4
eseguire. Alla luce di queste osservazioni, nelle societ di capitali vengono
effettuati due fattispecie di controlli: il controllo di legalit e di corretta
amministrazione, ed il controllo contabile. La responsabilit degli organi
societari corrisponde ad uno degli strumenti di cui il legislatore si avvale per
circoscrivere le ripercussioni che in misura piø o meno marcata possono
avere origine dal negligente agire di coloro che dell impresa tengono le
redini.
Nel primo capitolo si analizza la nozione di economicit quale capacit
dell’azienda di perdurare nel tempo massimizzando l’utilit delle risorse
impiegate, e la sua correlazione con la nozione di socialit , alla luce del
progressivo affermarsi di comportamenti socialmente responsabili.
Viene inoltre introdotto il tema dei controlli societari, determinato dalla
tradizionale separazione tra propriet e controllo nella governance
aziendale, tipica delle societ di capitali, nelle quali i soggetti che
conferiscono il capitale proprio, poi, affidano la gestione di tale capitale ad
alcuni amministratori, professionisti del governo d impresa.
Nel secondo capitolo si individuano gli organi delegati al controllo contabile
all interno delle diverse fattispecie di societ di capitali.
Il terzo capitolo delinea i tratti principali della figura professionale del
revisore contabile, sia esso un revisore contabile unico o una societ di
revisione. Vengono analizzati gli aspetti inerenti i requisiti necessari per
accedere alla professione, e le modalit e formalit da rispettare nell ambito
dell esercizio delle funzioni di controllo contabile. Si analizzano inoltre i
possibili scenari futuri a seguito del necessario recepimento della direttiva
2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti
consolidati.
Il quarto capitolo si occupa dei principi di revisione, emanati da un apposita
commissione paritetica del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed
esperti contabili, ossia dei principi generali e delle norme tecniche
indispensabili per una corretta ed omogenea esecuzione della revisione
5
contabile, ai quali le societ di revisione ed i si ngoli revisori devono
attenersi.
Il quinto capitolo delinea gli aspetti principali dell organo di controllo
interno, il collegio sindacale, analizzandone ruolo, evoluzione normativa e
disposizioni legislative che lo disciplinano.
Nel sesto capitolo si analizza l attivit di vigila nza del collegio sindacale
sull osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione, sull adeguatezza dell assetto orga nizzativo,
amministrativo e contabile e suo concreto funzionamento, sul bilancio di
esercizio e sulla relazione sulla gestione, nonchØ i controlli del collegio
sindacale nelle operazioni straordinarie.
Il settimo capitolo riguarda i doveri ai quali il collegio deve sottostare nonchØ
i poteri del quale dispone per potere svolgere la propria attivit .
L ottavo e il nono capitolo si occupano delle responsabilit che gravano sugli
organi di controllo societari. Responsabilit che p ossono essere sia di natura
civile, che penale.
6
Capitolo 1
LE TRADIZIONALI ESIGENZE DI CONTROLLO
INTERNO ED ESTERNO
1.1 LA NOZIONE DI ECONOMICIT
Le imprese operano in modo da generare sistematicamente valore ad un
livello coerente con la sopravvivenza e lo sviluppo nel tempo dell impresa 1,
secondo la logica della creazione di un equilibrio mediante la copertura dei
costi con i ricavi. Si ha equilibrio economico, ossia economicit 2, quando
l impresa nel suo insieme Ł in grado di attrarre risorse sufficienti per
remunerare tutte le condizioni di produzione e di consumo utilizzate per
svolgere le proprie combinazioni economiche (cioŁ di operare senza
accumulare perdite, producendo e non consumando ricchezza).
L equilibrio presenta i caratteri della durabilit e dell autonomia 3 . La
1
B. BERNARDI, F. BUTTIGLION, Introduzione all economia aziendale, Venezia,
2002.
