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necessariamente gli affida anche tutte le informazioni che riguardano
la propria vita sociale. Pertanto l‟obbligo di riservatezza del medico si
estende su tutto l‟ambito della vita del malato1. Il medico deve rispet-
tare nel modo più assoluto la persona che assiste: tale rispetto costi-
tuisce il “credo” della sua professione; ma nello stesso tempo deve ri-
spettare la sua coscienza, il codice deontologico e le leggi. Il ché vuol
dire sapere quali sono le giuste cause di rivelazione del segreto profes-
sionale e il tenore dell‟articolo 622 del codice penale.
Infatti, nella molteplicità dei casi che si dispiegano nello svolgi-
mento della professione sanitaria, molti sono gli interrogativi cui il
medico si può trovare a dover rispondere: ha il dovere di informare le
Autorità competenti se la malattia del suo assistito può compromette-
re l‟integrità fisica di altre persone? Come ci si deve comportare di
fronte ad un proprio assistito che si sa essere affetto da manifestazio-
ni epilettiche, sconosciute però al datore di lavoro e che magari svolge
attività di guida di veicoli a motore? Come ci si deve comportare di
fronte ad una persona affetta da AIDS e che esige dal medico di non
rivelare la diagnosi al suo partner? Quale deve essere il comportamen-
to del medico nei riguardi di una minore in stato di gravidanza che
vuole celare tale condizione ai propri genitori? Come ci si deve com-
portare di fronte ad un minore affetto da una malattia a trasmissione
sessuale che chiede di non informare i genitori? Quale valore dare alla
richiesta dell‟assistito di non rivelare le proprie condizioni di salute ad
1 ARCUDI, V. POLI. Il diritto alla riservatezza - Profili amministrativi, civili, penali disciplinari, con-
tabili e deontologici della privacy con particolare riguardo al settore sanitario. Milano, Ipsoa, 2000.
3
una Compagnia di assicurazione, con la quale magari intende stipulare
(o abbia già stipulato) una polizza vita o una polizza malattia?
Si comprende come il medico che deve intervenire in un certo
“caso” nella sua funzione di medico curante abbia obblighi diversi ri-
spetto a chi interviene come medico di controllo o come medico di
una compagnia di assicurazione o come perito nominato dal Giudice.
In queste ultime ipotesi i sanitari sono incaricati rispettivamente dalla
ASL, oppure dalla stessa compagnia di assicurazione o dal Magistrato
e devono rendere loro direttamente conto della visita effettuata e ri-
spondere ai quesiti posti. Il paziente sa bene che ciò è necessario per
riconoscere oppure escludere il suo eventuale diritto ad assentarsi dal
lavoro per malattia, alle prestazioni assicurative, a risolvere un pro-
blema di giustizia, ecc. Accettando di sottoporsi alla visita, implicita-
mente egli accetta che il medico informi chi di dovere di quanto gli è
stato chiesto. Ma tale informazione non deve comunque superare cer-
ti limiti e questi vanno opportunamente definiti e rispettati.
Nella pratica ci si può trovare di fronte a problemi quanto mai
diversi e ogni caso dovrà essere considerato come a sé stante, da ri-
solvere spesso con molto buon senso ed umanità. Ma è giuridicamen-
te ed eticamente inaccettabile che il dovere di rispettare il segreto pos-
sa significare mettersi al servizio del crimine o della frode.
Negli ultimi anni nel nostro Paese è cresciuta molto la cultura re-
lativa ai problemi etici legati al rapporto medico-paziente. Con l‟affer-
mazione del consenso informato sono apparsi diritti nuovi e sono sta-
ti riscoperti, ma soprattutto sono diventati esigibili, diritti “vecchi”,
4
rimasti per troppo tempo solo enunciazioni di principio nelle carte
costituzionali dei paesi occidentali e in molte normative sovranaziona-
li e nazionali.
I segnali sono ormai tanti di una trasformazione della relazione
medico paziente nella direzione del modello basato sull‟autonomia.
Tale direzione negli anni „90 non era, sul piano teorico, ampiamente
condivisa perché secondo una linea di pensiero l‟Italia, Paese con for-
te presenza e influenza della Chiesa, avrebbe avuto serie difficoltà a
passare da una cultura tradizionalmente ispirata al modello ippocrati-
co paternalista a modelli di etica che propugnano i diritti individuali,
come ad esempio forme di contrattualismo, utilitarismo etc.
