tronco su cui doveva svilupparsi il progetto morale e la definitiva ricerca
dell’autenticità. Poi sul finire della tesi capii invece che lo “scacco umano”
sarebbe rimasto tale e compresi quel che intendeva il nostro autore per
“affermazione della contingenza”.
Partendo dall’ontologia dell’Essere e il nulla questo lavoro intende
portare alla luce le strutture profonde alla base del rapporto tra uomo, mondo e
gli altri. Qui analizzeremo il concetto di libertà, di situazione ed il problema
dell’oggettivizzazione tra le intersoggettività.
Nella seconda parte relativa alla morale, invece, affronteremo
inizialmente l’autenticità come nuovo tipo di rapporto tra l’uomo e il mondo,
per poi giungere alla sezione in cui scorgeremo la possibilità di rapporti non
conflittuali tra i soggetti impegnati nel mondo, quelle forme di rapporto
autentico che vanno sotto il nome d’appello e d’aiuto.
In appendice getteremo uno sguardo verso la ricerca giovanile sartriana
sull’immagine e sui suoi rapporti con la coscienza per trovare infine, lì, lo
spazio per la libertà umana, per il progetto e per il progresso.
Biografia.
1905 Jean-Paul Sartre nasce il 21 giugno a Parigi.
1907 Muore il padre. Cresce d’ora in poi dai nonni.
1915 Entra al lycée «Henri IV».
1916 La madre si risposa e lo prende con sé a La Rochelle.
1917-22 Ginnasio e liceo a La Rochelle e (dal 1919) a Parigi.
6
1924-29 Studi all’Ècole Normale Supérieure; abilitazione all’insegnamento in
filosofia come migliore studente dell’anno. Incontra Simone de
Beauvoir.
1929-31 Servizio militare nella stazione meteorologica di Tours.
1931-39 Insegnante in licei di Le Havre, Laon e Parigi e una borsa di
studio all’Institut Français di Berlino (1933/34). In questi anni
pubblica i suoi primi lavori: La trascendance de l’Égo (1936), La
nausée (1938) e Le mur (1939).
1939-44 Servizio militare come porta feriti, prigionia tedesca (giugno 1940-
aprile 1941) nello Stalag XII D. Fugge dal lager e riprende
l’insegnamento a Parigi. Nel 1943 pubblica L’être e le néant.
1945-51 Abbandona l’isegnamento e vive come libero scrittore. Fonda la
rivista Le temps modernes (1945). Negli anni successivi pubblica un
gran numero di libri. Viaggia molto, negli USA, in Africa.
1952-59 Partecipa al «Congresso dei popoli per la pace», convocato dal
Pcus. Scontro con Albert Camus (1952). Compie viaggi in Cina e
in Unione Sovietica (1954/55). Protesta contro l’intervento
sovietico in Ungheria, durante la sollevazione popolare del 1956,
e contro la guerra coloniale francese in Algeria.
1960 Viaggio a Cuba. Visita Fidel Castro e conosce Che Guevara.
Pubblica Critique de la raison dialectique.
1964 Gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura, ma lo
rifiuta. Escono Situations IV-VI; sotto lo stesso titolo seguono fino
al 1976 anche volumi VII-X (le Situations contengono soprattutto
saggi sulla politica e sull’arte).
1965 Adotta Arlette El Kaïm.
1966-67 Partecipa al tribunale-Russel che condanna i crimini di guerra
degli Usa in Vietnam.
1968 Si schiera con il Maggio francese e con gli studenti alla Sorbonne.
Condanna l’aggressione sovietica alla Cecoslovacchia.
1970-73 Per salvare il giornale maoista La cause du peuple dal divieto di
pubblicazione, ne assume la direzione. Protesta contro
l’espulsione di Solženicyn e prende sempre di più le distanze
dall’Urss. Partecipa alla fondazione del quotidiano di sinistra
Libération. Negli anni a seguire la sua debolezza visiva aumenta
fortemente ed ostacola il suo lavoro.
1974 Visita Andrea Baader nel carcere di Stammheim e protesta contro
le misure di detenzione dei detenuti della Raf.
1980 A Marzo, storico incontro con Raymon Aron e campagna per i
profughi del Vietnam, i cosiddetti boat-people.
Muore a Parigi di edema polmonare, il 15 aprile.
7
I. L’ontologia sartriana: In-Sé, Per-Sé e Per-Altri
«”Era proprio la mia quell’immagine intravista in un lampo? Sono proprio così, io, di fuori, quando - vivendo - non mi penso?
Dunque per gli altri sono quell’estraneo sorpreso nello specchio: quello, e non già io quale mi conosco: quell’uno lì che io stesso
in prima, scorgendolo, non ho riconosciuto. Sono quell’estraneo che non posso veder vivere se non così, in un attimo impensato.
