7
industriali ad alto carico. Tra i paesi europei la Germania è quello in cui la digestione anaerobica ha
avuto il maggior impulso negli ultimi dieci anni. I dati più recenti (Observ’ER, 2006) parlano di
circa 2700 impianti installati di cui più del 90 % opera in codigestione. Lo sviluppo del settore è
stato notevolmente favorito tramite opportune politiche di incentivazione portate avanti dal
Governo tedesco.
Per quanto riguarda l’Italia, circa l’80 % della produzione totale di biogas è da attribuirsi
alla captazione dalle discariche dei rifiuti urbani mentre è ancora limitata la presenza di impianti
operanti in altri settori (Observ’ER 2006). La maggior diffusione della digestione anaerobica è
relativa al settore della stabilizzazione dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue
urbane, dove si contano circa 120 impianti funzionanti (Gerli et al., 2000). All’inizio degli anni
Novanta tuttavia, a dare nuovo slancio allo sviluppo di questa tecnologia è stato il provvedimento
del Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) numero 6/92 riguardante “prezzi dell’energia elettrica
relativi a cessione, vettoriamento e produzione per conto dell’Enel, parametri relativi allo scambio
e condizioni tecniche generali per l’assimilabilità a fonte rinnovabile”. Sulla base di tale
provvedimento, l’Enel era tenuta a sovvenzionare con una quota di denaro (circa 290 lire/kWh) quei
produttori in grado di immettere in rete energia elettrica prodotta tramite biogas. Il provvedimento
sopraccitato è però oggi stato sospeso e sostituito con l’istituzione del mercato dei Certificati Verdi
(D.Lgs 387/2003), in accordo con la Direttiva Europea 2001/77/CE riguardante la promozione
dell’energia elettrica da fonti rinnovabili. Il meccanismo dei Certificati Verdi prevede l’obbligo, da
parte di tutti i produttori e importatori di energia elettrica da fonti convenzionali, di immettere in
rete ogni anno a partire dal 2002 una quota di elettricità prodotta da fonti rinnovabili, che
comprendono anche il biogas. Al 2006 tale quota risultava pari almeno al 3.05 % della quantità
totale immessa mentre per il periodo 2007÷2012 è stato previsto un incremento dello 0.75 % l’anno.
I produttori di energia rinnovabile possono vendere ai produttori di energia da fonti convenzionali i
Certificati che consentano loro il rispetto della quota minima: il commercio di Certificati Verdi è
soggetto ad aste per cui il prezzo di vendita risulta variabile di anno in anno. Per quanto riguarda il
biogas, il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) ha fissato un valore di 18 centesimi di euro per kWh
per l’anno 2008. I benefici legati alla produzione di energia rinnovabile valgono otto anni per gli
impianti entrati in esercizio prima dell’ 1 gennaio 2008 mentre per gli impianti di nuova
realizzazione la durata è incrementata a quindici anni.
Sulla base di quanto evidenziato, negli ultimi anni si sta verificando un crescente interesse
verso la tecnologia in esame, che ci si auspica possa fornire un contributo sempre più rilevante per il
raggiungimento degli obiettivi prefissati con l’entrata in vigore nel 2005 del Protocollo di Kyoto.
