Comunicare la Responsabilità Sociale d’Impresa: Quale futuro?
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L’evoluzione del consumatore dotato oggi di grande competenza
di scelta, il cambiamento degli scenari socioculturali, la maggiore
sensibilità verso forme di ingiustizia sociale e la maggiore richiesta
di conoscenza e informazione chiara e trasparente, fanno
emergere la consapevolezza di una nuova responsabilità sociale
anche del consumatore/cittadino. E’ in questo nuovo scenario che
si è sviluppata la Responsabilità Sociale d’Impresa.
Il Libro Verde dell’Unione Europea afferma, infatti, che numerosi
fattori alimentano l’evoluzione verso una Responsabilità Sociale
delle Imprese:
- le nuove preoccupazioni e attese dei cittadini, dei consumatori,
delle pubbliche autorità e degli investitori in vista della
mondializzazione e delle trasformazioni industriali di grande
portata. Criteri sociali che influiscono sempre più sulle decisioni di
investimento degli individui o delle istituzioni, sia in quanto
consumatori sia in quanto investitori.
- le inquietudini crescenti suscitate dal deterioramento
dell’ambiente provocato dall’attività economica.
- la trasparenza arrecata dai mezzi di comunicazione e dalle
tecnologie moderne dell’informazione e della comunicazione
nell’attività delle imprese.
E’ utile, a mio avviso, ripercorrere la strada che ha portato al
concetto attuale di CSR, per scoprire il ruolo che essa potrà
svolgere in futuro.
Secondo una definizione comunemente condivisa, per impresa si
intende un istituto economico e sociale che trasforma risorse in
beni (prodotti o servizi) caratterizzati da un valore di scambio sul
mercato superiore a quello delle risorse di partenza. Il maggiore
valore derivante dal processo di trattamento delle risorse
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costituisce la ricchezza prodotta dall’impresa e distribuita alle
diverse categorie di portatori di interesse.
L’impresa, però, ha un ruolo esclusivamente economico nella
società, che consistente nel produrre ricchezza nel rispetto delle
regole, oppure ha anche il compito di contribuire allo sviluppo
umano, civile e sociale dell’ambiente in cui opera?
L’impostazione dei modelli di impresa caratterizzante il XIX secolo
e gran parte del XX secolo individuava come obiettivo unico ed
ultimo delle imprese quello della massimizzazione del profitto.
Dagli anni venti del novecento si muovono le prime critiche a
questo approccio e cominciano a delinearsi nuovi modelli
d’impresa che hanno sviluppo compiuto nel secondo dopoguerra.
All’individualismo economico che aveva caratterizzato la fine
dell’Ottocento, subentrano un maggior senso della collettività e la
constatazione di un’interdipendenza tra impresa e ambiente
sociale in cui essa opera. Progressivamente si afferma il concetto
che il fine ultimo delle imprese non è la massimizzazione del
profitto bensì quello di creare valore, concetto che si è sviluppato
secondo due diverse teorie: lo Shareholder Value Approach,
ovvero il creare valore per gli azionisti, e lo Stakeholder Value
Approach, ovvero il creare valore per tutti i portatori di interesse.
Gli anni ’70, sono quelli in cui più crescono i discorsi sull’etica e la
Responsabilità Sociale d’Impresa, alimentati dalla nascita di
movimenti sociali che si battono per i diritti dei consumatori, per
la difesa dell’ambiente, e per i diritti e la sicurezza dei lavoratori.
In questi anni Archie Carroll elabora la piramide della Corporate
Social Responsibility (fig.1).
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Figura 1
Secondo Carrol (1979) esistono diversi tipi di responsabilità che
l’impresa deve considerare.
Il primo stadio è quello della responsabilità economica (be
profitable); Il secondo stadio riguarda la responsabilità legale, in
termini di conformità alla legge (obey the law); quindi la
responsabilità etica legata alla conformità ai valori e alle norme
sociali (be ethical), cioè eticità dell’impresa rispetto all’ascolto dei
suoi interlocutori e le loro aspettative sociali, di trasparenza, di
responsabilità nella cura del processo produttivo e comunicativo.
Infine, in cima alla piramide si situa la responsabilità filantropica,
che implica investimenti discrezionali a favore della comunità (be
a good corporate citizen).
I primi due livelli di responsabilità sono rivolti agli Shareholders:
- Responsabilità economica e conseguimento del profitto.
- Responsabilità legale e rispetto della legge (per esempio regole
di concorrenza, diritti dei consumatori e dei lavoratori, …).
