8
Per completare il framework italiano ho anche analizzato il sistema
legislativo in tema di tutela delle minoranze e la sua evoluzione, in quanto
elemento determinante nella possibilità di riuscita delle espropriazioni.
Nella seconda parte, invece, dopo una breve analisi della società, ho
esaminato il sistema di corporate governance prima della gestione del
vecchio proprietario, Tronchetti Provera, e poi quella dell’attuale proprietà,
ovvero la cordata riunita in Telco.
Nello studio del gruppo ho cercato di comprendere che cosa è
Telecom oggi studiandone il settore in cui opera, la sua non lunga, ma
ricca storia, l’attuale struttura, le strategie e le prospettive.
Mentre un’analisi più puntuale è stata effettuata per la valutazione
dei sistemi di governance relativi ai due periodi confrontati, ovvero 2001-
2007 e post 2007.
Nello studio del sistema del governo societario del periodo 2001-
2007 è stato seguito il seguente schema logico:
ξ una prima descrizione basata sulle dichiarazioni e sui
documenti societari;
ξ un successivo confronto con gli eventi che si sono realmente
verificati nei vari anni;
ξ un’analisi degli effetti che la reale governance ha avuto sulla
società sia dal punto di vista finanziario che operativo e della
fiducia dei risparmiatori.
Le considerazioni fatte sul nuovo e attuale sistema di governance,
invece, partono da un’analisi dei cambiamenti rispetto al sistema
precedente.
Ho cercato quindi di valutare se tali cambiamenti abbiano o meno
apportato miglioramenti rilevanti alla governance del gruppo. Tuttavia
l’analisi è risultata a volte complicata date le scarse informazioni a
9
disposizione, essendo trascorso un tempo troppo breve dall’acquisizione
della nuova proprietà.
Ho effettuato tale valutazione soprattutto in relazione agli aspetti
della passata gestione che sono stati più discussi e sui quali ancora oggi si
hanno più timori, come ad esempio il conflitto di interesse da cui
discendono i maggiori pericoli per gli azionisti.
Le mie riflessioni, nate dal confronto dei risultati di tali analisi, sono
esplicitate nelle conclusioni presenti al termine dell’elaborato.
10
CAPITOLO 1
LA CORPORATE GOVERNANCE: IL MODELLO ITALIANO
1.1 LA CORPORATE GOVERNANCE: introduzione
“Corporate Governance”: a queste parole magiche si tende a
ricondurre tutti i problemi aziendali e i mali dell’economia italiana. Questo
binomio sembra essere la causa di tutto, di un buon o di un cattivo
andamento delle imprese e dello sviluppo del paese. Negli ultimi anni,
soprattutto dopo i vari scandali finanziari che hanno coinvolto grandi
imprese in più parti del mondo, si è cominciato a porre una maggiore
attenzione su questo tema. Tale problematica è stata oggetto di molti studi
e trattati di letteratura ed è stata messa in relazione con diverse tematiche:
dalla performance alla creazione di valore dell’azienda, dal sistema
legislativo-istituzionale alla corruzione (Zingales
1
).
La parola “governance” ha una lunga storia: essa deriva dalla radice
latina “gubernare” che significa guidare, governare e viene utilizzata in
Gran Bretagna sin dal XIV° secolo per indicare saggezza e senso di
responsabilità (Cadbury). Governance indica sia l’azione sia il metodo di
governo ed è proprio con questo secondo significato che viene utilizzato
con riferimento alle imprese. “Corporate governance” inizia ad essere
utilizzata diffusamente solo negli anni ’80, soprattutto in relazione alle
imprese anglosassoni e ad oggi non si è giunti ad una definizione condivisa
riguardo a cosa si debba intendere con tale espressione
2
. Esistono varie
definizioni: da quella letterale di “governo societario” ad altre più
complesse che fanno riferimento alle varie teorie dell’impresa e dei
contratti,
3
4
tanto da arrivare a parlare di definizione allargata o ristretta
5
. Il
1
Cfr. R. La Porta F. Lopez-De-Silanes A.Shleifer “Corporate Ownership Around the World”, Harvard
University, 1998, pag 32.