Ma in aggiunta alle questioni di tipo ambientale, la digestione anaerobica è da considerarsi un
8
processo con enormi potenzialità, sia dal punto di vista prettamente tecnico che per quanto concerne
interessi di tipo economico. Ciò è valido però solo a patto di riuscire a garantire delle corrette
modalità di applicazione del processo. I processi anaerobici sono infatti di per sé biologicamente
complessi e a questo si accompagnano non indifferenti difficoltà nella realizzazione ingegneristica
degli stessi, richiedendo un adeguato livello di competenza ed esperienza sia a livello di
progettazione che di conduzione. A tal proposito occorre che la maggior consapevolezza
conoscitiva che è stata raggiunta a livello scientifico, soprattutto nel corso dell’ultimo decennio, in
relazione al metabolismo anaerobico e alla biodegradazione di substrati complessi trovi una più
diffusa applicazione nei criteri di progettazione correntemente adottati, ancora troppo spesso basati
su procedure semplificate e perlopiù di tipo empirico, che non sempre garantiscono l’ottimizzazione
del processo. Quanto più la digestione anaerobica evolve da sistema funzionale ad operare un
trattamento depurativo a sistema funzionale alla produzione di energia, tanto più gli obiettivi
degradativi e le necessità di controllo aumentano. La massimizzazione dei benefici ambientali è
infatti strettamente legata all’ottimizzazione del processo degradativo ottenendosi in questo modo la
massima produzione di metano, i minori quantitativi di prodotto digerito e la sua maggiore stabilità
(Malpei et al., 2007).
E’ proprio in tale ambito che si colloca questa Tesi, in cui è stata realizzata una valutazione,
sia su base sperimentale che modellistica, delle potenzialità di applicazione di un processo
anaerobico bifase per la digestione di reflui provenienti da attività agro-alimentari (industria
casearia e del mais). Prima di descrivere la strumentazione e le metodologie impiegate nel presente
lavoro (capitolo 3) e mostrare i risultati ottenuti (capitolo 4), verranno richiamati i presupposti
teorici alla base della digestione anaerobica (capitolo 1) e saranno passate in rassegna le principali
tecniche esistenti, all’attuale stato dell’arte, per l’esecuzione di valutazioni circa i processi
anaerobici implementati alla scala di laboratorio (capitolo 2). Infine (capitolo 5) verranno effettuate
alcune considerazioni sul lavoro svolto e saranno presentate possibili prospettive future.
9
1) Descrizione del processo di digestione anaerobica
La digestione anaerobica è un processo di trasformazione biologica che avviene in assenza
di un accettore esterno di elettroni, diversamente dai processi aerobici che per poter avvenire
necessitano di ossigeno molecolare o da quelli anossici che richiedono la presenza di nitrati/solfati.
L’accettore finale di elettroni è, in questo caso, costituito da molecole organiche formatesi durante
lo stesso processo metabolico attraverso processi di ossidoriduzione interna. Anche la digestione
anaerobica consiste infatti (come ogni altro processo di biodegradazione) di una sequenza di
ossidoriduzioni, il cui prodotto finale è rappresentato da gas di digestione composto essenzialmente
da CH4 e CO2. Tale miscela gassosa prende il nome di biogas e rappresenta il principale prodotto di
degradazione. I meccanismi di trasformazione biologica sono resi possibili dall’attività di un ampio
consorzio di ceppi batterici responsabili del verificarsi di diverse reazioni biochimiche che
avvengono in serie e/o in parallelo tra loro, tramite le quali substrati anche complessi vengono
degradati in monomeri semplici che sono poi ulteriormente convertiti in biogas. La digestione
anaerobica è dunque rappresentabile come una serie di reazioni biochimiche a catena tali per cui i
prodotti di una reazione costituiscono i reagenti della successiva. Si tratta quindi di un processo
complesso, proprio a causa della coesistenza di diversi ceppi batterici richiesti per lo svolgimento
delle reazioni biologiche che sono fortemente interdipendenti.
Sulla base di quanto detto, una descrizione chimico-biologica completa delle attuali
conoscenze teoriche riguardanti la digestione anaerobica risulterebbe piuttosto complicata.
