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rispetto quelle scolastiche tradizionali. L’idea, da cui parte questa tesi, è proprio
quella di trovare un nuovo strumento più idoneo a rispondere a queste esigenze,
strumento che nasce dalla fusione dell’orientamento con un altro importante mezzo
educativo che si distanzia dalla canonica realtà scolastica e che può stimolare in
modo diverso l’interesse dei ragazzi: la creatività.
Orientare alla creatività i ragazzi è un modo originale per prevenire la dispersione
scolastica e, nello stesso, tempo per recuperare anche i ragazzi già “dispersi”. La
fusione di questi due mezzi permette di entrare in contatto con tutti i ragazzi, sia
quelli che vogliono continuare a intraprendere un percorso di studio più vicino al
mondo della creatività, sia coloro che preferiscono abbandonare gli studi ma
necessitano di un progetto formativo e professionale che stimoli il proprio interesse e
che offra loro fiducia nella capacità personale di incidere concretamente sulla realtà.
Ciascuno dei temi citati nel titolo è dunque un tassello fondamentale per la
realizzazione dell’ipotesi progettuale conclusiva, per questo motivo è importante
delineare una descrizione dettagliata di ognuno.
Il primo capitolo, quindi, offrirà un’analisi particolareggiata del fenomeno del drop-
out, o abbandono scolastico, che è ancora oggi uno dei temi più delicati e complessi
del sistema scolastico. Lo snodo più delicato è dato dal passaggio dalla scuola
primaria a quella secondaria e in particolare dalla scuola media inferiore a quella
superiore, poiché è soprattutto a questi livelli che si avvertono i disagi dallo stare a
scuola e della scarsa disponibilità ad apprendere. Nonostante questa sia la fascia di
età più “instabile” dal punto di vista scolastico, il Congresso di Lisbona del 2000
prefigura l’analisi della situazione e un possibile miglioramento riferendosi ad una
diversa fascia di età: tra i 18 e i 24 anni. Ad oggi (23 febbraio 2006,
www.istruzione.it) è stato approvato a Bruxelles dai Ministri dell’Istruzione dei Paesi
dell’Unione Europea, il secondo Rapporto congiunto del Consiglio e della
Commissione che fa il punto sui progressi realizzati a livello comunitario e nazionale
rispetto agli obiettivi comuni fissati nell’ambito della strategia di Lisbona
(Programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010”). Secondo questo recente
Rapporto del Consiglio di Istruzione, in Italia la percentuale degli abbandoni precoci
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è passata dal 25,3% del 2000 al 21,9% del 2005 (dati Eurostat) nella fascia di età tra i
18 e i 24 anni. Nonostante questo miglioramento l’obiettivo per il 2010 è di arrivare,
a livello europeo, al 10%. Già da questa doppia prospettiva del fenomeno, per quanto
riguarda l’età di riferimento, si può intuire quanto la definizione della problematica
del drop-out sia polivalente e poco ben definita. Il panorama odierno, infatti, è
fortemente caratterizzato da molteplici e complessi dibattiti che tentano di spiegare
tale fenomeno. Il primo passo è dunque quello della comprensione, è necessario fare
chiarezza sulle diverse prospettive che caratterizzano la problematica dell’abbandono
scolastico. Nel primo capitolo, di conseguenza, viene rappresentata la complessità
del “drop-out” partendo dalle sue diverse definizioni, passando poi alle varie cause
che possono generare il fenomeno e alle modalità con cui evitare le possibili
conseguenze, non trascurando però la realtà culturale, legislativa e statistica di
riferimento.
Il secondo capitolo si concentra sull’analisi del tema dell’orientamento, strumento
affascinante e fondamentale nel sistema formativo odierno. L’orientamento è visto
come un processo trasversale che aiuta l’individuo nei momenti di scelta e di presa di
decisione, soprattutto nelle fasi di transizione da un contesto all’altro. Proprio per
questa sua caratteristica di continuità e di accompagnamento nelle fasi transitorie,
l’orientamento si presenta come strumento privilegiato per intervenire sul fenomeno
del drop-out. Partendo, quindi, dalle caratteristiche odierne del processo di
orientamento si passa poi alla descrizione dei suoi protagonisti gli adolescenti e i
giovani adulti. Questi ultimi devono fare i conti con una fase particolarmente
transitoria della loro vita, sia per quanto riguarda il passaggio alla vita adulta sia per
quanto riguarda le scelte scolastiche e professionali, per questo motivo necessitano di
figure che li accompagnino nel loro percorso e di attività pensate ad hoc per loro. Il
capitolo procede, quindi, con la descrizione degli orientatori, della famiglia, della
scuola e dei tutor delineandone le diverse funzioni, e specificando le attività che
dovrebbero svolgere rigorosamente in collaborazione secondo un lavoro di rete.