2
Ossia la capacit di durare nel tempo e di mantene re una situazione di relativa autonomia,
e quindi la possibilit di soddisfare le finalit i stituzionali, dipende in modo determinante
da un insieme di performance e di condizioni di equilibrio dell azienda che viene
solitamente compendiato nel concetto di economicit . Si veda L. ANSELMI, Economicit
e socialit nell azienda pubblica , Milano, 1994. «Economicit intesa come la capacit
dell azienda di perseguire l equilibrio economico t ramite il costante bilanciamento tra
costi/erogazioni e ricavi/contribuzioni, in una logica di simmetria sostanziale tra fonti di
finanziamento ed impieghi».
3
FONDAZIONE ARISTEIA, L equilibrio finanziario, febbraio 2003, in www.irdcec.it.
«L azienda Ł un sistema economico, autonomo e durevole, che si realizza in modo
dinamico mediante il continuo, unitario e ciclico svolgimento, nel tempo e nello spazio, di
coordinate funzioni ed operazioni, attuate mediante l impiego di persone, di beni e di
servizi, indirizzato al piø conveniente conseguimento possibile di mutevoli e dinamici
obiettivi. Secondo la dottrina i profili identificativi dell azienda sono il dinamismo che
pervade l attivit aziendale, la mutevolezza della struttura di questa e dei suoi processi
SOMMARIO: 1.1 - La nozione di economicit ; 1.2 - L economicit come condizione di
equilibrio aziendale; 1.3 - Verso una nuova concezione di impresa; 1.4 - La
separazione tra propriet e controllo nella governa nce aziendale; 1.5 - I controlli nella
corporate governance.
7
durabilit Ł un equilibrio di lungo periodo inerente l attitudine dell impresa
a perdurare nel tempo4 . L autonomia Ł invece l attitudine ad operare
scegliendo i propri fini e le proprie modalit di g overno senza sottostare alla
volont di altri istituti, e senza dover ricorrere a interventi di sostegno e di
copertura sistematici da parte di altre economie5.
Secondo una relazione biunivoca tra economicit e d urabilit , l impresa pu
durare nel tempo solo se Ł in grado di attrarre le risorse sufficienti a
remunerare tutte le condizioni di produzione e di consumo che utilizza per
svolgere le combinazioni economiche, a meno che altre aziende siano
disposte a coprire sistematicamente le perdite, e solo se l istituto dura nel
tempo pu perseguire i suoi fini economici istituzi onali.
Allo stesso modo, la relazione economicit ed auton omia, prevede che se
l istituto non Ł in grado di remunerare tutte le condizioni di produzione e di
consumo che utilizza, deve ricorrere sistematicamente a sussidi o coperture
di perdite da parte di terza aziende, per cui viene meno la sua autonomia. In
presenza di sussidi o coperture sistematiche di perdite da parte di terze
aziende, un istituto spesso deve piegare le proprie finalit agli intendimenti
o alle pressioni degli istituti che gli consentono di sopravvivere e quindi
non riesce a perseguire i propri fini economici istituzionali.
gestionali e l attitudine a perdurare nel tempo. Siffatti profili identificativi si
ritrovano,pertanto, anche e soprattutto, nell azienda di produzione per il mercato, ovvero
nell impresa. Condizione indispensabile per la sopravvivenza e lo sviluppo dell impresa Ł
la creazione di uno stato di equilibrio generale, da mantenere e possibilmente migliorare
nel tempo».
4
G. AIROLDI, G. BRUNETTI, V. CODA, Corso di economia aziendale, Bologna, 2005.
«La durabilit va osservata in tre aspetti: le pers one che partecipano alla vita dell istituto,
(inteso come impresa, organizzazione non profit, istituti della pubblica amministrazione o
famiglia), si attendono che esso perduri nel tempo in modo tale che le loro attese possano
essere soddisfatte anche nel lungo periodo; i membri di un istituto, spesso, si attendono che
esso perduri a tempo indeterminato; gli istituti accumulano nel tempo patrimoni di
relazioni e di competenze che sono relativamente indipendenti dalle persone e che hanno
un valore nel tempo».
5
Cos in A. ZANGRANDI, Economicit nelle aziende non profit: per promuover e lo
sviluppo, in Aziende non profit le condizioni di sviluppo, Milano, 2000. «Tali condizioni
di economicit sono da correlarsi a numerosi fattor i congiunturali e strutturali e,comunque,
devono essere interpretati all interno della concezione di azienda che gli studi aziendali
portano con sØ e che vedono l autonomia dell azienda come elemento primo per
l apprezzamento dell economicit ».