Nell’intento di formulare un modello descrittivo del processo, ci si trova a dover fronteggiare le
opposte esigenze derivanti da necessità di dettaglio e di robustezza: i modelli particolarmente
dettagliati, che descrivono con accuratezza i numerosi sotto-processi coinvolti, consentono di
effettuare una adeguata rappresentazione teorica del processo ma sono spesso inutili agli scopi
pratici perché applicabili solo in determinati casi specifici. Per contro modelli meno dettagliati, che
non considerano alcuni specifici sotto-processi ma che sono comunque capaci di descrivere i
fenomeni globalmente più significativi, sono spesso preferibili perché effettivamente applicabili per
gli scopi di controllo e ottimizzazione dei processi di digestione. La pubblicazione dell’Anaerobic
Digestion Model No.1 (ADM1) (Batstone et al., 2002) rappresenta il primo tentativo di provvedere
una struttura generalizzata, ma allo stesso tempo esaustiva, del processo di digestione anaerobica.
L’ADM1, che rappresenta il risultato di una intensa collaborazione tra numerosi esperti
internazionali di tecnologie anaerobiche, viene proposto come uno strumento in grado di costituire
un punto di riferimento matematico per gli addetti nel settore, che possono utilizzarlo per l’analisi e
il miglioramento dei processi operativi esistenti. D’altra parte non bisogna considerarlo come un
10
punto di arrivo, perché la struttura aperta che lo caratterizza lo rende suscettibile di ulteriori sviluppi
e modificazioni. La forza dell’ADM1 risiede nel suo essere una sorta di compendio e integrazione
di circa quaranta anni di studi condotti nel campo della degradazione anaerobica: può dunque
avvalersi dei successi, ma anche dei fallimenti, che si sono verificati nel corso di svariate
sperimentazioni. Proprio perché riassuntivo d’altra parte, non si occupa di sviluppare in maniera
accurata le attuali conoscenze teoriche dei processi analizzati ma applica alcune semplificazioni
nell’intento di raggiungere un accettabile livello di utilizzabilità pratica, nonché una adeguata
robustezza matematica.
L’ADM1 rappresenta quindi, oggigiorno, lo strumento di base per la rappresentazione e la
comprensione delle reazioni e dei meccanismi che caratterizzano la digestione anaerobica. Si
procede dunque nella fase di descrizione del processo avvalendosi della struttura biologico-
chimico-matematica utilizzata nell’ADM1 stesso.
1.1) Meccanismi e modalità di conversione
Le numerose reazioni di conversione che caratterizzano la digestione anaerobica possono
essere raggruppate in due principali categorie (fig. 1.1):
a) Reazioni biochimiche: sono catalizzate da enzimi intra o extra-cellulari e avvengono
utilizzando i substrati disponibili. La disintegrazione dei materiali compositi e particolati e la
successiva fase di idrolisi enzimatica dei polimeri formati (a seguito della disintegrazione) in
monomeri solubili sono extra-cellulari. La digestione dei monomeri solubili è invece mediata da
enzimi intra-cellulari. I fenomeni di crescita e morte cellulare sono inoltre da considerarsi come un
effetto di questi processi.
b) Reazioni fisico-chimiche: non vengono catalizzate biologicamente e sono ulteriormente
classificabili sulla base delle cinetiche. Si possono dunque distinguere: 1) reazioni in fase acquosa
(tipicamente caratterizzate da fenomeni di associazione e dissociazione ionica) che avvengono
rapidamente; 2) processi di trasferimento da fase liquida a fase gassosa (e viceversa) che sono da
considerarsi medio-rapidi; 3) processi di trasferimento da fase liquida a solida (precipitazione) e da
fase solida a liquida (solubilizzazione) che sono invece lenti.
In figura 1.2 si riportano invece a scopo indicativo i flussi di COD associati alla digestione
di un substrato complesso, per il quale si ipotizza che la biodegradabilità anaerobica sia pari al 90 %
e cioè che il 10 % del COD iniziale non sia degradabile in condizioni anaerobiche.