I livelli in cima alla piramide sono invece rivolti agli Stakeholders:
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-Responsabilità etica (obbligatoria). Implica la conformità a valori
e aspettative di comportamento condivise nell’ambiente sociale di
riferimento rispetto a principi come equità e giustizia.
-Responsabilità filantropica (discrezionale), cioè impegnarsi in
attività a sostegno di cause sociali, applicando, per esempio,
tecniche di Cause Related Marketing. Riguarda, quindi, l’impegno
puramente volontario dell’impresa nei confronti del benessere e
della qualità della vita dei propri interlocutori.
Tutte queste responsabilità secondo Carrol vanno a comporre la
Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR).
Negli anni ’80 gli studi in materia di Corporate Social
Responsibility si moltiplicano e nasce la Stakeholder Theory,
teoria base delle attuali strategie di gestione e di comunicazione
della CSR.
Negli anni ’90 i modelli teorici lasciano posto ai comportamenti
pratici come il moltiplicarsi dei codici etici e dei bilanci sociali
all’interno delle imprese.
Nel 2000 Kofi Annan, allora segretario delle Nazione Unite, vara il
Global Compact, un codice di comportamento basato su 9 principi
(in seguito divenuti 10) nel campo dei diritti umani, lavoro e
ambiente, cui aderiscono le maggiori imprese multinazionali, che
si impegnano formalmente a sottoscrivere e diffondere i valori
della Responsabilità Sociale d’Impresa in tutto il mondo.
Nel 2001 l’Unione Europea pubblica il Libro Verde: Promuovere un
quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese e lancia
una campagna di sensibilizzazione per promuovere l’integrazione
della responsabilità sociale nella gestione strategica delle imprese.
Questo documento sarà seguito dal Libro Bianco del 2002, che ne
stabilisce le strategie ufficiali.
Nell’ottobre 2002 nasce l’attività operativa del Multistakeholder
CSR Forum che coinvolge imprese, sindacati, Organizzazioni Non
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Profit (ONP), investitori e consumatori nella realizzazione della
Responsabilità Sociale delle Imprese.
L’Italia ha dato il suo contributo allo sviluppo e alla promozione
della Responsabilità Sociale delle Imprese prima attraverso il
decreto legislativo 231 del 2001, che pone l’accento
sull’importanza della responsabilità amministrativa delle imprese,
introducendo la cultura dei controlli interni come strumento di
prevenzione di reati. La norma prevede sanzioni in capo alle
aziende considerate responsabili di non aver impedito ai propri
dipendenti di commettere reati nell’interesse della società. In
seguito l’Italia si è impegnata nella realizzazione del "Progetto
CSR-SC" del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
presentato a Venezia nel novembre del 2003, durante il semestre
di Presidenza italiana dell’Unione Europea.
Il Progetto ha come presupposto la volontarietà di adesione da
parte delle imprese ai principi di responsabilità sociale, sancita dal
Libro Verde della Commissione Europea. Le imprese sono invitate
ad andare oltre il semplice rispetto della normativa integrando
nella gestione d’impresa i concetti di sostenibilità e integrazione
territoriale.
Il mio lavoro ha voluto ripercorrere questo percorso, arrivando a
definire cos’è oggi la Corporate Social Responsibility e immaginare
cosa sarà in futuro.
La tesi si sviluppa in sei Capitoli. Nel discutere gli aspetti legati
alla CSR, occorre innanzitutto individuare una definizione efficace
del concetto. Questo è ciò che ho cercato di fare nel Primo
Capitolo, raccogliendo le sue svariate definizioni, le sue
caratteristiche e i vari campi in cui si può concentrare, nella sua
dimensione interna o esterna. In questo capitolo ho inoltre
evidenziato i vantaggi che un’impresa può ottenere agendo in
maniera responsabile.
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Il moderno concetto di CSR a mio avviso ha avuto origine e
sviluppo a seguito della trasformazione del mondo imprenditoriale
e del mercato mondiale con l’avvento della Globalizzazione.
L’affermarsi del concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa è
quindi strettamente legato ad alcuni mutamenti del contesto
sociale ed economico, analizzati nel secondo Capitolo. Ho, quindi,
voluto concentrare l’attenzione sui cambiamenti che si sono
susseguiti nella società civile, nei suoi atteggiamenti e
comportamenti nei confronti delle aziende, dalla metà degli anni
novanta ad oggi, a causa della globalizzazione dei mercati e i vari
scandali ad essa correlati.