L‟affermazione sempre più netta del diritto alla autodetermina-
zione ha portato, in un certo senso, al crescere dei conflitti in sanità
dovuto, da una parte, alla resistenza che il mondo medico oppone ad
abbandonare la vecchia visione ippocratica paternalista e, dall‟altra, al-
le numerose problematiche che si ponevano, e si pongono, nella pra-
tica quotidiana all‟operatore sanitario a seguito dei cambiamenti, sem-
pre più rapidi, del sentire comune che veicolano domande inedite e
bisogni di salute nuovi.
È necessario ristabilire l‟armonia tra cultura, medicina e società
civile per riuscire a garantire il rispetto dei diritti delle persone e il mi-
glioramento continuo dell‟esercizio delle professionalità sanitarie, in
una realtà storica che con rapidità straordinaria diventa sempre più
capace di controllare il mondo biologico. Ci troviamo di fronte ad una
situazione inedita, non solo per le capacità tecniche a disposizione, ma
5
anche per la varietà di sollecitazioni cui gli operatori sanitari sono sot-
toposti. Sono emerse o stanno prepotentemente emergendo esigenze
incalzanti, quali quelle relative alla tutela dei diritti individuali, al ri-
spetto del pluralismo etico e culturale che contraddistinguono ormai
le società moderne2.
Il cambiamento che ha portato al tramonto del tradizionale mo-
dello ippocratico paternalista e l‟affermazione, sempre più netta, di
quello basato sull‟autonomia si è avuto anche grazie alla spinta della
“bioetica”, affacciatasi negli anni „80 nel panorama italiano. In questo
modo sono diventati operanti, in tema di tutela della salute, i principi
contenuti nella Costituzione circa il rispetto della dignità e della libertà
della persona umana che si traducono nella realizzazione dei diritti
fondamentali dell‟utente delle strutture sanitarie. Questo cambiamen-
to di prospettiva ha fatto passare il “paziente” da una posizione di to-
tale soggezione e subalternità rispetto al medico, a quella di coprota-
gonista delle scelte che riguardano la sua salute.
Non è più rinviabile l‟acquisizione della consapevolezza, da parte
degli operatori sanitari, che il “paziente”, il quale aveva in capo a sé
solo obblighi, ubbidienza, fiducia, è diventato utente, cioè titolare di
diritti che vanno garantiti: il diritto all‟informazione, al consenso e al
rifiuto consapevole dell‟atto medico, alla privacy, a soffrire il meno
possibile, a una qualità di vita accettabile nonostante la malattia, e così
via. Quella che viene proposta nell‟attuale situazione, è l‟etica dei “di-
2 IMMACOLATO M., Bioetica e Privacy: la cultura dei diritti individuali in sanità. atti del Con-
vegno “Privacy e diritto Alla Salute”, Casciana Terme, 24/25 ottobre 2002, www.privacy.it,
cliccare saggi - saggi e relazioni - privacy.
6
ritti individuali”.
Uno dei diritti individuali fondamentali è senz‟altro il “diritto alla
privacy”che ha fatto irruzione nella sanità italiana con l‟approvazione
della legge 675 del 1996. Esso non coincide, come molti del mondo
medico credono, con il segreto professionale in quanto la privacy è un
diritto della persona umana che va tutelato nelle varie forme prescritte
dalla menzionata legge, mentre il segreto professionale è un dovere
deontologico e giuridico la cui infrazione è sanzionata dal codice de-
ontologico e dal codice penale all‟art. 622.
In tutto questo movimento ed evoluzione di concetti e ricono-
scimenti giuridici irrompe con prepotenza la tematica dell‟AIDS in un
contesto scientifico, ed ancor più giuridico, impreparato a gestire le
varie problematiche che tale patologia porta con sé. Tale patologia
evoca ancor oggi ed impone la trattazione di tutta una serie di pro-
blemi oltre che di ordine scientifico-medico, di ordine umano, sociale
ed etico che sono di non semplice collocazione, e di conseguenza so-
luzione, per il giurista.
L‟HIV/AIDS ha posto e continua a porre difficili problemi di
bilanciamento fra l‟interesse generale e l‟interesse dei singoli, tra ne-
cessità della tutela della salute pubblica per ridurre il rischio collettivo
attraverso interventi autoritativi in grado di frenare la diffusione del
virus ad ogni costo e l‟opportunità di fissare limiti etico-giuridici alla
compressione dei diritti individuali alla libertà ed alla riservatezza. La
dicotomia tra interessi pubblici, diffusi ed istituzionali, e interessi in-
dividuali e diritti strettamente connessi alla sfera personale dà vita ad
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una tensione giuridica rispetto a responsabilità ed obblighi dei profes-
sionisti sanitari coinvolti nell‟assistenza medica prima al soggetto sie-
ropositivo poi al soggetto in AIDS.