11
Composites
Inerts
Proteins Carbohydrates Fats
MSAA
HAc, HPr, HBu, HVa, CO2, NH3 LCFA Ac-, Pr-, Bu-, Va-, HCO3-, NH4+, LCFA-
HAc H2
CO2
CH4
CO2
CH4
H2
H2O
H2O
Microbes
Death/Decay
HCO3-
Liquid
Gas
Gas
Gas
NH3 NH4+
Bi
o
c
he
mi
c
a
l
Physicochemical
Figura 1.1: processi di conversione attivi durante la digestione anaerobica. Le reazioni biochimiche sono da considerarsi
irreversibili mentre quelle fisico-chimiche reversibili. Le abbreviazioni includono: MS monosaccaridi, AA aminoacidi,
LCFA acidi grassi a lunga catena, LCFA- basi coniugate acidi grassi a lunga catena, HVa acido valerico, Va- ione
valerato, HBu acido butirrico, Bu- ione butirrato, HPr acido propionico, Pr- ione propionato, HAc acido acetico, Ac-
ione acetato. (Batstone et al., 2002).
10%
30% Inerts 10%
30% 30%
30% Proteins 30% Fats 30%
1% 29%
MS 31% AA 30% LCFA 29%
13% 16% 2%
29%
12% 20% 9%
20%
13% 6%
9%
Acetic 64% H2 26%
90%
Carbohydrates
HPr, HBu, HVa
CH4
Composite Particulate Material (100%)
Disintegration
Hydrolysis
Acidogenesis
Acetogenesis
Methanogenesis
Figura 1.2: flussi di COD per un substrato complesso costituito per il 10 % da inerti e per il 30 % rispettivamente da
carboidrati, proteine e lipidi (tutte le percentuali sono in termini di COD). Nella parte sinistra della figura sono anche
riportati i principali sotto-processi che costituiscono la digestione anaerobica. (Batstone et al., 2002).
12
Nel seguito di questo capitolo verrà effettuata una descrizione dettagliata delle reazioni
biochimiche implementate nell’ADM1. Per il momento non saranno affrontate invece le reazioni
fisico-chimiche; ulteriori specificazioni circa la struttura dell’ADM1 saranno oggetto di analisi del
paragrafo 3.5, in cui si presenterà una piattaforma informatica che ne consente l’implementazione.
1.2) Processi biochimici
L’insieme delle reazioni biologiche è descritto tramite approccio di tipo matriciale, secondo
quanto riportato nelle tabelle 1.1 e 1.2. Nei sotto-paragrafi successivi viene affrontata la descrizione
dei sotto-processi rappresentati in figura 1.2, con riferimento alle equazioni delle tabelle 1.1 e 1.2.
1.2.1) Disintegrazione e idrolisi
Le fasi di disintegrazione e idrolisi costituiscono processi biologici extra-cellulari tramite i
quali avvengono, rispettivamente, la distruzione e la solubilizzazione dei materiali compositi e
particolati in substrati solubili e disponibili per la biomassa. In particolare, a seguito della
disintegrazione la materia organica presente in forma composita viene trasformata in carboidrati,
proteine e grassi. Parte del materiale composito iniziale viene inoltre rilasciato sottoforma di
sostanze inerti particolate o solubili che non risultano utilizzabili per le successive fasi di
degradazione batterica. Per quanto riguarda la fase idrolitica invece, essa consiste nella
degradazione dei substrati macromolecolari in monomeri solubili: carboidrati, proteine e grassi sono
rispettivamente convertiti in zuccheri, aminoacidi e acidi grassi a lunga catena. Tale processo
avviene per azione di enzimi extra-cellulari immessi nell’ambiente circostante la cellula da parte
degli stessi microorganismi; questi enzimi sono in grado di catalizzare la liquefazione delle
macromolecole organiche di grosse dimensioni, incapaci di attraversare la membrana cellulare per
essere utilizzate come substrato dai batteri.
Dal punto di vista cinetico, le reazioni di disintegrazione e idrolisi vengono modellizzate
tramite espressioni cinetiche del primo ordine:
1.1)
ijj
Xkr ⋅=
dove j = 1÷4 e i = 13÷16 con riferimento alla tabella 1.2. Una cinetica di primo ordine costituisce in
questo caso una descrizione empirica complessiva di tutti gli effetti intermedi che caratterizzano i
processi in esame, quali produzione di diversi enzimi, diffusione, adsorbimento, reazione, etc.
