4realizzazione di nuovi processi nanotecnologici all’uso delle nanotecnologie in
nuovi campi con nuove applicazioni.
L’ultimo campo in cui la nanotecnologia si sta diffondendo molto veloce-
mente e` quello della medicina, sia diagnostica che terapeutica. Ogni giorno,
nuove strutture e nuove idee si sviluppano per aiutare i medici nello scoprire
con piu` precisione le malattie, ad esempio gli agenti di contrasto per i vari
tipi di imaging diagnostico oppure per curare le malattie in una maniera
completamente diversa, istruendo le varie nanostrutture a compiere azioni
che sarebbero impensabili per un medico che utilizza i classici strumenti
operatori.
E’ proprio per questi scopi e su questi principi che si e` delineato il progetto
Nanosmart. Un gran numero di prestigiosi centri di ricerca, italiani e non,
hanno sottoscritto questo progetto che consiste nello sfruttare le proprieta`
magnetiche di nanoparticelle di ferro sia per la diagnosi sia per la cura di
diversi tipi di tumori. Il progetto consta di diversi passaggi: dalla sintesi alla
funzionalizzazione delle nanoparticelle fino alle prove in vitro e in vivo. Le
nanoparticelle magnetiche (MNP) sono agglomerati sferici di ossido di ferro,
di poche decine di nanometri, che per quanto semplici possono essere sfruttate
in molteplici modi. In quanto tali, essendo magnetiche, possono essere usate
come agenti di contrasto in risonanza magnetica e assorbendo l’energia delle
radiofrequenze RF possono aumentare localmente la temperatura dei tessuti
ospiti per trattamenti di ipertermia.
Funzionalizzando tramite polimeri la superficie delle MNP, e` possibile
sfruttarle come vettori inerti per il drug delivery perche´ grazie alla loro di-
mensione ristretta riescono penetrare in profondita` nei tessuti, superare la
membrana plasmatica delle cellule e a rilasciare il farmaco solo sul target
prestabilito.
Il lavoro della mia tesi specialistica in Fisica e Tecnologie Biomediche,
raccolto in questo tomo, consiste nello sviluppare un settore della prima parte
del progetto. Seguendo le linee guida dei piu` recenti studi sull’argomento e
cercando di approfondire lo stato dell’arte delle ricerche sulle nanoparticelle,
l’obiettivo della mia tesi e` la sintesi delle MNP nel modo piu` controllato
possibile e modulabile cos`ı da poter avere un regolazione totale per gli aspetti
successivi, come funzionalizzazioni e caratterizzazioni.
Dopo la sintesi, le MNP sintetizzate e funzionalizzate verranno usate per
prove in vitro per determinarne la citotossicita` su cellule sane e su cellule
tumorali.
I risultati trovati fungeranno da feedback per la correzione o la modifica
del protocollo di sintesi o di funzionalizzazione. [1][2]
Capitolo 2
Parte Generale
2.1 Introduzione
L’avvio di un nuovo progetto, anche per un laboratorio di esperienza
decennale, e` sempre una nuova sfida. Sfida che diventa maggiormente in-
trigate quando l’argomento di questo progetto e`, quasi, totalmente nuovo.
La difficolta` maggiore in questi casi e` conoscere lo stato dell’arte di questo
argomento e attraverso la letteratura procurarsi un know how per affrontare
la ricerca con il miglior rendimento possibile; risparmiando tempo e denaro
evitando esperimenti inutili e concentrandosi sulla modifica e l’evoluzione di
prove sperimentali gia` effettuate e ben documentate nella bibliografia sci-
entifica. Dopo aver preso coscienza della parte teorica utile allo sviluppo e
alla conclusione del nostro progetto, bisogna verificare se le attrezzature e gli
strumenti del nostro laboratorio sono sufficientemente utili per sviluppare i
protocolli trovati.