Anche nel secondo capitolo, inoltre, scorre il filo conduttore della progettazione
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psicopedagogica, in questo caso rivolta a definire interventi di orientamento che
possono offrire supporto e soluzioni ai ragazzi drop-out.
Nel terzo capitolo viene poi preso in esame il tema della creatività. Questo concetto
non viene visto semplicemente come la caratteristica peculiare di alcune persone
particolarmente dotate, ma, al contrario, come parte complessa e affascinante della
natura dell’uomo. Ciascuno ha le sue capacità creative che vanno quindi stimolate e
educate (“tirar-fuori”) nella vita di tutti i giorni, partendo dalla scuola e arrivando
fino ai più svariati ambiti lavorativi. L’ultimo paragrafo del terzo capitolo diventa un
raccordo tra i tre argomenti principali: creatività, orientamento e drop-out. Si cerca di
chiarire come la creatività e l’orientamento, così come sono stati descritti, possono
essere insieme, ancor più che singolarmente, degli strumenti particolarmente idonei
al fine di contrastare e superare il fenomeno del drop-out.
Infine l’ultimo capitolo rappresenta la parte progettuale e operativa di questa tesi. Il
progetto proposto vuole realizzare in concreto l’integrazione tra i diversi strumenti
educativi (progettazione psicopedagogica, orientamento e creatività) al fine di
prevenire e contrastare l’abbandono scolastico, concentrandosi però su una realtà
limitata, ovvero Milano, sede di realizzazione del progetto stesso. Partendo, dunque,
dall’analisi statistica del fenomeno sul territorio di riferimento, si passa alla
descrizione delle due “fonti” principali di ideazione del progetto: la Città dei Mestieri
e delle Professioni di Milano e La Fabbrica del Talento. La prima struttura
rappresenta in parte, ma in maniera concreta, la visione di orientamento descritta nel
secondo capitolo, la seconda realtà è invece sede del progetto e immagine della
creatività come fonte di educazione. Il progetto “Orientando Talenti”, tentativo di
coniugare orientamento e creatività, prendendo spunto e informazioni da questi due
enti già operativi, ha dunque lo scopo di creare un polo di orientamento verso realtà
formative e lavorative di tipo creativo al fine di accompagnare i ragazzi “dispersi”, e
non solo, nella ricerca della propria strada, del proprio successo, del proprio
“talento”.
CAPITOLO 1
Drop-out e progettazione psicopedagogica:
definizioni, contesto culturale e legislativo
“L’atto di disubbidienza,
in quanto atto di libertà
è l’inizio della ragione”
(Erich Fromm)
1.1 Drop-out: definizione di un fenomeno
Il fenomeno del drop-out (o dropping-out) è uno dei principali problemi che
caratterizzano la nostra realtà scolastica e, purtroppo, la attraversa lungo tutte le fasce
d’età, dai gradi inferiori dell’istruzione, ovvero nella scuola dell’obbligo, dove la
situazione è meno grave, fino a toccare i livelli di scuola superiore, gli istituti
professionali e l’università, contesti in cui il quadro si presenta molto più
problematico e complesso.
In specifico, il termine inglese drop-out viene letteralmente tradotto come
“abbandonare, auto-escludersi, auto-emarginarsi, ritirarsi”, ovvero “uscire dal
sistema scolastico formativo”. Definire il concetto di drop-out, però, non è
un’impresa semplice, questo perché non esiste una univoca e condivisa visione del
problema dell’abbandono scolastico. Il motivo di questa difficoltà, non è dovuta
tanto all’incapacità d’integrazione tra i diversi studi di questa realtà, quanto alla
complessità del fenomeno stesso. Non ci si può dunque limitare ad utilizzare il
termine drop-out per designare lo studente che abbandona la scuola senza completare
il suo corso di studio, ma è necessario andare più in profondità ed estrapolare
l’esistenza di una varietà interna alla categoria degli allievi che lasciano
Capitolo 1 Drop-out e progettazione psicopedagogica: definizioni, contesto culturale e legislativo
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precocemente la scuola (LeCompte – Dworkin, 1991; Pellery, 1992; Maggiolini,
1994).
