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II. INTRODUZIONE
2.1 Il fitoplancton degli ambienti di transizione
2.1.1 Il fitoplancton
Caratteristiche generali
Per fitoplancton si intende l'insieme degli organismi autotrofi fotosintetici presenti nel plancton,
ovvero quegli organismi in grado di sintetizzare sostanza organica a partire dalle sostanze
inorganiche disciolte, utilizzando la radiazione solare come fonte di energia.
Popola lo strato superficiale delle acque, e ne fa variare il colore, grazie alla clorofilla e gli altri
pigmenti fotosintetici, rendendolo più blu con poco fitoplancton e più verde se invece se ne
riscontra un elevata presenza.
L’origine della parola “plancton” deriva dai microscopisti che per primi notarono la presenza, nelle
acque, di una moltitudine di microrganismi di cui, fino ad allora, si ignorava l’esistenza. Ritenendo
che questi organismi fossero sospinti dalle correnti, incapaci di moto autonomo, coniarono la parola
plancton, dal greco πλαγκτον, errante.
Il fitoplancton è costituito da vari taxa, tra cui diatomee e dinoflagellati, che costituiscono la
maggior parte della biomassa fitoplanctonica, e in minor misura coccolitoforidi, silicoflagellati,
criptoficee, cloroficee ed euglenoficee.
Il fitoplancton e lo zooplancton sono la condizione di esistenza di tutta la restante vita marina e,
nello specifico, il fitoplancton si trova alla base della catena alimentare nella maggioranza degli
ecosistemi acquatici. L'energia del sole è introdotta nelle comunità biologiche attraverso i vegetali
autotrofi (produttori primari) capaci di sintetizzare sostanze organiche quali carboidrati, grassi e
proteine partendo da materiale inorganico e acqua, per mezzo della fotosintesi. Il fitoplancton è la
principale risorsa trofica per l'intera rete alimentare, gli altri vegetali marini (macroalghe bentoniche
e fanerogame marine) sono presenti solo nelle aree costiere e assumono quindi un'importanza locale
nel suddetto processo.
Il fitoplancton rappresenta inoltre la maggior parte della biomassa autotrofa: il fitobentos infatti, che
può vivere sui fondali fin dove c'è sufficiente luce, ha biomassa e produzione trascurabili.
Il fitoplancton è presente negli strati eufotici di tutta la massa oceanica, ossia tra la superficie e i
200 m di profondità. Man mano che si scende negli strati più profondi la concentrazione diminuisce
con l'attenuazione della luce.
Nutrizione
Gli organismi fitoplanctonici hanno dimensioni molto ridotte; questa caratteristica favorisce un
elevato rapporto superficie/volume, che consente il massimo assorbimento di nutrienti.
Parte del microplancton viene considerato come alghe nella sistematica botanica e come protozoi in
quella zoologica, in quanto alcuni organismi sono eterotrofi ed altri, pur avendo una parete cellulare
ed essendo autotrofi come i vegetali, sono in grado di nutrirsi tramite fagocitosi (questa particolare
condizione è conosciuta col nome di mixotrofia), per altri sono poi da chiarire sia la struttura che il
trofismo.
Ecologia del fitoplancton
Lo sviluppo dei vegetali planctonici dipende soprattutto dall'illuminazione e dalla presenza, nelle
acque, di sostanze nutritive quali i sali di azoto e fosforo; anche lo zooplancton, che di esso si nutre,
gioca un ruolo di base nella dinamica delle popolazioni fitoplanctoniche:
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Intensità luminosa
La penetrazione della luce alle varie profondità è uno dei fattori più importanti che influiscono sulla
distribuzione delle varie specie lungo la colonna d'acqua.
L'intensità luminosa influisce sull'attività fotosintetica, a tal punto che un eccesso di intensità
luminosa può anche avere effetti inibitori sulla fotosintesi. Nelle regioni temperate le condizioni
favorevoli per lo sviluppo vanno dalla primavera all'autunno.
