2
Una seconda fase, in tema di rapporti tra pubblico ministero e
polizia giudiziaria, è individuabile nelle disposizioni concernenti le
indagini preliminari nei procedimenti per reati di competenza del
giudice di pace, introdotte dal D. Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 e
successive modifiche, ove la polizia giudiziaria assume il ruolo di
protagonista. Infatti, nel rispetto dei principi stabiliti dagli art. 109 e
112 della Costituzione, l’attività di indagine è, di regola, affidata alla
polizia giudiziaria, ribaltando così i criteri che disciplinano, nel rito
ordinario, la conduzione delle indagini da parte del pubblico
ministero.
Un ulteriore ampliamento dei poteri d’iniziativa della polizia
giudiziaria si è avuto con la L. n. 69/2005, in tema di esecuzione del
mandato di arresto europeo, e con la L. 155/2005, in tema di misure
urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale.
La prima ha introdotto una particolare disciplina intesa a
regolare l’arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria e gli
adempimenti ad esso conseguenti; la seconda, invece, ha ampliato il
potere-dovere della polizia giudiziaria di procedere all’identificazione
della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, attraverso il
compimento del prelievo di capelli e saliva e non solo di rilievi
dattiloscopici, fotografici ed antropometrici, anche in assenza del
consenso dell’interessato, pur sempre nel rispetto della dignità
personale del soggetto e previa autorizzazione del pubblico ministero.
Tali disposizioni, tuttavia, non hanno cancellato il potere del
pubblico ministero di riappropriarsi della direzione effettiva delle
3
indagini ogni qualvolta lo ritenga necessario per le determinazioni
inerenti all’esercizio dell’azione penale: infatti, spetta sempre al
pubblico ministero il monopolio di tale esercizio (art. 112 Cost.).
Il codice di procedura penale vigente del 1989, nonostante le
segnalate innovazioni sopravvenute, di cui si è detto, aveva inteso
tradurre i precetti costituzionali degli artt. 109 e 112 (polizia
giudiziaria a diretta disposizione dell’autorità giudiziaria e pubblico
ministero con obbligo di esercitare l’azione penale) in una formula
molto esplicita: “il pubblico ministero dirige le indagini e dispone
direttamente della polizia giudiziaria”.
Questo il testo originario e chiaro dell’art. 327 c.p.p.
Va, invece, in senso opposto il disegno di legge S 1440
deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 6 febbraio 2009, recante
disposizioni in materia di procedimento penale, il quale è stato
presentato al Senato in data 10 marzo 2009 ed attualmente in fase di
assegnazione.
Tale disegno di legge, con cui si dovrebbe riformare il processo
penale, punta esplicitamente a limitare i poteri del pubblico ministero,
attraverso una maggiore autonomia della polizia giudiziaria, unica
titolata a “prendere di propria iniziativa notizia dei reati”. Il pubblico
ministero diventerebbe solo ricevitore di altrui attività.
In questo modo, in una logica che si potrebbe definire di
restaurazione, verrebbe contraddetto un percorso legislativo che aveva
prodotto la chiara enunciazione dei rapporti fra pubblico ministero e
4
polizia giudiziaria secondo la prima riportata originaria stesura
dell’art. 327 c.p.p.
Il capo II del disegno di legge prevederebbe, inoltre, nuove
disposizioni in materia di indagini di polizia giudiziaria ed esercizio
dell’azione penale in ordine ai reati per cui si procede mediante
citazione diretta a giudizio, introducendo gli artt. 347 bis e 347 ter,
secondo i quali quando la polizia giudiziaria acquisisce la notizia di un
reato tra quelli previsti dall’art. 550 c.p.p., dopo averne informato il
pubblico ministero, potrebbe compiere di propria iniziativa tutti gli atti
di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e per
l’individuazione del colpevole e ne riferirebbe al pubblico ministero,
con relazione scritta, entro il termine di sei mesi. Nei casi previsti
dall’art. 347 bis la polizia giudiziaria potrebbe richiedere al pubblico
ministero l’autorizzazione al compimento di accertamenti tecnici
irripetibili ovvero di interrogatori o di confronti cui partecipi la
persona sottoposta alle indagini.