2
Cfr. A. Zattoni “Il governo economico delle imprese” Milano EGEA, 2004, pag 118.
3
“I define corporate e governance as the complex set of constrains that shape the ex post bargaining over the
quasi-rents generated by a firm”Cfr. L. Zingales “Corporate e Governance”, forthcoming in The new Palgrave
dictionary of economics and the law, Nber &Cepr, October 31,1997, pag2.
11
governo di un’impresa riguarda ogni aspetto dell’agire imprenditoriale che
va dalle regole e le strutture organizzative adottate dall’impresa
autonomamente, per assicurare un’efficiente e trasparente attività
aziendale
6
, all’insieme di normative esterne al sistema azienda, che
traggono origine dai codici di autodisciplina o dai dettati legislativi
nazionali e internazionali
7
.
Il dibattito sulla corporate governance si è focalizzato
prevalentemente sul tema della composizione, struttura e funzionamento
del Consiglio d’Amministrazione. Nonostante l’importanza e la centralità
che questo assume nei processi di governo delle imprese, non si può
ignorare l’importanza che rivestono altri elementi sia di natura interna (es.
il sistema di controllo interno, i sistemi retributivi) che esterna (normativa
economica, funzionamento dei mercati in cui l’impresa opera, la cultura e
le consuetudini)
8.
In ultima analisi i meccanismi di corporate governance riguardano:
l’allocazione della proprietà, la struttura del capitale, gli schemi di
incentivazione dei manager, i takeover, i consigli di amministrazione,la
pressione degli investitori istituzionali, la competizione dei prodotti sul
mercato, la competizione nel mercato del lavoro, la struttura organizzativa
e tutto ciò indipendentemente dalla definizione che ne viene data
9
.
Obiettivo generale della corporate governance è la continua tensione
alla creazione di valore (da intendersi come aumento del capitale
4
La prima considerazione (dalla quale parte anche Zingales) in tal senso è stata proposta da O.E. Williamson in
“The Economic Institution of Capitalism” New York, Free Press,1985.
5
A seconda degli interessi di cui si tiene conto quando ci si riferisce alla governance ossia se a quelli degli
stakeholders o solo degli azionisti.
6
In quest’ottica si può inserire il significato attibuitogli da Zingales: ”The word Governance is synonymous
with the exercise of authority, direction, and control” L. Zingales, “Corporate e Governance”, forthcoming in
The new Palgrave dictionary of economics and the law, Nber &Cepr, October 31,1997,pag 2.
7
Cfr. M. Dallocchio C.Tamarowski “Corporate Governance e valore L’esempio di Telecom Italia” SDA
Bocconi, EGEA,2005.
8
Cfr A. Zattoni “Il governo economico delle imprese”Milano, EGEA, 2004.
9
Cfr L. Zingales “Corporate e Governance”, forthcoming in The new Palgrave dictionary of economics and
the law, Nber &Cepr, October 31, 1997, pag 4.
12
economico) di cui gli insider
10
vorranno appropriarsi nella misura maggiore
possibile
11
andando, in questo modo, a ledere gli interessi degli outsider
12
, i
quali richiedono un sistema di corporate governance che li protegga da
questa eventualità
13
14
.
Ma tale valore creato dall’azienda a chi spetta? Per chi si deve creare
valore?
Neanche a queste domande vi è una risposta univoca: c’è chi ritiene
che si debba massimizzare il valore per gli azionisti (shareholder theory) e
chi, invece, in un’ottica più ampia fa riferimento a tutti gli stakeholder
dell’azienda (azionisti di maggioranza, di minoranza, manager, creditori,
fornitori, clienti, lavoratori, ecc…) (stakeholder theory) poiché questi
costruiscono con l’impresa relazioni di lungo periodo e il loro
coinvolgimento quindi è determinante per il successo dell’impresa proprio
in un’ottica di lungo periodo. La prima accezione è quella più diffusa nei
paesi anglosassoni e anche in dottrina ed è quella a cui si rifanno la
maggior parte delle imprese anche nella definizione della mission
aziendale.
