un enorme numero di persone dall’ambito ordinario della
giurisdizione per trasferirle in un sotto-sistema speciale, amministrativo o di
polizia, che preclude ogni possibilità di verificare eventuali abusi e illegalità
31
.
Emblematico, in tal senso e centrale ai fini della trattazione, l’Uniting and
Strenghtening America By Providing Appropriate Tools Required to Intercepte
and Obstruct Terrorism Act
32
, il quale, sospendendo le prerogative da tempo
riconosciute agli stranieri legalmente residenti in territorio statunitense ha limitato
sensibilmente diritti sostanziali e garanzie di difesa nei confronti di quanti siano
sospettati di terrorismo, o risultino impegnati in attività tali da arrecare danno alla
sicurezza nazionale. Particolarmente significativo, inoltre, come banco di prova
per individuare la diffusione a livello europeo del trend fin qui delineato, è
31
Cfr PIEMONTESE C., Ragioni della forza e ragioni del diritto nelle norme in materia di terrorismo
internazionale, in Diritto Penale e Processo, fasc. 8, 2006, p. 1032 ss.
32
USA Patriot Act, Public Law 107‐56, October 26, 2001.
18
rappresentato dall’Anti-Terrorism Crime and Security Act
33
, approvato in Gran
Bretagna dopo gli attentati dell’11 settembre che muove in direzione di un
vigoroso incremento di poteri di polizia nei confronti degli stranieri sospettati di
terrorismo prevedendo anche una detenzione a tempo indeterminato.
Gli eccessi manifestatisi nei paesi di cultura anglosassone quanto alla
previsione di illimitati poteri dell’apparato poliziesco e giudiziario nei confronti
del “sospetto terrorista internazionale” non sembrano rintracciabili nell’ambito
degli ordinamenti appartenenti alla tradizione di civil law. Tuttavia non meno
preoccupante si rivela in tale contesto- soprattutto in seguito agli attentati di New
York, Bali, Casablanca, Madrid, Londra, Sharm el Sheikh - la diffusa espansione
di un fenomeno di continua riduzione degli spazi di libertà, con l’ampliamento dei
poteri di polizia e con la previsione di fattispecie incriminatrici spesso
indeterminate e generiche
34
.
Purtroppo le democrazie dell’occidente paiono essersi svegliate da un
sogno cullato negli anni precedenti: quello della lotta all’atto terroristico priva di
un costo apprezzabile per la società civile. La guerra al terrore invece rischia di
tornare ad avere un costo calcolato però non tanto in termini finanziari quanto
piuttosto in deficit di democrazia
35
.
Dopo questo excursus sulla dialettica tra libertà e sicurezza appare
necessario soffermarsi in primo luogo sui diritti vecchi e nuovi da tutelare anche
di fronte alle situazioni emergenziali e in secondo luogo sulla recente emergenza
del terrorismo internazionale e sui suoi risvolti interni in grado di minare le
fondamenta dello Stato democratico moderno.
33
Il testo del provvedimento è disponibile sul sito internet del governo britannico, all’indirizzo:
www.hmso.gov.uk/acts/acts2001/20010024.htm.
34
Cfr. in Germania la Terrorismusbekämpfungsgesetz del 9 gennaio 2002 (in Bundesgesetzblatt,
Jahrang, 2002, Teil I Nr. 3, 11 gennaio 2002, 361) e in Francia, la Loi no. 2001‐1062 du 15
novembre 2001 relative à la securité quotidienne (in J. O. n. 266, 16 novembre 2001, 18215).
35
Da sottolineare che il nemico stavolta non va individuato in singoli gruppi eversivi, secondo la
classica visione delle “democrazia protetta” ma in un nemico esterno che con la sua azione
armata mette a repentaglio l’esistenza stessa dello Stato democratico. Tale Stato si sente in
dovere quindi di armarsi con l’arma temporanea della rinnegazione dei suoi principi
fondamentali. Per ulteriori approfondimenti si veda la giurisprudenza della Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo di Strasburgo in tema di applicazione dell’art 15 della CEDU in luogo dell’art. 17.
Cfr. PINELLI C., Art. 17, in BARTOLE S, CONFORTI B., RAIMONDI G. (a cura di), Commentario alla
Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2001,
p. 458 ss.
19
CAPITOLO II
I DIRITTI E LE EMERGENZE
PREMESSA
L’emergenza e i diritti possono vedersi come i due versanti di un crinale
che attraversa un’ importante porzione dell’esperienza del costituzionalismo: rive
droite e rive gauche di un fiume che scorre in questi territori. La prima
rappresenta logiche e pratiche dello Stato assoluto, della ragion di Stato, i
secondi, modernamente ridefiniti, a partire dalle rivoluzioni borghesi di fine
Settecento costituiscono vettori di liberazione e di integrazione, dispositivo per il
trasferimento di quote di potere a favore del singolo e delle formazioni sociali
36
.