Morrow (1986), ad esempio, rileva cinque categorie di drop-out: la tipologia dei
“cacciati” (pushout), allievi indesiderabili che la scuola cerca di allontanare da sé;
quella dei “disaffiliati” (disaffiliated), studenti che non provano attaccamento per la
scuola e per le persone presenti in essa; la categoria delle “mortalità educative”
(educational mortalities), allievi che non risultano in grado di completare il
programma di studio; e quella dei “drop-out capaci” (capable drop-out), studenti che
hanno la capacità di seguire il programma, ma non riescono a socializzare con le
richieste della scuola; gli studenti che lasciano la scuola per un certo periodo (stop-
out), ritornandovi solitamente durante lo stesso anno scolastico.
Più che definire il fenomeno è, quindi, importante caratterizzarlo secondo quattro
aspetti principali: la sua sfaccettatura, il suo sconfinare verso altri fenomeni, il
requisito della storicità ed infine l’importanza della relazionalità (Liverta Sempio,
1999).
La prima caratteristica fondamentale dell’abbandono scolastico è, dunque, quella
della sfaccettatura. Questa realtà è composta, infatti, da più forme di abbandono,
eterogenee tra loro riguardo diversi aspetti. Innanzitutto in relazione al grado di
distacco dalla scuola, che va dall’allontanamento fisico fino a rimanervi senza legami
emotivi-cognitivi-valoriali con essa, in secondo luogo per quanto riguarda la durata,
da temporanea a permanente, ed infine rispetto al grado di interesse e volontà, da
ricercato a subito, a imposto (Solomon, 1989).
Il secondo aspetto che caratterizza il fenomeno del drop-out riguarda i suoi
confini che sono spesso sfuocati e poco delineati. L’abbandono scolastico, infatti, è
parte integrante di vari fenomeni con i quali si connette e a cui a volte parzialmente
si sovrappone, in maniera diretta o indiretta, in modo temporalmente sequenziale o
simultaneo. Esso si interseca, confina e sconfina con una serie di altre esperienze di
scuola e di vita, come, ad esempio: la selezione, la dispersione, l’insuccesso,
l’evasione, l’assenteismo e il comportamento a rischio.
Capitolo 1 Drop-out e progettazione psicopedagogica: definizioni, contesto culturale e legislativo
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La selezione è un fenomeno che evidenzia come la scuola, insieme alla società,
abbia un ruolo attivo nell’emarginare ed escludere gli studenti in funzione delle loro
caratteristiche di classe sociale, di sesso e di territorialità, operando attraverso
strumenti quali la bocciatura, l’abbandono e lo scarso apprendimento (Besozzi, 1993;
Sorokin, 1965). La selezione scolastica, quindi, in quanto semplice operazione di
sfoltimento degli allievi non ritenuti idonei a continuare la frequenza della scuola
senza la minima preoccupazione di rimuovere le cause dell’insuccesso scolastico dei
soggetti secolarizzati, è la spia di una vera e propria inefficienza educativa della
scuola che si limita a discriminare, allontanando da sé proprio coloro che dimostrano
di avere più bisogno di essa. Rispetto al drop-out, che indica il ritiro dall’ambiente
scolastico, la selezione è più uno stimolo, un impulso, ovvero una delle probabili
cause che inducono il ragazzo ad abbandonare il sistema formativo (Giovannini,
1998; Baldacci, 2002).
Il secondo fenomeno che può entrare nei confini del dropping-out è quello della
“dispersione scolastica”. Con questo termine si intende il processo attraverso cui si
verificano ritardi, rallentamenti e uscite anticipate dal circuito scolastico (Besozzi,
1993). Da questo punto di vista l’abbandono o drop-out, che include sia l’evasione
dall’obbligo scolastico che le uscite dalla scuola durante o al termine dell’anno,
diventa, insieme alle ripetenze e alle bocciature, un indicatore e un segnale per
rilevare il fenomeno più ampio della “dispersione scolastica”.