Temperatura
Entro certi limiti l'aumento di temperatura favorisce i processi metabolici, quindi ad una maggiore
temperatura corrisponde generalmente una maggiore produzione di biomassa fitoplanctonica. La
temperatura influisce anche su altri fattori importanti per il fitoplancton, quali ad esempio la
solubilità dell'ossigeno ed i movimenti delle masse d'acqua, ai quali il plancton è per definizione
vincolato.
Disponibilità di nutrienti
La disponibilità di nutrienti è legata alla loro immissione dall'esterno del corpo d'acqua ed alla loro
mobilitazione dalle acque più profonde, dove avviene la degradazione della sostanza organica e
dove quindi essi tendono ad accumularsi.
Fattori biologici
Le interazioni fra le diverse specie dell'ecosistema acquatico, quali competizione, predazione,
parassitismo, hanno una notevole influenza sul fitoplancton, in particolare sulla successione
stagionale delle specie che lo compongono.
La distribuzione dei popolamenti di fitoplancton si diversifica durante la successione stagionale e
solo una minima parte è perennante. In estate si ha in genere una povertà di fitoplancton dovuta alla
stratificazione della colonna d’acqua e alla scarsità di nutrienti nello strato superficiale. I
silicoflagellati si trovano solamente nei mesi freddi, le cloroficee e le euglenoficee prediligono
condizioni estuariali, i coccolitoforidi invece, sempre poco numerosi, aumentano in estate.
La distribuzione verticale è legata alle diverse esigenze ecologiche e fisiologiche delle specie in
base a fattori ambientali quali luce, temperatura, torbidità e distribuzione dei nutrienti.
Circa la distribuzione orizzontale si possono distinguere specie neritiche e pelagiche: di norma le
prime hanno pareti più robuste, si adattano meglio al moto ondoso e sono più euriecie delle
seconde, cioè hanno una più ampia plasticità ecologica.
La quantità di fitoplancton presente nelle acque varia a seconda della stagione e della località. Si
osserva infatti un ciclo annuale in cui si alternano fasi di fioriture e periodi in cui si ha una
diminuzione di biomassa fitoplanctonica.
Il momento di massimo sviluppo si ha in primavera, quando l'intensità e la durata della luce, oltre
alle quantità di nitrati e fosfati disponibili, favoriscono la moltiplicazione del fitoplancton. In
conseguenza la maggiore quantità di vegetali facilita lo sviluppo dello zooplancton, che rappresenta
il secondo anello della catena alimentare.
Questo processo continua sino a quando, in estate, le acque si impoveriscono di sali nutritivi e
quindi viene impedito lo sviluppo del fitoplancton, mentre negli strati sottostanti, per la caduta di
organismi morti, si ha un arricchimento di nutrienti.
In autunno gli strati superficiali si raffreddano mentre quelli più profondi, più ricchi, più caldi e più
leggeri, sono portati in superficie. Si determina in questo modo una nuova fioritura del fitoplancton,
anche se di entità minore rispetto a quella primaverile.
In inverno si ha un calo della biomassa fitoplanctonica ed un rimescolamento delle acque, i sali si
distribuiscono uniformemente ed anche la temperatura assume valori uniformi tra superficie e
fondo, in attesa che la luce raggiunga valori e tempi ottimali per la nuova fioritura primaverile.
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Problematiche legate al fitoplancton
Il numero delle cellule fitoplanctoniche varia in un ampio range di valori che va da poche migliaia,
nelle acque oligotrofiche, a concentrazioni molto elevate, a tal punto che è talvolta possibile
osservare un aumento nel numero di organismi fino a raggiungere decine di milioni di cellule per
litro. Questo fenomeno è definito «fioritura algale» ed è spesso accompagnato da una modificazione
del colore delle acque variabile dal giallo-bruno al rosso e al verde intenso per l'elevata densità di
microalghe. La fioritura generalmente è sostenuta da una singola specie largamente dominante che
non sempre provoca inconvenienti come anossie o morie di organismi dal momento che è
sufficiente un forte rimescolamento delle acque per farle scomparire. In questo caso l'aumento della
biomassa fitoplanctonica può anche avere risvolti positivi per quanto riguarda la pesca poiché le
microalghe rappresentano il primo anello della catena alimentare. La genesi delle fioriture considera
di estrema importanza il rapporto tra diatomee e dinoflagellati e la netta stratificazione delle acque.