13
Tabella 1.1: coefficienti stechiometrici e tassi di reazione per le componenti solubili, secondo il modello matematico dell’ADM1. Ulteriori dettagli circa i simboli impiegati e il loro
valore numerico sono riportati nelle appendici A e B. Nell’appendice C sono invece sviluppati i fattori di inibizione.
Component → i 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
j Process ↓ Ssu Saa Sfa Sva Sbu Spro Sac Sh2
Sch4 SIC SIN SI
Rate (rj, g COD.L-1.d-1)
1 Disintegration ƒsI,xc kdis⋅Xc
2 Hydrolysis Carbohydrates 1 khyd,ch⋅Xch
3 Hydrolysis of Proteins 1 khyd,pr⋅Xpr
4 Hydrolysis of Lipids 1-ƒfa,li ƒfa,li khyd,li⋅Xli
5 Uptake of Sugars -1 (1-Ysu)⋅ ƒbu,su (1-Ysu)⋅ƒpro,su (1-Ysu)⋅ ƒac,su (1-Ysu)⋅ƒh2,su ∑ −−= ν− 2411,91i 5,iiC
-(Ysu)⋅Nbac 1su
S
su
su,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
6 Uptake of Amino Acids -1 (1-Yaa)⋅ ƒva,aa (1-Yaa)⋅ ƒbu,aa (1-Yaa)⋅ƒpro,aa (1-Yaa)⋅ ƒac,aa (1-Yaa)⋅ ƒh2,aa ∑ −−= ν− 2411,91i 6,iiC
(1-Yaa)⋅Naa
- (Yaa)⋅Nbac
1aa
aaS
aa
aa,m IXSK
S
k ⋅
+
⋅
7 Uptake of LCFA -1 (1-Yfa)⋅0.7 (1-Yfa)⋅0.3 -(Yfa)⋅Nbac 2fa
faS
fa
fa,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
8 Uptake of Valerate -1 (1-Yc4)⋅0.54 (1-Yc4)⋅0.31 (1-Yc4)⋅0.15 -(Yc4)⋅Nbac 2
vabu
4c
vaS
va
4c,m I
S/S1
1X
SK
S
k ⋅
+
⋅⋅
+
⋅
9 Uptake of Butyrate -1 (1-Yc4)⋅0.8 (1-Yc4)⋅0.2 -(Yc4)⋅Nbac 2
buva
4c
buS
bu
4c,m I
S/S1
1X
SK
S
k ⋅
+
⋅⋅
+
⋅
10 Uptake of Propionate -1 (1-Ypro)⋅0.57 (1-Ypro)⋅0.43 ∑ −−= ν− 2411,91i 10,iiC
-(Ypro)⋅Nbac 2pro
proS
pro
pr,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
11 Uptake of Acetate -1 (1-Yac) ∑
−−=
ν−
2411,91i
11,iiC -(Yac)⋅Nbac 3ac
acS
ac
ac,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
12 Uptake of Hydrogen -1 (1-Yh2) ∑
−−=
ν−
2411,91i
12,iiC -(Yh2)⋅Nbac 42h
2hS
2h
2h,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
13 Decay of Xsu suXsu,dec Xk ⋅
14 Decay of Xaa aaXaa,dec Xk ⋅
15 Decay of Xfa faXfa,dec Xk ⋅
16 Decay of XC4 4c4Xc,dec Xk ⋅
17 Decay of Xpro proXpro,dec Xk ⋅
18 Decay of Xac acXac,dec Xk ⋅
19 Decay of Xh2 2h2Xh,dec Xk ⋅
M o
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c
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H y
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S o
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i
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t
s
(
k g
C
O D
⋅
m
- 3
)
Inhibition factors:
lim,INbac,pH1 III ⋅=
2hlim,INbac,pH2 IIII ⋅⋅=
Xac,3NHlim,INXac,pH3 IIII ⋅⋅=
lim,2,4 INXHpH III ⋅=
14
Tabella 1.2: coefficienti stechiometrici e tassi di reazione per le componenti particolate, secondo il modello matematico dell’ADM1. Ulteriori dettagli circa i simboli impiegati e il
loro valore numerico sono riportati nelle appendici A e B. Nell’appendice C sono invece sviluppati i fattori di inibizione.
