regolare i loro rapporti a carattere transnazionale, una borghesia commerciale
assai ricca diede spontaneamente vita ad un insieme di principi generali e di
regole consuetudinarie non scritte applicabili alle transazioni mercantili, i quali
erano destinati a regolare i loro rapporti d'affari a carattere transnazionale,
evitando l’applicazione dei diritti nazionali, costituendo per l’appunto
un’alternativa agli stessi. In seguito, con la nascita dei nazionalismi e delle
codificazioni del 19° secolo, si affermò la supremazia della legge statuale come
fonte di regolazione del commercio e delle dispute. La lex mercatoria venne così
assorbita nelle leggi nazionali di ciascun paese, mescolandosi con esse e perdendo
quel carattere di uniformità che la aveva caratterizzata in origine ma la
complessità del diritto internazionale privato ed il processo di rapida obsolescenza
delle leggi nazionali non sempre riuscivano a soddisfare le esigenze di semplicità
e chiarezza richieste dalla comunità d’affari. Gli stati divennero quindi presto
consapevoli dell’esistenza di dare vita ad alcune convenzioni internazionali e
leggi-modello capaci di armonizzare le regolamentazioni delle transazioni
internazionali od alcuni aspetti giuridici sostanziali delle stesse. Fino ad oggi
numerose sono state le convenzioni e le leggi modello adottate, nei settori più
diversi, quali l’arbitrato, il factoring, il leasing.
Tale quadro ricostruisce lo scenario entro il quale è possibile collocare uno
strumento contrattuale “nuovo” quale il leasing.
2
Premesso che tale tipo di rapporto, non trova riscontro in alcun tipo di
contratto previsto dall’ordinamento giuridico italiano, dottrina e giurisprudenza
affermano senza alcuna divergenza, che si tratti di un contratto “atipico
2
”.
Questa nuova categoria di contratti, nonostante l’atipicità che le è propria,
tende ad affermarsi e a diffondersi sempre di più: la globalizzazione dei mercati,
infatti, ha portato alla diffusione di strumenti finanziari sempre più sofisticati.
Queste continue ricerche hanno portato alla messa a punto di transazioni nazionali
(nelle quali il fornitore, il concedente e l’utilizzatore sono residenti nello stesso
paese) e internazionali (nelle quali i soggetti non risultano residenti nello stesso
paese).
A proposito del “leasing internazionale” è da segnalare l’intervento
dell’Unidroit
3
, Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato
firmata ad Ottawa nel 1988. La Convenzione mira a favorire lo sviluppo del
leasing mediante predisposizione di regole uniformi e ciò rende comprensibile la
ristrettezza del suo ambito applicativo. Essa definisce il contratto come
quell’operazione secondo la quale il concedente provvede ad acquistare i beni
strumentali indicati dall’utilizzatore e concede a questi il godimento di tali beni
dietro pagamento di canoni. A ben vedere, i motivi del ricorso ai principi Unidroit
sono gli stessi del ricorso alla lex mercatoria: ciascuna parte contraente di un
contratto internazionale è in genere riluttante ad accettare che a quest’ultimo si
applichi il sistema giuridico dell’altra parte, a causa delle (a volte) profonde
2
Cass. Civ., 2 novembre 1998, n. 10926, in Giust. Civ.
3
Lo studio di tale argomento è approfondito nel V capitolo.
3
differenze della disciplina interna dei contratti o della confusione determinata
dalla differente interpretazione esistente in ordinamenti diversi di uno stesso
termine o clausola contrattuale. Inoltre, in molti contratti internazionali accade
che, di fatto, una sola delle parti contraenti venga favorita (di solito quella dotata
di maggiore potere contrattuale), con conseguente danno per l’altra. Lo scopo
principale dei principi Unidroit è proprio quello di ridurre molte di queste
incertezze che nascono tra i contraenti di un contratto internazionale, attraverso
l’adozione di una disciplina equilibrata, nel cui contesto andrà inquadrato il
contratto, ove le parti contraenti su un piano di parità. I principi Unidroit sono
applicabili a condizione che vengano richiamati dai contraenti nell’ambito del
contratto internazionale purché, cioè, le parti abbiano accettato di vincolarsi ad
essi.
