5
1970. In questi anni lo scambio di informazioni dei diversi programmatori di differenti
organizzazioni di codice sorgente base era pratica comune1. Molti degli sviluppi cooperativi
furono focalizzati negli anni ’70 e in particolar modo sulla creazione di un sistema
operativo che avrebbe potuto funzionare su differenti piattaforme. Il più importante degli
esempi è sicuramente quello di Unix – originariamente prodotto e sviluppato presso
AT&T’s Bell Laboratories. Il processo di condivisione del codice fu accelerato con la
diffusione di Usenet – una rete di computer nata nel 1979 che permetteva il collegamento
generale della comunità di programmatori.
La seconda era – riconducibile al decennio ’80-‘90 – è stata più che altro caratterizzata
dalla nascita e profusione di diverse istituzioni, accordi e licenze che tutelassero e
rendessero libera la condivisione del codice sorgente. Fu così che nel 1983 Richard
Stallman fondò la Free Software Foundation. La fondazione ha cercato sin dagli albori di
sviluppare e disseminare una larga varietà di software senza alcun costo. Una delle più
importanti innovazioni introdotte dalla Free Software Foundation fu quella di rendere formali
alcune procedure che aiutassero a liberarsi dai vincolanti diritti di brevetto che
distruggevano tutto ciò che stava alla base della libera condivisione e circolazione
dell’informazione. Fu così che nacquero la GNU software (Gnu’s Not Unix) e la GPL (General
Public License o anche copylefting) che permisero agli sviluppatori software di condividere
liberamente il codice sorgente.
L’ultima era, dal 1990 fino ad oggi, registra una diffusissima accelerazione dell’attività
Open Source. Il volume di contributi e di diversi sviluppatori si sono espansi bruscamente,
facendo emergere numerosi e nuovi progetti Open Source – per esempio Linux (sistema
operativo creato da Linus Torvalds nel 1991). La partecipazione e l’interazione tra
compagnie commerciali e comunità Open Source comincia anch’essa negli anni ’90.
Le nuove imprese informatiche possono attingere sempre più facilmente a un vasto
bacino globale di talenti per trarne idee, innovazioni e menti altamente qualificate
(Tapscott, Williams, 2008). Alcune ricerche (Lerner, Tirole, 2005) hanno inoltre dimostrato
che il ricorso ai metodi formali di proprietà intellettuale – patenti, brevetti, copyright – non
sono soluzioni assolute alla protezione di idee e invenzioni. Invece, il risultato di altre
indagini ha dimostrato come l’utilizzo di metodi di condivisione, collaborazione e apertura
possono garantire maggiori benefici per molte imprese.
In generale, l’Open Source può caratterizzarsi da un’estensione delle proprie logiche ad
altri contesti. La diffusione delle logiche Open Source può avere rilevanti effetti in termini
sociali, soprattutto se accompagnata da un progressivo radicamento di una cultura o
filosofia basate sull’apertura, la cooperazione o sul loro valore sociale. Si aprono nuovi
spazi di ricerca con l’obiettivo di indagare e valutare l’evoluzione del fenomeno e potenziali
impatti. L’Open Source si conferma un fenomeno in forte evoluzione e sta allargando il
campo delle discipline interessate alla sua analisi. Da questo allargamento deriva una
molteplicità di prospettive di valutazione che consente anche un’analisi più ampia delle
opportunità che l’Open Source può riservare.
Il lavoro si articola in cinque capitoli.
Nel primo si fornisce una descrizione generale delle attività di cooperazione ottenute
mediante l’apporto della rete. Il contesto nel quale è inserito tale questione riguarda quello
dell’informazione e della conoscenza. Tali concetti, si scopre, rappresentano le basi dalle
1 I programmatori scrivevano il codice sorgente usando linguaggi come Basic, C e Java. Era un modo come
un altro per contrastare i venditori commerciali di software che solo prevedevano l’utilizzo del codice binario.
La sequenza di soli 0 e 1 per poter comunicare con il computer rendeva difficile l’interpretazione da parte del
programmatore e non permetteva quasi nessuna modifica. Quando il codice sorgente fu reso disponibile alle
altre imprese dagli sviluppatori commerciali, questo è stato sempre posto sotto restrittive licenze e condizioni.