Component → i 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
j Process ↓ Xc Xch Xpr Xli Xsu Xaa Xfa Xc4 Xpro Xac Xh2 XI
Rate (rj, g COD.L-1.d-1)
1 Disintegration -1 ƒch,xc ƒpr,xc ƒli,xc ƒxI,xc kdis⋅Xc
2 Hydrolysis Carbohydrates -1 khyd,ch⋅Xch
3 Hydrolysis of Proteins -1 khyd,pr⋅Xpr
4 Hydrolysis of Lipids -1 khyd,li⋅Xli
5 Uptake of Sugars Ysu 1su
S
su
su,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
6 Uptake of Amino Acids Yaa 1aa
aaS
aa
aa,m IXSK
S
k ⋅
+
⋅
7 Uptake of LCFA Yfa 2fa
faS
fa
fa,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
8 Uptake of Valerate Yc4 2
vabu
4c
vaS
va
4c,m I
S/S1
1X
SK
S
k ⋅
+
⋅⋅
+
⋅
9 Uptake of Butyrate Yc4 2
buva
4c
buS
bu
4c,m I
S/S1
1X
SK
S
k ⋅
+
⋅⋅
+
⋅
10 Uptake of Propionate Ypro 2pro
proS
pro
pr,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
11 Uptake of Acetate Yac 3ac
acS
ac
ac,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
12 Uptake of Hydrogen Yh2 42h
2hS
2h
2h,m IXSK
S
k ⋅⋅
+
⋅
13 Decay of Xsu 1 -1 suXsu,dec Xk ⋅
14 Decay of Xaa 1 -1 aaXaa,dec Xk ⋅
15 Decay of Xfa 1 -1 faXfa,dec Xk ⋅
16 Decay of Xc4 1 -1 4c4Xc,dec Xk ⋅
17 Decay of Xpro 1 -1 proXpro,dec Xk ⋅
18 Decay of Xac 1 -1 acXac,dec Xk ⋅
19 Decay of Xh2 1 -1 2h2Xh,dec Xk ⋅
C o
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H y
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k g
C
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m
- 3
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P a
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c
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(
k g
C
O D
⋅
m
- 3
)
Inhibition factors:
lim,INbac,pH1 III ⋅=
2hlim,INbac,pH2 IIII ⋅⋅=
Xac,3NHlim,INXac,pH3 IIII ⋅⋅=
lim,2,4 INXHpH III ⋅=
15
1.2.2) Acidogenesi
L’acidogenesi consiste nella produzione biologica anaerobica di acidi organici in assenza di
accettori esterni di elettroni. Questo processo è mediato da enzimi intra-cellulari e riguarda la
trasformazione di zuccheri e aminoacidi in acidi grassi volatili, acido acetico, H2 e CO2.
Le reazioni di consumo del substrato in acidogenesi sono descritte tramite una cinetica di
Michaelis-Menten:
1.2) 1, IX
SKs
S
kr
i
ii
i
jmj ⋅⋅+
⋅=
dove j = 5÷6 e i = 1÷2 con riferimento alla tabella 1.1. Il termine I1 tiene conto di possibili
fenomeni di inibizione dovuti al pH o alla mancanza di nutrienti (appendice C).
La crescita dei batteri acidogeni è invece espressa tramite l’equazione di Monod:
1.3)
iidecji
i XkrY
dt
dX
⋅−⋅=
,
dove j = 5÷6 e i = 17÷18 con riferimento alla tabella 1.2.