Il dropping-out è anche connesso al concetto di “insuccesso”. L’insuccesso a
scuola, come fenomeno macrosociale, documenta il fallimento formativo di un paese
nel compito primario di fornire a tutti i giovani una preparazione adeguata alla realtà
sociale contemporanea (CERI-OCSE, 1997). Alla pagina 253 del documento
intitolato “L’efficacia della scuola: principi e strategie per promuovere il successo
scolastico” del Consiglio dell’Unione Europea del 1997, l’insuccesso scolastico, o
“prestazione scolastica insufficiente”, è definito come “mancata realizzazione delle
potenzialità, mancato compimento di progressi individuali, abbandono anticipato
della scuola e conclusione degli studi senza attestati di qualifica o con attestati
inadeguati”. Quest’ultima definizione, pur essendo molto chiara, non si limita
Capitolo 1 Drop-out e progettazione psicopedagogica: definizioni, contesto culturale e legislativo
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solamente a delineare il fenomeno dell’insuccesso scolastico di un soggetto, ma si
riferisce anche alla possibile conseguenza di questo fallimento, ovvero l’abbandono.
In questo modo il significato del termine drop-out viene inglobato in quello di
insuccesso senza essere differenziato da quest’ultimo e non venendo neppure definito
come suo probabile esito (Manini, 1998).
Altra esperienza vicina a quella del dropping-out è l’“evasione scolastica”,
ovvero il mancato ingresso nel sistema formativo (oggi meno frequente nel nostro
Paese, ma sempre presente soprattutto al sud). Il significato di questo termine rende
evidente la differenza con il concetto di abbandono che, proprio in quanto tale,
prevede prima l’inserimento nel sistema scolastico e successivamente un eventuale
ritiro (Lacoppola, 1993; De Grgorio – Mantegna – Cancrini, 1993).
Un concetto che, invece, può essere considerato una parte del fenomeno del drop-
out è quello di “assenteismo” (truancy). Questo, infatti, corrisponde alle assenze
scolastiche ripetute nel tempo; assenze di cui la famiglia può essere al corrente (come
nel caso di malattie croniche dello studente) o meno (come nel caso di “bigiare” la
scuola). L’assenteismo può essere quindi visto come un drop-out temporaneo
(Rayner – Riding, 1996; Sikirosi, 1996; Balottin, 1999).
Il dropping out, infine, può essere strettamente connesso ai “comportamenti a
rischio” dei giovani, tra cui l’abuso di alcool o di droghe, le condotte violente o
delinquenziali, i disordini alimentari, le gravidanze adolescenziali, tutti atteggiamenti
considerati una seria minaccia per la salute e il benessere dei giovani. Nonostante i
due concetti possano essere visti in relazione, è importante non limitarsi a percepirli
come necessariamente consequenziali, in questo modo, infatti, si ridurrebbe la
possibilità di recupero e il determinismo prevarrebbe sulla crescita e il miglioramento
del ragazzo drop-out (Dryfoos, 1990; Comoglio, 1999).
Dopo aver delineato in maniera dettagliata come il fenomeno dell’abbandono
scolastico sconfina e confina con altri concetti, sarà descritto ora il terzo aspetto che
caratterizza il drop-out: la storicità. Esso si configura, infatti, come un processo che
evolve e si snoda nel tempo. Da un lato, è un lungo e non lineare cammino percorso
dalla persona nella sua vita scolastica; dall’altro, questo cammino si intreccia e
Capitolo 1 Drop-out e progettazione psicopedagogica: definizioni, contesto culturale e legislativo
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acquista i suoi significati in relazione al percorso più generale di crescita del
soggetto. Quindi si può dire che l’abbandono è sia storia scolastica che storia di vita.
La storicità dell’abbandono, però, non si trova solo nel suo essere processuale, ma
anche nell’essere espressione della cultura umana. Infatti, la civiltà a cui
apparteniamo ritiene che tra individuo e società si possa creare un legame tramite la
scuola, visto come mezzo per crescere individualmente e socialmente. Lo sciogliersi
di questo legame prematuramente, cioè in anticipo rispetto ai tempi ritenuti necessari
dalla cultura di riferimento per permettere all’allievo di conseguire la maturità
personale e sociale, viene definito con il termine di abbandono scolastico. In questo
senso quindi l’abbandono è un concetto storico, in quanto dipende, per sua
definizione, dai tempi e dagli spazi precisi in cui viene definito il legame o il
contratto pedagogico che sta alla base del legame tra individuo e società (Liverta
Sempio, 1999).