8
Se inoltre la mancanza di economicit si protraesse nel medio lungo
periodo, l istituto cesserebbe di vivere, o un’altra impresa ingloberebbe
l istituto in disequilibrio economico.
1.2 L ECONOMICITA COME CONDIZIONE DI EQUILIBRIO
AZIENDALE
Il principio di economicit si traduce in due forme complementari: il
perseguimento del fine economico istituzionale, quale la remunerazione
monetaria e di altra specie per i prestatori di lavoro e per i conferenti di
capitale di rischio, e il rispetto simultaneo di un insieme di condizioni di
svolgimento dell attivit economica, riassumibili i n:
equilibrio reddituale;
efficienza e flessibilit ;
congruenza delle remunerazioni;
capacit di risparmio ed equilibrio monetario.
L equilibrio reddituale, rappresentando l equilibri o tra componenti positivi e
negativi di reddito, esprime l attitudine della gestione di remunerare, con i
componenti positivi di reddito, alle condizioni di mercato, tutti i fattori
produttivi compresi il capitale di prestito e il capitale di rischio6.
L equilibrio reddituale Ł condizione necessaria ma non sufficiente al
perseguimento dell economicit . Esso va ricercato n el rispetto delle altre
condizioni. Infatti non si ha economicit senza il mantenimento di un livello
accettabile di efficienza7, espressa in termini di rendimento fisico-tecnico dei
6
U. SOSTERO, L economicit delle aziende, Milano, 2003. «L equilibrio economico
riguarda le operazioni di consumo e ripristino di ricchezza per effetto delle attivit
esercitate dall azienda nel perseguimento delle sue finalit istituzionali. L equilibrio
economico in senso stretto Ł dato, quindi, dall attitudine dell azienda ad operare in
condizioni che consentano almeno di ripristinare la ricchezza consumata nello
svolgimento della gestione».
7
G. AIROLDI, G. BRUNETTI, V. CODA, Corso di economia aziendale, Bologna,
2005. «Consiste nella minimizzazione degli input a parit di output, o viceversa
massimizzazione di output a parit di input. L effi cienza deriva da risultati
conseguiti/risorse impiegate. L efficienza pu esse re fisico-tecnica (quantit di beni e
servizi prodotti/quantit fattori produttivi impie gati), o essere intesa come efficienza in
9
processi produttivi. L azienda in economicit Ł que lla che ricerca anche
flessibilit , ossia la predisposizione di strutture e di combinazioni produttive
efficienti in grado di adeguarsi prontamente all ambiente, ed efficienza,
intesa come la relazione che intercorre tra i risultati conseguiti e i mezzi
impiegati e viene riferita a sfere operative diverse.
Una particolare espressione dell efficienza sono i rendimenti fisico-tecnici,
da conseguire anche mediante innovazione dei processi e da accompagnarsi
alla ricerca di flessibilit . Inoltre non si ha eco nomicit senza congruit dei
prezzi-costi sostenuti e dei prezzi-ricavi conseguiti e, in particolare,
congruit delle remunerazioni del capitale-risparmi o e del lavoro.
L azienda deve operare secondo equilibrio tra componenti positivi e negativi
di reddito (equilibrio reddituale), ma deve contemporaneamente esser
sempre in grado, momento per momento, di far fronte agli impegni di
pagamento.
La ricerca di equilibrio monetario8 risulta particolarmente critica nel caso in
cui ci sia equilibrio reddituale di lungo ma non di breve termine9 e in imprese
che abbiano la necessit di anticipare di molto i c osti rispetto ai ricavi10.
Pu esserci equilibrio reddituale:
senza efficienza (es. monopoli)11;
generale (sommatoria ricavi da vendita di output/sommatoria costi degli input)».
