Introduzione
6
prodotto pareri controversi e ha alimentato un dibattito, non solo accademico,
sull’effettiva validità e sulla congruità delle misure introdotte.
L’iter legislativo, le polemiche che lo hanno preceduto e accompagnato e le
prime proposte di modifica annunciate ancor prima della puntuale applicazione
della normativa verranno considerate alla luce dell’originalità delle disposizioni
italiane che, come vedremo, si fondano su una logica differente da quella tipica
delle class actions americane. Diverso è il meccanismo processuale, il ruolo
giocato dai soggetti che vi partecipano ed il contesto normativo.
Il punto di partenza per valutare la nuova normativa italiana non può
prescindere dal considerare le analoghe esperienze in materia di azione collettiva
risarcitoria che molti paesi hanno, nel corso del tempo, introdotto nei rispettivi
ordinamenti.
Come pure, sarà importante rilevare il ruolo propulsivo svolto dall’Unione
Europea, alla cui normativa il nostro legislatore ha voluto programmaticamente
conformarsi e alle esperienze di quegli Stati, europei e non, che hanno una
tradizione del diritto più o meno distante dalla Common Law di estrazione anglo-
sassone.
In particolare, si seguiranno le esperienze americane che attraverso la Class
Action hanno costituito il vero e proprio prototipo, almeno sotto il profilo
ideologico, di quasi tutte le analoghe regolamentazioni sviluppate negli altri
paesi.
La valutazione dei punti di contatto e delle differenze rilevate nella
comparazione delle differenti discipline applicate nei vari paesi potrà
sicuramente essere utile in sede di effettiva applicazione di una disciplina che,
per quanto attesa, è stata soggetta a continui differimenti.
La class action è un particolare istituto del processo civile nordamericano
che consente di tutelare in un medesimo giudizio una molteplicità di situazioni
soggettive tra di loro distinte ma omogenee2.
Si pensi all’ipotesi in cui un’impresa abbia immesso sul mercato un
prodotto, di comune consumo e di valore modesto, che presenti un certo difetto.
2 CONSOLO Claudio, BONA Marco. BUZZELLI Paolo A., Obiettivo class action. L'azione collettiva
risarcitoria, IPSOA, Milano, 2008, pag. 2
Introduzione
7
Gli acquirenti si rendono conto della presenza del difetto che, in fondo, può
addirittura far perdere al prodotto la funzione per la quale è stato immesso sul
mercato: diventa inutile, se non pericoloso.
Il singolo consumatore avrebbe, in tal caso, diritto ad un risarcimento, ma
difficilmente ricorrerà alle vie giudiziarie per ottenerlo: i costi legali sarebbero
superiori rispetto al limitato beneficio che potrebbe ottenere in caso di esito
vittorioso della controversia.
Tramite l’azione di classe3 è possibile evitare lo svolgimento di una pluralità
di procedimenti individuali nell’ipotesi in cui da un unico fatto dannoso derivi la
lesione di più diritti facenti capo a più soggetti. Tali diritti vengono fatti valere in
un unico giudizio, su istanza di uno o di alcuni soltanto dei soggetti danneggiati e
soprattutto senza il concorso della volontà di tutti i componenti della classe.
In pratica, attraverso la class action4, un individuo, oltre ad agire per conto
proprio, può intraprendere un’azione legale anche nell’interesse di tutti coloro
che si trovano nella sua stessa situazione e che vantano questioni di diritto
comuni nei confronti del medesimo convenuto.
La class action rappresenta, quindi, un’eccezione al generale principio per
cui può agire in giudizio solo chi difenda un diritto proprio o chi sia stato
espressamente delegato a farlo dal soggetto titolare del diritto.
Quando un elevato numero di soggetti risulta danneggiato da un medesimo
illecito, il ricorso individuale alla giustizia comporta l’instaurarsi di altrettanto
numerosi processi. La class action, invece, permette di riunire le azioni di tutti i
danneggiati in un’unica causa la cui sentenza vincola tanto coloro che hanno
effettivamente preso parte al processo, quanto tutti gli altri appartenenti alla
medesima classe che non vi hanno partecipato.