I «blooms» algali sono alternativamente composti da diatomee e dinoflagellati. In generale le
diatomee compaiono prima, seguite dai dinoflagellati.
Anche condizioni di calma assoluta e inverni miti e secchi, oltre all’aumento di nutrienti nelle
acque, determinano un altro fenomeno ricorrente in Adriatico, cioè la formazione di ammassi
gelatinosi prodotti da diatomee, noti come mucillagini. Diatomee appartenenti ai generi Nitzschia,
Skeletonema e Chaetoceros secernono durante la fase riproduttiva polisaccaridi che possono
raggiungere concentrazioni tali da impedire la pesca e la balneazione.
Questo fenomeno non è da confondere con l'eutrofizzazione, dovuto soprattutto all'eccessivo
arricchimento in nutrienti delle acque a causa di composti fertilizzanti provenienti da fiumi e da
scarichi industriali. Le alghe si riproducono a dismisura sino ad innescare un processo degenerativo:
moria in massa delle stesse, intervento di batteri aerobi che consumano tutto l'ossigeno disponibile
generando anossie sui fondali marini con danni all'intero ecosistema. Le cause di questi fenomeni
sono imputabili all’interazione di molteplici fattori, quali gli apporti esterni di nutrienti in acque
calme e stratificate.
Al fitoplancton appartengono anche specie tossiche che possono provocare seri problemi per la
salute già a concentrazioni di poche centinaia di cellule per litro di acqua di mare. I principali
responsabili di questo fenomeno sono dei dinoflagellati appartenenti ai generi Dinophysis,
Alexandrium e Gonyaulax.
Negli ultimi anni lo studio delle fioriture causate da specie produttrici di biotossine è divenuto
argomento di grande attualità. Le biotossine colpiscono l'uomo in quanto consuma bivalvi,
soprattutto cozze, che si sono contaminati filtrando acqua di mare in cui sono presenti dinoflagellati
tossici in quantità elevate.
L'intossicazione più comune in Adriatico viene definita Dsp (Diarrethic Shellfish Poisoning) e non
ha effetti letali sull'uomo ma causa violente sintomatologie gastrointestinali.
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2.1.2 Il fitoplancton delle acque di transizione
Gli ecosistemi salmastri influiscono, grazie alla peculiarità delle loro caratteristiche ecologiche,
sulle fitocenosi planctoniche sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Queste aree di
transizione hanno un notevole significato biologico poiché, in questi ambienti, gli adattamenti
specifici e la selezione genetica sono accentuati da modificazioni e mutamenti dell’ambiente assai
marcati. Sono molteplici infatti i fattori che concorrono ad alterare, oltre che la ritmicità delle
variazioni che caratterizzano l’ambiente di transizione, anche i popolamenti che vi si sviluppano.
Gli organismi che riescono a svilupparsi in questi ambienti presentano un ampio adattamento eco-
fisiologico, ma non sono comunque esenti da limiti ben precisi, oltre i quali si verifica un
impoverimento numerico di determinate specie a favore delle sostituzione di queste con altre più
adatte.
Il carico biologico degli ambienti di transizione è strettamente correlato con i fattori idrodinamici , a
capo dei quali sono da annoverare le maree.
Il mare, grazie alle maree, svolge un azione vivificatrice nei confronti del contenuto fitoplanctonico
delle acque di transizione, azione testimoniata dal maggior carico biologico riscontrato nella marea
entrante rispetto a quella uscente. A questa perdita di carico biologico dovuta alla morte e
all’accumulo del fitoplancton può essere imputato l’arricchimento di sali nutritivi che caratterizza
gli ambienti di transizione in confronto agli ambienti neritici.
