Introduzione
La crescente urbanizzazione a scapito dei territori rurali, tipica dei paesi evoluti
incide sulla formazione di piene e sull’insufficienza dei sistemi di fognature di centri
urbani. La scomparsa della vegetazione e del suolo, l’appiattimento della superficie
terrestre e la costruzione di reti di drenaggio aumentano il deflusso dovuto alle preci-
pitazioni sia riguardo alla portata di picco risultante, sia riguardo al volume totale.
Aumenta la frequenza di fenomeni che producono disagi e danni a cose e persone,
specialmente in ambito urbano. L’analisi di tali problemi necessita spesso l’adozione
d’interventi mirati alla riduzione degli allagamenti superficiali e la contestuale indi-
viduazione di soluzioni economicamente accettabili e tecnicamente affidabili.
Il problema dell’insufficienza idraulica delle reti urbane di drenaggio è in primo
piano: si pensi alla dinamica degli eventi pluviometrici e dei disagi correlati ai mede-
simi. Si nota un generale aumento delle intensità di precipitazione contestualmente a
un incremento smodato d’impermeabilizzazione. Gli allarmismi generati da ciò han-
no indotto una proliferazione smodata di normativa sovente sibillina. A supporto di
tale situazione è intervenuta anche la recente normativa tecnica che individua i criteri
progettuali e le indicazioni urbanistiche atte a garantire situazioni d’invarianza delle
portate defluite a seguito di trasformazioni territoriali che comportano un incremento
dell’impermeabilizzazione del suolo. Nel veneziano ad esempio, a seguito
dell’evento pluviometrico del 26 settembre 2007 che ha avuto l’epicentro nella zona
di Mestre, è succeduta la nomina di un “Commissario Speciale” per gli allagamenti e
l’introduzione di criteri più severi per le volumetrie minime d’invaso richieste per il
rispetto delle condizioni di invarianza idraulica.
Parallelamente l’addensarsi delle attività antropiche in zone urbane sempre più e-
stese ha portato ad una sovra-produzione di inquinanti sul territorio che si accumula-
no nei periodi di secco e successivamente sono dilavati da eventi di pioggia più in-
tensi, generando picchi di inquinante nei punti di recapito finale delle acque drenate.
In tale frangente è complessa la valutazione dell’efficacia d’interventi estesi nel
territorio atti a contenere il rischio idraulico a livelli accettabili: la conoscenza richie-
sta del bacino in esame è troppo dettagliata per aver sufficienti garanzie di affidabili-
tà. Da qui la necessità di azioni distribuite ma complessivamente sinergiche.
In questo lavoro partendo da considerazioni di carattere generale inerenti al con-
cetto di rischio idrogeologico (capitolo 1) si inquadreranno alcuni aspetti qualitativi
di tipo tecnico e normativo. Nel capitolo 2, invece, si descriveranno le caratteristiche
Introduzione
VIII
urbanistiche e idrogeologiche della Zona Industriale di Monselice (d’ora in avanti
denominata Z.I.M.). La Z.I.M. è un delicato compromesso dove repentine trasforma-
zioni urbanistiche (tutt’ora in atto) renderanno incombente il rischio di insufficienze
idrauliche distribuite e potenziali esondazioni se non saranno predisposti alcuni ri-
medi opportuni. Il mancato adeguamento della rete in relazione a questi rapidi cam-
biamenti, aggravato dallo stato discutibile in cui versa il tratto tombinato dello Scolo
San Giacomo hanno contribuito a far emergere il problema allarmando le ammini-
strazioni locali.
Si procederà successivamente nel capitolo 3 con l’analisi dei dati idrologici: stati-
stiche dei dati pluviometrici, costruzione di ietogrammi di progetto e storici, evapo-
razione, da cui formulare una possibile legge di trasformazione di afflussi-deflussi .
Con l’ausilio del codice di calcolo SWMM si verificherà nel capitolo 4 la rete di
drenaggio simulando possibili interventi di mitigazione idraulica. Affiancando i tra-
dizionali metodi analitici semplificati per la stima degli afflussi si è successivamente
verificato il comportamento idraulico della rete mediante il modello SWMM. In que-
sto modo è possibile avere una rappresentazione concettuale della rete, abbastanza
aderente alla realtà, da poter impiegare per simulazioni basate su intervalli temporali
estesi piuttosto che su singoli eventi sintetici di progetto, formulando diversi scenari
e possibili strategie d’intervento per la mitigazione del rischio idraulico.