3
per una riflessione sulla distinzione tra azioni di classe e azioni collettive Cnf: CHIARLONI Sergio, Per
la chiarezza di idee in tema di tutele collettive dei consumatori, saggio destinato agli Studi in onore di
Vittorio Colesanti, www.Judicium.it
4
Per un approfondimento sull’evoluzione dello strumento processuale della class action nell’ordinamento
statunitense, cnf: MULHERON Rachel,The class action in Common Law Legal System: a Comparative
Perspective, in Hart Publishing, Portland Oregon, Oxford, 2004, p. 3 sgg
Introduzione
8
Tale meccanismo consente un evidente risparmio di tempo, di risorse e di
spese processuali ed evita inoltre il congestionamento dei tribunali ed il pericolo
di sentenze tra di loro contraddittorie. Oltre a questi vantaggi, bisogna aggiungere
che l’istituto esercita anche un’importante funzione di deterrenza e dissuasione
dal compimento degli illeciti5.
La consolidata applicazione della class action negli Stati Uniti come
strumento per la tutela di interessi di larga diffusione ha da tempo suscitato
l’attenzione degli studiosi nel momento in cui si sono posti l’esigenza di
eliminare gli ostacoli all’accesso alla giustizia che si presentano in occasione
delle controversie seriali6 anche se una ordinaria applicazione dello strumento
class action nel nostro Paese è apparso subito improponibile.
Infatti il tema delle azioni collettive risarcitorie è quanto mai delicato e va
affrontato con cautela: il rischio che si corre è quello che, in nome di esigenze
condivisibili come quelle concernenti le modalità di un efficiente funzionamento
del sistema giudiziario e di una efficace tutela del consumatore, si possano creare
incentivi artificiosi alla litigiosità nei confronti delle imprese o degli intermediari
finanziari.
Peraltro, una parte rilevante delle riflessioni dottrinarie ha finora contrastato
l’introduzione dell’istituto della Class Action nei sistemi di civil law a causa della
asserita mancanza dei necessari presupposti di diritto sostanziale e di favorevoli
condizioni istituzionali, sociali, economiche e culturali.
Sintomatico, a questo proposito, è quanto affermato dal Prof. Guido Alpa,
Presidente del Consiglio Nazionale Forense, che, nel corso dell’iter parlamentare
delle norme, all’indomani dell’approvazione dell’emendamento Bordon -
Manzione, ebbe a dichiarare che la nuova norma si presentava come “un mostro
giuridico che, se lo si vuole mantenere in vita, deve essere completamente
riscritto, pena lo scardinamento del sistema processuale vigente e
5
Cfr: GIUSSANI Andrea, Azioni collettive, danni punitivi e deterrenza dell’illecito, in Atti del
Convegno: Funzioni del Diritto privato e tecniche di regolazione del mercato , Catania, 5 - 6 ottobre 2007
6
Cfr: GIUSSANI Andrea, Controversie seriali e azione collettiva risarcitoria in "Rivista di diritto
processuale", 2008, fasc. 2, pag. 465 - 476
Introduzione
9
l’accelerazione della crisi della macchina della giustizia”7.
A questo punto è necessario, però, sgombrare subito il campo da possibili
equivoci: i commi da 446 a 449 dell’articolo 2 della Legge n° 244 del 2007 che
introducono l’azione collettiva risarcitoria si basano su una logica differente da
quella tipica delle class actions americane.
Come vedremo, diverso è il meccanismo processuale, il ruolo giocato dai
soggetti che vi partecipano ed il contesto normativo. Per questi motivi sarebbe
opportuno evitare di qualificare le azioni che questo testo propone con il nome
“azioni di classe”.
Nel nostro Paese siamo molto distanti dall’esperienza nordamericana che
questo nome richiama. Lo stesso legislatore preferisce utilizzare espressioni più
appropriate come “azioni collettive” o “azioni di gruppo”.