Paesi diversi nello stesso momento, o lo stesso paese in tempi diversi, possono
dare vita a concettualizzazioni diverse dell’abbandono scolastico, poiché definiscono
in maniera differente il patto formativo (ad esempio, obbligo scolastico che termina
ad età diverse in diversi paesi; il minimo rendimento scolastico definito con diversi
parametri; disposizione di diverse risorse economiche per ogni paese).
L’ultima e più importante caratteristica dell’abbandono scolastico è quella della
relazionalità. Questo fenomeno, infatti, dà nome ad una particolare vicenda del
rapporto pedagogico tra individuo e scuola, quindi il verificarsi dell’abbandono
chiama in causa entrambi i poli della relazione. Il venir meno del rapporto
pedagogico consiste nel dissolversi o della relazione degli attori scolastici tra loro, o
della relazione tra gli attori scolastici e i compiti di ruolo, o ancora di entrambe le
interconnessioni relazionali. Nel primo caso si tratta della relazione interpersonale tra
allievo, insegnanti, compagni. È un’interruzione alla quale concorrono entrambi i
poli del rapporto pedagogico (individuo e scuola), poiché dai tre protagonisti
scolastici non viene più alimentata la dimensione del vivere insieme impegnati in
attività con uno scopo comune. Il disimpegno, l’allontanamento, il distacco da tale
vivere insieme, che viene messo in atto con diversi gradi di responsabilità dai
Capitolo 1 Drop-out e progettazione psicopedagogica: definizioni, contesto culturale e legislativo
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differenti attori scolastici, portano all’abbandono (Schubauer-Leoni, 1989; Perret-
Clermont – Schubauer-Leoni – Trognon, 1992).
Nel secondo caso, quando si dissolve la relazione tra attori scolastici e compiti di
ruolo, ciò che viene meno è il legame tra allievo e insegnante con ciò che rappresenta
la sostanza della scuola, ovvero apprendere e insegnare. Entrambi questi contenuti
non possono esistere l’uno indipendentemente dall’altro. Si tratta di compiti di ruolo
interdipendenti: apprendere rimanda a un insegnare e insegnare significa fare
apprendere.
È evidente che nel terzo caso in cui si verifica sia l’interruzione della relazione
degli attori scolastici tra loro sia il dissolversi della relazione tra gli attori scolastici e
i compiti di ruolo, la problematica dell’abbandono è più facilmente verificabile e di
conseguenza molto difficile da contrastare.
Possiamo, dunque, affermare che anche se il fenomeno del drop-out indica
principalmente l’insuccesso degli studenti che si concretizza in abbandoni, in
ripetenze o in un troppo precoce inserimento nel mondo del lavoro, con un
conseguente ridimensionamento dei periodi di scolarizzazione auspicabili o
addirittura in un pericoloso abbandono dell’obbligo scolastico, tutto questo
comunque non esaurisce i significati del termine stesso. Drop-out, infatti, è anche
sinonimo di sperpero delle risorse scolastiche sia materiali (ausili didattici, libri,
spazi) sia umane. Queste ultime sono le più importanti e interessano proprio i due
poli principali della relazione scolastica, gli insegnanti e gli studenti, che sono le
risorse della scuola per due motivi: da un lato essi sono gli attori necessari ed
imprescindibili del processo e del percorso formativo, che da loro prende significato
e vita; dall’altro, essi sono i fini ultimi, gli obiettivi da realizzare all’interno del
percorso progettuale-educativo che contribuiscono a costruire all’interno della scuola
(Bellatalla, 2001, Marescotti, 2003).
L’educazione non può venir meno in quanto essa è il mezzo per tenere viva,
arricchire di significato e rinnovare la relazione maestro-alunno.