6
quali cominciare il percorso di evoluzione dell’economia della conoscenza. Ciò implica una
trasformazione dei modelli organizzativi dell’impresa. Spostando la prospettiva su altre
variabili si analizza l’aspetto sociale nel quale può essere inserita la conoscenza. Ci si
addentra quindi in una disamina della trasformazione di Internet che, soprattutto in questi
ultimi anni, ha permesso il decentramento di attività produttive verso gli stessi consumatori
facilitando le pratiche di condivisione e collaborazione (peer-to-peer) di milioni di utenti. Per
ultimo si fornisce un primo approccio al modello di sviluppo Open Source fornendo una
descrizione generale del fenomeno (storia, filosofia e sviluppo) e, in particolare, cercando di
spiegare le dinamiche sociali che caratterizzano il software libero.
Nel secondo capitolo si danno alcune considerazioni in merito alla composizione, il
funzionamento, le motivazioni di una comunità Open Source. Da queste considerazioni
emerge un processo di sviluppo del software diverso dai processi tradizionali. Si analizza di
seguito l’impatto dell’Open Source sulle strategie delle imprese, sul cambiamento
dell’organizzazione del lavoro e su quali possano essere i relativi vantaggi e svantaggi di tale
modello di sviluppo.
Il terzo capitolo racchiude la rassegna di alcune indagini – sia empiriche sia qualitative –
effettuate sia in Italia che in Europa. Si mettono in luce aspetti che riguardano tematiche
inerenti alla partecipazione ai progetti Open Source da parte delle imprese, dell’impatto
economico e dell’innovazione dell’Open Source in Europa e, ancora, di quali siano stati i
motivi per cui singoli individui e imprese hanno cominciato a prendere parte a questo
diffuso movimento.
Il quarto capitolo presenta la struttura e i risultati di un’indagine condotta dall’autore nel
2008-2009 su 20 imprese informatiche localizzate in diverse province italiane (Torino,
Milano, Bologna, Roma). Nello specifico si è voluto fornire un risvolto empirico alla
questione che concerne il legame tra impresa e comunità Open Source. In generale, di
quegli aspetti ‘fuori mercato’ che caratterizzano rapporti di collaborazione e cooperazione
tra le imprese e le diverse organizzazioni.
Il quinto, infine, fornisce un quadro complessivo del lavoro concludendo con una serie
di implicazioni riguardo al corretto utilizzo da parte delle imprese intervistate della
comunità Open Source.
In un universo in così rapida espansione, la produzione e l’uso di tecnologia Open
Source offrono una risposta alle sfide economiche, sociali ed etiche, ma soprattutto
indicano una nuova via per creare l’innovazione tecnologica. La libertà dell’accesso alle
conoscenze è la chiave per entrare in questo nuovo mondo.
7
CAPITOLO 1
LA COOPERAZIONE IN RETE E LE ATTIVITA’ OPEN SOURCE
8
1.1 INFORMAZIONE vs CONOSCENZA: RUOLO, EVOLUZIONE, CARATTERISTICHE
Durante gli ultimi anni l’informazione e la conoscenza hanno svolto e stanno tutt’ora
svolgendo un ruolo di primaria importanza.
Per meglio comprendere il significato e le differenze esistenti tra i due concetti si
prepone al discorso la definizione che Wikipedia fornisce in merito al concetto di
conoscenza:
“ "Conoscenza" è un termine che ha significati diversi a seconda del contesto, ma che ha in qualche modo a
che fare comunque con i concetti di significato, informazione, istruzione, comunicazione, rappresentazione,
apprendimento e stimolo mentale.
L'aspetto sostanziale della conoscenza è che mentre l'informazione può esistere indipendentemente da chi la
possa utilizzare, e quindi può in qualche modo essere preservata su un qualche tipo di supporto (cartaceo,
informatico, ecc...), la conoscenza esiste solo in quanto esiste una mente in grado di contenerla. In effetti,
quando si afferma di aver esplicitato una conoscenza, si sta in realtà preservando le informazioni che la
compongono e parte delle correlazioni fra loro, ma la conoscenza vera e propria torna a esser tale solo a
fronte di un utilizzatore che riassoci tali informazioni alla propria esperienza personale. Fondamentalmente
la conoscenza esiste solo in quanto esiste un'intelligenza che possa utilizzarla.
La conoscenza è qualcosa di diverso dalla semplice informazione. Entrambe si nutrono di affermazioni
vere, ma la conoscenza è una particolare informazione, dotata di una sua utilità. In filosofia la si descrive
spesso come informazione associata all'intenzionalità 2”.
