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INTRODUZIONE
La crescente e rapida diffusione di esperienze di coaching nei contesti di lavoro, personali o
sportivi, ha creato negli ultimi anni una grossa curiosità su questo processo, mista alla
voglia di capire in che cosa consista davvero questo insieme di attività e quali effetti,
duraturi o meno, possa determinare.
Si cerca di dare nuove etichette a fenomeni, processi e pratiche che in realtà son sempre
esistiti? Counseling, mentoring, tutoring, psicoanalisi, tanti nomi per lo stesso processo?
Nel lavoro verranno mostrate le molte differenze tra queste discipline e il coaching, ma
anche le parti in comune, le basi e i processi che il coaching condivide con le altre attività.
Il coaching appare, in primo luogo, come un servizio di consulenza esclusivo per le persone
che operano in posizioni importanti per una organizzazione, ma è molto di più.
Esso è caratterizzato da un insieme di tecniche finalizzate ad aiutare la persona a migliorare
la propria prestazione, a motivarsi all’impegno, a sviluppare competenze professionali o
personali e a potenziare la consapevolezza di possederle.
Le tecniche di coaching, giustificate da una molteplicità di approcci teorici in larga parte
psicologici, sono fortemente influenzate nel loro utilizzo dalla qualità della loro relazione
interpersonale di aiuto, sostegno, attivazione, confronto che determina il setting operativo.
In questo senso il coaching si caratterizza come un processo psicosociale di aiuto e come
uno spazio specifico di co-costruzione dei significati della propria persona attraverso il
confronto con un professionista che riveste il ruolo di coach.
In concreto, gli elementi chiave della relazione di coaching sono: a) la costruzione di una
relazione “uno a uno” su questioni lavorative o personali; b) la definizione condivisa col
cliente (coachee) dei punti di forza e debolezza della persona che chiede aiuto; c)
l’intenzione, dichiarata e contrattualizzata, di raggiungere un obiettivo nell’ambito
lavorativo o personale importante per il cliente.
Oltre a dover rispondere alle esigenze di ordine tecnico di un lavoro, l’individuo è sempre
più spinto anche verso competenze di natura relazionale ed emozionale, per le quali spesso
si trova non preparato, ma che sono indispensabili alla creazione di un valore aggiunto per
sé e per gli altri.
Può risultare importante per un individuo sviluppare a pieno le proprie competenze e il
proprio potenziale, mantenere un equilibrio tra essere, saper fare e la propria individualità.
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Il processo di accompagnamento attuato dal coaching intende fornire alcune risposte
nell’ambito di questa ricerca di un soddisfacente punto di equilibrio della persona.
Il coaching trae l’ispirazione iniziale da pratiche proprie dell’ambito sportivo, arrivando nel
mondo del lavoro e personale, condividendo in qualche modo il raggiungimento di obiettivi
di eccellenza e di miglioramento delle prestazioni.
Il coaching si contraddistingue come un processo di accompagnamento destinato a favorire
un ambiente di crescita e di ottimizzazione del potenziale di un individuo o di un gruppo di
persone. Questo intervento crea uno spazio dove la persona può, nell’ambito di una
relazione intersoggettiva specifica e attraverso legami sociali stimolanti, “ottimizzare le
proprie carte”, superare gli ostacoli per il raggiungimento di un obiettivo, far emergere o
acquisire nuove abilità ed attuare un piano di miglioramento della propria performance.
Il coaching instaura un particolare incontro tra individui basato su saper-essere e saper-fare
per promuovere e orientare le risorse del cliente verso una migliore prestazione.
Il quadro generale di questo incontro si colloca in un campo pluridisciplinare che integra
teoria e pratica delle scienze sociali, psicologiche e del mondo organizzativo ed economico.
L’intervento di coaching è scandito da una strategia d’azione caratterizzata da una
metodologia e da specifici strumenti, che si basa sulle domande del cliente e sulle attese che
ne derivano. Attraverso una sorta di maieutica, coach e coachee si trovano a condividere
uno spazio di elaborazione e di co-costruzione di soluzioni.
Il processo del coaching è molto utilizzato anche in ambito sportivo e trae le proprie basi
dal coaching classico.
Nel mondo dello sport il coach assiste lo staff tecnico e gli atleti nella giusta preparazione
per affrontare nelle migliori condizioni il momento della performance sportiva. La
specializzazione del coach in questo caso, rispetto alle altre persone coinvolte, è la
preparazione mentale degli sportivi.
Nello sport coaching si utilizzano moltissime tecniche per raggiungere una performance
ottimale, per aumentare la motivazione o eliminare l’ansia e lo stress dovuti ad una
competizione. Queste tecniche vengono svolte o insegnate da uno coach sportivo che, in
base all’atleta che ha di fronte, decide, insieme allo stesso, quali tecniche utilizzare per
raggiungere l’obiettivo che lo sportivo, o una squadra, si prefigge.