Quindi il sistema di corporate governance riguarda tutti i
meccanismi necessari a contenere i potenziali conflitti d’interessi che si
possono venire a creare di volta in volta tra diversi gruppi.
Di conseguenza non esiste un unico modo per raggiungere tale
obiettivo perché a causa dei diversi contesti nazionali e di altre numerose
variabili possono costituirsi diversi modelli di governo societario, nessuno
migliore degli altri, i quali verrano analizzati in questo capitolo con
particolare attenzione al modello prevalente in Italia.
10
Sono definiti insider coloro che sono in grado di influenzare le decisioni aziendali, che hanno il potere di
controllo.
11
I controllanti saranno disposti a cedere agli altri aventi diritto quanto basta a tenerli avvinti all’economia
dell’impresa appropriandosi del resto.
12
Sono outsider coloro che subiscono il potere di controllo.
13
Cfr. E. Di Carlo “Governance e conflitto di interessi nei gruppi aziendali,il rating sull’entità del rischio di
conflitto d’interessi dei gruppi quotati”, Aracne ,2007,pag17.
14
Tale pericolo nasce dal conflitto d’interessi esistente tra i due gruppi (insider e outsider).
13
1.2 La nascita della corporate governance: ragioni e importanza
Nei paesi europei, a partire dagli anni ’90, vi è stata una “domanda”
di corporate governance da parte dei soggetti che a vario titolo avevano
rapporti con le imprese e sentivano la necessità di dover in qualche modo
tutelare i propri interessi.
Tale necessità nasceva dalla sfiducia verso manager e azionisti di
maggioranza, dilagata a seguito delle frodi e delle crisi finanziarie che
hanno colpito grandi nomi dell’economia mondiale a prescindere dal
sistema economico in cui operavano
15.
Un ruolo fondamentale è giocato dalla trasparenza informativa. Tutte
le decisioni degli operatori economici sono basate sulle informazioni che
essi riescono ad assumere a vario titolo, il connubio decisioni-informazioni
rappresenta, insomma, uno dei meccanismi fondamentali del
funzionamento del sistema economico (es. il ruolo che le informazioni
hanno nelle decisioni di investimenti sui mercati finanziari e monetari, ma
anche le decisioni economiche che ognuno di noi assume quotidianamente
sono influenzate dalla mole di informazioni che abbiamo a disposizione)
Negli ultimi tempi alcuni fattori hanno reso più drammaticamente
critico il ruolo del’informazione esterna fornita dall’impresa. Tra i più
importanti ricordiamo:
ξ la crescente globalizzazione dei mercati;
ξ la crescente competizione e conseguente nuova dimensione
assunta dal fattore “tempo” nel prendere le decisioni;
ξ ruolo dei mercati finanziari;
ξ numerosità e importanza degli stakeholder;
ξ la “dematerializzazione” dell’economia.
15
Non solo nei paesi di common law (come hanno dimostrato i casi Enron e Worldcom) dove si ritiene che la
protezione degli investitori sia maggiore e quindi meno soggetti a espropriazione da parte dei manager o della
maggioranza.
14
Infatti una comunicazione non corretta, inefficacie nei contenuti e/o
nel processo di trasmissione può diminuire la fiducia nella società e nel suo
governo provocando reazioni negative per l’impresa, quali ad esempio:
ξ un aumento del costo del capitale provocato dalla diffidenza
degli investitori ad allocare risorse nei progetti di business di
cui non comprenderanno chiaramente i contenuti;
ξ un calo nelle vendite causato dall’erronea percezione dei
clienti di una scarsa qualità dei prodotti e servizi offerti;
ξ una forte conflittualità da parte di quei soggetti che, non
avendo a disposizione informazioni trasparenti, possono essere
indotti ad ostacolare le attività delle imprese per timore di
subirne i riflessi negativi collaterali (ad esempio per gli
eventuali danni ambientali,per le probabili riduzioni di posti di
lavoro, per la concorrenza, ecc…);
16
ξ una distorsione nel processo di formazione dei prezzi di
mercato i quali, in un mercato efficiente, dovrebbero
rappresentare il valore intrinseco dell’azienda basandosi sulle
informazioni disponibili.