Mantenendo ferma questa considerazione, l’analisi dell’esperienza degli
Stati Uniti rimane il punto di partenza di ogni studio sulla materia.
Quindi anche il presente lavoro prenderà le mosse dall’indagine sulle origini
della class action per poi procedere ad una breve disamina del modello
nordamericano.
Farà seguito un esame degli istituti analoghi alla class action adottati in
altri ordinamenti di common law e civil law.
Infatti, le azioni collettive grazie anche all’accresciuto protagonismo e alla
capacità di incidere politicamente e socialmente da parte dei consumatori, stanno
entrando nell’ordinamento giuridico di molte nazioni europee. In particolare, si
osserveranno le esperienze di Regno Unito, Francia, Germania, Spagna così da
cogliere quei tratti peculiari che possono offrire importanti occasioni di
confronto con la realtà italiana.
In effetti, l’analisi delle iniziative in materia di azione collettiva risarcitoria
va inquadrata nel contesto delle norme che, a partire dagli anni Novanta, hanno
rafforzato la tutela dei consumatori e degli utenti grazie al recepimento negli
ordinamenti nazionali di una serie di direttive comunitarie che rimanevano, però,
sul versante dell’azione inibitoria.
7
cfr: ALPA Guido, “un “mostro giuridico” da riscrivere integralmente, Il Sole 24 Ore, Commenti,
17/11/2007
Introduzione
10
Per questo motivo, sarà utile riflettere sulla diffusione del consumerismo e
sull’azione politica che gli utenti e i consumatori sono in grado di esercitare sia
come opinione pubblica, sia come interlocutori necessari delle grandi e piccole
imprese.
Uguale attenzione meritano, fuori dall’Europa, alcune esperienze presenti
nell’ordinamento brasiliano e in quello canadese, mentre un approfondimento
puntuale sarà riservato all’iter parlamentare che ha accompagnato l’introduzione
dell’articolo 140 bis nel nostro Codice del Consumo. Da questa disamina
emergeranno i punti di contrasto e le diverse opzioni che le varie forze politiche
hanno proposto al Parlamento e nel Paese in considerazione anche del fatto che il
dibattito intorno a possibili distorsioni e effetti perversi è ancora particolarmente
acceso, specialmente tra le associazioni dei consumatori e le organizzazioni
rappresentative degli interessi degli industriali.
11
Capitolo 1
Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
1.1 Le origini in Inghilterra.
Solo negli ultimi decenni il tema dell’azione collettiva risarcitoria ha
acquisito un rilievo importante nel dibattito giuridico e politico europeo sulla
scia delle notizie che provenivano dagli Stati Uniti. Le Class Action di fine
anni ’90 contro le industrie del tabacco o contro altre grandi aziende hanno
portato all’attenzione dell’opinione pubblica le potenzialità che questo
strumento forniva ai cittadini per ottenere un risarcimento nel caso di danni
subiti e ha aperto un’ampia discussione sull’uso che di esso si stava facendo.
Di conseguenza, alcuni possono immaginare che la Class Action, il
“processo collettivo”, sia un’invenzione più o meno recente del sistema
giudiziario civile americano.
Del resto, gli U.S.A. hanno sempre fornito le opportunità per gruppi di
querelanti di unirsi per intraprendere un’azione legale collettiva per chiedere la
soluzione di una questione comune. Quello che è meno noto è che i concetti
fondanti delle Class Action provengono dall’esperienza del sistema giuridico
inglese.
Per molti anni, gli storici del diritto hanno individuato l’origine dei processi
collettivi nell’Inghilterra del diciassettesimo secolo. Secondo questa
descrizione, i processi collettivi nascevano perché il giudice, “Bill of Peace”,
nell’ambito della giurisdizione di equity, permetteva ai querelanti o ai difensori
multipli di risolvere le domande comuni in una singola azione legale portata,
generalmente, nelle corti di Chancery8.