Per capire al meglio quali sono le proprieta` con cui caratterizzare le
MNP, bisogna approfondire il loro scopo e il loro utilizzo. E’ interessante
quindi indagare la biologia e lo sviluppo dei tumori: come nascono, come
evolvono, come si diagnosticano e come si curano. E’ molto importante an-
che conoscere i principi che stanno alla base delle risonanza magnetica MRI,
cos`ı da sfruttare le proprieta` magnetiche delle MNP come agenti di contrasto
e per il principio dell’ipertermia. Il maggior spazio della parte teorica della
tesi sara` dedicato allo studio delle nanoparticelle magnetiche: composizione,
struttura, caratterizzazione, funzionalizzazione e analisi.
Alla fine della parte teorica, verranno descritti, brevemente, gli obiettivi,
le modalita` di esecuzione e i partecipanti del progetto Nanosmart.
5
2.2 Cenni di oncologia generale 6
2.2 Cenni di oncologia generale
2.2.1 Natura dei tumori
All’inizio del XX secolo, i ricercatori David von Hansemann e Theodor
Boveri scoprirono che tutte le cellule cancerose e precancerose presentavano
alterazioni del loro corredo cromosomico (cariotipo). Queste modifiche face-
vano riferimento al numero stesso di cromosomi e ai danni che avevano subito
(aneuploidia). Dal momento di questa rivelazione nacque la teoria dei tumori
come malattie cromosomiche.
Nella cultura popolare questa malattia ha acquisito un gran numero di
nomi: tumori, neoplasia (neo, nuovo e plasia, formazione) e cancro (se e` ma-
ligno). Il termine tumore che significa tumefazione. Infatti i tumori risultano
come una massa rilevante sul sito anatomico di origine. Invece il termine neo-
plasia, dal greco neo, nuovo e plasia, formazione, sottolinea la formazione di
nuove cellule, molto diverse da quelle del tessuto ospite. Infine l’espressione
cancro, deriva da granchio, per rappresentare la forma delle cellule tumorali
che durante la moltiplicazione avvinghiano, come un granchio, le cellule sane
vicine distruggendole. Indipendemente dal nome, il tumore e` una classe di
malattie caratterizzate da un’incontrollata riproduzione di alcune cellule del-
l’organismo, che smettono di rispondere ai meccanismi fisiologici di controllo
cellulare causati da danni al loro patrimonio genetico.
La particolarita` delle cellule tumorali e` che discendono tutte da un’unica
cellula madre mutata. L’alterazione cromosomica e` talmente grave ed estesa
da rendere improbabile l’eventualita` che due cellule madri diverse abbiano
subito per caso la stessa serie di mutazioni. Il termine “per caso” non e`
usato a sproposito perche´ il disordine genetico e` totalmente casuale, spie-
gando cos`ı l’estrema variabilita` per aspetto, effetti prodomi e prognosi delle
forme di cancro note. Per differenziare e dare una iniziale classificazione
del tipo di tumore si usa il grado di aneuploidia, cioe` il numero e l’entita`
dei difetti cromosomici. Questo parametro viene usato nelle biopsie per de-
terminare se eventuali cellule anomale hanno la possibilita` di degenerare in
cellule tumorali.
Il meccanismo di sviluppo di un tumore e` simile anche per tipologie di-
verse. All’inizio l’aumento del numero di cellule tumorali e` molto lenta: il
rapporto fra cellule duplicate su cellule morte e` poco maggiore di 1. Questa
accade fino al raggiungimento della dimensione critica della neoplasia che e`
di circa un 1 centimetro cubico. Giunti a questo volume tumorale il rapporto
diventa molto maggiore di 1, si cominciano a percepire i primi sintomi e il
tumore diventa visibile tramite visite mediche e analisi: si possono trovare
marker tumorali nel sangue.