1.2.3) Acetogenesi
L’acetogenesi consiste nella trasformazione degli acidi grassi a lunga catena (prodotti a
seguito della fase idrolitica) e degli acidi grassi volatili (prodotti a seguito dell’acidogenesi di
zuccheri e aminoacidi) in acido acetico. Le reazioni di formazione dell’acido acetico comportano
anche la formazione di un certo quantitativo di idrogeno e anidride carbonica. I processi in esame
sono mediati da enzimi intra-cellulari.
L’ADM1 considera l’esistenza di tre distinti gruppi batterici responsabili della degradazione
degli acidi grassi a lunga catena, del propionato e dell’insieme di butirrato e valerato (questi ultimi
tre costituiscono, insieme all’acido acetico, gli acidi grassi volatili considerati nel modello). Il
consumo degli acidi grassi a lunga catena e del propionato è descritto tramite una cinetica di
Michaelis-Menten analoga alla 1.2, dove questa volta j = 7, 10 e i = 3, 6. L’unica differenza
riguarda il termine di inibizione I2 che, oltre al pH e alla mancanza di nutrienti, considera anche gli
effetti negativi derivanti da eventuali accumuli di idrogeno (appendice C). La crescita dei batteri
responsabili della degradazione di acidi grassi a lunga catena e propionato è espressa tramite
un’equazione di Monod simile alla 1.3, dove j = 7, 10 e i = 19, 21 con riferimento alla tabella 1.2.
La conversione di acidi grassi ad acido acetico è un passaggio fondamentale del processo in quanto
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elevate concentrazioni degli stessi possono determinare fenomeni di inibizione dovuti a pH acidi.
Inoltre, per quanto riguarda gli acidi grassi con più di tre atomi di carbonio, il meccanismo
principale di conversione a cui sono soggetti è quello di β-ossidazione (Finnerty, 1998). Mentre
però la β-ossidazione degli acidi grassi con un numero pari di atomi di carbonio dà luogo
unicamente ad acido acetico, per quelli con un numero dispari di atomi di carbonio viene prodotto
contestualmente anche acido propionico. Quest’ultimo viene indicato da molti Autori come il più
difficile degli acidi grassi da degradare, perché particolarmente sensibile ai fenomeni di inibizione
racchiusi nel termine I2.
Per quanto riguarda butirrato e valerato invece, il modello indica un effetto competitivo tra i
due secondo la:
1.4) 2, I
SS
S
X
SKs
S
kr
vabu
bu
bu
bubu
bu
bumbu ⋅+
⋅⋅
+
⋅=
(per il valerato vale la stessa relazione sostituendo il pedice va al pedice bu). I batteri tendono a
consumare il substrato presente in quantità maggiore. La crescita dei batteri degradatori di butirrato
e valerato dipende da un’equazione di Monod analoga alla 1.3 in cui il termine rj è dato dalla 1.4.
1.2.4) Metanogenesi
Il processo di metanogenesi consente il completamento delle reazioni di degradazione della
sostanza organica tramite la produzione di biogas composto essenzialmente da metano e anidride
carbonica. Le reazioni di metanogenesi sono mediate da enzimi intra-cellulari. I batteri metanigeni
responsabili delle trasformazioni in esame sono caratterizzati da ridotte velocità di crescita e di
conseguenza il loro metabolismo costituisce, nella maggior parte dei casi, l’elemento limitante
l’intero processo di digestione. I metanigeni rappresentano inoltre, tra i vari ceppi batterici attivi nei
trattamenti anaerobici, quello più sensibile a eventuali modificazioni delle condizioni operative e di
conseguenza il principale responsabile di possibili instabilità di processo. Si è già detto
precedentemente che il corretto svolgimento dei processi anaerobici comporta la coesistenza di un
ampio consorzio di ceppi batterici, ciascuno responsabile di parte delle reazioni di biodegradazione:
i metanigeni devono essere mantenuti in uno stato di equilibrio dinamico con i batteri responsabili
della formazione di acidi, cioè è necessario che la quantità di acidi prodotti dai batteri fermentativi
non superi la capacità di degradazione della popolazione metanigena presente nel sistema, per
evitare fenomeni di inibizione da accumulo di acidi. A tal proposito un importante parametro di
controllo è rappresentato dal livello di alcalinità del fango in digestione o meglio dal rapporto tra
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acidi grassi volatili (espressi in termini di acido acetico equivalente) e alcalinità (espressa in termini
di carbonato di calcio): valori del rapporto intorno a 0.3 indicano una operatività stabile del
processo mentre valori superiori sono indicativi dell’insorgere di possibili instabilità (APAT -
Manuali e Linee Guida, 2005).