8
V. SIMONATO, La gestione dell impresa in partita doppia, Milano, 2004. Secondo
l autore «ai fini di un armonico sviluppo Ł necessario che l impresa svolga la propria
gestione in condizioni di equilibrio. Nell aspetto monetario la gestione d luogo a entrate e
uscite nei fondi disponibili in cassa e nei c/c postali e bancari. PoichØ l azienda deve essere
in grado in ogni momento di far fronte con le entrate ai pagamenti da effettuare, la gestione
deve perseguire l equilibrio tra entrate e uscite nel breve termine. Quando ci non Ł
possibile attraverso il normale intreccio delle operazioni di riscossione e di pagamento, si
deve ricorrere a una delle possibili forme di finanziamento (nuovi apporti di capitale
proprio, ottenimento di dilazioni di pagamento dai fornitori, accensione di prestiti».
9
Nel breve termine abbiamo costi > ricavi e quindi le uscite sono superiori alle entrate.
10
Come ad esempio nelle imprese cantieristiche.
11
Il monopolio Ł un mercato caratterizzato dalla presenza di un unico venditore che offre
un prodotto o un servizio per il quale non esistono sostituti stretti (monopolio naturale) o
che opera protetto da barrire giuridiche (monopolio legale). Si veda V. MAGNINI, G.
OLIVERI, Diritto antitrust, Torino, 2005. «In un sistema di libero mercato, la libera
concorrenza ha il compito essenziale di indurre i protagonisti del processo produttivo
(produttori) a compiere ogni sforzo per introdurre innovazioni idonee a rendere possibili la
10
senza congruit delle remunerazioni (es. evasione f iscale, alcune
multinazionali);
senza equilibrio monetario.
Pu esserci equilibrio monetario senza equilibrio r eddituale. In tutti questi
casi non viene garantita l economicit , il cui prin cipio non si identifica con il
criterio della massimizzazione del profitto. PoichØ il profitto costituisce il
fondamento ineludibile dell attivit di impresa, Ł chiaro che gli azionisti
vogliano vederlo crescere, ed Ł altrettanto chiaro che la tensione ideale
degli stessi Ł indirizzata alla realizzazione di una coincidenza tra il fine che
perseguono (massimizzazione del profitto) e il fondamento dell impresa
(profitto); ma la tensione ideale trova un limite nel fatto che l impresa
moderna Ł un microcosmo intorno al quale ruotano attori diversi, con fini
diversi12.
PerchØ l impresa possa crescere in un ottica di sostenibilit di medio-lungo
periodo Ł funzionale che avvenga un bilanciamento di contrapposte
tensioni. In caso contrario l impresa Ł volta al declino. Il principio di
economicit infatti non si identifica con un criter io massimizzante, limitato
e rivolto esclusivamente a una classe di soggetti, quali i conferenti di
capitale proprio. Esso si traduce nel rispetto simultaneo delle condizioni
favorevoli al mantenimento e allo sviluppo dell azienda, intesa come mezzo
per conseguire i complessi fini di istituto.
riduzione dei costi e il miglioramento della qualit dei prodotti e dei servizi offerti; essa ha
altres la funzione di escludere dal mercato le unit produttive inefficienti e marginali; di
promuovere la differenziazione dei prodotti, arricchendo le alternative possibili al
consumatore; di evitare la concentrazione permanente di potere economico, favorendo
l accesso al mercato e l affermazione degli operato ri piø capaci e competitivi».
12
Come rileva lo studio commissionato dalla FONDAZIONE LUCA PACIOLI, Il
bilancio sociale e il codice etico, in www.irdcec.it, «la stessa mission d impresa non Ł piø
basata su una visione statica del profitto, inteso come unico fine dell attivit sociale, ma
evolvendosi si fa interprete non solo di obiettivi economici ma anche di quelli sociali ed
ambientali. Per l impresa diventa di fondamentale importanza soddisfare non solo gli
obiettivi a breve di chi ha apportato capitale di rischio, ma le attese dei diversi
interlocutori che nell azienda diventano protagonisti in primo piano di ogni fase
dell attivit sociale».
11
1.3 VERSO UNA NUOVA CONCEZIONE DI IMPRESA
Il sistema economico Ł stato interessato da profondi cambiamenti che hanno
reso sempre piø complesso e dinamico il contesto operativo dell azienda,
determinando un generale ripensamento sul suo ruolo e sulle sue finalit .