Più complesso è, invece, il quadro che emerge dalla ricerca del professor
8
Questa interpretazione dell’origine della class action è stata proposta da: Zechariah Chafee, Some
Problems of Equity (Ann Arbor, Mich.: University of Michigan Press, 1950), citato in HENSLER R.
Deborah, Institute for Civil Justice (U.S.) PACE Nicholas M., DOMBEY_MOORE Bonita, GIDDENS
Beth, GROSS Jennifer, MOLLER Erik, Class Action dilemmas: Pursuing public goals for private gain,
Rand Corporation, Santa Monica CA, 2000, pag 10.
Capitolo 1 Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
12
Yeazell che ha evidenziato come le prime azioni rappresentative siano state
promosse davanti alle corti feudali locali inglesi (manorial courts 9) a partire
dal dodicesimo secolo .
L’esempio più antico ritrovato da Yeazell di ciò che egli chiama
“litigation group” risale al 1199 quando Martin, rettore di Barkway, chiamava
in giudizio gli abitanti di Nuthamstead, un villaggio dello Hertfordshire, per
una vicenda riguardante i suoi asseriti diritti ad ottenere offerte e servizi
giornalieri connessi alla celebrazione della messa10.
Le azioni rappresentative (representative suite) avevano il loro fondamento
nella responsabilità solidale fra contadini appartenenti alla stessa comunità per
il pagamento di tributi sulla produzione. Il creditore poteva convenire in
giudizio, presso le manorial courts, anche solo alcuni appartenenti alla
comunità, di solito quelli con più disponibilità economiche, per l’intero credito.
I convenuti nominati potevano poi agire in rivalsa sugli altri membri della
comunità anche senza far uso di mezzi giurisdizionali.
L’insegnamento chiave del lavoro di Yeazell è nell’aver individuato una
lunga tradizione nell’Inghilterra medievale di azioni giuridiche che presentano
tratti distintivi comuni con le attuali class actions e, in particolare, con riguardo
alla qualità del soggetto collettivo o alla presenza di un fattore comune al
gruppo. Queste peculiarità ritrovate nelle vicende giudiziarie inglesi, innestate
in quel sistema giuridico, hanno alimentato le perplessità di molti studiosi
intorno all’importazione nel nostro ordinamento di un simile tipo di azioni11.
A seguito del cambiamento della situazione socio economica in Inghilterra,
con lo sviluppo tecnologico, cambiò anche lo scenario giurisdizionale che portò
la Cancelleria ad avere, oltre che funzioni giurisdizionali, spesso anche funzioni
amministrative e legislative, questo anche perché non vi era, in quel periodo
9
Tribunali nobiliari che giudicavano applicando un diritto consuetudinario eminentemente locale. Cnf:
DAVID Ren – JAUFFRET-SPINOSI Camille., I grandi sistemi giuridici contemporanei, CEDAM,
Padova, 1994, p. 274.
10
Citato in SPENCE Susan T., A Short story of class action law, in American Bar Association, section of
business law, volume 11, n°6 – july/August 2002
11
LENER Raffaele, L’introduzione della class action nell’ordinamento italiano del mercato finanziario, in
Giurisprudenza commerciale, Vol. 32. (2005), n. 2 (marzo-aprile 2005). p. 273, e in Scritti in onore di
Vincenzo Buonocore, III, Diritto commerciale, Società, t. II, Giuffrè Milano, 2005, p. 2847
Capitolo 1 Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
13
storico, una distinzione fra tali funzioni.
Con la creazione della Court of Chancery, che fornì la monarchia di un
indirizzo politico, il Chancellor, nel XVIII secolo, con le sue pronunce sulla
efficacia del giudicato, diede origine a uno dei più famosi precedenti in tema di
class actions. Lo strumento che portò a questa creazione giurisprudenziale fu
dato dalle sintetiche motivazioni, che il Cancelliere forniva, circa i dinieghi di
modificare, con nuove pronunce, l’assetto di interessi fissato con le
composizioni precedenti, formando con questo comportamento la prassi dello
stare decisis.