Nell’ultimo capitolo, sempre con l’ausilio di SWMM, s’inquadrerà infine il pro-
blema della qualità delle acque simulando, a titolo di esempio, la dinamica dei solidi
sospesi.
1
Rischio idraulico e quadro normativo
1.1 Premessa
Il drenaggio delle acque meteoriche nei bacini urbani ha sempre avuto come o-
biettivo la riduzione degli inconvenienti alle attività antropiche mediante
l’allontanamento repentino di acque esuberanti dalle superfici scolanti. L’evoluzione
storica del territorio evidenzia tuttavia come numerosi scoli furono inizialmente con-
cepiti come canali irrigui, mentre i canali di raccolta e sgrondo delle acque meteori-
che furono dimensionati per drenare un territorio dalle caratteristiche prevalentemen-
te agricole. In seguito alle urbanizzazioni occorse nell’ultimo ventennio, la trasfor-
mazione del territorio ha mutato il regime degli afflussi alla rete e i canali irrigui so-
no diventati a tutti gli effetti ricettori delle acque di drenaggio, mentre i canali di bo-
nifica non sono stati adeguati per far fronte all’incremento delle portate meteoriche
da smaltire. La presenza, inoltre, di numerosi fossi e scoli secondari con folta vegeta-
zione costituisce un aggravio dell’assetto idraulico a causa delle notevoli resistenze
offerte ai deflussi.
Altre criticità sono sorte al seguito del tombinamento, e conseguente riduzione di
sezione bagnata, di alcuni tratti dei tracciati generando difficoltà di deflusso con con-
seguente allagamento delle aree circostanti.
La situazione attuale si presenta pertanto molto deficitaria, come confermato nella
realtà anche in occasione di eventi pluviometrici a carattere ordinario; si rendono ne-
cessari pertanto interventi differenti per migliorare le condizioni attuali di drenaggio
delle acque meteoriche e per preservarne la funzionalità anche in previsione degli
sviluppi futuri programmati dai piani di assetto territoriali.
Capitolo primo
10
1.1.1 Normativa di riferimento
L. 183/1989: introduce il Piano di Bacino che costituisce il principale strumento
di un complesso sistema di pianificazione e programmazione finalizzato alla conser-
vazione, difesa e valorizzazione del suolo e a una corretta utilizzazione delle acque.
D.P.C.M. 4 MARZO 1996 “Disposizioni in materia di risorse idriche”: in tema di
drenaggio urbano al punto 8.3.5 indica come le reti di fognatura bianca debbano es-
sere dimensionata e gestite in modo da garantire che fenomeni di rigurgito non inte-
ressino il piano stradale con frequenza superiore ad una volta ogni cinque anni per
ogni singola rete.
L. 267/1998: prevede che le Autorità di Bacino e le Regioni adottino i cosiddetti
P.A.I. (Piani di Assetto Idrogeologico) che hanno il compito di individuare le aree a
rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salva-
guardia nonché misure stesse. Il P.A.I. si interfaccia con la legge 183 analizzando gli
aspetti volti alla prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e verificando al
contempo che non si verifichino ulteriori livelli di rischio. Il fine era evitare l’aggravi
delle condizioni del dissesto idraulico di un territorio caratterizzato da una forte ur-
banizzazione di tipo diffusa. I Comuni interessati sono di medio-piccole dimensioni
con tanti piccoli nuclei abitati e numerose frazioni sparse.
L.R. 3637/2002: la Giunta della Regione Veneto con tale deliberazione aveva pre-
scritto precise disposizione da applicare agli strumenti urbanistici generali, alle va-
rianti generali o comunque a quelle che comportavano una trasformazione territoriale
in grado di modificare il regime idraulico per cui, alla data del 31/12/2002 non era
concluso l’iter di adozione e pubblicazione compresa l’eventuale espressione del pa-
rere del Comune sulle osservazioni pervenute. Per tali strumenti era perciò richiesta
una “Valutazione di compatibilità idraulica” da cui desumere che l’attuale livello di
rischio idraulico non fosse incrementato a seguito delle nuove previsioni urbanisti-
che. Nello stesso elaborato dovevano essere indicate misure “compensative” da in-
trodurre nello strumento urbanistico per garantire il rispetto delle condizioni valutate.