Il condizionale è d’obbligo, poiché il disegno di legge in parola
trova decisa opposizione da parte delle forze politiche
dell’opposizione specie in relazione alle limitazioni previste per
l’acquisizione diretta della notizia di reato da parte del pubblico
ministero; opposizione che si riscontra anche relativamente ad altro
disegno di legge, il n. 1415 del giugno 2008, riguardante "disposizioni
in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità
degli atti di indagine", anch’esso comportante limitazioni alle attuali
attribuzioni del pubblico ministero, riducendo i casi (reati) in cui
5
possono essere disposte le intercettazioni. In ordine a tale ultimo
disegno di legge il Consiglio Superiore della Magistratura ha già fatto
conoscere il proprio parere contrario, segnalando che talune previsioni
normative potrebbero presentare aspetti di incostituzionalità.
Tenuto conto delle osservazioni sopra svolte, si intende
comunque procedere ad una ricognizione dell’attività di indagine della
polizia giudiziaria nel vigente ordinamento processuale.
6
CAPITOLO I
LA POLIZIA GIUDIZIARIA QUALE SOGGETTO DEL
PROCEDIMENTO PENALE
1.1 La “Polizia”
Il termine “polizia” indica, in primo luogo, una funzione dello
Stato e di altri enti pubblici diretta ad assicurare le condizioni di fatto
per l’ordinato e tranquillo svolgimento della vita della collettività e
per il progresso sociale; con altro significato, invece, si intende quel
complesso di organi dello Stato e di altri enti pubblici, la cui attività è
diretta a svolgere la funzione sopra detta.
L’attività di polizia si caratterizza per la concretezza, intesa
quale attività pratica relativa a situazioni concrete, particolari e
contingenti; per l’immediatezza, che si manifesta in atti o
provvedimenti i quali incidono direttamente su determinate situazioni
e che devono essere eseguiti senza ritardo; infine, per la coercizione,
nel senso che l’attività di polizia non deve incontrare ostacoli nel suo
legittimo svolgersi e, pertanto, può realizzare le proprie finalità in
modo autoritativo, facendo anche uso della forza nei casi previsti.
7
La descritta funzione generale di polizia si manifesta attraverso
tre tipologie: polizia amministrativa, polizia di sicurezza e polizia
giudiziaria.
1.2 Polizia Amministrativa e Polizia di Sicurezza
La polizia amministrativa è una funzione pubblica, che ha per
contenuto lo svolgimento di una attività diretta ad attuare le misure
amministrative preventive e repressive, il cui fine è di far osservare le
limitazioni imposte dalla legge ai comportamenti dei privati e,
conseguentemente, che da questi non derivino danni sociali.
Le attività rientranti nell’ambito delle funzioni della polizia
amministrativa riguardano la polizia stradale, demaniale, tributaria,
sanitaria, urbanistica ed il settore importantissimo della polizia di
sicurezza. Quest’ultima è esercitata dall’autorità di pubblica sicurezza
e ha ad oggetto la prevenzione del compimento di reati, attraverso il
mantenimento dell’ordine pubblico, della sicurezza dei cittadini e
della tutela della proprietà1.
1
Cfr.: art. 1 R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e s.m. (Testo Unico delle leggi di pubblica
sicurezza).
8
1.3 La Polizia Giudiziaria
La funzione di polizia si sviluppa altresì attraverso la polizia
giudiziaria; con tale termine si indica, da un lato, una specifica
funzione pubblica, che si manifesta in una attività diretta ad assicurare
le condizioni per l’esercizio dell’azione penale; dall’altro, “polizia
giudiziaria” si riferisce al complesso di organi dello Stato che hanno il
compito di svolgere detta funzione.
I tratti caratterizzanti l’operato della polizia giudiziaria sono
l’ausiliarietà con l’attività giudiziaria attinente l’esercizio dell’azione
penale e la natura e finalità repressive, in quanto essa interviene
quando si è già verificata una violazione della legge penale.
La polizia giudiziaria è disciplina nel codice di procedura
penale in due parti diverse: nel libro I, titolo III, dedicato ai soggetti
del procedimento penale, agli artt. 55 - 59, e nel libro V, titolo IV, agli
artt. 347 - 357, relativi all’attività della polizia giudiziaria nella fase
delle indagini preliminari.