Caratteristica tipica delle corti di equity, era quella di estendere
l’applicazione del litisconsorzio necessario, facendo partecipare al giudizio
chiunque avesse un interesse connesso all’oggetto della causa, in
contrapposizione alla giurisdizione di common law che considerava
inammissibile il litisconsorzio.
La pluralità di parti, quindi, rendeva inadeguata la tutela offerta dalle corti
di common law formando un presupposto per la tutela residuale di equity.
Il principio secondo cui spettava al Cancelliere rendere una giustizia
completa ci fa capire che il litisconsorzio dovesse essere necessario (cd.
necessary parties), si deve anche aggiungere che una regola di territorialità
della giurisdizione delle corti britanniche, impediva alle parti di citare chi si
trovasse al di fuori della loro circoscrizione.
In questo quadro era difficile integrare in modo completo il contraddittorio e
ciò portava a dichiarare improcedibili le domande. La giurisdizione di equity e
quindi la Court of Chancery poteva respingere l’eccezione di incompletezza del
contraddittorio con la considerazione di irrilevanza dell’assenza di quelle parti
che potevano essere “virtualmente rappresentate”12 .
Si può ritenere che le class actions discendano da queste decisioni.
Secondo una ricostruzione storica vi sono tre principali settori ove si sono
12
L’Equity è il sistema di diritto elaborato dalla Corte di Cancelleria a partire dal XIV secolo, che si affianca al
Common Law. A partire dal XIV sec. chi non ottiene giustizia innanzi alle Corti regie prende a rivolgersi
direttamente al Sovrano, quale dispensatore di Giustizia, perché intervenga per soddisfare la coscienza e per
opera di carità’, decidendo secundum aequitatem. Definizione in: http://www.unibg.it/dati/corsi/6853/22871-
EQUITY.pdf
Capitolo 1 Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
14
sviluppate queste fattispecie13.
Il primo settore dove possiamo riscontrare una derivazione delle premesse
esperienze si rinviene nelle pronunce relative al bill of peace che serviva, in
presenza di una pluralità di parti, ad instaurare una giurisdizione di equity per
ragioni di economia processuale. Il bill of peace consentiva, in gruppi
caratterizzati da una mancanza di coesione sociale, che alcune parti potessero
essere pretermesse con la possibilità di agire solo nei confronti di alcuni
componenti del gruppo, dimostrando solo che la complete justice fosse
superflua e “facendo dipendere la necessarietà del litisconsorzio e la relativa
estensione del giudicato al carattere “comune”, “generale” o “unitario” della
situazione soggettiva azionata14”.
Un secondo settore di pronunce si ricollega alla nascita dell’economia
capitalista, in quanto le società commerciali prive di personalità giuridica cd.
Joint - stock companies, nelle liti riguardanti gli affari della società, dovevano
sottoporsi alla regola del litisconsorzio necessario di tutti i soci per non
incorrere nella dichiarazione di improcedibilità della domanda. Da tali
premesse viene da sé che divenne sempre più frequente il ricorso alle regole
delle representative suits15.
Il terzo gruppo di decisioni, ha anch’esso come presupposto la completezza
del contraddittorio, come i creditor bills, i legatee bills e i vessel’s cases.
Queste azioni richiedevano la nomina di un renditore di conti per la
distribuzione di un patrimonio in favore di creditori o di successori
testamentari.
Nelle motivazioni di queste pronunce emerse il problema della adeguatezza
della rappresentanza, fino ad allora non ritenuto importante, stabilendo che i
creditori non potessero agire nell'interesse di coloro che non avessero gli stessi
loro privilegi, e, anche in mancanza di un rapporto associativo, si poteva agire
nell'interesse degli assenti purché titolari di situazioni soggettive omogenee.