In verità, la necessità di bilanciare tempestivamente gli inte-
ressi in gioco ha dato vita nel tempo ad interventi normativi sul
tema, talvolta non correttamente coordinati con altre norme o re-
gole di deontologia medica, creando un clima di incertezza in ordi-
ne alle scelte che si prospettano di fronte al medico che deve inter-
venire sul paziente affetto da HIV/AIDS.
CAPITOLO PRIMO
IL SEGRETO PROFESSIONALE
IL SEGRETO PROFESSIONALE
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1. CONSIDERAZIONI GENERALI.
1.1 Le radici del segreto professionale medico.
Tra le prerogative della professione medica il segreto figura tra
quelle che più hanno sollecitato il senso di responsabilità del sanitario.
Il principio ha storicamente più di una radice, prima fra tutte la radice
psicologica: in opere di rilevante importanza storica Muteau (1870) e
Brouardel (1893) hanno sostenuto con forza che il timore del manca-
to rispetto della riservatezza da parte del sanitario poteva dissuadere il
malato dal farsi curare. Ed ancora: che l‟assistenza sanitaria rendeva
necessaria la confidenza, che a sua volta esigeva la fiducia, la quale
implicava la riservatezza.
La radice etico-deontologica: il semplice consiglio di usare di-
screzione diviene un ordine che impone al medico un preciso dovere.
La tradizione ne attribuisce ad Ippocrate la prima elaborazione (“tutto
ciò che vedrò od udirò, sia durante l‟esercizio della mia arte, che al di
fuori di questa, e che non deve essere divulgato, io lo terrò segreto e
lo avrò in considerazione di cosa sacra”) 3. Altri due giuramenti si so-
3 PORTIGLIATTI BARBOS M., Segreto professionale medico (voce). in Digesto delle Discipline Pena-
listiche. Torino, UTET. Vol. XIII, p. 135 - 150. S - Stato.
SABINO PREZIUSI
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no aggiunti, rispettivamente del medico israelita Assaf del II secolo
d.C. (“non divulgherete nessun segreto che vi sia stato confidato e
non accetterete a nessun prezzo di recar danno e di distruggere”) e del
medico portoghese del XVI secolo Amatus Lusitanus (“Non divul-
gherò a chicchessia il segreto che mi è stato affidato”). A questi si so-
no affiancati la preghiera del medico aristotelico e talmudista del XII
secolo Mosé Maimonide (“fa che i miei malati abbiano fiducia in me e
nella mia arte e che seguano i miei consigli e le mie prescrizioni”), gli
statuti della società medica parigina del 1500 (“aegrorum arcana, visa, au-
dita atque intellecta eliminet nemo”); il giuramento medico di Montpellier
(“quando sarò ammesso nell‟intimità delle case, i miei occhi non ve-
dranno nulla di quanto vi avviene, la mia lingua sarà muta riguardo ai
segreti che mi verranno confidati”). Il segreto quindi è, in base a tali
prescrizioni, “un qualcosa di assoluto e di superiore che trascende ad-
dirittura l‟interesse del malato, e che dura nel tempo oltre la fine del
trattamento, oltre la guarigione o la morte di questi: impegno tacito ed
implicito d‟onore rispetto al patto terapeutico inizialmente sottoscrit-
to” 4. Detti principi hanno retto e rimangono vivi ma l‟esercizio pro-
fessionale si è fatto col tempo meno semplice, lineare ed omogeneo;
sono nati nuovi problemi e si sono affacciati quesiti imprevisti.
La radice giuridica è la più recente e non è una sola, in quanto è
sottesa dalle teorie rispettivamente del contratto, del mantenimento
dell‟ordine pubblico, della difesa della vita privata.
4 INTRONA., Il segreto professionale. 1959, in Difesa Sociale, XXXVIII, IV, p. 3 - 4.
IL SEGRETO PROFESSIONALE
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1.2 Il concetto di segreto professionale.
Il legislatore non ha inteso offrire una definizione normativa-
mente vincolante del segreto penalmente tutelato, preferendo rinviare
all‟accezione comune del termine.
Che cosa deve, in concreto, intendersi per segreto?