Diversamente da quanto si potrebbe aspettarsi, le condizioni trofiche che si instraurano in questi
particolari ambienti non sembrano favorire alcuna microflora esclusivamente salmastra. Il
fitoplancton degli ambienti di transizione è infatti prevalentemente costituito da specie comuni ad
altri biotopi, vale a dire ubiquiste, e da un piccolo numero di specie accidentali, strappate al loro
biotopo naturale e per questo motivo spesso non sono in grado di riprodursi. Raramente sono state
segnalate, per le Diatomee, forme autoctone, circoscritte solo alle acque salmastre, riscontrandosi
nella maggior parte dei casi specie comuni nelle acque marine litorali oppure provenienti dai corsi
d’acqua dolce.
L’azione inibitrice sulla microflora fitoplanctonica delle acque di transizione è soprattutto da
imputarsi ai fattori idrodinamici che perturbano, con il continuo e ritmico scambio d’acqua, la
stabilità ecologica delle popolazioni fitoplanctoniche. Le specie che si instaurano in questi ambienti,
oltre che saper sopportare ampie escursioni dei paramenti ambientali, devono saper far fronte ad
una continua variazione dei fattori stessi. Sono stati rinvenuti esemplari con caratteri morfologici
leggermente diversi dal fenotipo, che rappresentano mutazioni attuate per adattarsi a questo
ambiente estremamente eterogeneo.
Man mano che ci si allontana dal mare le specie marine tendono a regredire, appunto per l’assenza
dell’azione tamponatrice del mare, cosicché le oscillazioni chimico fisiche si accentuano e il
fitoplancton non si trova più in condizioni di completa vitalità e viene conseguentemente perduto,
anche se non sempre in maniera definitiva.
Oltre all’idrodinamismo, i fattori che maggiormente influiscono sulla distribuzione dei popolamenti
fitoplanctonici sono la temperatura e la salinità; per questo motivo, le specie che si rinvengono negli
ambienti di transizione possiedono l’eurialinità e l’euritermia necessarie per sopravvivere in un
ambiente diverso dal loro biotopo naturale. Un numero non indifferente di organismi, pur in
ambiente diverso dall’originario, è in grado di mantenersi grazie a processi di osmoregolazione, e di
riprendere l’attività fisiologica al ripresentarsi di una situazione propizia.
Dalle differenze di biomassa fitoplanctonica riscontrate in condizioni di marea entrante e uscente si
può facilmente capire come le acque di transizione, nonostante l’abbondante presenza di sali
nutritivi, non presentino le condizioni necessarie per il fitoplancton pelagico marino. Seppur da un
punto di vista qualitativo si riscontra un impoverimento nel numero di specie presenti, ciò non
significa che la biomassa fitoplanctonica totale subisca evidenti diminuzioni poiché, anche se
alcune specie in questi ambienti possono risentire dei fattori avversi al loro sviluppo, altre specie
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possono invece trarne vantaggio, andando a creare bloom favoriti anche dall’elevata concentrazione
di nutrienti. Nelle stazioni più interne del canale Brancolo questa situazione si è verificata per la
specie Entomoneis paludosa (Smith) Reimer che, pur non avendo creato un bloom, si è presentata
in concentrazioni assai elevate.
Da un punto di vista qualitativo, pur tenendo presente che i fattori alini, termici e idrodinamici
svolgono un’azione selettiva nei confronti della microflora marina, causando una progressiva
rarefazione di specie, il fitoplancton delle acque salmastre, anche il più interno, è quasi
esclusivamente marino ed è di tipo neritico, con un certo quantitativo anche di specie eupelagiche.
La composizione specifica è caratterizzata soprattutto da Diatomee e Dinoficee, mentre i
Silicoflagellati non sono mai riscontrati con un numero abbondante di unità.
Le Diatomee sono presenti tutto l’anno, mentre le Dinoficee, anche se presenti in modo sporadico
anche negli altri periodi dell’anno, attuano un notevole incremento nella stagione estiva, da giugno
a settembre, essendo specie amanti delle acque calde.