2.2 Cenni di oncologia generale 7
Figura 2.1: (A) Quando le cellule normali sono danneggiate, esse vengono
eliminate dall’apoptosi. (B) Le cellule cancerogene evitano l’apoptosi e
continuano a riprodursi in maniera irregolare
Il cancro puo` colpire persone di ogni eta`, ma le persona anziane sono
colpite con maggiore frequenza perche´ i danni genetici tendono ad accumu-
larsi con il tempo. Nei paesi sviluppati il cancro e` una delle prime cause di
morte, arrivando a causare il 25% di tutte le morti e, in media, il cancro viene
diagnosticato allo 0.5% di tutta la popolazione. Secondo American Cancer
Society, 7.6 milioni di persone nel mondo sono morte di cancro. Esistono
delle forme di cancro che colpiscono anche animali e piante. [3][4]
2.2.2 Classificazione e nomenclatura dei tumori
La classificazione e la nomenclatura dei tumori e` molto complicata dal
fatto che l’aspetto, la localizzazione dei siti d’origine, la manifestazione clinica
e la velocita` di sviluppo variano molto da tumore e tumore.
Per quanto riguarda l’aspetto e la manifestazione clinica, la divisione prin-
cipale che viene fatta e` fra maligno e benigno. I tumori benigni sono masse di
cellule ben delimitate, circondate da una capsula di tessuto connettivo, inca-
paci di infiltrare i tessuti circostanti o di generare metastasi, e sono in genere
ben differenziate. Le metastasi (dal greco meta, al di la` e stasis, posizione)
sono delle cellule tumorali che hanno la capacita` di lasciare il sito di origine
(attraverso i vasi sanguigni, il sistema linfatico o per semplice diffusione at-
traverso le cavita` corporee) per sviluppare tumori in altri tessuti. Invece i
tumori maligni si differenziano dai tumori benigni solamente in base alla ca-
pacita` di infiltrare altri tessuti e di formare metastasi. La maggior parte dei
tumori maligni originano dall’evoluzione di tumori benigni, che acquistano
la capacita` di infiltrare i tessuti e metastatizzare.
2.2 Cenni di oncologia generale 8
Le differenze fra tumori benigni e maligni sono molteplici. Nei tumori be-
nigni il tessuto neoplastico, facilmente localizzabile, presenta cellule simili a
quelle del tessuto ospitante, che conserva in gran parte le caratteristiche mor-
fologiche e funzionali. Il tumore cresce lentamente delimitato da un ‘guscio’
di fibre reticolari e collagene. Si sviluppa comprimendo i tessuti circostanti
pero` non riesce a infiltrarsi. La prognosi di un tumore benigno e` mediamente
fausta.
Nei tumori maligni il tessuto neoplastico, distribuito e difficilmente lo-
calizzabile, presenta cellule diverse da quelle del tessuto ospitante, il quale
perde ogni caratteristica morfologica e funzionale. Il tumore non ha una
localizzazione propria e puo` svilupparsi a grande velocita` e invadere i tes-
suti circostanti. La prognosi di un tumore maligno e` mediamente infausta.
Un altro parametro che caratterizza il tumore maligno rispetto al benigno e`
la recidivita` tumorale, cioe` il rischio di riformazione del tumore nel sito di
origine dopo l’asportazione chirurgica.
Queste due configurazioni, consecutiva una all’altra, non sono le uniche
che puo` subire un tessuto tumorale. Nel passaggio fra tessuto sano e carci-
noma in situ, altro nome del tumore benigno, c’e` la displasia.
La displasia e` l’anormale composizione cellulare di un tessuto; puo` es-
sersi sviluppata da una modificazione della proliferazione cellulare. Quindi
Figura 2.2: L’evoluzione dei tumori dallo stato pre-invasivo a quello invasivo;
corrisponde alla progressiva accentuazione del grado di displasia
2.2 Cenni di oncologia generale 9
l’evoluzione da tessuto sano a tumore maligno avviene attraverso displasia
e carcinoma in situ. Questa evoluzione non ha una sola direzione perche´
naturalmente la displasia puo` tornare allo stato di tessuto sano e il tumore
benigno puo` tornare allo stato di displasia. E’ solo il tumore maligno il
punto di non ritorno della malattia, perche´ c’e` l’invasione dei tessuti vicini,
mentre negli altri due casi i tessuti vicini non subivano l’attacco delle cellule
tumorali.