17
In tale contesto la buona e trasparente informazione è un elemento
imprescindibile per la competitività aziendale. La qualità dell’informativa
fornita dipende da:
ξ l’adeguatezza della normativa sul bilancio e, più in generale,
sull’informativa esterna;
ξ l’adeguatezza del sistema di corporate governance;
16
Cfr P. Tarallo “Corporate Governance: Principi di gestione nell’ottica del valore” Milano, Franco
Angeli,2000, pag 29.
17
Il prezzo di borse incorpora anche informazioni relative al settore in cui opera l’impresa o al mercato nel suo
complesso fornendo così informazioni utili all’azienda stessa per le scelta delle strategie di investimento e agli
azionisti per le decisioni concernenti l’eventuale cessione dela propria partecipazione. Sul tema si veda S.
Rigamonti “Nuove quotazioni alla borsa italiana separazione tra proprietà e controllo ed evoluzione della
struttura proprietaria”Milano, Franco angeli, 2005, pag 24.
15
ξ l’adeguatezza della normativa e della prassi sul controllo
contabile
18.
Il problema della governance va dunque visto come fondamentale
antidoto contro le pressioni che inducono alla frode, al fine della
trasparenza dei flussi informativi.
19
Da un’efficiente e corretta gestione societaria deriva:
ξ la compensazione fra gli interessi, potenzialmente divergenti,
dei soci di minoranza, dei soci di controllo e degli
amministratori di una società;
ξ la massimizzazione della tutela degli azionisti, siano essi in
possesso della maggioranza delle partecipazioni azionarie o
solamente di una quota minoritaria;
ξ la competitività delle aziende poiché permette di massimizzare
l’efficienza della gestione e le performance
20
21
1.3 I modelli di governance
Differentemente da quanto si può pensare non esiste un unico modo
con il quale si può governare un’azienda in modo da garantire l’efficacia
nella gestione, la competitività e la creazione di valore.
Esistono principalmente due grandi modelli: “outsider system” e
“insider system”.
18
Cfr G.Fiori “Corporate Governance e qualità dell’informazione esterna d’impresa”Milano, Giuffrè, Roma,
2003.
19 G. Fiori R. Tiscini “Corporate Governance, regolamentazione contabile e trasparenza dell'informativa
aziendale” Franco Angeli,2005.
20
Cfr. M. Dallocchio C.Tamarowski “Corporate Governance e valore L’esempio di Telecom Italia” SDA
Bocconi, EGEA, 2005.
21
“La presenza di un efficace sistema di governo societario, per la singola impresa e per l’economia nel suo
complesso, contribuisce ad assicurare un adeguato livello di fiducia, necessario al buon funzionamento
dell’economia di mercato. Il risultato è di ridurre il costo del capitale e incoraggiare le imprese ad impiegare
le risorse in modo più efficiente,stimolando così la crescita” OCSE Principi di Governo societario dell’OCSE,
2004, pag 3.
16
1.3.1 Outsider system
Il modello outsider o a capitale diffuso è prevalente nei paesi
anglosassoni.
Questo è caratterizzato da un proprietà molto frammentata e diffusa
tra il pubblico di investitori (public company). Si viene così a creare una
separazione tra proprietà e controllo in quanto quest’ultimo
22
è in mano al
management (nominato dagli azionisti) e non ai proprietari
23
che
risulteranno essere semplicemente dei finanziatori. Gli interessi di queste
due categorie (management e proprietari) tendono a divergere: i primi
saranno interessati non tanto a massimizzare il valore della società, quanto
ad aumentare le sue dimensioni (anche perchè sembra che molto spesso sia
il parametro a cui viene effettivamente legata la loro remunerazione) e a
compiere azioni che aumenteranno la loro visibilità, mentre i secondi, più
propensi al rischio, saranno interessati solo alla massimizzazione del valore
delle azioni. Si viene così a generare un conflitto d’interessi tra queste due
categorie derivante anche dal problema del free-riding.