La frizione tra le nuove esigenze di sicurezza e la tutela dei diritti
costituisce una problematica spinosa ed impellente e allo stesso tempo una sfida
per tutti gli ordinamenti democratici chiamati ad operare un difficile
bilanciamento tra valori radicati ma potenzialmente confliggenti. Se lo stato di
diritto si traduce da sempre nella salvaguardia della supremazia del diritto e delle
connesse libertà dell’uomo, la garanzia della sicurezza implica la necessità di
assicurare ai consociati ogni forma di protezione contro situazioni emergenziali.
Come si possono conciliare tali dimensioni della società e del diritto difendendo la
democrazia? Quali i diritti inalienabili anche di fronte all’emergenza terroristica?
Quale il significato del termine emergenza?
Prima di soffermarsi sulle risposte delle democrazie al terrorismo, appare
opportuno, ai fini della presente trattazione, rispondere agli interrogativi
specificando il contenuto di tali espressioni, invero basilari.
36
Cfr. BASCHERINI G., L’emergenza e ei diritti. Un’ipotesi di lettura, in Rivista di diritto
costituzionale, 2003, pp. 3‐62. L’Autore sostiene che leggere storicamente le relazioni tra
emergenza e diritti può forse offrire un punto di osservazione sul tema che permetta di ragionare
criticamente intorno alla dialettica in questione e sul come l’utilizzo degli istituti dell’emergenza
abbia contribuito al concreto configurarsi dei diritti, dei loro contenuti e della loro garanzia anche
oltre il tempo dell’emergenza quando, cessate le cause legittimanti le misure eccezionali, non ne
cessano gli effetti sui diritti dei singoli e dei gruppi.
20
2.1 LO STATO DI DIRITTO
L’espressione “Stato di diritto” entrata a far parte, come una formula
prestigiosa, del linguaggio culturale e politico dell’Occidente, può significare cose
tanto diverse quanto il termine stesso “diritto” e pertanto riesce difficile darne una
definizione semanticamente univoca e ideologicamente neutrale
37
.
Tale nozione, infatti, ha avuto in anni recenti una rinnovata fortuna dovuta
a diversi fattori: l’insofferenza verso un’organizzazione centralistica del potere, la
crisi dello Stato sociale, la straordinaria moltiplicazione dei diritti. Premesso che i
punti cardinali dello stato di diritto sono il potere politico (lo Stato, la sovranità),
il diritto (il diritto oggettivo, le norme) e gli individui, si può sostenere che le
origini dello Stato di diritto, secondo Barret-Kriegel
38
, coincidono con il primo
affermarsi delle grandi monarchie nazionali e si sviluppano in tre tempi:
- la storia, in senso stretto, dello Stato di diritto che dà il nome alla
soluzione del problema del rapporto fra potere, diritto e
individuo;
- la preistoria che costituisce i contesti nei quali esiste già la
“cosa”, pur mancando ancora una sua esplicita formulazione;
- la tematizzazione del rapporto potere-diritto, ricca e compiuta,
ma anche culturalmente molto lontana dal concetto di “Stato di
diritto”.
Dal punto di vista storico, lo Stato di diritto ritorna in Occidente dopo
l’eclissi del socialismo reale, in stretta connessione con la dottrina dei diritti
soggettivi o “diritti fondamentali” che pone in primo piano la tutela di quelle
garanzie che una lunga serie di Costituzioni nazionali e di Convenzioni
internazionali ha definito nel corso dell’Ottocento e del Novecento.
37
Per un approfondimento sullo “Stato di diritto” cfr. AMATO S., Lo Stato di diritto: l’immagine e
l’allegoria, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, 68, 1991; BODDA P., Lo Stato di diritto,
Giuffrè, Milano,1935; COSTA P. e ZOLO D. (a cura di), Lo Stato di diritto ‐ Storia, teoria, critica,
Feltrinelli, 2006; LANCHESTER F. e STAFF I., Lo Stato di dirito democratico dopo il fascismo e il
nazionalsocialismo, Giuffrè‐Nomos Verlag, Milano ‐ Baden Baden, 1999; PANUNZIO S., Lo Stato di
diritto, Il solco, Città di Castello, 1921.
38
Cfr BARRET‐KRIEGEL B., L’état et les eclaves, Payot, Paris, 1989, p. 27 ss.
21