L instaurarsi di una fitta rete di relazioni coi propri stakeholders13, siano
essi dipendenti, azionisti, finanziatori, fornitori, clienti, pubblici poteri,
mass media o altri, sta infatti progressivamente inducendo un numero
crescente di aziende a sviluppare un ampia gamma di sistemi manageriali,
finalizzati ad integrare la cosiddetta corporate social responsibility14 in
13
FONDAZIONE ARISTEIA, L equilibrio finanziario, studio n. 12 del 21/02/03, in
www.irdcec.it. «Si definiscono stakeholders i portatori di interessi generali, che si
relazionano con l azienda e partecipano al processo di creazione del valore». Piø
precisamente, la parola stakeholders indica tutti quegli individui o gruppi che possono
influenzare il successo dell impresa o che hanno un interesse in gioco (stake), attuale o
potenziale, nelle decisioni dell impresa stessa: azionisti, collaboratori, clienti, fornitori e
istituzioni pubbliche in primo luogo, ma anche concorrenti, comunit locali, interessi
organizzati, movimenti, mezzi di comunicazione di massa . La definizione fu elaborata nel
1963 al Research Institute dell universit di Stanf ord. Il primo libro sulla teoria degli
stakeholders Ł "Strategic Management: a Stakeholders Approach" di Edward Freeman,
che diede anche la prima definizione di stakeholder, come i soggetti senza il cui supporto
l’impresa non Ł in grado di sopravvivere. Gli stakeholders vengono generalmente
classificati in tre gruppi, in base alla loro vicinanza all impresa: stakeholders secondari, che
rappresentano la comunit nel senso piø ampio del t ermine, che va dagli enti privati
all ambito internazionale, passando per i gruppi di pressione; stakeholders primari esterni,
sono gruppi d interesse che hanno a che fare direttamente con l impresa, ma dall esterno;
stakeholders primari interni, ossia i soci, i lavoratori, i volontari per le imprese nonprofit,
sono coloro che detengono una posta (stake) all interno della struttura aziendale.
14
L. SACCONI, Dobbiamo chiedere alle imprese di essere socialmente responsabili?
Ese si, come?, intervento al convegno La responsabilit etico sociale d’impresa, modelli
digestione per attuarla, atti del convegno, Milano, 11 Marzo 2003. «Con responsabilit
sociale d impresa (RSI) si intende un modello di governance allargata dell impresa, in
base al quale chi la governa ha responsabilit che si estendono al di l dell osservanza dei
doveri fiduciari nei riguardi della propriet fino ad includere dei doveri fiduciari nei
riguardi di tutti gli stakeholders». Sostanzialmente si tratta di una forma di responsabilit
volontaria che le imprese tendono ad assumere nei confronti dei loro interlocutori sociali,
a causa del fatto che esse comprendono il loro mutato ruolo in seno all ambiente, ma
anche la fusione della componente sociale con quella economica e ancora la centralit
assunta dal fattore etico nell ambito imprenditoriale. Secondo il Libro Verde della
Commissione Europea redatto nel luglio 2001, come riportato in www.fabricaethica.it, la
RSI Ł l integrazione volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed
ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate.
Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi
giuridici, ma anche andare al di l , investendo di piø nel capitale umano, nell ambiente e
12
tutti gli aspetti della gestione, della pianificazione di lungo termine al
decision making quotidiano, dal ripensamento dei processi per
l innovazione di prodotto al cambiamento delle pratiche utilizzate per
assumere, trattenere e motivare il personale.
L obiettivo, evidentemente, Ł quello di realizzare una strategia integrata
economico-sociale che, individuate le nuove responsabilit
extra-economiche dell azienda, sia in grado di garantirle la legittimazione
ed il consenso degli stakeholders a beneficio della sua sopravvivenza, della
sua continuit e del suo consolidamento.