24
Questo problema
della separazione tra proprietà e controllo fu affrontato in maniera
sistemica per la prima volta da Berle e Means (1932) e viene ritenuto tipico
di questa forma di governo, ma, come verrà specificato in seguito, non è
così.
Il meccanismo di controllo che permette di regolare tali conflitti è il
mercato dei capitali. Per tale ragione questo sistema è diffuso dove le Borse
funzionano bene e sono molto liquide. Nel caso di under performance
delle imprese per gli azionisti è facile esercitare il diritto di “exit” e vendere
sul mercato le proprie partecipazioni; inoltre la proprietà diffusa aumenta il
rischio di scalate ostili che implicano un cambiamento del management. In
22
“Con il termine controllo si intende il potere di dirigere il comportamento delle singole unità del gruppo
riassumendo le funzioni generali di governo o di indirizzo” E. Di Carlo “Governance e conflitto di interessi nei
gruppi aziendali,il rating sull’entità del rischio di conflitto d’interessi dei gruppi quotati”, Aracne , 2007, pag
20.
23
Proprietari sono coloro che apportano il capitale di rischio.
24
I proprietari non si interessano di controllare l’operato dei manager poiché i costi che dovrebbero supportare
sarebbe maggiori dei benefici che ne trarrebbero.
17
questo modo il controllo delle società viene esercitato dalle persone che
sono in grado di creare maggior valore e il comportamento dei manager
viene così regolato dal mercato per il controllo societario (market for
corporate control). Tuttavia questo ha anche delle implicazioni negative:
l’ottica viene spostata al breve periodo e spesso vengono intrapresi progetti
non profittevoli nel lungo, ma che nel breve fanno alzare il valore delle
azioni (market myopia) così da garantire ai manager il mantenimento della
loro posizione all’interno dell’azienda.
1.3.2 Insider system
Il modello insider system, invece, è più diffuso nei paesi europei ed
asiatici.
Questo è caratterizzato da una proprietà stabile, concentrata nelle
mani di un uno o pochi azionisti (lo Stato, una famiglia, una coalizione) che
svolge un ruolo attivo nella gestione aziendale, ricoprendo molto spesso
incarichi manageriali riuscendo, così, a controllare l’operato dei manager.
In questo sistema infatti il conflitto d’interessi non riguarda proprietari e
management, ma azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza. La
presenza di un mercato poco sviluppato, insieme alla stabilità del controllo,
rendono praticamente impossibile le scalate ostili. Gli eventuali
25
passaggi
di proprietà avvengono in modo “amichevole”, in seguito ad accordi tra le
parti. In questi casi non vi è “market for corporate control” o quel poco che
è presente non agisce come meccanismo di governance.
Altra caratteristica è l’elevata presenza delle banche come
finanziatrici delle società. Infatti facendo poco ricorso al mercato del
capitale di rischio le imprese, nel momento in cui hanno bisogno di capitali,
25
In queste circostanze i passaggi di proprietà sono comunque rari poichè molto spesso le aziende sono
“tramandate” di padre in figlio.
18
soprattutto in caso di crescita dimensionale, si rivolgono a finanziatori
professionali
26
.
Il modello insider viene a sua volta suddiviso in due “sottomodelli”:
modello “latino” ( presente in Italia, Francia, Spagna,
Portogallo, Belgio e Grecia) o a proprietà chiusa;
modello “renano – nipponico” ( presente in Germania, Paesi
Scandinavi, Austria, Giappone e Corea ) o a proprietà ristretta.
Questi si differenziano per la struttura proprietaria ma
prevalentemente per il ruolo che le banche e i lavoratori ricoprono
all’interno dei meccanismi di governance.
Nel primo caso la proprietà e il controllo sono in poche mani (spesso
il creatore o la sua famiglia
27
). Questa forma è tipica delle entità di ridotte
dimensioni e dove vi è una scarsa diffusione dei capitali di borsa e vi è un
governo diretto da parte della proprietà.
I vantaggi espressi da questa forma proprietaria sono così
riassumibili:
totale identificazione tra l’imprenditore e l’impresa;
visione di lungo periodo;
supporto operativo ed immediato nelle decisioni;
flessibilità ed agilità organizzativa.