Nel terzo Capitolo sono stati illustrati i tre maggiori modelli
aziendali cui si possono far derivare altrettante teorie di
Responsabilità Sociale d’Impresa. I modelli esposti sono: Il
Modello Liberale a cui corrisponde la teoria dello Shareholder
value Approach; il Modello Duale, che si basa sulla Teoria degli
Stakeholder; e infine il Modello della Cittadinanza Attiva, il
modello più avanzato per un’imprenditoria responsabile, che si
basa su una piena integrazione tra impresa e ambiente in cui
opera. A seguito di una breve delucidazione sui tre modelli, ho
illustrato in maniera esaustiva la Stakeholder Theory, la teoria
che, fino ad oggi, ha preso maggiormente piede nel mondo
dell’imprenditoria responsabile.
Nel quarto Capitolo, il più importante per gli scopi della mia tesi, è
dedicato alla nuova comunicazione d’impresa, la comunicazione di
CSR. In questo capitolo ho voluto evidenziare come il mondo della
comunicazione “commerciale” ed “istituzionale” si stia evolvendo,
con l’evolversi del suo pubblico. Le imprese, accorgendosi dei
vantaggi derivanti dalla CSR, considerando la crescente attenzione
della popolazione verso tematiche sociali e ambientali, hanno
Comunicare la Responsabilità Sociale d’Impresa: Quale futuro?
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cominciato a utilizzare nuovi strumenti di comunicazione e un
nuovo linguaggio ricco di termini come “sostenibilità”.
All’interno di questo capitolo analizzo i vari strumenti di
comunicazione interna ed esterna, utilizzati per comunicare la
CSR, da quelli maggiormente connessi alla comunicazione
tradizionale come l’advertising, il CRM e le sponsorizzazioni a
quelli strumenti non propriamente di comunicazione come le
certificazioni, i bilanci sociali e ambientali e i codici etici.
Il quinto Capitolo riguarda le iniziative istituzionali nazionali e
internazionali dedicate al tema della CSR. In particolare descrivo
le linee guida e le norme stilate da ILO, OCSE, Unione Europea,
Nazioni Unite e Governo Italiano.
Per concludere, nel sesto Capitolo, ho voluto inserire un’indagine,
da me svolta, sul rapporto tra la CSR e i giovani, per illustrare ciò
che le nuove generazioni conoscono riguardo alla Responsabilità
Sociale d’Impresa, come reputano le aziende che agiscono in
modo responsabile, la loro considerazione della CSR durante le
scelte d’acquisto, e altri aspetti rilevanti per comprendere
l’approccio alla Responsabilità Sociale d’Impresa di chi
rappresenta il futuro.
Comunicare la Responsabilità Sociale d’Impresa: Quale futuro?
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1.LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
Di che cosa l’impresa è responsabile e nei confronti di chi? E’
responsabile di massimizzare i profitti e il valore per gli azionisti o
di creare valore per tutti gli stakeholder? Le imprese hanno solo
responsabilità legali o anche di carattere etico-sociale?
Queste e altre domande hanno costellato il lungo e complicato
percorso che il concetto di Corporate Social Responsibility ha
intrapreso nel corso degli anni.
Vi sono opinioni e interpretazioni diverse riguardo a questo
argomento, tutte riconducibili a due diverse correnti di pensiero.
Una concezione che vede come unico obiettivo quello di “produrre
ricchezza”, sia essa espressa in termini di profitto o creazione di
valore per gli azionisti.
L’altra sostenitrice, invece, della necessità di equilibrare
l’efficienza con l’equità e, quindi, di perseguire sia obiettivi di
profitto sia obiettivi di carattere etico-sociale.
Noi ci occuperemo unicamente della seconda interpretazione della
CSR.
Secondo Vittorio Coda
1
pur nella stessa concezione di
responsabilità etico-sociale delle imprese, vi sono due vie
attraverso cui questa adesione può concretizzarsi.
Una implica che il fine di profitto rimanga la bussola che orienta
strategie e comportamenti del management, ma con valori
vincolanti che fanno in modo che vengano scartati comportamenti
incompatibili. E’ caratterizzata inoltre da strumenti quali il codice
etico e il bilancio sociale come riferimenti importanti per il
management.
1
L. Sacconi (a cura di), Guida critica alla responsabilità sociale e al governo d'impresa :
problemi, teorie e applicazioni della Csr, Bancaria, Roma, 2005, p. 183
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L’etica è vista come strumento utile all’impresa per proteggerla da
rischi di reputazione e conseguente perdita di competitività.