Inoltre è stato disposto che tale elaborato acquisisse il parere favorevole dell’Unità
Complessa del Genio Civile Regionale competente per territorio. Il “sistema di com-
petenze” sulla rete idrografica subisce poi una modifica sostanziale con l’istituzione
dei cosiddetti “Distretti Idrografici di Bacino, che superano le storiche competenze
territoriali del Genio Civile affidando ai Consorzi di Bonifica la gestione della rete
idraulica minore.
L.R. 11/2004: nuova disciplina regionale per il governo del territorio. Ha modifi-
cato sensibilmente l’approccio per la pianificazione urbanistica avviando un processo
di radicale cambiamento e d’innovazione che riguarda le modalità, le procedure della
pianificazione del territorio, le caratteristiche e contenuti delle strumentazioni urba-
nistico/territoriali. In particolare, il Piano Regolatore Generale (ora Piano Regolatore
Comunale) è stato suddiviso in due nuovi strumenti:
o il Piano di Assetto del Territorio (P.A.T.), che contiene le disposizioni
strutturali;
o il Piano degli interventi (P.I.), con le disposizioni operative.
Tale processo coinvolge direttamente tutte le Amministrazioni degli Enti territoriali
del Veneto, in particolare quelle comunali, che dovranno orientarsi, nel breve o più
lungo periodo, a abbandonare progressivamente il proprio strumento urbanistico ge-
nerale, a favore di una strumentazione più snella e flessibile, adatta a regolamentare,
Il rischio idraulico e il quadro normativo di riferimento
11
con più efficienza e efficacia, la gestione dell’uso del territorio. In tal modo, il go-
verno del territorio delinea la costruzione d’un assetto territoriale sostenibile e equo:
ciò attraverso la concezione di una gestione politico-amministrativa del territorio che
richiede agli enti locali la condivisione di scelte strategiche di carattere generale. Lo
strumento preordinato al coordinamento delle politiche di pianificazione urbanistica
sovracomunale, definito dalla citata legge regionale, oltre al Piano Territoriale di Co-
ordinamento Provinciale è il Piano di Assetto del Territorio Intercomunale (P.A.T.I.)
che può riguardare anche singoli tematismi, dal quale discendono poi i singoli P.A.T.
comunali. La pianificazione coordinata riguarda ambiti sovracomunali omogenei per
caratteristiche insediativo-strutturali, geomorfologiche, storico-culturali, ambientali e
paesaggistiche e ha come finalità il coordinamento delle scelte strategiche di rilevan-
za sovracomunale, la predisposizione di una disciplina urbanistica e edilizia unitaria
per ambiti intercomunali, la definizione di meccanismi di “perequazione territoriale”
attraverso l’equa ripartizione dei vantaggi e degli oneri tra i Comuni interessati me-
diante convenzione. La Provincia di Padova, sulla scorta delle strategie del proprio
strumento di coordinamento territoriale - P.T.C.P., recentemente adottato, ha assunto
una importante iniziativa, proponendosi ente interlocutore nei confronti dei Comuni
per la promozione e il coordinamento di attività di rilevante interesse provinciale, af-
fidatele dalla L. 267/2000: l’elaborazione, in regime di copianificazione con i Comu-
ni e la Regione del Veneto, dei P.A.T.I. nei nove ambiti territoriali omogenei definiti
dal P.T.C.P., quali la “Comunità metropolitana di Padova” , il “Camposampierese” ,
il “Cittadellese”, i “Colli Euganei” , il ”Montagnanese”, l’”Estense”, il “Monselicen-
se”, il “Conselvano” e la “Saccisica”. Per ciascuno di questi ambiti, sono state indi-
viduate le seguenti tematiche di carattere generale:
a) sistema ambientale;
b) difesa del suolo;
c) paesaggio agrario e storico;
d) sistema insediativo-produttivo;
e) sistema infrastrutturale e della mobilità;
f) servizi a scala territoriale;
g) risparmio energetico e promozione fonti rinnovabili di energia.