Il primo gruppo di norme (artt. 55, 56, 57, 58 e 59 c.p.p.)
definisce le funzioni della polizia giudiziaria e ne delinea i profili
strutturali ed organizzativi, analiticamente regolati nelle disposizioni
di attuazione (art. 5 - 20 disp. att. c.p.p.); il secondo gruppo disciplina,
invece, il profilo dinamico della polizia giudiziaria: vale a dire sia
l'attività di indagine che essa svolge “su delega” o sulla base di
9
“direttive” impartite dal pubblico ministero (artt. 348, co. 3, e 370
c.p.p.), sia quella che essa svolge “a iniziativa autonoma” (artt. 347 -
357 c.p.p.).
Dal combinato disposto degli articoli 55, 327 e 348 c.p.p. si
ricava anche il principio dell'atipicità degli atti di indagine della
polizia giudiziaria, alla quale compete, pertanto, il potere-dovere di
compiere di propria iniziativa, tutte le indagini che ritiene necessarie
ai fini dell'accertamento del reato e dell'individuazione dei colpevoli.
Tale attività di iniziativa, dopo le modifiche al primo comma
dell’art. 348 c.p.p. - apportate con il D.L. n. 306/1992, convertito in
Legge n. 356/1992 - e quelle all’art. 327 e, nuovamente, all’art. 348
c.p.p. - apportate dalla Legge n. 128/2001 -, continua autonomamente
anche dopo la comunicazione della notizia di reato al pubblico
ministero.
Inoltre, la polizia giudiziaria è deputata a compiere anche atti
ricognitivi, quali l'individuazione di persone o di cose, ancorché non
espressamente indicati nell'elencazione contenuta nell'articolo 348
c.p.p., purché finalizzati all'accertamento del corpo del reato ed
all'individuazione dei colpevoli.
10
1.4 Funzioni della Polizia Giudiziaria
Le funzioni espletate dalla polizia giudiziaria sono elencate
nell’art. 55 c.p.p.. Al primo comma si precisa che essa deve, anche di
propria iniziativa, prendere notizia dei reati (attività informativa),
ricercarne gli autori (attività investigativa), compiere gli atti necessari
per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire
per l'applicazione della legge penale (attività assicurativa).
Svolge, inoltre, ogni indagine e attività disposta o delegata
dall'autorità giudiziaria (co. 2 art 55 c.p.p.): “disposta” quando
l’autorità giudiziaria, soprattutto il pubblico ministero, ordina alla
polizia giudiziaria di svolgere una determinata attività di indagine,
limitandosi a fissarne lo scopo e ad impartire direttive di carattere
generale; “delegata”, quando l’autorità giudiziaria, pur potendo
compiere direttamente specifici atti, li delega alla polizia giudiziaria.
Più dettagliatamente, la polizia giudiziaria “di propria
iniziativa” deve:
a) prendere notizia dei reati: attività questa diretta ad
acquisire la conoscenza della perpetrazione di reati, già commessi o in
corso di esecuzione, o tramite la propria iniziativa o mediante la
ricezione formale di notizie di reato, quali denunce, querele o referti;
b) impedire che i reati vengano portati a conseguenze
ulteriori: deve, cioè, svolgere una attività di prevenzione-
11
investigazione, riguardante sia un reato ancora nella fase del tentativo
sia un reato già consumato;
c) ricercare gli autori dei reati, eseguendo una attività di
investigazione mediante il compimento sia di atti tipici, cioè
disciplinati dal codice di procedura, sia di atti atipici, diretti
all’identificazione del colpevole (art. 348, co. 1, c.p.p.)2;
d) assicurare le fonti di prova: questa è l’attività che
maggiormente caratterizza l’efficacia dell’attività della polizia
giudiziaria; essa è, difatti, essenziale in quanto consente al pubblico
ministero di stabilire la fondatezza della notizia di reato e di decidere,
quindi, sulla sussistenza o meno dei presupposti per dare inizio al
processo penale.