13
Cfr: Class Action e i suoi profili comparatistici in Atti del Convegno Associazione Consumatori Utenti in
collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, Napoli 28 marzo 2008
14
Cfr. GIUSSANI Andrea, Studi sulle “Class Action”, Cedam, Padova, 1996, p. 4
15
Cfr. GIUSSANI A., idem, pag. 16
Capitolo 1 Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
15
L'abbandono dell'azione rappresentativa in Inghilterra fu determinato dalla
fusione delle giurisdizione di common law e di equity uniformando così anche
il regime del litisconsorzio necessario, escludendo perciò le fattispecie
ricondotte ai bill of peace e ai creditor bills16.
Uno strumento diverso rispetto a quello delle representative suits fu quello
della relato action con la quale una cittadino qualsiasi poteva agire in qualità di
legittimato straordinario su autorizzazione del pubblico ministero (Attorney
General) e cioè un'azione popolare per la tutela di situazioni soggettive
superindividuali soggette al controllo del pubblico ministero.
Oggi in Inghilterra la fonte normativa delle representative suits è la Rule of
the Supreme Court Ord. 15, in base alla quale è possibile rappresentare quanti
abbiano lo stesso interesse.
Il leading case in materia è Mark & Co. Ltd. v. Knight Steamship Co. Ltd17,
con cui si è escluso che le damage actions potessero essere azionate in forma
rappresentativa perché prive del requisito della jointness della situazione
sostanziale azionata
L’istituto quindi dell’azione collettiva di stampo anglosassone e, in
particolare, l’applicazione della sua caratteristica fondamentale e cioè di
ammettere l’applicazione della regola secondo la quale chiunque avesse avuto
un interesse connesso all’oggetto della causa avrebbe dovuto necessariamente
partecipare al giudizio, venne recepito negli Stati Uniti dove cominciò a seguire
percorsi originali.
16
Cfr. GIUSSANI A., op. cit., p. 20 e seg, il quale afferma che “una volta uniformato il regime del
llitisconsorzio necessario, ridottosi esclusivamente a una serie molto limitata di situazioni giuridiche
“comuni” (joint) l’ambito di applicazione della representative suit fu adeguato a tale serie, richiedendosi,
così come ai fini della necessarietà del litisconsorzio, la presenza di un common interest inteso in senso
forte (vale a dire restrittivo), ossia come contitolarità della situazione soggettiva e coincidenza
dell’interesse a ottenere un medesimo provvedimento, sicché ne risultavano eliminate le fattispecie legate
ai bills of peace e ai creditor bills”.
17
2 KB 1021 [1910] Markt & Co Ltd v Knight Steamship Co, Ltd [1910] segnalato in: ASHMAN
Peter, CLASS ACTIONS, pag 3, in www.federationpress.com.au
Capitolo 1 Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
16
1.2 La nascita e gli sviluppi negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti si creò la cosiddetta American law of class suits; questa
diede risposta, a livello federale e statale, alle diverse questioni legate a questa
forma di azione. La questione più complessa era l'estensione soggettiva della
pronuncia giudiziale, la cui soluzione richiedeva la conciliazione tra il principio
di giustizia18 e l'opportunità di considerare applicabile la decisione anche a coloro
ai quali viene negata l'informazione e la partecipazione nelle controversie che
coinvolgono una pluralità di parti.
La prima trattazione dottrinale in materia si fa risalire a Joseph Story,
mitico padre della giustizia statunitense e Giudice della Suprema Corte entrato
nella leggenda del Diritto con il soprannome di Justice Story, che nel XIX secolo
affrontò la problematica evidenziando l'ammissibilità della class action quale
eccezione alla Necessary Parties Rule; si ammetteva, cioè, che tutte le persone
interessate materialmente nella questione dovessero parteciparvi, ma si precisava
che si potesse superare la situazione quando la chiamata in causa di tali soggetti
fosse impraticabile per l'elevatissimo numero19.
La prima sentenza che rispecchiava questo indirizzo è del 185320 e rivela il
particolare punto di vista che si stava affermando nel sistema giudiziario
americano. In questa sentenza la Corte Suprema affermò l'ammissibilità della
class action dichiarando vincolante la sentenza anche per gli assenti, a condizione
che gli interessi dei medesimi fossero stati correttamente rappresentati.21
18
Secondo il quale ciascuno deve avere il diritto di essere informato del giudizio ove si decide dei propri
diritti.