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CAP. 1 – IL COACHING
1.1 – L’ORIGINE DEL COACHING
Dare una definizione esaustiva e univoca del fenomeno del coaching non è facile.
Per cercare di dare un’identità a questo fenomeno, verranno riportate le definizioni di
alcune delle più importanti associazioni di categoria nonché dei più esperti studiosi del
fenomeno coaching.
Per inquadrare l’origine del coaching è importante partire dall’etimologia del termine
inglese coaching, termine che è tratto dal verbo to coach che significa generalmente
“allenare”, “accompagnare”, “motivare”, soprattutto in ambito sportivo. Tale termine deriva
a sua volta dal francese coche, termine che identificava, nel XVI secolo, una grande vettura
trainata da cavalli e condotta da un cocchiere. Quest’ultimo, di fatto, è una persona che
accompagna dei viaggiatori da un punto a un altro, cioè da dove le persone sono a dove
vogliono andare. Ciò evoca bene l’aspetto di “traghettatore”, “guida”, che riveste la
funzione del coach.
La terminologia anglosassone rimanda il coaching al contesto sportivo. Infatti, questo
termine si diffonde negli Stati Uniti degli anni ’50-’60, quando gli allenatori sportivi, i
coach appunto, ponevano l’accento sulla necessità, oltre l’addestramento fisico del
campione, di un approccio olistico, che includesse anche importanti dimensioni cognitive
ed emozionali. Il coach è così la figura che aiuta il campione a:
ξ sviluppare le sue competenze, dall’allenamento fisico alla preparazione mentale,
alla gestione dello stress e delle emozioni;
ξ stimolare la sua motivazione
ξ predisporsi al meglio per la gara
ξ ottimizzare le sue performance attraverso un accompagnamento multidimensionale
che unisce corpo e spirito.
"È più facile guidare le persone che
comandarle" (David Harold Fink, coach, 2000)
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1.2 – DEFINIZIONI COACHING
Tornando alle varie definizioni che si possono dare al coaching, John Whitemore (2003),
nel suo libro più famoso dal titolo Coaching, riprende le parole di Timothy Gallewey
(1972), pedagogista dell’università di Harvard (nonché esperto di tennis) il quale, nel suo
libro The Inner Game of Tennis, pone l’accento sul fatto che l’avversario che si nasconde
nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall’altra parte della rete.
Pertanto se un coach ha la capacità di aiutare un giocatore a rimuovere o per lo meno
ridurre gli ostacoli interni che precludono una buona performance, il tennista, in maniera
naturale e soprattutto autonoma, inizierà a lasciar fluire le proprie abilità senza bisogno di
un particolare input di tipo tecnico.
Da qui Whitemore percepisce l’essenza stessa del coaching e nel suo libro Coaching scrive:
“Liberare le potenzialità di una persona perché riesca a portare al massimo il suo
rendimento; aiutarla ad apprendere piuttosto che limitarsi a impartirle insegnamenti”
(2003)
Altra definizione è data dall’Icf, (International Coaching Federation), la più importante
associazione di categoria al mondo per numero di iscritti che definisce così il lavoro del
coach:
“I coach professionisti forniscono una partnership che mira ad aiutare i clienti a
raggiungere i risultati desiderati nella loro vita personale e professionale. I coach aiutano
le persone a migliorare la loro performance e ad accrescere la qualità della loro vita “
La Sociètè Francaise de Coaching, oggi la più importante associazione di categoria in
Francia, definisce il coaching nel modo seguente:
“Il coaching consiste nell’accompagnare una persona partendo dai suoi bisogni
professionali per arrivare a sviluppare il suo potenziale e il suo saper-fare “
L’Associazione Italiana Coach riporta infine come definizione la seguente:
“ Il coaching è la capacità di aiutare sia i singoli individui (coachee) che i gruppi nella
riuscita dei loro progetti. Il coach è un consulente esperto, un alleato, un facilitatore di
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cambiamento. Attraverso lo stimolo della capacità di auto-apprendimento permette alla
persona di scoprire gli aspetti inutilizzati del proprio potenziale e dunque di accelerare la
crescita professionale e personale “
Per quanto riguarda le questioni di carattere generale del coaching, come la sua definizione,
l’articolazione, le fasi del processo, i metodi da utilizzare, ci si trova davanti ad indicazioni
difficili da conciliare. Kinlaw (1999), ad esempio, dichiara che si tratta di coaching quando
semplicemente diciamo qualcosa a qualcuno per aiutarlo a migliorare o a mantenere una
prestazione in un determinato ambito, ogni volta cioè che si attiva una conversazione
costruttiva tra due persone.