Un estraneo che possono vedere e conoscere solamente gli altri, e io no”.
E mi fissai d’allora in poi in questo proposito disperato: d’andare inseguendo quell’estraneo che era in me e che mi sfuggiva;
che non potevo fermare davanti ad uno specchio perché subito diventava me quale io mi conoscevo; quell’uno che viveva per gli
altri e che io non potevo conoscere; che gli altri vedeva conoscere e io no. Lo volevo vedere e conoscere anch’io così come gli
altri lo vedevano e lo conoscevano.
Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo estraneo: uno solo per tutti, come uno solo credevo d’essere io per me. ma
presto l’atroce mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Mostarda ch’io ero non solo per gli altri ma anche per me,
tutti con questo solo nome di Mostarda, brutto fino alla crudeltà, tutti dentro questo mio povero corpo ch’era uno anch’esso, uno
e nessuno ahimé, se me lo mettevo davanti allo specchio e me lo guardavo fisso e immobile negli occhi, abolendo in esso ogni
sentimento e ogni volontà.
Quando così il mio dramma si complicò, cominciarono le mie incredibili pazzie».
L. Pirandello, Uno, Nessuno e Centomila
1. Il concetto di Intenzionalità della coscienza.
Nel suo stage berlinese protrattosi dal ’33 a buona parte del ’34, Sartre si
scontra con la fenomenologia husserliana che stava, in quel periodo,
sviluppandosi sullo studio del rapporto soggetto/oggetto. Per Husserl, il centro
della riflessione è la coscienza in quanto coscienza-di-qualcosa, che esiste
irriducibilmente nell’oggettiva realtà del mondo. Questo nuovo modo di
vedere il rapporto tra soggetto e oggetto, tra coscienza e mondo, è preso e
rielaborato da Sartre, che poi lo cala all’interno del dibattito tra la corrente
“idealista” e quella “materialista” del pensiero francese - «filosofia alimentare»,
in quanto nell’una il soggetto mangia l’oggetto, mentre nell’altra l’oggetto
mangia il soggetto - suo contemporaneo. La dottrina dell’intenzionalità ha
mostrato finalmente qual è il vero rapporto fra soggetto e oggetto. Essi nascono
o emergono insieme, sono coinvolti in una relazione in cui l’un termine non
può essere senza l’altro, tuttavia restando autonomo dall’altro. Secondo
8
Husserl, «la coscienza e il mondo sono dati nello stesso momento: per sua
stessa essenza, il mondo è, insieme, esterno alla coscienza e relativo ad essa»
1
.
Prendendo per assunto che l’oggetto è essenzialmente fenomeno-di-
coscienza e correlativamente stabilito che: «Ogni coscienza è coscienza di
qualche cosa. Ciò significa che non c’è coscienza che non sia posizione di un
oggetto trascendente, o, se si vuole, che la coscienza non ha contenuto»
2
, nelle
prime pagine dell’Essere e il nulla si tratterà di vedere se l’essere di questo
fenomeno sta tutto in codesta sua fenomenicità dipendente dalla coscienza e se
l’essere della coscienza sta tutto in questo atto intenzionale.
Primo passo fondamentale per Sartre è quello di spogliare la coscienza
del suo contenuto. Infatti, ogni coscienza è posizionale in quanto si trascende
per attingere un oggetto e si esaurisce in questa posizione; tutto ciò che c’è
d’intenzione nella mia coscienza attuale è rivolto al di fuori, verso il mondo.
Ogni coscienza conoscente può essere conoscenza soltanto del suo oggetto.
Nondimeno condizione necessaria perché una coscienza conoscente sia
conoscenza del suo oggetto, è che sia coscienza di sé in quanto è questa
conoscenza. Si tratta di una condizione necessaria perché, se la coscienza non
fosse coscienza di essere coscienza dell’oggetto, sarebbe coscienza di questo
senza avere coscienza di esserlo; quindi una coscienza incosciente - il che è
assurdo. Quindi condizione sufficiente è che basta che io abbia coscienza di
1
Cfr. Sartre, Un’idea fondamentale della fenomenologia di Husserl: l’intenzionalità, in Che cos’è la
letteratura?, trad. it. a cura della Casa editrice Il Saggiatore, Milano, 1963, p. 279.
2
Cfr. Sartre, L’Etre et le Néan. Essai d’ontologie phénoménologique, Paris, Gallimard, 1943; L’essere e
il nulla, trad. it. di G. Del Bo, Mondadori, Milano 1958, p. 17, indicato nelle note con la sigla E.N.
9
avere coscienza di questo tavolo, per averne coscienza di fatto. Che cosa sarà
questa coscienza di coscienza?