Con il termine metastasi si indica un focolaio neoplastico secondario che
trae origine da un focolaio neoplastico primario e che si sviluppa nell’organ-
ismo ospite in un distretto tessutale distante da quello sede della neoplasia
primaria.
Il sito di origine della neoplasia ha importanza solo per quanto riguarda
la nomenclatura. Infatti il nome che viene dato al tumore dipende dal sito di
origine e se il tumore e` benigno o maligno. Il tumore benigno e` caratterizzato
dal suffisso ‘-noma’, mentre per il maligno e` ‘-carcinoma’ o ‘-blastoma’, men-
tre il prefisso del nome e` dato dal sito di prima localizzazione della neoplasia.
Alcuni esempi; per i tumori benigni scoperti in tessuti epiteliali si parla di
papilloma e adenoma, mentre nella versione maligna prendono il nome di
carcinoma papillare e adenocarcinoma; per i tessuti nervosi si puo` trovare
glioma e glioblastoma oppure neurinoma e neuroblastoma; per la cartilagine
il tumore benigno viene chiamato condroma e il maligno condosarcoma. [5]
2.2.3 Patologia dei tumori
Il cancro e` un malattia dei tessuti che ne inficia la regolazione della cresci-
ta e dello sviluppo, in determinati spazi e con determinati tempi. Il gene
che regola l’accrescimento e la differenziazione viene alterato nelle cellule
cancerogene.
Il motivo base dello sviluppo di una cellula tumorale e` una modificazione
genetica che puo` avvenire a livelli diversi: perdita di un intero cromoso-
ma, mutazione di un singolo nucleotide o incapacita` di regolare l’espressione
genica.
Ci sono diverse motivazioni che spiegano il passaggio da cellule sane a
cellule tumorali: l’epigenetica, l’oncogenetica e la soppressione di qualche
gene da parte dei tumori.
Epigenetica
L’epigenetica e` lo studio di una qualunque attivita` di regolazione dei geni
tramite processi chimici. Questi processi non comportino cambiamenti nel
codice del DNA, ma possono modificare il fenotipo delle cellule colpite da
2.2 Cenni di oncologia generale 10
tumore. Per dare un buon riassunto dell’epigenetica, sono interessante le
dichiarazioni fatte da due ricercatori sui tumori: Denise Barlow di Vienna e
Bryan Turner di Birmingham che affermano “L’epigenetica consiste in tutte
quelle cose occulte e meravigliose che la genetica non e` in grado di spiegare”
e “ Il DNA non e` altro che un nastro su cui sono registrate le informazioni,
inutile senza un apparecchio che consenta di leggerlo. L’epigenetica e` il lettore
di nastri”.
Le due manifestazioni epigenetiche piu` riscontrate sono la metilazione
del DNA, dove un gruppo metile (−CH3) si lega ad una base azotata, e la
acetilazione degli istoni, dove un gruppo acetile (CH3(C = O)−) si lega agli
istoni che hanno il ruolo di compattare e organizzare il DNA.
L’importanza degli studi epigenetici e` riassunta nel fatto che anche piccole
modificazioni della struttura del DNA, come l’aggiunta o la perdita di gruppi
metile, possono modificare l’espressione genica di una cellula. [4][5]
Oncogeni e geni oncosoppressori
Un oncogene e` un gene modificato che aumentano la malignita` di una
cellula tumorale. L’oncogenetica si basa sulla traduzione dei segnali che le
cellule ricevano da altre cellule o dai tessuti. Questi segnali, come ormoni
o messaggeri chimici possono promuovere o inibire la crescita cellulare. Dal
primo approccio del segnale, che avviene sulla superficie cellulare a livello
della membrana plasmatica, una serie di proteine concorrono alla traduzione
e alla lettura del messaggio contenuto nel segnale. Gli oncogeni possono pro-
durre proteine che intervengo nella trasduzione del segnale. Attraverso la
produzione di mitogeni, un tipo di proteina che promuove la divisione cel-
lulare regolando la mitosi cellulare, gli oncogeni aumentano la proliferazione
cellulare, facendo diventare la cellula sana, a tutti gli effetti, tumorale.