28
Gli svantaggi riscontrabili sono:
poca contendibilità;
26
Infatti questo modello è noto anche come bank oriented in opposizione al market oriented che caratterizza
l’insider system.
27
Si parla anche di struttura padronale o familiare.
28
Cfr. P. Tarallo “Corporate Governance Principi di gestione nell’ottica del valore”, Milano, Franco Angeli,
2000, pag 17.
19
elevata possibilità che l’assemblea e il consiglio
d’amministrazione siano organi solamente formali
29
;
ostacolo alla crescita dimensionale
30
;
elevato rischio di espropriazione delle minoranze.
Le banche e i lavoratori non hanno influenza sull’operato dell’alta
direzione: le banche svolgono il ruolo di intermediari e sono considerate
come fornitori di capitale di prestito più che di capitale di rischio; i
dipendenti sono coinvolti nella governance solo raramente e a pura
discrezione dell’alta direzione.
Nel modello “renano – nipponico” le imprese hanno solitamente
grandi dimensioni e la proprietà è stabile, nelle mani di coalizioni di
investitori istituzionali (banche,assicurazioni, fondi comuni, società di
private equità, ecc…) che costituiscono il “nocciolo duro” e in parte diffuso
sul mercato tra un ampio numero di piccoli azionisti. Per dare stabilità a tali
coalizioni vengono stipulati patti di sindacato, di voto e/o di blocco, che
ostacolano pesantemente la possibilità di scalate ostili. Anche qui l’ottica è
di lungo periodo e tutti i soggetti che vi entrano in contatto sono orientati
alla continuità dell’impresa in quanto per ognuno di loro tale evento offre
un accrescimento del livello di benessere
31.
L’impresa è concepita come
una comunità. Da ciò deriva la rilevanza che banche
32
e dipendenti
assumono nel processo di decisione aziendale.
29
“Gli amministratori della controllante e delle controllate sono nominati dalla maggioranza, a cui sono legati
da un rapporto fiduciario,pur avendo competenze distinte. In altri termini, il capitale di comando non è
legittimato ad imporre agli amministratori determinate scelte, ma, indirettamente, gli stessi si adegueranno (
assumendosene la responsabilità), per non perdere la propria carica” Cfr. E. Di Carlo “Governance e conflitto
di interessi nei gruppi aziendali,il rating sull’entità del rischio di conflitto d’interessi dei gruppi quotati”,
Aracne , 2007, pag 51.
30
La crescita dimensionale richiede ingenti risorse finanziarie spesso troppo elevato per i proprietari che, non
volendo rinunciare a ridurre il proprio controllo sull’impresa, fanno ricorso a capitale di debito.
31
Cfr. P. Tarallo”Corporate Governance Principi di gestione nell’ottica del valore” Milano, Franco Angeli,
2000, pag 18.
32
L’influenza delle banche in questo contesto dipende anche dal fatto che esse non sono solo semplici
finanziatori ma apportano anche capitale a titolo di proprietà.
20
Le banche in questo contesto assumono il ruolo di banca universale,
che non solo presta denaro all’azienda, ma offre una vasta gamma di
servizi, finanche a compartecipare rilevando quote di proprietà. È chiaro
quindi che il ruolo della banca non può essere trascurato e non può essere
considerata un altro stakeholder, ma un vero e proprio azionista.
33
La distribuzione di questi modelli nel mondo rispecchia anche la
contrapposizione tra i paesi di common law (paesi anglosassoni) e di civil
law (paesi dell’Europa continentale). Vari studi
34
hanno ricondotto
l’esistenza di uno o l’altro tipo di modello alla protezione che lo Stato
garantisce agli azionisti di minoranza:sembrerebbe che dove sia garantita
una maggiore protezione si sviluppi un sistema a proprietà diffusa poiché
esistono meccanismi che danno la possibilità agli azionisti di proteggersi
dal pericolo di espropriazione da parte dei manager; mentre negli altri casi
la proprietà è concentrata.