Ogni coscienza posizionale dell’oggetto è nel medesimo tempo coscienza
non posizionale di se stessa - presenza a sé. Alla base di ogni mia attività di
coscienza io ho un cogito preriflessivo che è la condizione di questa. Se conto i
tasti del mio computer posso non avere coscienza di me contante, tuttavia se
qualcuno mi chiede «Che cosa stai facendo?», risponderò subito «Conto».
Quindi la coscienza non riflessiva rende possibile la riflessione, «c’è un cogito
non riflessivo che è la condizione del cogito cartesiano… ogni esistenza
cosciente esiste come coscienza di esistere»
3
. La prima coscienza di coscienza
non è posizionale: essa fa tutt’uno con la coscienza di cui è coscienza. Si
determina contemporaneamente come coscienza di percezione e come
percezione. Questa coscienza - che Sartre chiamerà (di) sé - è il solo modo di
esistere per una coscienza di qualche cosa: un’intenzione, un piacere, un dolore,
non potrebbero esistere che come coscienza immediata (di) se stessi. Il piacere non
può distinguersi dalla coscienza del piacere. La coscienza (di) piacere è
costitutiva del piacere, come il suo modo di esistere, è la materia di cui è fatto.
Non va definito il piacere attraverso la coscienza che se ne ha; il piacere non
deve svanire dietro la coscienza che esso ha (di) sé stesso, è un fatto concreto.
«C’è un essere unico, indivisibile ed indissolubile, che è esistenza da parte a
parte»
4
.
3
Ivi, p. 19.
4
Ivi, p. 21.
10
In conclusione la coscienza scaturisce dall’essere creando e sostenendo la
sua essenza, «il suo essere è la sorgente e la condizione di ogni possibilità, è la
sua essenza che ne implica la sua esistenza»
5
. La coscienza si autodetermina nel
porsi in relazione con il mondo, è limitata da se stessa e il suo determinarsi ne è
caratteristica essenziale, in quanto non causata da altro che da se stessa. Quindi
«prima della coscienza... è da pensarsi una pienezza d’essere… la coscienza è
anteriore al nulla e sgorga dall’essere», questa «non ha nulla di sostanziale, è
pura “apparenza”, esiste in quanto appare», il mondo intero ne è al di fuori ed
è infatti vuoto totale; ma al tempo stesso essa è esistenza ed è proprio per
questa identità in essa di apparenza ed esistenza che «può essere considerata
come l’assoluto»
6
.
2. L’essere In-Sé.
Abbiamo detto più sopra che la coscienza è posizione degli oggetti, che
tramite di essi si definisce e che questi le appaiono davanti in base al loro
essere. Quindi non c’è essere che non sia la propria apparizione e che non sia
colto dalla coscienza come fenomeno d’essere. Che cosa sarà questo fenomeno
di essere?
Tratto peculiare della coscienza è la trascendenza nei confronti
dell’oggetto che le si offre davanti, ovvero l’andare al di là dell’oggetto verso il
5
Ivi, p. 21.
6
Ivi, p. 22-23.
11
suo senso. Il fenomeno di essere sarà allora il senso dell’essere dell’esistente in
quanto si svela alla coscienza. Sartre a questo punto, parla di comprensione
preontologica per definire il rivelarsi immediato dell’esistente alla coscienza,
incorporando con ciò nello studio del fenomeno d’essere l’assunto di una sua
indeterminatezza in concetti e spiegazioni. Che cos’è l’essere?
L’essere è sé, non può essere causa per sé al modo della coscienza in
quanto l’attività e la passività sono nozioni umane. L’attività c’è quando un
essere cosciente predispone dei mezzi in vista di un fine, la passività è la
caratteristica dei mezzi che utilizzeremo per raggiungerlo. Non è né negazione
né affermazione. L’essere è aderenza di sé a sé senza il minimo distacco, non ha
rapporto con sé: è sé. L’essere è In-Sé. L’essere è ciò che è, è pienezza d’essere, è
opaco a se stesso, è ricolmo di se stesso; non ha spazio vuoto all’interno di sé,
non ha un di dentro che si oppone ad un di fuori. È piena positività. Non può
mai porsi come altro, non conosce alterità, è sempre se stesso e quindi non ha
temporalità. L’essere In-sé è, questo significa che non può essere derivato dal
possibile e che non può essere ricondotto al necessario.
L’essere è. L’essere è In sé. L’essere è ciò che è.
3. L’essere Per-Sé.
L’essere della coscienza si distingue dall’essere In-Sé per un certo
autoriferirsi che le è proprio. Mentre l’essere In-Sé “è ciò che è”, la coscienza
12
nella sua struttura preriflessiva risulta da un continuo giuoco di rimandi tra
due parti che però si identificano in una unità. A differenza dell’essere In-Sé la
coscienza ha come peculiarità di non essere ciò che è, ma di essere una
decompressione d’essere, ovvero, di non coincidere mai con sé in una piena
adeguazione. La piena adeguazione è quella dell’In-Sé e si esprime con la
formula “l’essere è ciò che è”, tratto specifico della coscienza invece come già
detto è di non coincidere con sé (difatti la definizione che Sartre ne da è: un
essere che è ciò che non è e che non è ciò che è) e questo risulta evidente nel
caso particolare della credenza.