Soffermandosi sull’ultimo passo della citazione si evince come negli ultimi anni si stia
affermando sempre di più un nuovo tipo di economia, basata per l’appunto sulla
conoscenza. Quest’ultima parrebbe essere un’invenzione o una scoperta di quest’ultimo
decennio. In realtà eredita il mito che è stato costruito intorno all’informazione (ossia alla
conoscenza codificata in modo da essere trattata da algoritmi computerizzati). Solo che nel
lessico si passa – dopo il boom della New Economy – dal termine di “informazione” a quello
più intellettuale e aperto di “conoscenza”. Del resto si tratta di un passaggio naturale ed
inevitabile. Una volta emersi i limiti dell’informazione, che è conoscenza separata dai
processi di apprendimento che l’hanno prodotta, si è scoperto la conoscenza come
surrogato dell’informazione, ricoprendo lo stesso schema con la sostituzione del termine
linguistico.
Se questo passaggio è avvenuto realmente, tuttavia, ci si accorge che la cosa non è così
semplice e neutrale come sembra a prima vista. Nei seguenti paragrafi si tratterà di com’è
emersa e di come stia evolvendo questa nuova economia e quali siano le caratteristiche e le
novità applicabili in un nuovo paradigma industriale. Infine dell’evidente aspetto sociale e
cooperativo che la conoscenza può rivestire in un contesto economico ora immerso nelle
vastissime potenzialità della rete.
1.1.1 L’ economia dell’informazione in un contesto innovativo
Per comprendere l’espressione ‘economia della conoscenza’ – argomento che verrà
trattato nel paragrafo successivo – è necessario fare una breve digressione storica sul
termine ‘informazione’, dal momento che essa si presta a più significati e può rappresentare
un ottimo punto di partenza per meglio comprendere la nascita della suddetta economia. Il
termine italiano sta ad indicare l’atto e il risultato del fornire notizie3. Nel corso dei secoli,
2 http://it.wikipedia.org/wiki/Conoscenza
3 Le indicazioni etimologiche sono tratte da De Mauro (1999).
9
parallelamente o autonomamente dallo svilupparsi del concetto di informazione, è utile
tenere presente che, per quanto riguarda la storia dell’innovazione tecnologica, è possibile
parlare di un’era dell’informazione che ha inizio intorno alla metà del XIX secolo, con
l’invenzione del telegrafo a opera di Samuel Morse nel 1837. Come sempre accade, le
innovazioni hanno prodotto anche riflessioni di tipo politico ed etico: è così che si diffonde
nel mondo e, in particolare in Europa, il termine ‘Società dell’Informazione’. In realtà esso
ha origine negli anni ’60 grazie all’inventiva di alcuni giapponesi4 (Della Volpe, 2008) che
immaginano una società futura dominata dall’industria dell’informazione.
Nel 1973, Daniel Bell, professore di sociologia all’Harvard University, pubblica il libro
The Coming of Post – Industrial Society, in cui inventa il termine “società post - industriale”, per
indicare le società moderne che, giunte al culmine dell’industrializzazione, concentrano
sforzi, capitali e forza lavoro della produzione di servizi immateriali anziché di beni
tradizionali. Bell preconizza un’economia dell’informazione, opposta alla più tradizionale
economia dei beni.
Nel 1974, le Edizioni di Comunità della Fondazione Olivetti, pubblicano un libro dal
titolo Verso una società dell’informazione: il caso giapponese 5.
Tra gli anni ’70 e ’80 sorgono nuove scoperte tecnologiche: le reti a larga banda, le fibre
ottiche, il satellite radiotelevisivo, che spingono sempre più verso una concezione di
convergenza delle diverse modalità tecnologiche a trasmettere informazione. Secondo
l’OECD l’economia dell’informazione riguarda le implicazioni economiche e sociali dello
sviluppo, diffusione e uso delle Tecnologie dell’Innovazione e della Comunicazione, di
Internet e del commercio elettronico. Essa analizza in che modo lo scenario strategico
dell’ICT influenza crescita economica, produttività, impiego e risultati di business6.
Scienziati sociali e naturali concordano sul fatto che l’informazione e la capacità tecnologica
di elaborarla, produrla e diffonderla ha assunto un peso sempre più rilevante nella nostra
società, parallelamente all’importanza strategica della comunicazione.