Questa via ha un limite, però, che è quello di avere pur sempre
come obiettivo il profitto o la creazione di valore per i soli azionisti
tendendo a sottovalutare gli interessi degli altri portatori
d’interesse (per esempio i dipendenti).
L’altra concezione, invece, è generatrice di comportamenti e
strategie imprenditoriali lungimiranti, che coniugano esigenze di
competitività e redditività con istanze sociali nei riguardi di tutti gli
interlocutori. Quindi l’etica diventa la solida base su cui costruire
un contesto organizzativo coinvolgente e motivante e un
vantaggio competitivo sostenibile.
Questa impostazione porta l’impresa a prendere distanze da
qualsiasi comportamento non-etico e di scegliere di essere
responsabile nei confronti di tutti gli stakeholder con l’obiettivo di
creare valore non solo per gli azionisti.
Coda si chiede se esistono o sono esistite imprese con strategie
simili. La risposta è affermativa, ma sono davvero poche. Una di
queste era la Olivetti.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale Adriano Olivetti mette a
punto un progetto che prevede un cambiamento nel modo di
guardare allo Stato e all’impresa.
Questo progetto anticipa posizioni attuali, ponendosi come
alternativa rispetto al pensiero neoliberista.
L’imprenditore immagina un maggiore impegno dello Stato nel
Walfare e al contempo la costituzione di un nuovo organismo
politico territoriale , la Comunità, da affiancare a quelli tradizionali
(Regione, Provincia, Comune) per garantire maggiore
partecipazione delle persone alla gestione e all’organizzazione
delle politiche locali.
Comunicare la Responsabilità Sociale d’Impresa: Quale futuro?
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Il pensiero di Olivetti si basa sulla consapevolezza di un enorme
squilibrio di potere tra chi ha la proprietà dell’impresa e la dirige e
chi vi lavora.
L’idea di Adriano Olivetti è che l’incremento della produttività sia
strettamente legato alla motivazione personale del lavoratore ed
alla partecipazione degli operai alla vita dell’azienda. I segreti del
successo della Olivetti erano, infatti, l’impegno, la motivazione e
l’identificazione con l’azienda da parte dei dipendenti. Il modello
“Olivettiano”, criticato da molti come contrario ad ogni logica
economica, si mostra presto una ricetta di successo; in poco più di
un decennio la produttività cresce del 500% e il volume delle
vendite del 1300%
2
.
Alcuni dei punti che hanno caratterizzato la gestione dell’impresa
Olivetti sono: creazione di reparti con persone insofferenti agli
orari rigidi; attenzione ai disabili; controllo dello stress e della
fatica in tutte le fasi più dure; messa in discussione delle teorie di
organizzazione del lavoro legate alla massimizzazione dei profitti;
aiuto delle donne con figli piccoli che lavoravano in fabbrica, con
creazione di servizi sociali e asili nido; rapporti strettissimi con
l’area di Ivrea per la diffusione della cultura e per offrire ai giovani
nuovi percorsi formativi; etc.
Olivetti credeva che l’impresa dovesse produrre ricchezza. Il che
significava per lui creare occupazione, diffondere sul territorio e
nei paesi circostanti i frutti del lavoro, ridistribuire gran parte dei
profitti, facendoli ricadere sulla Comunità. Non solo nella forma di
più alti salari, ma promuovendo lo sviluppo locale. Secondo il suo
pensiero, il profitto doveva essere reinvestito per il benessere
della Comunità.
2
Per maggiori informazioni vedi puntata dedicata a Adriano Olivetti di La Storia siamo noi,
sul sito web www.lastoriasiamonoi.rai.it
Comunicare la Responsabilità Sociale d’Impresa: Quale futuro?
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Quello di Adriano Olivetti era un sogno industriale, che certamente
mirava al successo e al profitto, ma anche un progetto sociale che
implicava una nuova relazione tra imprenditore ed operaio, oltre
ad un nuovo rapporto tra fabbrica e città.
L’efficienza del lavoratore va ottenuta, secondo questo modello,
non con il suo iper-utilizzo ma ponendolo nella condizione di
rendere al meglio, di sentirsi parte di un progetto comune. Il
modello Olivettiano rappresenta una forma di sviluppo industriale
che idealmente, anticipando i tempi, cerca di essere sostenibile.
L’esperienza della gestione Olivetti mostra che un’impresa
innovativa e competitiva può realizzare profitti ma anche agire in
modo responsabile socialmente verso il territorio, l’ambiente e le
persone che vi lavorano
3
.