Di una mia credenza non posso limitarmi a dire che è credenza: la mia
credenza è coscienza (di) credere; la prima condizione di ogni riflessività è,
come già visto più sopra, un cogito preriflessivo che non pone oggetti e che
rimane intracoscienziale. Come il cogito riflessivo, però, ha la necessità prima
di essere visto da un testimone; comporta dunque originariamente il carattere
distintivo di esistere per un testimone, benché il testimone per cui la coscienza
esiste sia se stessa. Quindi assistiamo a livello della coscienza a questo continuo
rimando tra due termini, aventi come prerogativa di non poter esistere da soli
ma solo in coppia. I due termini della coppia sono la coscienza (di) credere e la
credenza, l’uno rinvia all’altro e passa nell’altro e purtuttavia ciascun termine è
differente dall’altro. Così la coscienza (di) crederete e la credenza sono un solo
e medesimo essere, la cui caratteristica è l’immanenza assoluta.
Questa struttura interna della coscienza è chiamata da Sartre riflesso-
riflettente. Infatti, se proviamo a coglierlo, questo essere ci scivola tra le dita in
13
quanto è formato da un gioco di riflessi; la coscienza è un riflesso e come tale
un riflettente. Una volta accettata l’esistenza di questo essere, questa quasi
dualità, ci troviamo a dover concepire un essere diverso dall’In-Sé; non
un’unità che contiene una dualità, ma una dualità che è unità, un riflesso che è
la propria riflessione. La legge d’essere del Per-Sé, come fondamento
ontologico della coscienza, è d’essere se stesso sotto forma di presenza a sé. La
presenza a sé presuppone che una fessura impalpabile si sia infiltrara
nell’essere. Se è presente a sé significa che non è del tutto sé, ma se noi ci
domandiamo che cos’è che separa il soggetto da sé, siamo costretti a
riconoscere che non è niente, niente può separare la coscienza (di) credere dalla
credenza, perché la credenza non è nient’altro che coscienza (di) credere.
Quindi questa fessura è un puro negativo, è nulla d’essere e potere nullificante
insieme, è il nulla (néant). L’essere della coscienza, in quanto coscienza, è di
esistere a distanza da sé, come presenza a sé, e questo niente di distanza che
l’essere porta nel suo essere è il nulla.
Il Per-Sé ha l’obbligo di esistere sempre e solo sotto forma di altrove
rispetto a sé, di esistere come un essere che è continuamente affetto da
un’inconsistenza d’essere. « Così il nulla è questo vuoto d’essere, questa caduta
dell’In-Sé verso il sé per cui si costituisce il Per-Sé; il nulla è la
problematizzazione dell’essere da parte dell’essere, cioè la coscienza o Per-Sé»
7
.
Quindi è proprio dal Per-Sé che il negativo, la negazione, viene al mondo, è
attraverso la problematizzazione dell’essere da parte della coscienza che il
7
Ivi, p. 111-117
14
mondo si scopre come problematico, si scopre come relativo al punto di vista
soggettivo e contemporaneamente si da come ciò che la coscienza non è, così
facendo il Per-Sé si definisce rispetto al mondo. Il tipo di relazione che
intercorre tra l’essere della coscienza e l’essere delle cose è la conoscenza.
Vediamo di che si tratta.
4. La conoscenza come tipo di relazione tra Per-Sé e In-Sé.
La conoscenza è un’intuizione e appartiene a quel tipo d’essere descritto
da Sartre sotto il nome di presenza a. Dopo avere stabilito che l’In-Sé per natura
non può mai essere presenza a, in quanto l’essere presente è un modo d’essere
ek-statico del Per-Sé, il nostro autore la definisce come: «l’intuizione è la
presenza della coscienza alla cosa»
8
. La coscienza risulta dalla diade fantasma
Riflesso-Riflettente: il riflettente è solo per riflettere il riflesso ed il riflesso è
riflesso solo in quanto rimanda al riflettente. Questo significa che se i due
termini si appoggiassero l’uno sull’altro senza che il riflesso fosse, riflesso di
qualche cosa, la diade fantasma tenderebbe al niente. Ora però se il riflesso fosse
qualche cosa, indipendentemente dal suo essere-per-riflettersi diverrebbe In-Sé, e
così facendo s’introdurrebbe un’opacità nel sistema “riflesso-riflettente” che
renderebbe impossibile il cogito, in quanto i due termini risulterebbero
separati. «Il riflesso non può essere contemporaneamente “qualcosa da
8
Ivi, p. 214
15