Statisticamente tutti i geni possono diventare degli oncogeni, ma speri-
mentalmente si e` visto che nella maggior parte dei casi i geni che subiscono la
mutazione sono i cosiddetti proto-oncogeni. Il proto-oncogene codificano per
proteine che regolano il ciclo cellulare e il differenziamento. Possono anche
essere coinvolti nella trasduzione del segnale di avvio della mitosi.
Un proto-oncogene diviene un oncogene anche con minime modificazione
delle sue funzioni originali. Le attivazioni di questa modificazione sono due.
Una produzione di una proteina diversa e` causata dalla mutazione di alcuni
nucleotidi, portando ad un aumento della attivita` enzimatica della proteina,
la perdita dei siti di regolazione e alla creazione di proteine ibride. La seconda
attivazione, invece consiste in un aumento della concentrazione di proteine
causata da un aumento dell’espressione genica, un aumento dell’emivita della
proteina e da una duplicazione o amplificazione del gene che codifica per la
2.2 Cenni di oncologia generale 11
proteina. La mutazione piu` comune avviene nella famiglia RAS dei proto-
oncogeni, che si puo` trovare nel 20%-30% dei tumori.
I geni oncosoppressori codificano molecole che proteggono dalla prolifer-
azione di segnali e proteine che modificano la mitosi o lo sviluppo cellulare.
I soppressori tumorali sono proteine codificate degli geni, che sono trascritti
quando all’interno della ambiente cellulare si verifica uno stress o un danno
al DNA. Le funzioni principali di queste proteine e` la regolazione del ciclo
cellulare o di promuovere l’apoptosi, in rari casi entrambe. Questi proteine
agiscono limitando i geni che sono essenziali per il ciclo cellulare. Se questi
geni non sono espressi, il ciclo cellulare non continua e non c’e` divisione cel-
lulare. Inoltre accoppiando il ciclo cellulare al danno del DNA: maggiore e`
il danno, minore e` la possibilita` che la cellula si divida. Se invece il dan-
no puo` essere riparato, il ciclo cellulare puo` continuare. Se il danno non
puo` essere riparato, le cellule possono iniziare l’apoptosi, o morte cellulare
programmata. Certe proteine fanno in modo che la cellula possa perdere la
sua capacita` adesiva in modo tale che la cellula non abbia la possibilita` di
formare metastasi; queste proteine sono chiamate soppressori metastatici
Apoptosi Il termine apoptosi, derivato da una parola greca che significa
caduta di petali da un fiore, indica un processi di morte cellulare program-
mata, ossia la modalita` con cui vengono eliminate le cellule di popolazioni
che si sono ampliate per esigenze funzionali o adattive. La morte cellulare
per apoptosi si accompagna a caratteristiche alterazioni morfologiche. Tra
le alterazioni nucleari, le piu` significative sono la dissoluzione della mem-
brana e la frammentazione del DNA. A dare il via al processo dell’apoptosi
possono essere vari eventi: la prolungata assenza di segnali di crescita, la sti-
molazione di determinati recettori, l’attivazione di enzimi di membrana, la
persistenza di lesioni a carico del DNA, l’accentuata produzione di radicali
dell’ossigeno altamente reattivi e altri ancora. Il meccanismo che sta alla
base dell’apoptosi e` molto complesso; indipendentemente dall’evento sca-
tenante, il principale effetto e` l’apertura dei pori PT (Permeability Transi-
tion) che sono complessi multiproteici situati in corrispondenza dei punti di
contatto tra le membrane mitocondriali interne ed esterne e organizzati in
modo da formare dei megacanali. Cio` determina il collasso del potenziale
transmembranario mitocondriale, il rilascio nel citoplasma di proteine che
sarebbero rimaste confinate nei mitocondri e una diversa compartimentiz-
zazione del Ca2+. Tutti questi fenomeni concorrono ad attivare ad attivare
la funzione catalitica delle endonucleasi, enzimi idrolitici che scindono un
polinucleotide in due polimeri, e di particolari proteasi cisteniche, enzimi che
possono tagliare proteine, responsabili del risultato finale: la degradazione
2.2 Cenni di oncologia generale 12
delle strutture cellulari.