In particolare per quanto riguarda il rischio idrogeologico, delineato ai punti a) e
b) gli obiettivi strategici individuati nei Documenti Preliminari, nel rispetto delle di-
sposizioni di cui alla L.R. 11/04 e relativi atti di indirizzo suggeriscono l’importanza
di prevenire e ridurre i rischi connessi all’uso del territorio e delle sue risorse, al fine
di garantire la sicurezza degli abitati e la difesa idrogeologica dei suoli. La pianifica-
zione si sta attuando nel rispetto degli obiettivi e le azioni strategiche posti dai rispet-
tivi Documenti Preliminari dei P.A.T.I., già approvati dai Comuni, dalla Provincia e
dalla Regione, sulla base degli Accordi di Pianificazione sottoscritti in data
12.01.2006; inoltre dovrà assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente,
attraverso l’avvio della procedura di Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) su-
gli effetti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione del Piano, ai sensi della
direttiva Comunitaria 2001/42/CE del 27/06/2001 e della normativa nazionale di re-
cepimento della direttiva.
Il P.A.T. è lo strumento di pianificazione che delinea le scelte strategiche per il
governo del territorio comunale e rappresenta uno dei passaggi che, con la nuova
normativa di pianificazione urbanistica, definita dalla Regione Veneto con la legge
Capitolo primo
12
11 del 2004, armonizza le scelte strategiche regionali con le esigenze e gli interessi
locali.
L.R. 1322/2006 ovvero “Modalità operative e indicazioni tecniche relative alla
Valutazione di Compatibilità Idraulica degli strumenti urbanistici”: la Giunta regio-
nale del Veneto ha individuato nuove indicazioni per la formazione degli strumenti
urbanistici. Si era, infatti, reso necessario fornire ulteriori indicazioni per ottimizzare
la procedura e garantire omogeneità metodologica agli studi di computabilità idrauli-
ca. Lo scopo fondamentale dello studio di compatibilità idraulica è creare il presup-
posto affinché le valutazioni urbanistiche, sin dalla fase della loro formazione, tenga-
no conto dell’attitudine dei luoghi ad accogliere la nuova edificazione considerando
le interferenze che queste hanno con i dissesti idraulici presenti e potenziali e le pos-
sibili alterazioni del regime idraulico che le nuove trasformazioni di uso del suolo
possono venire a determinare. In sintesi, lo studio idraulico deve verificare
l’ammissibilità delle previsioni contenute nello strumento urbanistico prospettando
soluzioni corrette dal punto di vista dell’assetto idraulico territoriale.
Allegato A D.G.R. n. 1841 del 19/06/2007 che rappresenta un sostanziale aggior-
namento della delibera 3637/2002 e illustra le modalità operative e le indicazioni
tecniche ai fini della stesura delle valutazioni di compatibilità idraulica.
OPCM 3621/2008 – Ordinanza di nomina del Commissario Delegato per gli even-
ti alluvionali occorsi nel settembre 2007. La mattina di mercoledì 26 settembre 2007
un intenso e persistente sistema temporalesco interessa con forti precipitazioni la fa-
scia costiera centro-meridionale del Veneto tra il Piovese (zona sud-orientale della
provincia di Padova) il Veneziano centrale e il basso Trevigiano colpendo in modo
particolare la zona adiacente alla laguna tra Codevigo (PD) e Venezia-Mestre. I fe-
nomeni sono in prevalenza concentrati nell’arco di 6 ore, tra le prime ore della notte
e la mattinata del 26; le precipitazioni registrano picchi massimi di intensità partico-
larmente elevati al primo mattino, tra le ore 5 e le ore 8 solari circa, con valori che in
alcune località monitorate dalla rete di stazioni meteorologiche dell’ARPAV supera-
no i 100 mm circa in un’ora e i 200 mm in 3 ore. Questa situazione d’emergenza ha
preoccupato notevolmente le amministrazioni locali al punto che si è deciso di intro-
durre parametri più restrittivi nelle varianti urbanistiche che ricadono in aree comu-
nali interessate da quest’emergenza.