L impresa si pone quindi come obiettivo l equilibri o tra le dimensioni
economica, ambientale e sociale, definito nella letteratura anglosassone
come triple bottom line15. Negli ultimi anni infatti le imprese hanno sempre
piø posto la loro attenzione sul concetto di responsabilit sociale,
nei rapporti con le altre parti interessate». A tal riguardo si veda FONDAZIONE LUCA
PACIOLI, La responsabilit sociale d impresa, in www.irdcec.it. Il Libro Verde, che
rappresenta tutto ci che la Commissione Europea ri tiene che si debba fare al fine di
garantire lo sviluppo sostenibile, rappresenta il passo successivo alla Conferenza di
Lisbona, che ha segnato una tappa importante in quanto per la prima volta ha definito e
promosso la nuova strategia europea per il lavoro. Una strategia che rafforza decisamente
la connessione tra societ ed economia e che, nell ambito del principio-guida dello
sviluppo sostenibile, pone all attenzione degli Stati membri proprio il collegamento tra
l agire economico e la qualit sociale.
15
Il termine Triple bottom line (TBL) Ł stato coniato da JOHN ELKINGTON nel libro
Cannibals with Forks: The Triple Bottom Line of 21st Century Business (edito nel Regno
Unito nel 1997). Con questo pratico e scardinante testo, Elkington dimostra come
qualsiasi tipo di affare possa adottare una triplice strategia per il futuro, che includa non
solamente la prosperit economica, ma anche la salv aguardia ambientale e l equit
sociale. Business in the 21st century, in the new millennium, will, in a very real sense, be
operating in a new world. (Fare business nel 21 secolo, nel nuovo millenn io,
significher operare in un nuovo mondo, nel vero se nso della parola) conclude Elkington
nel capitolo finale di Cannibals with Forks A key area to look for early evidence of
change will be in the language used by business. (Il primo posto dove cercare i segni del
cambiamento sar il linguaggio usato negli affari). Cambia il linguaggio, egli argomenta,
e si pu spesso cambiare anche il modo di pensare d elle persone. Cos , nel lessico
quotidiano della corporate community internazionale, con TBL si indica una metodologia
di approccio integrato che rendiconta le prestazioni aziendali sotto tre profili. Le imprese
sviluppano investimenti sostenibili e decisioni societarie partendo dalla base (bottom)
perseguendo simultaneamente i tre obiettivi (triple line), che sono: la prosperit
economica; la qualit ambientale; l equit sociale. Tratto in www.enel.it. Si vedano
anche S. TERZIANI, Responsabilit sociale dell azienda, Rivista Italiana di Ragioneria e
di Economia Aziendale, Luglio-Agosto n. 8 1984, R. RAVAGLIA, Come pu essere
definita la responsabilit sociale d impresa, in www.uni.it.
13
sviluppando da un lato politiche aziendali volte a realizzare comportamenti
attenti e rispettosi dei cittadini consumatori, e sostenendo dall altro, (o
rafforzando), i valori sociali piø importanti all interno dell ambiente di
riferimento.
La necessit di ripensare al modo 16 di fare impresa nasce dai cambiamenti
della societ e quindi dell ambiente con cui le imp rese hanno un rapporto
continuo, cos come la modifica dei valori e dei bisogni del consumatore
influenza la produzione di beni e servizi.
L interpretazione dell impresa come organizzazione e come insieme di
persone che interagiscono con numerosi soggetti e istituzioni, infatti,
comporta un inevitabile allargamento delle istanze a questa rivolte e quindi
una maggiore richiesta di socialit della gestione che, a sua volta, genera un
nuovo modo di governare . Negli ultimi anni infatt i Ł cresciuta la
consapevolezza che il modo in cui le imprese producono fa la differenza in
un contesto di depauperamento delle risorse ambientali, sociali ed
economiche, e che la sostenibilit 17 Ł diventato il termine di valutazione
16
G. ZADRA, prefazione all’Annuario 2005 sulla responsabilit sociale d’impres a, in
www.abi.it. «Vi Ł stata un’evoluzione del concetto di fare impresa, vista non piø solo come
un soggetto economico il cui unico fine Ł legato alla massimizzazione del profitto, ma
come un attore sociale le cui performance sono caratterizzate oltre che da aspetti di
economicit , da aspetti legati alla qualit dei ser vizi offerti, alla credibilit e alla
reputazione».