In molti tessuti, la vitalita` delle singole e di conseguenza l’apoptosi dipen-
dono dall’emissione continua o cadenzata di segnali di sopravvivenza emessi
da cellule contigue e/o matrice extracellulare. Se le cellule vengono coltivate
individualmente su substrati privi di trama interstiziale muoiono rapidamente
per apoptosi. A livello di tessuti l’apoptosi garantisce il mantenimento di un
equilibrio rapporto numerico tra i distinti citotipi, controbilanciando gli ef-
fetti della loro replicazione. L’espansione incontrollata di una popolazione
cellulare, come si verifica nei tumori, potrebbe essere dunque favorita da una
riduzione dell’apoptosi piu` che da un aumento della proliferazione
Figura 2.3: Il numero di cellule di una data popolazione e` mantenuto costante
da due processi contrapposti e bilanciati: la mitosi e l’apoptosi. Minor
apoptosi, piu` iperplasia o neoplasia.
Questa ipotesi, che tiene conto del fatto che gli indici di proliferazione di
alcune popolazione neoplastiche sono inferiori a quelli delle corrispettive cel-
lule normali e che e` piu` conveniente in termini energetici che una popolazione
cellulare di espanda per riduzione dell’apoptosi piuttosto che per aumento di
mitosi, e` suffragata da numerose osservazioni. Queste osservazioni hanno de-
terminato che nelle cellule neoplastiche i segnali che promuovono l’apoptosi
(esempio il TGF−β) non vengono captati o tradotti, la produzione di fattori
anti-apoptotici diviene meno rara oppure la perdita o si verificano determi-
2.2 Cenni di oncologia generale 13
nate mutazioni del gene onco-soppressore TP53 che sono eventi frequenti
nelle popolazioni neoplastiche di numerosi tumori umani.
A prescindere dal blocco dell’apoptosi, le cellule neoplastiche manifestano
una caratteristica del tutto peculiare: la capacita` di replicarsi indefinitamente
in vitro, se poste in coltura in adatte condizioni sperimentali. Questo com-
portamento e` stato attribuito al ripristino delle funzione di un particolare
enzima, la telomerasi, in grado di impedire la perdita di un certo numero di
nucleotidi dalle estremita` telomeriche dei cromosomi, perdita che si verifica
a ogni divisione mitotica e che pone un limite alla sopravvivenza delle cellule
somatiche.
Gene TP53 I geni oncosoppressori si comportano da recessivi, determi-
nano cioe` l’evento trasformante soltanto se entrambe le loro copie risultano
Figura 2.4: La senescenza delle normali cellule somatiche porta alla perdita
progressiva dei telomeri che si verifica ad ogni mitosi, l’immortalita` delle
cellule germinali e neoplastiche sarebbe dovuta all’intervento della telomerasi.
2.2 Cenni di oncologia generale 14
assenti a causa di una delezione, o non codificanti a causa di una mutazione
nonsenso. Una delezione e` un tipo di anomalia citogenetica, o mutazione
cromosomica, che consiste nell’assenza di un tratto di un cromosoma, con
conseguente perdita di materiale genetico. Una mutazione nonsenso deter-
mina la formazione di un codone di stop all’interno della sequenza. Questo
provoca, se il prodotto e` una proteina, un’interruzione precoce della sua sin-
tesi nella traduzione. In generale maggiore sara` il frammento non tradotto
maggiore sara` il rischio di una mutazione svantaggiosa.