Un’altra possibile definizione di coaching è data da Kalinauckas e King (1994) che lo
definiscono come un processo per “tirare fuori il meglio dalle persone”, orientandole verso
le opportunità future piuttosto che concentrarsi sulle difficoltà passate.
In generale, tra le varie definizioni di coaching, gli esperti del settore concordano nel
riconoscere che il coaching s’identifica nella capacità di aiutare sia i singoli individui sia i
gruppi nella loro crescita personale. Attraverso lo stimolo della capacità di auto-
apprendimento si permette alla persona di scoprire gli aspetti inutilizzati del proprio
potenziale. Questo concetto, trave portante di questa disciplina, non è certo una novità
dell’ultimo secolo.
Infatti ben 2400 anni fa, Socrate, attraverso la descrizione di Platone, esprimeva
incredibilmente lo stesso pensiero. Nel Teeteto Socrate ha l’opportunità di paragonare il
mestiere di levatrice della madre con la sua attività filosofica: la maieutica, ossia l’arte di
far partorire le menti.
E’ in questo celebre dialogo che Socrate spiega l’arte della maieutica:
Socrate - “La mia arte di ostetrico in tutto il rimanente rassomiglia a quella delle levatrici, ma ne
differisce in questo, che opera sugli uomini e non sulle donne, e assiste le anime partorienti, e non i
corpi.” (…). Poiché questo ho in comune con le levatrici, che anch’io sono sterile…di sapienza; e il
biasimo che già tanti mi hanno fatto, che interrogo sì gli altri, ma non manifesto mai io stesso su
nessuna questione il mio pensiero…E la ragione è appunto questa, che il Dio mi costringe a fare da
ostetrico, ma mi vietò di generare. Io sono dunque, in me, tutt’altro che sapiente, né da me è venuta
fuori alcuna sapiente scoperta che sia generazione del mio animo; quelli invece che amano stare
con me, se pur da principio appariscano, alcuni di loro, del tutto ignoranti, tutti quanti poi,
seguitando a frequentare la mia compagnia, ne ricavano, purché il Dio glielo permetta, straordinario
profitto. Ed è chiaro che da me non hanno imparato nulla, bensì proprio e solo da se stessi molte
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cose e belle hanno trovato e generato: ma d’averli aiutati a generare questo sì, il merito spetta al
Dio e a me”.
Lodovici e Rega (2004) sottolineano i molti aspetti che collegano questo brano al coaching
contemporaneo. I punti sono i seguenti:
1) “Sono sterile di sapienza” .
Il coach non ha alcun pregiudizio sul cliente, il quale è accolto come persona unica e
irripetibile, portatrice del proprio sapere. In ogni persona sono sviluppate, sia pure a diversi
livelli, tutte le potenzialità. Porsi in ascolto e aderire al racconto del cliente sono condizioni
necessarie per accedere alla sapienza altrui.
2) “Interrogo sì gli altri, ma non manifesto mai io stesso su nessuna questione il mio
pensiero”.
Come diceva anche Oscar Wilde: “a dare risposte sono capaci tutti, ma a porre le
domande ci vuole un genio”. Sapere porre domande è una delle qualità più importanti per
un coach. Le domande sono “l’arnese” principale del coach per condurre il cliente verso
un’esplorazione profonda e completa dalla quale emerga, prima di tutto, chiarezza sulla
definizione del problema, e, in seguito, la direzione per l’individuazione dei propri
obiettivi.
3) “Da me è venuta fuori alcuna sapiente scoperta che sia generazione del mio animo”
Il coaching come metodo di sviluppo si differenzia profondamente dalla psicoterapia e dalla
consulenza. Le risposte, le soluzioni praticabili, arrivano sempre dal cliente, vero focus
della relazione e non sono mai indotte dal coach. Il coach è soltanto portatore del metodo:
egli è il supporto di cui il coachee ha bisogno per trovare le risposte che sta cercando.
4) “Tutti quanti seguitando a frequentare la mia compagnia (… ) è chiaro che da me non
hanno imparato nulla, bensì proprio e solo da se stessi molte cose e belle hanno trovato e
generato”.
Il coaching è finalizzato a cambiamenti concreti, al miglioramento della vita. Gli obiettivi
fissati dal cliente, poiché misurabili in un arco di tempo definito, devono essere raggiunti,
altrimenti la relazione è fallita. A obiettivi raggiunti, i benefici del coaching vanno anche
oltre. Il cliente ha imparato a utilizzare meglio e quotidianamente le potenzialità personali
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più spiccate ed ha potenziato la creatività. La creatività e le altre potenzialità sviluppano i
propri talenti e producono azioni concrete che incidono profondamente nella propria vita.
L’arte della maieutica non è quindi uno strumento per imparare insegnamenti dall’esterno,
ma un metodo per aiutare a scoprire delle verità che esistono già dentro di noi.