Tabella 1.1: Il processo storico di cambiamento delle organizzazioni economiche
Società
pre-industriale
Società
Industriale
Società
post-industriale
1. Risorse
fondamentali
Risorse naturali,
Lavoro manuale
Capitale
Risorse energetiche,
Lavoro assistito dalle
Macchine
Informazione,
Lavoro creativo
2. Attività
fondamentali
Produzione agricola,
Trasformazione di
prodotti agricoli
Produzione manifatturiera,
Attività Terziaria
(servizi tradizionali)
Comunicazione,
Produzione di nuovi
materiali
3. Tecnologie
di supporto
Tecnologia della fusione,
Tecnologia del vapore
Tecnologia petrolchimica
Tecnologia elettrotecnica ed
elettromeccanica
Tecnologia
dell’informazione e della
comunicazione,
Biotecnologia
Fonte: Gambaro, Riccardi 2005, p.4
Il cambiamento delle organizzazioni economiche può essere analizzato attraverso tre
variabili:
le risorse principali impiegate ;
le attività più importanti;
4 Tadeo Umesao, Kenichi Kohyama. Yujiro Hayashi e Yoneji Masuda, E’ quest’ultimo che conia i concetti di
johoka shakai (società informazionale) e joho shakai (società dell’informazione).
5 Riguarda la traduzione di una ricerca del 1972, realizzata dal “Japan Computer Usage and Developement
Institute” sui modelli produttivi collegati alle tecnologie informatiche.
6 Si consulti: http://www.oecd,org/department/0,688,en_2649_33757_1_1_1_1_1,00.html
10
tecnologie che supportano tali attività.
Come è evidenziato dalla precedente tabella (tab. 1.1) il passaggio dalla società
industriale a quella post – industriale si caratterizza dalla sostituzione del capitale fisico
(macchine), dell’energia e del lavoro esecutivo con l’informazione e il lavoro creativo, cioè
con il lavoro in grado di utilizzare macchine e infrastrutture per creare nuove opportunità
economiche.
Il cambiamento delle risorse utilizzate deriva da un minore ricorso a risorse materiali e
al lavoro per produrre beni e servizi, a fronte di una maggiore incidenza delle informazioni
e del lavoro intellettuale. Rispetto a questa sostituzione di input materiali con input
immateriali, si può affermare che l’avvento di una nuova organizzazione economica e
sociale, quella post – industriale, determina la centralità del ruolo dell’informazione e della
comunicazione. In primis, si verifica una radicale innovazione nelle tecnologie di attività e
processi basato sull’informazione come dato codificabile e, in secondo luogo, esplode la
necessità di comunicazione all’interno di contesti sociali ed economici divenuti più
complessi, interdipendenti e trasparenti. Si parla, perciò, dell’avvento di nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (ICT), riferendosi all’interdipendenza tra
informatica, telematica, telecomunicazioni, robotica, che vanno a cambiare confini e
tipologie di vasti mercati e settori.
Cresciuto il numero degli attori sociali presenti sul mercato, eterogenei e
interdipendenti, aumenta di pari passo il bisogno di raccogliere, elaborare e trasmettere
informazioni, così come la necessità di rendersi visibili in un ambiente turbolento ma teso
ad operare in modo il più possibile trasparente per conquistare il consenso sociale
attraverso una comunicazione strategica.
Uno degli autori che hanno fornito maggiori contributi per quanto concerne la
produzione informazionale e in particolare di quella in rete è sicuramente Yochai Benkler
(2007). Nel suo libro, “La ricchezza della rete”, si spiega come si sta assistendo a una nuova
fase dell’economia dell’informazione – egli stesso la definisce ‘economia dell’informazione
in rete’ (networked information)7. Ciò che caratterizza l’economia dell’informazione in rete è
che azioni individuali decentrate – cioè le nuove e rilevanti cooperative condotte e
coordinate per mezzo di meccanismi non commerciali radicalmente distribuiti, che non
dipendono da strategie proprietarie – giocano un ruolo molto più grande di quanto non
fosse, o avrebbe mai potuto essere, nell’economia dell’informazione industriale.
1.1.2 Economia della conoscenza: le novità
Nella parte introduttiva si è già accennato come il passaggio da informazione a
conoscenza non sia così netto o di facile intuizione. Si chiarisce, quindi, il punto.
Una volta che l’economia dell’informazione (con le sue straordinarie proprietà
replicative pari a un costo di riproduzione uguale a zero) viene trasportata in un ambiente
complesso, nel quale bisogna continuamente mettere a punto le conoscenze possedute per
inseguire un ambiente non prevedibile, non basta più quel tipo di conoscenza codificata
che sono i bit e il software destinate all’intelligenza dei computer e delle macchine, senza
intervento dell’uomo e dell’apprendimento tipico degli uomini8. Anche la mera replicazione
7 Benkler afferma che l’economia dell’informazione in rete sta sostituendo l’economia dell’informazione
industriale che ha caratterizzato la produzione di contenuti dalla seconda metà circa del XIX secolo e per
tutto il XX secolo,
8 La distinzione diviene ancora più chiara se si prende in considerazione, appunto, le condizioni in cui avviene
la riproduzione dell’una o dell’altra. Riprodurre l’informazione significa limitarsi al costo fisico della copia,
invece la riproduzione di conoscenza è cosa assai più complessa: trasferire capacità cognitive ad altri è
difficile.