Molto spesso si è considerato il modello anglosassone “superiore” in
termini di effetti sulla performance ovvero della creazione di valore, tanto
che le riforme attuate nei paesi europei sono costruite prendendo come
esempio la governance USA.
Tuttavia nonostante il modello outsider system venga considerato il
modello “ideale”, non è in realtà così diffuso nel mondo come si potrebbe
pensare
35
.
33
Cfr. Q. Biscaro “Le problematiche della corporate governance” Camera di commercio industria artigianato
agricoltura Vicenza, 2002, pag 33.
34
Si vedano cfr. A. Dyck, L. Zingales “Private benefits of control: an international comparison” Working
Paper 8711, National Bureau of Economic Research, January 2002; Cfr. R. La Porta, F. Lopez-de-Silanes, A.
Shleifer and R. Vishny “Investor protection e corporate governance”, working paper 2000; Cfr. R. La Porta, F.
Lopez-de-Silanes, A. Shleifer 1999, “Corporate Ownership around the World,” Journal of Finance, 54.
35
“We find that Berle e Means is far from universal, and is quiet rare on some definitions of control. Similarly,
the so-called German model of bank control through equity is uncommon. Instead, controlling shareholders -
usually the State or families – are present in more large companies” Cfr.R. La Porta, F. Lopez-de-Silanes, A.
Shleifer 1999, “Corporate Ownership around the World,” Journal of Finance, 54; si veda anche M. Faccio, L.
H. P. Lang “The Separation of Ownership and Control An Analysis of Ultimate Ownership in Western
European Corporations”, Journal of Financial Economics, 2000.
21
1.4 Lo scenario italiano
Agli inizi degli anni novanta, in vari paesi e per ragioni diverse, si
pose l’attenzione sul tema della rilevanza dei meccanismi di allocazione
della proprietà e del controllo delle imprese sottolineando il ruolo
fondamentale che questi svolgono per lo sviluppo del paese.
In Italia l’attenzione per l’analisi della corporate governance delle
aziende era ricollegabile anche alle rilevanti difficoltà competitive e di
sviluppo che il sistema imprenditoriale sembrava esprimere alla fine degli
anni ottanta. All’inizio degli anni novanta si registrano gravissime crisi
finanziarie dei più grandi gruppi pubblici e privati
36
. Una serie di indizi
lasciava credere che tra le ragioni di queste difficoltà potessero esservi le
modalità di allocazione della proprietà e del controllo. Tra questi venivano
indicati: il problema della crescita dimensionale delle aziende; la limitata
mobilità del controllo delle grandi imprese dovuta sia alla particolare
struttura di quelle private, sia dalla diffusione di quelle pubbliche; la scarsa
presenza di investitori esteri nel capitale delle imprese e le ridotte
dimensioni del mercato borsistico; il ruolo delle banche; l’inefficienza delle
regole per la gestione delle crisi d’impresa.
37
Per queste ragioni la Banca d’Italia nel biennio 1992-94 realizzò una
ricerca denominata “Assetti delle proprietà e mercato delle imprese in
Italia”. Il grave ritardo di crescita e la grave perdita di competitività
dell’industria italiana nei dieci anni successivi
38
hanno posto all’attenzione
degli economisti i problemi strutturali presenti nell’economia italiana.
36
Ad esempio il gruppo EFIM e il gruppo Ferruzzi-Montedison.
37
Cfr M. Bianchi, M. Bianco e al. “Proprietà e controllo delle imprese italiane”Il Mulino, Bologna, 2005 pag
7.
38
“Negli ultimi anni la crescita economica dell’Italia ha oscillato intorno a tassi dell’1%, accumulando un
ritardo di crescita di circa 7 punti di PIL rispetto agli altri paesi dell’area euro. Inoltre, dalla metà degli anni
novanta al 2004 la quota italiana , a prezzi costanti, sul commercio mondiale è scesa dal 4,6% al 2,9% a
fronte di un incremento delle quote di Germania a Francia”Cfr. M. Bianchi, M. Bianco e al. “Proprietà e
controllo delle imprese italiane”Il Mulino, Bologna, 2005, pag 9.