1.3 – IL COACHING CONTEMPORANEO
Dopo aver cercato di dare una visione generale sulle varie definizioni e sulla nascita del
coaching, nasce una domanda, “ come si è passati dal coaching nell’ambito del football
americano a quello personale o per manager d’azienda?”.
Si può rispondere che, visto i benefici che ne derivavano a livello di performance, l’uso del
coaching si è esteso anche negli agli altri sport, inizialmente nel Nord America e poi negli
altri paesi europei.
L’allenatore-coach non si limita più al ruolo di stratega e motivatore, bensì diventa colui
che porta le persone (gli atleti) ad una maggior consapevolezza di sé e del proprio
potenziale. Dopo i successi nel mondo dello sport, le organizzazioni, sempre attente a tutto
ciò che può migliorare la performance, si sono interessate già negli anni ’80 a questo
fenomeno, attingendo dal mondo sportivo un grande obiettivo già comune da sempre:
essere i migliori, battendo gli avversari ossia la concorrenza.
“Citius, altius, fortius” è un motto dei giochi olimpici e significa: più veloce, più alto, più
forte. Questo motto è spesso usato nel coaching sportivo come slogan simbolo che pone
l’obiettivo di sviluppare il potenziale dell’individuo in una ricerca continua del
miglioramento della propria performance.
Tutto ciò ben rappresenta la mentalità che sta alla base delle aziende e potrebbe
corrispondere a “più efficiente, più motivante, più di successo”.
Il coaching in ambito professionale è un processo di accompagnamento di una persona o di
un gruppo di persone al lavoro, che ha come obiettivo l’ottimizzazione del potenziale degli
individui. L’intervento di coaching crea uno spazio dove la persona può: superare ciò che
rappresenta un ostacolo al proprio sviluppo, esprimere le proprie aspirazioni, acquisire
nuove competenze e mettere a punto un piano per migliorare la propria performance. Come
vedremo più avanti questa modalità di intervento si differenzia dalle altre pratiche
organizzative, pur condividendo degli aspetti, come il counseling, il mentoring o il tutoring,
perché si pone come un’attività di co-costruzione e co-elaborazione tra un coach e il cliente
fondata sul valore della relazione intersoggettiva. La filosofia del coaching si basa
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sull’assunto secondo cui il cliente (coachee) possiede un potenziale inespresso, egli ha già
in sé le competenze necessarie per trovare le soluzioni e raggiungere i risultati. In
quest’ottica il coach agisce semplicemente da catalizzatore e facilitatore di cambiamento
canalizzando e orientando le energie del cliente. Il coach non da consigli, non propone
soluzioni, ma agevola nel cliente la consapevolezza e la presa di coscienza delle sue
potenzialità (Whitemore, 2003).
1.4 - PERCHÉ IL COACHING?
La necessità di ricorrere ad un aiuto esterno di fronte alle difficoltà e agli interrogativi della
propria vita quotidiana sembra essere una pratica ancestrale. Attualmente questo tipo di
aiuto è apportato, con una maggiore o minore efficacia, da figure differenti, che possono
essere, secondo i casi: l’amico, il compagno/a di vita, il medico di famiglia, il terapeuta, il
collega di lavoro. Il coaching si ritaglia quindi uno spazio all’interno del mercato
concorrenziale ed eterogeneo dell’offerta di un aiuto agli altri, partendo da tecniche,
strumenti e un campo di applicazione, il campo professionale, su cui si fonda e integra le
sue specificità.
A livello sociale il coaching risponde a un contesto economico sempre più competitivo e
complesso che richiede una maggiore flessibilità nelle competenze e nei comportamenti: le
riorganizzazioni, l’internazionalizzazione, la nascita di nuove tecnologie, sono solo alcuni
dei fenomeni che chiamano in causa cambiamenti sempre più frequenti e una maggiore
capacità di adattamento.
Dal punto di vista pratico la richiesta di coaching deriva dalla scoperta di un problema di
ordine tecnico, personale, relazionale, che beneficerebbe dello stimolo efficace
rappresentato dalla relazione a due. Inoltre, la domanda di coaching avviene da chi ricerca
una maggiore coerenza e un maggior senso nell’azione. Coerenza che permette di allineare
i valori professionali a quelli personali, di mantenere un equilibrio tra saper-essere e saper-
fare e di affermare la propria individualità. Tale ricerca di senso deve, peraltro, chiarire la
finalità dell’azione e inquadrarla in una prospettiva più comprensibile e stimolante per
l’individuo.
Tutto ciò è da generalizzare in ogni ambito nel quale un individuo, o gruppo, ricerchi un
miglioramento. Possiamo quindi ora presentare la distinzione tra coaching individuale o
della persona, che rappresenta la forma più classica, e il coaching di gruppo.