Fa eccezione alla regola il gene TP53 che puo` indurre una delezione o mu-
tazione nonsenso anche in presenza di una sua copia normale. Questo parti-
colare comportamento consegue verosimilmente al fatto che il suo prodotto,
una fosfoproteina nucleare detta p53, agisce solo dopo avere formato com-
plessi omoligomerici (omotetrameri). Se tali complessi sono costituiti, anche
parzialmente, da una p53 modificata in siti critici della molecola, la loro
capacita` di interagire col DNA e` compromessa e le specifiche funzioni sono
soppresse. E’ quindi sufficiente che una sola copia del TP53 subisca una certa
mutazione perche´ il suo prodotto, interagendo con quello dell’allele normale,
formi omotetrameri a scarsa affinita` per il DNA.
Se si considera che la proteina p53 normale e` poco stabile (l’emivita e` di
circa 20 minuti), mentre quella mutante ad azione trasformante e` piu` sta-
bile (l’emivita oscilla tra 3 e 7 ore), si comprende perche´ gli omotetrameri
p53 risultino costituiti, anche in situazioni di eterozigosi (un allele normale
e uno mutante), pressoche´ totalmente di monomeri codificati da mutanti. Si
puo` quindi affermare che le copie geniche mutate del TP53 si comportano da
proto-oncogeni dominanti, mentre quelle normali da oncosoppressori reces-
sivi; la comparsa di una delle mutate o la scomparsa delle normali possono
determinare la trasformazione di una cellula.
Dal grafico in figura 2.5, si vede come la crescita e lo sviluppo di una
cellula, tumorale o sana, dipende dalla presenza di p53 normale o p53 mutata.
La crescita delle cellule tumorali, quelle che hanno il gene TP53 mutato, e`
molto maggiore in funzione delle divisioni cellulari che subiscono i due tipi
di cellule. Infatti mentre una cellula sana riesce a raggiungere le 60 divisioni
prima che la frazione di crescita raggiunga lo zero, una cellula tumorale si
divide 80 volte prima di raggiungere la crescita nulla. [5][6]
2.2.4 Meccanismo di sviluppo e crescita dei tumori
Fattori di crescita
Proprieta` distintiva delle neoplasie e` la relativa autonomia delle loro
cellule nei riguardi dei vari agenti che regolano la crescita cellulare. Tra
2.2 Cenni di oncologia generale 15
Figura 2.5: Le cellule con p53 mutato riescono a compiere un maggior numero
di replicazioni rispetto alle cellule con p53 normale
questi, un posto di rilievo spetta a dei polipeptidi, detti fattori di crescita
o GF (Growth Factors), che, interagendo con specifici recettori membra-
nari, stimolano la proliferazione delle cellule bersaglio o ne favoriscono la
sopravvivenza.
I fattori di crescita differiscono dagli ormoni di natura proteica forniti di
attivita` mitogena, piu` che per il tipo di risposta cellulare che inducono e per
la modalita` del loro rilascio, per il raggio d’azione: diffondono attraverso gli
spazi intercellulari per brevi tragitti e agiscono localmente. Nel plasma, la
loro concentrazione e` ridotta e le specie molecolari presenti sono in gran parte
rilasciate dalle piastrine durante il processo di coagulazione. Mentre alcuni
fattori di crescita stimolano un limitato numero di citotipi, altri agiscono su
di un’ampia varieta` di cellule di origine epiteliale e mesenchimale, riferito al
tessuto connettivo embrionale.
Affinche´ l’effetto proliferativo sia ottimale, e` spesso necessario che la cel-
lula bersaglio sia contemporaneamente stimolata da piu` fattori di crescita
perche´ alcuni di questi fattori agiscono preparando la cellula all’ingresso nel
ciclo replicativo, e altri stimolandone la progressione lungo questo ciclo. Per
questo motivo i principali fattori di crescita sono divisi in 2 categorie: i fattori
di competenza e i fattori di progressione. Infatti ce ne sono alcuni che agis-
cono selettivamente sull’apoptosi promuovendo la sopravvivenza delle cellule
bersaglio, non la loro attivita` proliferativa.