19
STORY Joseph, Commentaires of Equity Pleadings and the incident thereof, Little, Brown and
Company, Boston, 18576 , Google Books;
20
U.S. Supreme Court, Smith v. Swormstedt, 57 U.S. 16 How. 288 288 (1853), in
http://supreme.justia.com/us/57/288/case.html
21
Cfr: in idem, “The rule is well established that where the parties interested are numerous, and the suit is
for an object common to them all, some of the body may maintain a bill on behalf of themselves and of
the others, and a bill may also be maintained against a portion of a numerous body of defendants,
representing a common interest.” Vedi al proposito quanto riporta STORY Joseph, in Commentaires…
op. cit. pag 158 " Where the parties on either side are very numerous, and cannot, without manifest
inconvenience and oppressive delays in the suit, be ali brought before it, the Court in ìts dìscretìon may
dispense with making ali ofthem parties, and may proceed in the suit, having sufficìent parties before it to
represent ali the adverse Interests ofthe plaintiffs and the defendants in the suit properly before it. But, in
such case, the decree shall be without prejudice to the rights and claims ofall the absent parties.."
Capitolo 1 Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
17
Occorre naturalmente precisare, anche per comprendere la portata
innovativa della sentenza, che in quegli anni la legislazione vigente era fondata
sulla Equity Rule 48 del 1842 che escludeva categoricamente che qualsiasi
pronuncia potesse pregiudicare gli assenti.
La prima definizione di azione di classe è riconducibile alla Federal Equity
Rule 38 del 1912 che chiariva i requisiti di accesso all’azione e consolidava
l'orientamento favorevole a considerare i membri assenti vincolati dalla decisione
emessa nei confronti della classe. Infatti richiedeva una adeguata rappresentanza
della classe da parte dei soggetti partecipanti al giudizio nonché la presenza di una
questione di fatto o di diritto comune a tutti i membri della classe, dovendosi
ritenere tali tutti coloro ai quali è comune la stessa questione.22
Questa nuova disposizione può essere considerata un vero e proprio
precedente diretto della successiva Rule 23 in quanto affermava che “ when the
question is one of common or general interest to many persons constituting a
class so numerous as to make it impracticable to bring them all before the
court”23.
Con la fusione tra la procedura per trattare cause at law e quella per azioni
in equity, si rimodellarono anche le class action,: nel 1938, la Supreme Court
elaborò le Federai Rules of Civil Procedure che prevedevano anche la nuova
Rule 23 che regolava finalmente il tema delle class actions per le Corti Federali.
Ogni Stato avrebbe adottato una versione della Rule 2324 .
Una seconda sentenza significativa di cui occorre dare conto è successiva
alla rielaborazione delle regole federali relative alla procedura civile (Federal
Rule of Civil Procedure) che contenevano, come abbiamo visto, la rule 23 in
tema di class action. Dunque, nel 1940, nel caso Hansberry v. Lee, la Corte
diede l’avallo definitivo al sistema delle azioni di classe e, con esso, alla
definitiva prevalenza del principio dell’opportunità rispetto al principio di
giustizia. Questa scelta determinò anche lo sviluppo della successiva disciplina
22
RESCIGNO Pietro, Sulla compatibilità tra il modello processuale della class action ed i principi
fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, in Giurisprudenza italiana, 2000, pag 2225.
23
Manual for Complex Litigation, Fourth Federal Judicial Center 2004, pag. 243
24
DICKERSON Thomas A., Class actions, the law of 50 states, Law Journal Press, 1988, appendix A-5,
Google Books
Capitolo 1 Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
18
legislativa.