In conclusione scopo del presente lavoro è analizzare struttura e finalità del
contratto di leasing, nelle sue varie species, sia nel contesto giuridico italiano che
nell’ambito internazionale.
4
Capitolo I: Il leasing
1.1 Introduzione
Da vari decenni è iniziato, prima negli Stati Uniti d’America ed in Gran
Bretagna, il ricorso a complesse operazioni finanziarie, aventi la partecipazione di
tre parti diverse, miranti a dare la disponibilità di certe costose macchine
industriali ad imprenditori che ne avessero bisogno, ma che trovassero difficoltà
finanziarie all’acquisto; ossia quando un determinato soggetto, avendo interesse
all’utilizzazione di un bene che non può acquistare, lo prende il locazione da una
società pagando un corrispettivo. L’uso si è prontamente e largamente diffuso;
esso si è esteso alla soddisfazione anche di bisogni diversi da quelli originari
mettendo a disposizione di chi ne abbia bisogno beni diversi dalle macchine
industriali (per esempio autocarri, automobili e macchine agricole); e non ha
tardato a diffondersi in Paesi diversi da quelli di origine. Esso ha raggiunto l’Italia
intorno al 1960, e nel quarantennio trascorso è divenuto di uso frequentissimo.
Merita ricordare che tale uso ha raggiunto anche i rapporti internazionali tra
operatori economici italiani e di altri Paesi. Giova preliminarmente precisare lo
svolgimento economico della complessa operazione. I soggetti partecipanti
all’operazione finanziaria sono tre e vengono (a seconda degli autori nonché a
seconda delle varie forme che assume il leasing) chiamati: “utilizzatore” o
“contrattore”, “venditore”o “fornitore”, “finanziatore” o “concedente”.
5
L’utilizzatore è il soggetto che ha bisogno del bene, che lo cerca sul mercato e che
al fine conclude l’affare col venditore, che ha in vendita il bene desiderato, e col
finanziatore che è la Banca o la Società finanziaria disposta al finanziamento
dell’operazione. Quando si conclude l’accordo, il finanziatore acquista il bene dal
venditore e lo mette a disposizione dell’utilizzatore, che a sua volta si impegna al
pagamento di un canone periodico al finanziatore ed acquisisce il diritto, dopo un
certo periodo prestabilito, alla così detta opzione e cioè alla scelta fra la
continuazione del pagamento del canone e l’acquisto del bene. Questo complesso
di accordi contrattuali, che è venuto assumendo una forma più o meno tipica, va
abitualmente sotto il nome di “leasing”, ma i giuristi parlano spesso anche di
“locazione finanziaria”. Sulla natura giuridica del citato complesso di rapporti
finanziari, non vi è molto accordo fra i giuristi. Premesso che il tipo di rapporti,
non trova riscontro in alcun tipo di contratto previsto dall’ordinamento giuridico
italiano, dottrina e giurisprudenza, affermano senza alcuna divergenza, che si
tratti di rapporti posti in essere da contratti giuridicamente “atipici”. Al di là di
questo punto regna però il disaccordo, in primo e principale luogo perché alcuni
ravvisano un rapporto contrattuale trilaterale costituito dalla vendita del bene,
dalla messa a disposizione dell’utilizzatore e dal dovuto pagamento di canone da
parte dell’utilizzatore, laddove altri ravvisano invece due distinti, se pur connessi,
contratti bilaterali, leganti il primo il venditore al finanziatore e il secondo il
finanziatore all’utilizzatore. Del tutto pacifico che a detti rapporti si debbano
applicare le norme legali dettate in generale per i contratti (da art. 1321 ad art.
6
1469 del codice civile). Meno sicuro il riferimento che dottrina e giurisprudenza
spesso fanno a certe norme giuridiche dettate dell’ordinamento per quei contratti
tipici (specialmente la compravendita a rate con riserva di proprietà e la
locazione) che si possono ravvisare come parte del complesso istituito del leasing.