11
di software richiede un processo di apprendimento che mette in campo elementi di
incertezza, di valutazione, di chiarificazione e di azione da parte di uomini e gruppi di
uomini. Ciò riduce gli spazi disponibili per l’automatismo moltiplicativo proprio
dell’informazione, e, al tempo stesso, aumenta – grazie all'adattamento e alla re-invenzione
degli usi – la capacità di propagazione della conoscenza originale in un contesto di uso
sempre più esteso e durevole. Dunque, l'economia della conoscenza è una cosa diversa
dall'economia dell'informazione che trionfava ancora anni fa, e che ha dato luogo alla
metafora del "capitalismo informazionale" di Castells9, anche se ci possono essere dei ponti
che collegano i due mondi.
In realtà, questa (recente) filiazione dell'economia della conoscenza dall'economia
dell'informazione è assolutamente riduttiva rispetto al ruolo reale che la conoscenza ha
svolto come forza produttiva, assai prima che esistessero i computer e gli automatismi
informatici. Si può affermare che la conoscenza è stata sempre importante ai fini della
produzione, ma diventa forza produttiva fondamentale solo con l’età moderna, ossia in
corrispondenza di quel passaggio fondamentale che fa emergere la conoscenza scientifica
come conoscenza autonoma, libera dal potere
della religione, della tradizione e dell’autorità politica.
Oggi si parla esplicitamente10 di economia della conoscenza. Termine riferito ad
un’economia in cui la quota di occupazione ad alta intensità di conoscenza è elevata, il peso
economico dei settori legati all’informazione è rilevante, la quota di capitale intangibile11 sul
capitale totale è maggiore di quella del capitale fisico. Per cui il ruolo dell’apprendimento è
centrale. Quest’ultima variabile rappresenta la leva della crescita economica: investire nel
capitale umano determina effetti positivi sulla produttività.
L’economia della conoscenza si è consolidata grazie a due fattori: da un lato, la
tendenza storica ad impegnare risorse sempre più consistenti nella produzione e
trasmissione delle conoscenze e, dall’altro, l’avvento delle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione. L’innovazione tecnologica ha ridotto, infatti, i
costi di diffusione della conoscenza, legando le economie nazionali alla capacità di utilizzare
conoscenza che, in questa prospettiva, viene considerata un bene economico.
Si utilizza anche il termine ‘capitalismo cognitivo’ come sinonimo di economia della
conoscenza e si afferma che i punti nevralgici sui quali fare due operazioni – a) mantenere
alta la domanda sul mercato; b) consentire la nascita di un mercato completamente nuovo,
definito mercato dei beni immateriali e legato alla produzione di contenuti – rappresentano
due elementi centrali per poter meglio contestualizzare il capitalismo cognitivo (Rullani,
2004). Si aggiunge, inoltre, che il tutto è stimolato dal fatto che le tecnologie
dell’informazione permeano l’intero corpo della produzione sia materiale che immateriale
che quindi ne trasformano l’organizzazione del lavoro, la professionalità, gli spazi e i tempi,
i ritmi etc., espandendo al massimo la capacità produttiva.
La conoscenza, intesa come strumento per la crescita economica, presenta tre
proprietà. In primo luogo, è un bene difficilmente controllabile: anche altri possono trarne
vantaggio. Essa si presenta trasportabile: si diffonde in modi informali attraverso scambi di
informazioni o di collaborazione tra soggetti appartenenti a imprese diverse e concorrenti.
9 “Lo sviluppo sociale dipende oggi dalla capacità di stabilire un’interazione sinergica tra innovazioni
tecnologiche e valori umani che conduca a un nuovo insieme di organizzazioni e istituzioni in grado di
generare un ciclo di feed-back positivo tra produttività, flessibilità, solidarietà, sicurezza, partecipazione e
responsabilità, nell’ambito di un nuovo modello di sviluppo sostenibile per la società e l’ambiente”. (Manuel
Castells, ARPA Rivista N. 6 Novembre-Dicembre 2003).
10 Si veda Rullani (2004) uno dei maggiori esponenti contemporanei di scritti basati sulla conoscenza.
11 Per capitale intangibile si fa riferimento in genere alle risorse umane che, con le loro competenze, relazioni,
conoscenze diventano l’asset strategico in grado di generare valore.