L’art. 1 dell’O.P.C.M. individua una serie di Comuni che “sono tenuti ad operare
una ricognizione delle opere pubbliche approvate, di cui non risultino scaduti i ter-
mini per la presentazione di offerte per la loro realizzazione alla data della presente
ordinanza, e degli interventi edilizi privati, oggetto di titolo abilitativo già rilasciato i
cui lavori non risultino ancora iniziati alla data della presente, relativi ad una nuova
edificazione con volumetria superiore a 1000 m
3
, o comunque comportanti una ridu-
zione, superiore a 200 m
2
, della superficie permeabile esistente di pertinenza”. I vo-
lumi da considerare per l’applicabilità delle ordinanze è quello fuori terra, calcolato
vuoto per pieno con esclusione del sottotetto non abitabile mentre per le superfici si
intendono quelle efficaci ai fini della formazione degli afflussi come specificato
nell’Allegato A della 1322/06 con successive modifiche ed integrazioni. La volume-
tria d’invaso minima richiesta per l’approvazione (e sovente per ottenere il parere fa-
vorevole del Consorzio di Bonifica) di uno studio di compatibilità idraulica da parte
del Genio Civile pari a 300 m
3
/ha è stata incrementata notevolmente fino a lambire
valori di 700-800 m
3
/ha nel caso di superfici stradali o altamente impermeabilizzate.
Ogni valore che si scosti da questi minimi dovrà essere attentamente comprovato
Il rischio idraulico e il quadro normativo di riferimento
13
mediante una relazione approfondita. E’ evidente come il significato del tempo di
corrivazione riferito all’area oggetto di variante perda senso poiché un intervento di
mitigazione orientato su tali volumetrie tiene conto del contesto a livello più macro-
scopico considerando ad esempio la sezione di chiusura dell’intero bacino.
1.1.2 Il ruolo del consorzio di bonifica
Il Consorzio, ai sensi della vigente normativa provvede alla predisposizione del
Piano Generale di Bonifica e Tutela del Territorio rurale, partecipa all’elaborazione
dei piani territoriali e urbanistici e di difesa dell’ambiente dagli inquinamenti, esegue
opere di bonifica e altre opere pubbliche di competenza Statale e Regionale in con-
cessione, esegue la manutenzione e l’esercizio delle opere di bonifica e consortili at-
tivando la vigilanza di polizia idraulica nel territorio per opere di competenza privata
e ai sensi dell’art, 23 L.R. 3/76, inoltre assiste i consorziati nell’informazione degli
ordinamenti produttivi e nei miglioramenti fondiari. Nelle valutazioni di compatibili-
tà idraulica s’interfaccia con il Genio Civile e gli enti locali rilasciando pareri, con-
cessioni, autorizzazioni o fornendo indicazioni operative.
1.2 Tecniche di mitigazione del rischio idraulico
Nell’ambito di contenimento del rischio idraulico è necessario attuare una corretta
programmazione territoriale e di destinazione d’uso dei suoli che non si limiti esclu-
sivamente a interventi meramente idraulici, ma contempli l’uso di tecniche
d’ingegneria naturalistica a ridotto impatto ambientale, che nell’ultimo decennio
stanno riscuotendo un certo consenso, come ad esempio bacini di fitodepurazione. In
molti casi però, il livello di alterazione degli equilibri territoriali contestualmente alla
presenza di vincoli irremovibili è tale da dover ricorrere a opere puramente idrauli-
che. Le classificazioni in proposito sono molteplici. Può essere utile una bipartizione
distinguendo tra interventi di tipo strutturale (o fisico) e non strutturale.
1.2.1 Interventi strutturali
Rientrano in questa casistica una varietà d’interventi. Considerando quelli ricon-
ducibili ad ambiti urbani si hanno ad esempio:
9 bacini di detenzione e ritenzione delle acque meteoriche urbane. Sono volumi
d’invaso in grado di intercettare una frazione dell’afflusso prima evitando di sol-
lecitare eccessivamente la rete di drenaggio esistente. I bacini di detenzione sono
solitamente asciutti e immagazzinano le acque per un periodo determinato in oc-
casione delle precipitazioni più intense consentendo un abbattimento del colmo
di portata in uscita e una notevole traslazione temporale dell’idrogramma di de-
flusso. I bacini di ritenzione hanno l’aspetto di zone umide artificiali e sono pre-
feribili ai primi, poiché l’acqua è trattenuta in modo semipermanente, favorendo
la depurazione naturale da sedimenti e inquinanti, creando talvolta i presupposti
per un ecosistema naturale (come avviene nei bacini di fitodepurazione).