L’attività di assicurazione consiste, pertanto, nell’acquisizione
dei risultati delle investigazioni, da svolgersi nel sistema processuale
durante la fase delle indagini preliminari. Essa si concretizza mediante
un’attività di raccolta di ogni elemento utile alla ricostruzione del fatti
(art. 348, co. 1, c.p.p.), mediante atti di ricerca delle cose e delle tracce
pertinenti al reato e atti di ricerca delle persone in grado di riferire su
2
Esempi di atti tipici sono le perquisizioni locali e dichiarazioni rese da persone informate
sui fatti; esempio di atti atipici sono i pedinamenti.
12
circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti [art. 348, co. 2, lett. a
- b), c.p.p.] 3.
e) Riferire al pubblico ministero la notizia di reato: fra gli
obblighi della polizia giudiziaria vi è quello di informare il pubblico
ministero anzitutto della notizia di reato su tutto quanto sia venuta a
conoscenza a seguito dello svolgimento dell’attività di investigazione
e di assicurazione.
In questo senso si parla di attività informativa della polizia
giudiziaria a favore dell’autorità giudiziaria.
In riferimento ad essa, l’art. 347 c.p.p. prescrive, quale
importante adempimento informativo, l’obbligo per la polizia
giudiziaria di riferire al pubblico ministero, senza ritardo (inteso con
celerità) e per iscritto, la notizia di reato, unitamente agli elementi
essenziali riguardanti il fatto, gli elementi raccolti ed indicando le
attività compiute.
3
La polizia giudiziaria ha un potere autonomo in ordine all’attività diretta all’assicurazione
delle fonti di prova, con il limite di non poter contrastare con le direttive eventualmente
impartite dal pubblico ministero; conseguentemente, anche dopo la comunicazione della
notizia di reato al pubblico ministero, la polizia giudiziaria, oltre a dare esecuzione alle
direttive impartitele, può compiere ulteriori attività poiché l’unico limite è costituito dalla non
incompatibilità con le direttive stesse (Cass. 27.05.94/198877; Cass. 21.05.98/210536).
Come sottolineato al § 1.3 e come si chiarirà più specificatamente oltre, tale potere
autonomo ora è conferito dalla legge con le modifiche apportate agli artt. 327 e 348 c.p.p.
dalla L. n. 128/2001.
13
E’ disposto, altresì, che, in casi urgenti e quando si tratti dei
reati previsti dall’art. 407, co. 2, lett. a), nn. da 1 a 64, deve darne
immediatamente notizia anche in forma orale, cui dovrà seguire, in
ogni caso e senza ritardo, la comunicazione scritta.
In ultimo, poiché la fase delle indagini preliminari è
caratterizzata dalla segretezza delle stesse (art. 329 c.p.p.), per la
polizia giudiziaria vige l’obbligo del segreto su tutte le attività
espletate, al fine di tutelare l’esito delle indagini, evitando che la
propalazione della notizia possa inquinare le prove o, comunque,
allertare gli autori dei reati. Più specificatamente, l’obbligo del segreto
vige fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e,
comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
4
Cfr.: art. 407, co. 2, lett.a), nn. da 1 a 6: 1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e
422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a),
d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43; 2) delitti consumati o tentati di cui agli
articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale; 3)
delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale
ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; 4) delitti
commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali
la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel
massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo
comma, del codice penale; 5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa
in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da
guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi
comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile
1975, n. 110; 6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi
dell'articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,
n. 309, e successive modificazioni.
14
Successivamente alla chiusura delle indagini, l’art. 329 al
comma 3 prevede alcune ipotesi in cui tale obbligo può essere
protratto tramite decreto dal pubblico ministero (c.d. “segretazione
degli atti”).
Parallelamente, al comma 2, l’art. 329 c.p.p. prevede il caso
contrario, ossia l’ipotesi di “desegretazione degli atti” e cioè la
pubblicazione di singoli atti o di parti di essi quando è necessario per
la prosecuzione delle indagini, mediante deposito presso la segreteria
del pubblico ministero, sempre con decreto motivato di quest’ultimo.
La violazione dell’obbligo del segreto comporta sanzioni sia sul
piano penale (cfr. artt. 326 e 379 bis c.p.) sia su quello disciplinare
(art. 115 c.p.p.).