Il modello “Olivettiano” è un esempio di come la Responsabilità
Sociale possa essere un fattore determinante per lo stesso
modello di business e diventare un asset strategico, che ridisegna
le strategie di base e la mission dell’impresa.
1.1. DEFINIZIONI DI CSR
Generalmente la definizione che viene maggiormente riconosciuta
e citata è quella data dalla Commissione Europea, nel Libro Verde
del Luglio 2001, che definisce la Responsabilità Sociale d’Impresa
(CSR- Corporate Social Responsibility) come “l’integrazione su
base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni
sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro
rapporti con le parti interessate (stakeholders)”.
3
Per approfondimenti : V. Capecchi, La Responsabilità Sociale d’Impresa, Carrocci,
Roma, 2005
Comunicare la Responsabilità Sociale d’Impresa: Quale futuro?
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In pratica con CSR ci si riferisce allo svolgimento di attività
socialmente utili e all’assunzione da parte dell’impresa di
responsabilità etiche nei confronti della società in cui opera, si
intende, quindi, l’integrazione di preoccupazioni di natura etica
all’interno della visione strategica d’impresa.
La CSR è quel atteggiamento che tiene insieme la logica
imprenditoriale del profitto, la logica della difesa dell’ambiente e la
logica della comunità in cui si opera. Essere socialmente
responsabili, dunque, significa non solo soddisfare gli obblighi
giuridici applicabili, ma andare oltre e investire maggiormente nel
capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le parti
interessate.
Nel corso degli anni è mutato molto il modo in cui la CSR viene
percepita e messa in atto dalle stesse imprese.
Negli anni ’80 la Responsabilità Sociale delle imprese era
paragonata alla pura e semplice filantropia. Le grandi aziende
spesso univano il loro nome o il loro logo a progetti o eventi di
pubblica utilità, sponsorizzandoli, oppure destinavano parte dei
propri profitti a cause sociali. Questo comportamento aziendale è
messo in atto ancora oggi, ma viene considerato solo una piccola
parte di ciò che è la Responsabilità Sociale d’Impresa.
Negli anni ’90 invece viene introdotto il concetto di Triple Bottom
Line e di CSR in cui si delinea un ruolo attivo delle imprese, le
quali non sono più semplici sponsor ma diventano organizzatori
dei progetti sociali, allo scopo principale di migliorare la propria
reputazione.
Ora negli ultimi anni si è aperta quella che viene definita da
“Acquisti e Sostenibilità” l’era del Business Sostenibile. Questo è
un approccio globale e a lungo periodo, che si basa sulla continua
innovazione di prodotto, processi e modelli di business per
ottenere un efficiente uso delle risorse. Questo risulta non solo
Comunicare la Responsabilità Sociale d’Impresa: Quale futuro?
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“giusto” per la salvaguardia dell’ambiente e della società ma
anche un vantaggio dal punto di vista competitivo.
4
Il Business Sostenibile è definito “la capacità di soddisfare i
bisogni del presente senza compromettere il soddisfacimento dei
bisogni delle generazioni future”.
5
Secondo Nicoletta Cerana:
un’azienda socialmente responsabile non è solo quella che dà vita
ad iniziative di beneficenza e mecenatismo, ma quella che estende
il suo intervento dal livello economico a quello sociale e ambientale
nella convinzione che non vi è conflitto tra obiettivi economici e
obiettivi sociali.
6
1.2. CARATTERISTICHE DELLA CSR
Le caratteristiche principali della CSR sono:
7
Volontarietà: L’impresa sceglie liberamente se adottare
comportamenti socialmente responsabili o meno. La CSR non è
un’imposizione, ma, per essere efficace e credibile, deve evitare il
rischio di cadere nell’autoreferenzialità e deve quindi fare in modo
di essere sempre misurabile e valutabile. Solo così l’impresa può
adottare comportamenti volontari che la aiutino effettivamente a
4
Atti del convegno Supply Chain Sostenibile, Milano, 6 giugno 2008
5
Rapporto Bruntland, redatto dalla Commissione delle Nazioni Unite su Ambiente e
Sviluppo. Questo rapporto contribuirà alla nascita dell’idea di una rendicontazione Triple Bottom
Line, cioè che considera i risultati positivi ambientali, sociali ed economici.
6
Nicoletta Cerana (a cura di), Comunicare la responsabilità sociale, Franco Angeli, Milano,
2006.
7
A. Beda, R. Bodo La responsabilità sociale d’impresa Strumenti e strategie per uno
sviluppo sostenibile dell'economia, Il Sole 24 Ore , milano, 2004