Va aggiunto che fin a questo momento mancano leggi italiane disciplinanti il
leasing.
4
Vogliamo, però, esemplificativamente, ricordare la legge 2 maggio 1976
n. 183, che disciplinava gli interventi straordinari per il Mezzogiorno per il
quinquennio 1976-1980: tale legge prende in considerazione la “locazione
finanziaria”, la definisce come un’operazione di locazione di beni mobili o
immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore su scelta del conduttore e
concede un contributo in conto canoni per le operazioni interessanti impianti
industriali. Giova ricordare che l’Italia è uno degli Stati firmatari della
Convenzione Internazionale sul “leasing internazionale”, conclusa ad Ottawa il 28
maggio del 1988, la quale prevede la propria entrata in vigore dopo un certo
termine successivo al deposito da parte di tre stati degli strumenti “ di ratifica,
accettazione, approvazione o adesione”.
1.2 Natura Giuridica del contratto
Il leasing è un contratto atipico che ha origini anglosassoni. La legge 2
maggio 1976, n. 183 chiarisce, nell’articolo 17, comma 2, che le operazioni di
4
INVREA R., Leasing: legislazione, casi pratici, dottrina e giurisprudenza,1999.
7
locazione finanziaria consistono in “operazioni di locazione di beni mobili ed
immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta ed indicazione del
conduttore, che ne assume tutti i rischi, e con facoltà di quest’ultimo di divenire
proprietario dei beni locati al termine della locazione dietro versamento di un
prezzo stabilito”.
5
Ulteriore tentativo di definire il contratto giunge
successivamente nel nostro ordinamento con il d.l. antiriciclaggio: “per locazione
finanziaria si intende l’operazione nella quale il concedente mette a disposizione
per un tempo determinato e verso un corrispettivo periodico, un bene strumentale
all’esercizio dell’attività dell’utilizzatore, che il concedente fa costruire o
acquista, anche dallo stesso utilizzatore che lo sceglie e ne assume tutti i rischi,
anche di perimento, e che può acquistarne la proprietà alla scadenza del contatto
con il pagamento di un prezzo prestabilito”.
6
Mancando in Italia una disciplina
generale del leasing, la giurisprudenza nostrana si è cimentata nel difficile
compito definitorio; così, la Corte di Cassazione ha considerato il leasing “prassi
negoziale con la quale un’impresa di leasing concede ad un operatore economico
il godimento di un bene, dietro il corrispettivo di un canone per un periodo
determinato”
7
. Possiamo a questo punto iniziare a riflettere sul fenomeno:
caratterizzandosi per la natura strumentale dei beni oggetto del contratto, tale
5
Il testo di legge in questione viene riportato, tra gli altri, da G. FERRI, Manuale di diritto
commerciale, X ed., Torino, 1996, 860.
3
Art. 6, 11° co., d.l. antiriciclaggio. È opportuno precisare, per ragioni di completezza, che la
vigente legge antiriciclaggio, a differenza del decreto citato, non contiene alcuna definizione del
leasing . Com’è noto si è ritenuto che tale disciplina non rappresentasse un’adeguata sedes
materiae per ospitare una definizione generale dell’istituto. È altrettanto noto, però, che giammai si
è giunti nel nostro ordinamento ad elaborare per via legislativa una disciplina generale del leasing
che comprendesse anche una definizione generale del contratto simile alle molteplici riportate.
4
Cass. Civ. 30 giugno 1998, n. 6412, in Danno e resp., 1998, 11, 1044.