Nell‟etimo è implicito il secernere, lo scegliere, il separare: per
cui segreto è ciò la cui conoscenza non deve varcare la cerchia degli
interessati a conoscerlo. In forma più articolata il Manzini ne ha data
una definizione in base alla quale il segreto è “il limite posto da una
volontà giuridicamente autorizzata, alla conoscibilità di un fatto o di
una cosa, per modo che questi siano attualmente destinati a rimanere
occulti per ogni persona diversa dal depositario, ovvero per coloro ai
quali non vengono palesati da chi ha il potere giuridico di estendere o
di togliere il limite stesso, o da forze volontarie o involontarie indi-
pendenti dalla volontà di colui che ha la giuridica disponibilità del se-
greto”5.
Alla domanda: quando una notizia deve o può considerarsi de-
stinata a rimanere segreta? La risposta è obbligata: quando alla sua
conoscenza, per il nocumento che ne deriva o che ne potrebbe deri-
vare, osti un interesse attuale, giuridicamente apprezzabile, del sogget-
to alla personalità del quale quegli eventi o situazioni fanno riferimen-
5 MANZINI., Trattato di Diritto Penale, VIII. Torino, UTET, 1987. pp. 1009 – 1036.
SABINO PREZIUSI
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to. Toccherà pertanto di volta in volta all‟interprete di:
1. Valutare le circostanze concrete;
2. Accertare quando sussistano l‟interesse e l‟attualità del titolare alla
segretezza;
3. Stabilire, ai fini della rivelazione, se altro interesse, opposto alla
conservazione del segreto e del pari rilevante di fronte al diritto,
imponga al custode della riservatezza l‟abbandono di questa.6
Nell‟ambito delle varie tipologie lavorative, l‟esercizio della me-
dicina è stato certamente uno degli ambiti più coinvolto dalle proble-
matiche inerenti il segreto professionale.
1.3 La tutela giuridica del segreto.
Il delitto di rivelazione del segreto professionale consiste nel
fatto di chi « avendo notizia, per ragioni del proprio stato o ufficio,
o della propria professione od arte, di un segreto, lo rivela, senza
giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto ». Il col-
pevole è punito, « se dal fatto può derivare nocumento », a querela
della persona offesa, con la reclusione fino ad un anno o con la
multa da euro 30,00 ad euro 516,00 (art. 622 cod. pen.).
Se nel diritto romano ed intermedio il fatto era ricompreso nel
delitto di Iniuria e trovava collocazione tra i reati contro l‟onore, a
6 CRESPI., La tutela penale del segreto. Palermo, Priulla ed., 1952. p. 104.
IL SEGRETO PROFESSIONALE
15
partire dal codice Zanardelli si afferma come delitto autonomo, ri-
compreso nella categoria dei reati contro l‟inviolabilità dei segreti7.
L‟elemento unificante di questa sezione del codice è la protezione
di quell‟aspetto della libertà individuale riguardante l‟esigenza di
“mantenere immuni dall‟indiscrezione di terzi determinate comuni-
cazioni o notizie”8.
Stando alla opinione di autorevole dottrina9, l‟art. 622 va co-
munque annoverato fra le norme che tutelano il segreto in senso
oggettivo e sostanziale ossia che impongono l‟occultamento, a tutti
i soggetti non autorizzati, di determinate notizie la cui conoscenza
potrebbe arrecare danno alla persona cui attiene la circostanza non
nota: fondamento della tutela penale sarebbe proprio la considera-
zione del nocumento, attuale o potenziale, che può derivare ai sin-
goli dalla rivelazione.
L‟incriminazione ha pertanto carattere strumentale, nel senso
che il segreto costituisce non il fine, bensì il mezzo di una tutela
apprestata per interessi finali di riferimento inerenti ai più vari am-
biti della sfera individuale (libertà, salute, onore, patrimonio ecc.),
interessi che potrebbero appunto venir lesi da una conoscenza non
autorizzata10.
7 MUTTI P., Segreto Professionale (voce). in Digesto delle Discipline Penalistiche. Torino, UTET. -
Vol. XIII. - p. 124 - 135. - S - Stato.
8
MANZINI, Violazione del segreto professionale privato. In Trattato di Diritto Penale, VIII. Tori-
no, UTET, 1961, p. 904 ss.
9 PETRONE, Violazione dei segreti (Delitti contro l’inviolabilità dei). in Novissimo Digesto Italiano,
app. Torino, UTET, 1987, p. 1143 ss.
10 CRESPI, La tutela penale del segreto. Palermo, Priulla, 1952, p. 104.