Altro fattore importante, in grado di esercitare una forte influenza sul metabolismo dei
batteri metanigeni, è costituito dalla temperatura a cui si svolge il processo: infatti, nell’ambito della
popolazione esistono diversi generi, ciascuno dei quali è operativo per determinati range di
temperatura. In particolare, per temperature comprese tra i 4 ed i 25 °C agiscono i batteri psicrofili,
tra i 20 e i 40 °C i batteri mesofili e tra i 45 e i 70 °C quelli termofili. Per ciascuno di questi
intervalli esistono dei valori di temperatura ottimali, tali per cui le cinetiche di degradazione sono
particolarmente favorite: ciò avviene intorno ai 20 °C per i batteri psicrofili, intorno ai 35 °C per i
batteri mesofili e ai 55 °C per quelli termofili. Nell’ambito di uno stesso intervallo si verifica un
incremento delle cinetiche con la temperatura in accordo con l’equazione di Van’t Hoff Arrhenius:
1.5)
( )
2
ln
TR
H
dT
kd
⋅
°∆
= ⇒
−⋅
°∆
=
211
2 11
ln
TTR
H
k
k
dove ki è la costante di velocità relativa a una data reazione alla temperatura i, R è la costante
universale dei gas pari a 8314 [J mol-1 K-1] e ∆H° rappresenta l’entalpia standard di reazione [J mol-
1
]. Dalla 1.5 si ha che per T2 > T1 risulta k2 > k1. L’incremento della cinetica prosegue in ogni
intervallo secondo l’equazione di Van’t Hoff Arrhenius fino al valore ottimale di temperatura, con
una successiva fase di rallentamento e decrescita mentre, per quanto riguarda intervalli diversi, si ha
una vera e propria modificazione delle vie metaboliche di conversione dovuta all’attività di generi
batterici diversi.
Come si osserva dalla figura 1.2, la metanogenesi può essere di due tipi. Il processo
principale riguarda la metanogenesi aceticlastica basata sulla reazione:
1.6) CH3COOH → CH4 + CO2
Nella metanogenesi idrogenotrofa invece si verifica la seguente reazione:
1.7) 4H2 + CO2 → CH4 + 2H2O
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In entrambi i casi il consumo di substrato è espresso tramite una cinetica di Michaelis-Menten
analoga alla 1.2 in cui j = 11÷12 e i = 7÷8 con riferimento alla tabella 1.1. Cambiano i termini di
inibizione (appendice C), che risentono in maniera più marcata degli effetti negativi dovuti a pH
acidi, della eventuale carenza di nutrienti e, per la metanogenesi aceticlastica, della presenza di
elevate concentrazioni di ammoniaca indissociata che è in grado di attraversare la membrana
cellulare e bloccare l’attività metabolica dei batteri aceticlasti (Angelidaki et al., 1998). La crescita
dei metanigeni è in entrambi i casi descritta tramite un’equazione di Monod analoga alla 1.3 dove j
= 11÷12 e i = 22÷23 con riferimento alla tabella 1.2.