8
fattispecie nasce per soddisfare una specifica esigenza economica delle imprese:
quella di disporre dei suddetti beni, necessari per l’attività produttiva, senza
immobilizzare gli ingenti capitali che altrimenti servirebbero per l’acquisto. Un
imprenditore del resto, ha a disposizione molteplici soluzioni giuridiche per
soddisfare la medesima necessità: può prendere in affitto il bene, acquistarlo a
rate, ottenere un finanziamento bancario per l’acquisto in contanti
8
.Si tratta però
di alternative non sempre praticabili e spesso costose o poco convenienti. Chi
fabbrica macchinari, infatti, di regola li vende e non li affitta perché deve
rapidamente recuperare i capitali investiti. L’acquisto a rate, inoltre, non sempre è
conveniente dato che, completato il pagamento, ci si può ritrovare proprietari di
un macchinario privo di valore in seguito a logorio od obsolescenza tecnologica e
pertanto non più collocabile in alcun modo sul mercato. Infine, il ricorso ad un
finanziamento bancario per l’acquisto immediato del bene strumentale è costoso e
non sempre risponde allo scopo perseguito, dato che il reale scopo
dell’imprenditore non è tanto la proprietà formale del bene, quanto la possibilità
di utilizzarlo inserendolo nel proprio complesso aziendale per un periodo più o
meno lungo. Ed è questa l’esigenza che tende a soddisfare il leasing: un contratto
che intercorre fra un‘impresa finanziaria specializzata (la società di leasing) e chi
ha bisogno di beni strumentali per la propria attività imprenditoriale. “Un
contratto che non è locazione, non è vendita a rate, non è mutuo o finanziamento
bancario, ma è una combinazione originale di elementi propri di tali contratti nata
8
Per una sintetica analisi degli strumenti di finanziamento delle imprese alternativi al leasing v.
AMAT, El leasing. Modalidades, fincionamiento y comparatiòn con otras opciones, Bilbao,
1990, 85 ss.
9
nella pratica degli affari per dare una risposta nuova e più funzionale alle esigenze
di chi utilizza ma anche di chi produce beni strumentali soggetti ad
obsolescenza”
9
. Se da una parte, infatti, l’imprenditore acquista il diritto di
utilizzare i macchinari e gli impianti seppure a sue spese ed a suo rischio, il
finanziatore si assicura una garanzia reale fino alla restituzione delle somme
anticipate, rimanendo proprietario dei medesimi beni strumentali
10
. Ricorrendo
al siffatto strumento contrattuale, l’imprenditore che abbia bisogno di determinati
beni strumentali, anziché acquistarli dal fabbricante per contanti o comperarli a
rate e viste le difficoltà di ottenere in semplice locazione questo genere di beni, si
accorda con un’impresa finanziaria specializzata (società di leasing) indicandole i
beni di cui ha necessità. Quest’ultima società li acquisterà appositamente dal
produttore concedendoli contemporaneamente in godimento all’imprenditore -
utilizzatore dietro il pagamento di canoni periodici. Normalmente il regolamento
d’interessi contrattuale prevede anche un’opzione d’acquisto che l’utilizzatore può
esercitare al termine del rapporto ove desideri diventare proprietario del bene, in
alternativa alla rinnovazione del rapporto o allo scioglimento dello stesso
11
.
Quindi, in conclusione, è possibile osservare che l’espressione “locazione
finanziaria” è stata ritenuta in passato fuorviante da alcuni studiosi perché
facilmente associabile alla fattispecie contrattuale legalmente tipica della
9
L’efficacia sintesi è di G. CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, III vol., Torino, 2003, pag.
145.
10
G. FERRI, Manuale…, cit., 858 e ss.
11
A. LUMINOSO, Il leasing finanziario: struttura dell’operazione e caratteri del contratto, in
Manuale di diritto commerciale, a cura di V. BUONOCORE, Torino, 2003, pag. 712 e ss.
10
locazione
12
. Tale considerazione sembra senz’altro condivisibile in quanto il
leasing, pur presentando punti di contatto con il contratto di locazione, con la
vendita con riserva di proprietà e con il mutuo, ha suoi connotati peculiari che
impongono un inquadramento autonomo della figura contrattuale per scongiurare
qualsiasi pericolo di confusione
13
.
1.3 La trilateralità come caratteristica principale del
contratto di leasing.
È indubbio che dal punto di vista economico l’operazione di leasing
coinvolga tre parti. Dal punto di vista giuridico, la valutazione è un po’ diversa.