17
La prima definizione di sviluppo Sostenibile in ordine temporale Ł stata quella
contenuta nel Rapporto Burtland (dal nome della presidente della Commissione, la
norvegese Gro Harlem Brundtland) 1987 e poi ripresa dalla Commissione mondiale
sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU (World Commission on Environment and
Development, WCED): «lo Sviluppo Sostenibile Ł uno sviluppo che soddisfa le esigenze
del presente senza compromettere la possibilit per le generazioni future di soddisfare i
propri bisogni». Questa definizione sintetizza alcuni aspetti importanti del rapporto tra
sviluppo economico, equit sociale, rispetto dell’ambiente. ¨ la cosiddetta regola
dell’equilibrio delle tre P : people, placet, prof it. Una successiva definizione di sviluppo
sostenibile, in cui Ł inclusa invece una visione piø globale, Ł stata fornita, nel 1991, dalla
World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for
Nature, che lo identifica come «...un miglioramento della qualit della vita, senza
eccedere la capacit di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende». Nello
stesso anno Hermann Daly ricondusse lo sviluppo sostenibile a tre condizioni generali
concernenti l’uso delle risorse naturali da parte dell’uomo: il tasso di utilizzazione delle
risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione; l’immissione
di sostanze inquinanti e di scorie nell’ambiente non deve superare la capacit di carico
14
principale per imprese e pubbliche amministrazioni che vogliono assumere
un comportamento socialmente responsabile. Se inizialmente le dimensioni
considerate essenziali nel processo decisionale sono state esclusivamente
quella finanziario-reddituale e poi ha assunto particolare importanza la
dimensione competitiva, oggi Ł indispensabile affiancare anche la
dimensione etico-sociale, che non pu piø essere re legata alla sfera
soggettiva degli individui.
Le finalit aziendali, quindi, si trasferiscono nel la produzione sinergica di
risultati insieme economici, competitivi e sociali. Questo comporta che il
significato di economicit , quale principio cardine della dottrina
economico-aziendale, non pu piø essere interpretat o solo con riferimento
ai conferenti di capitale di rischio, ma con un significato che comprende
anche la soddisfazione delle attese di tutti i partecipanti, diretti e indiretti,
alla vita dell azienda18.
dell’ambiente stesso; lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
In tale definizione, viene introdotto anche un concetto di "equilibrio" auspicabile tra
uomo ed ecosistema. Nel 1994, l’I.C.L.E.I. (International Council for Local
Environmental Initiatives) ha fornito un’ulteriore definizione di sviluppo sostenibile:
«Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di
una comunit , senza minacciare l’operabilit dei si stemi naturali, edificato e sociale da cui
dipende la fornitura di tali servizi». Ci signific a che le tre dimensioni economiche,
sociali ed ambientali sono strettamente correlate, ed ogni intervento di programmazione
deve tenere conto delle reciproche interrelazioni. L’ICLEI, infatti, definisce lo sviluppo
sostenibile come lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunit
economiche a tutti gli abitanti di una comunit , se nza creare una minaccia alla vitalitÆ del
sistema naturale, urbano e sociale che da queste opportunit dipendono. Il rapporto
Brundtland ha ispirato alcune importanti conferenze delle Nazioni Unite, documenti di
programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali. Per favorire lo
sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attivit ricollegabili sia alle politiche
ambientali dei singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attivit
collegate ai vari settori dell’ambiente naturale. Ad esempio Ł stato creato e sottoscritto
(1997) un accordo internazionale noto come protocollo di Kyoto, con il quale 118 nazioni
del mondo (grande assenza Ł rappresentata dagli Stati Uniti) si sono impegnate a ridurre
le emissioni di gas serra per rimediare ai cambiamenti climatici in atto. Si veda, sul tema,
C. MIO, Il budget ambientale, Milano, 2002.
18
In passato si riteneva che funzioni economiche e sociali coincidessero e che queste
ultime fossero inevitabilmente legate alle prime, secondo l assunzione per cui tanto
maggiore era il risultato reddituale, tanto piø si assolveva anche alla funzione sociale.
L assunto di fondo che pervade dalla dottrina odierna Ł quello invece che il risultato
economico e sociale non coincidono ma che addirittura il primo pu essere realizzato a
scapito del secondo. Nella connessione tra societ ed economia, il fare impresa diviene