Ora, è evidente che, al di la delle questioni concrete connesse ai due casi
citati il problema più significativo attiene all’atteggiamento proprio del giurista
statunitense rispetto al principio dell’azione di massa. L’ottica che anima la Corte
Suprema, e l’ampia dottrina prodotta sul caso, è la seguente: è sconsigliabile, per
quanto possibile, escludere soggetti privati dalla partecipazione al procedimento
giurisdizionale in cui vantano un interesse. Tuttavia, il difficile bilanciamento tra
l’esigenza di ascoltare tutti gli interessati e quella di addivenire alla rapida
conclusione del procedimento determinano la necessità, in talune occasioni, di
emettere una decisione anche in assenza dei soggetti interessati, e obbligare
questi soggetti ad osservarne il merito25.
1.3 Il Class Action Fairness Act
Per cercare di superare le restrizioni e le difficoltà interpretative create dalla
formulazione della rule 23, nel 1966 tale disciplina viene modificata, così da
trasformare l’Equity in un sistema attributivo di diritti oltre che fornitore di
rimedi. Le revisioni alla disciplina sono continuate con ulteriori due interventi
modificativi della rule 23, nel 1998 e nel 2003, per giungere alla promulgazione,
nel 2005, del Class Action Fairness Act.
Nasce, così, la formulazione attualmente vigente della Federal Rule 23 che
introduce un criterio unitario di individuazione della comunanza di interessi,
rimesso alla discrezionale determinazione della autorità giudiziaria.
L’attuale testo della rule 23 al paragrafo A individua i requisiti cui è
condizionata la proposizione di una class action affermando che “possono agire
od essere convenuti come parte, rappresentando tutti i membri, soltanto se la
classe è tanto numerosa, che la riunione di tutti i membri in un unico processo è
praticamente impossibile, vi sono questioni di diritto e di fatto comuni alla
classe, le domande o eccezioni delle parti rappresentative sono configuragli
come tipiche di tutti i membri della classe e le parti rappresentative
25
Per il caso Hansberry v. Lee e le sue conseguenze cfr: SGUEO Gianluca, Studi sulle azioni di classe.
Le origini negli Stati Uniti, in Diritto & Diritti - il Portale Giuridico italiano, 24/07/2008
Capitolo 1 Le origini storiche della Class Action e le finalità politiche
19
proteggeranno in modo giusto e adeguato gli interessi della classe26” . Questi,
dunque, sono i requisiti preliminari o di ingresso nella class action.
Nel successivo paragrafo B, sono individuate le condizioni di procedibilità
affinchè una class action possa essere esercitata, distinguendo tre diverse
categorie di azioni e operando una prima tipizzazione delle possibili fattispecie
di azione di classe nei tre sottoparagrafi della suddivisione (b) dello stesso
articolo 23.
Il paragrafo (b)-1-A è riconducibile ad una ratio simile a quella sottesa alle
nostre ipotesi di litisconsorzio necessario, mentre il paragrafo (b)-1-B riguarda
azioni collettive nei confronti di soggetti di cui risulti assai probabile
l’insolvenza. Le corti americane limitano l'ammissibilità della class action
all'ipotesi in cui venga richiesto un injunctive o un declaratory relief con
esclusione delle ipotesi in cui si richieda il mero risarcimento del danno. L'altra
ipotesi ricorre qualora le autonome decisioni delle azioni individuali possano dare
luogo a pregiudizi per i restanti appartenenti alla classe.
La seconda categoria contemplata nel paragrafo (b)-2 prevede situazioni in
cui una parte richieda declaratory or injunctive relief, a seguito di comportamenti
commissivi o omissivi dell'avversario della classe. Questa categoria è stata
utilizzata per permettere anche pretese di equitable restitution in ambito di
rapporti di lavoro. Entrambi gli elementi non introducono alcun elemento di
novità e, come si vedrà, configurano un’azione che presenta finalità in qualche
modo vicine alle azioni collettive proprie del nostro sistema processuale e, più in
generale, di quello europeo.
Il paragrafo (b)-3 contiene infine la modifica più rilevante che affida al
giudice il compito di valutare nel caso concreto l’esistenza di questioni di diritto
comuni ad una intera categoria di soggetti e la loro prevalenza.
26
Cfr allegato n° 6