La scuola, dunque, rischia di diventare origine di dispersione e abbandono
scolastico ogni volta che non svolge il ruolo ad essa connaturato di catalizzatore del
Capitolo 1 Drop-out e progettazione psicopedagogica: definizioni, contesto culturale e legislativo
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cambiamento intellettuale, comportamentale e culturale di entrambi i suoi attori. Gli
studenti perché, indipendentemente dagli esiti concreti e contingenti delle loro prove,
non vengono debitamente sollecitati all’esercizio del giudizio autonomo, della
capacità di scelta e di decisione, del gusto di conoscere e del rispetto reciproco; gli
insegnanti, perché sono costretti alla ripetitività, a forme comportamentali o a
principi e criteri estranei all’educazione e, pertanto, perdono la loro connotazione di
intellettuali e ricercatori. Già alla fine dell’Ottocento, J. Dewey (1967) denunciava
questa forma di sperpero, che implica barriere insormontabili tra scuola e vita, cattiva
organizzazione, burocratizzazione, indifferenza alle capacità ed alle conoscenze degli
alunni ed infine, implicitamente, mancanza di rispetto per il ruolo progettuale
dell’insegnante.
Tra le quattro caratteristiche delineate per cercare di meglio comprendere il
complesso fenomeno del drop-out, possiamo affermare che la più rilevante e
importante è l’ultima: la relazione tra individuo e scuola. È proprio su questa
relazione che bisogna dunque agire, e ancor prima progettare, per prevenire
l’insuccesso degli scolari e, quindi, l’insuccesso della scuola stessa (Bruner, 1996).
Se è vero che fin dalla nascita l’essere umano è assetato di sapere, curioso e
desideroso di imparare, ci si deve chiedere che cosa succeda in lui quando questa
spinta naturale viene in qualche modo soppressa o deviata. Alla scuola per prima
spetta questo compito (Romei, 1986; Olson, 1994).
1.1.1 I ragazzi drop-out
I ragazzi drop-out, come più volte sottolineato, costituiscono una realtà molto
eterogenea per quanto riguarda l’età, che varia dai 12-13 anni fino ai 24-25 anni, le
cause dell’abbandono, le caratteristiche biografiche, le esperienze di vita, le modalità
di adattamento sociale (Sarchielli – Zappalà, 1998). Di conseguenza non è
sicuramente semplice osservare e individuare ciò che porta lo studente all’abbandono
scolastico, e, nonostante sia indispensabile valutare e analizzare la situazione caso
per caso, studente per studente e scuola per scuola, in letteratura vengono individuate
alcune tipologie di soggetti vittime della dispersione, per poter intervenire e
Capitolo 1 Drop-out e progettazione psicopedagogica: definizioni, contesto culturale e legislativo
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rimuovere almeno alcune delle cause macroscopiche di dropping-out (Isfol, 2001;
Batini – Iavarone, 2002):
• gli espulsi (ovvero coloro che risultano, per motivi comportamentali o altro,
indesiderati dalla scuola e vengono esplicitamente o meno cacciati);
• gli autoespulsi (ovvero coloro che vogliono evitare ogni contatto con la scuola e
subiscono gli anni di “obbligo” partecipando il meno possibile, evitando
accuratamente il benché minimo impegno);
• i drop-out capaci (coloro che, pur avendo capacità e doti tali da riuscire, non si
allineano alle richieste della scuola nei loro confronti);
• gli stop-out (ovvero coloro che si allontanano e poi riprendono successivamente
il percorso di studi);
• allievi di culture che entrano in conflitto con quella dominante nella scuola;
• allievi provati da altri impegni (necessità lavorative, sport a livelli agonistici
impegnativi);
• allievi provati da situazioni di emarginazione e deprivazione culturale;
• i drop-out portatori di disturbi di apprendimento.
Queste categorizzazioni chiedono alla scuola delle risposte e delle soluzioni
efficaci in relazione a diversi aspetti. La prima esigenza è quella di migliorare le
modalità didattiche attraverso la personalizzazione degli interventi e la varietà e
utilizzo di mediatori. In secondo luogo è importante un’organizzazione dei servizi
mediante strutture adeguate, migliore accessibilità e maggiore informazione. Anche
le scelte formative degli studenti devono essere accompagnate dalla possibilità di
passare da un sistema all’altro o da un istituto all’altro con il sostegno di adeguati
servizi d’orientamento. La relazione con le famiglie, poi, va migliorata per mezzo di
interventi di informazione, distribuzione di materiali adeguati, incontri di
sensibilizzazione all’importanza della riuscita scolastica, utilizzo di linguaggi
adeguati alle realtà socioculturali dei genitori. Altri interventi sono poi necessari per
superare la scarsa significatività attribuita dai ragazzi all’esperienza scolastica, per
migliorare la relazione tra scuola media inferiore e superiore ed infine per diminuire i
disturbi specifici di apprendimento (Isfol, 2001).