Mentre in altri contesti disciplinari simili, come quello francese, nessuno
propende per l’individuazione di un contratto trilaterale, in Italia vi è una tesi di
tal genere, sebbene prospettata da una parte minoritaria della dottrina. Il maggior
sostenitore di tale inquadramento
14
afferma che, come sul piano economico, anche
12
In questo senso R. CLARIZIA, Il contratto di leasing con sentenze ed altri materiali,
Milano,1995, 3. Di diversa opinione M. L. LA TORRE, Manuale della locazione finanziaria,
Milano, 2002, 115, nota 2. L’Autore in sostanza si appella alla necessità di distinguere le diverse
tecniche di recezione dell’istituto nei differenti ordinamenti che, valutate anche le discipline di
common law, mettono in evidenza istituti con fisionomie tutt’ altro che omogenee. Non si
comprende però, come possa l’utilizzo del termine inglese, diventato secondo M. L. LA TORRE
generico ed equivoco, ostacolare il giurista nella valutazione delle differenze ordinamentali.
13
Tale assunto relativo all’autonomia del leasing è patrimonio comune di tutta la dottrina e la
giurisprudenza italiane. Tra gli altri v. L. GHIA, I contratti…, cit., 5 e 6. In termini altrettanto
chiari G. DE NOVA, Leasing..., cit., 462. A conferma ulteriore di tale osservazione si veda V.
BUONOCORE, Contrattazione d’impresa e nuove categorie contrattuali, 74 ss. L’autorevole
commercialista, nel configurare la locazione come genus cui ritiene riconducibili diverse species
contrattuali caratterizzate dalla natura civile piuttosto che commerciale dei contraenti, si guarda
bene dall’inserire in tale categoria il leasing. Questo perché semplicemente il leasing non è in
alcun modo assimilabile alla nostra locazione
14
D. PURCARO, La locazione finanziaria..., cit., 24 ss.
11
su quello giuridico risulta ineludibile il coinvolgimento di tre soggetti: “I vari atti
negoziali posti in essere dalle tre parti costituiscono una fattispecie a formazione
successiva e progressiva che rispecchia la procedura adottata per l’operazione
economica di finanziamento e, come questa, integrano un’operazione unitaria”. In
quest’ottica, la bilateralità sarebbe confinata all’aspetto documentale del
fenomeno, tenuto in piedi da ragioni storiche piuttosto che da una realistica
osservazione dell’operazione complessiva. Raggiunta tale prospettiva, gli accordi
tra utilizzatore e fornitore precedenti la stipulazione del contratto, lungi dal
costituire mere trattative, si atteggerebbero quali: “frazione iniziale della
fattispecie negoziale complessiva” sottoposta alla condizione sospensiva
dell’adesione del concedente. La violazione di tale “accordo” è fonte di
responsabilità contrattuale e può ricorrersi alla finzione di avveramento ex art.
1359 c.c. se la condotta dei “contraenti iniziali” impedisce il finanziamento del
concedente
15
. Tale tesi, comunque rimasta minoritaria, ha ricevuto, quindici anni
or sono, l’autorevole avallo del Consiglio di Stato, che con deliberazione 5 giugno
1991, in sede consultiva, ha affermato che il leasing pubblico deve essere
strutturato come vero e proprio contratto trilatero, richiedendo la contestuale
partecipazione delle tre parti alla stipulazione
16
. Successivamente, è stata la
Cassazione a riportare in auge la prospettazione esposta dal magistrato milanese.
15
A conferma di tale assunto, L’Autore della monografia citata, richiama quanto deciso dal trib.
Milano, 9 maggio 1988, in Riv. It. Leasing, 1988, 716. Si fa notare che difficilmente il Tribunale
di Milano avrebbe potuto decidere in contrasto alle tesi che il suo presidente, quasi in solitudine,
propugna.
16
M. L. LA TORRE, Validità del leasing pubblico secondo la Corte dei Conti ed il Consiglio di
Stato, in Riv. it. leasing, 1992, 473 ss.
12